Il ricorso per cassazione avverso il decreto di revoca dell’amministratore di condominio è inammissibile

È inammissibile il ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., avverso il decreto con il quale la Corte d’Appello provvede sul reclamo proposto in tema di revoca dell’amministratore di condominio, ai sensi degli artt. 1129 c.c. e 64 disp. att. c.c., trattandosi di provvedimento di volontaria giurisdizione. Il ricorso, invece, è ammissibile soltanto sulla statuizione relativa alla condanna al pagamento delle spese del procedimento.

Il caso. Una condomina proponeva innanzi al Tribunale competente ricorso per la revoca giudiziaria, ex art. 64 disp. att. c.c., dell’amministratore di condominio sul presupposto del reiterato omesso adempimento del capo condomino alle richieste della ricorrente di visionare la documentazione contabile e di estrarne copia. Costituendosi in giudizio, il resistente contestava le avverse eccezioni, giustificando il proprio comportamento con motivi di privacy. Il Tribunale, in camera di consiglio, accogliendo il ricorso, revocava, con decreto, l’amministratore. Avverso tale provvedimento veniva proposto reclamo alla Corte d’Appello territoriale, che confermava il provvedimento di primo grado. Avverso la decisione del giudice del gravame, l’amministratore proponeva ricorso in cassazione adducendo tra i vari motivi, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1129 c.c. nonché degli artt. 100 e 112 c.p.c Resisteva, con controricorso, la condomina che, in via pregiudiziale, contestava l’impugnabilità per cassazione del provvedimento reso dalla Corte d’Appello e l’inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 360- bis c.p.c. Il decreto di revoca è un provvedimento privo di efficacia decisoria. La Cassazione, avvalendosi di un consolidato orientamento giurisprudenziale, ha dichiarato inammissibile il ricorso, ai sensi dell’art. 111 Cost. ribadendo che il procedimento di revoca dell’amministratore di condominio si svolge in camera di consiglio, si conclude con decreto reclamabile alla Corte d’Appello art. 64 disp. att. c.c. e si struttura, pertanto, come giudizio camerale che culmina in un provvedimento privo di efficacia decisoria non incidente su situazioni sostanziali di diritti o status. Ne consegue che il decreto con cui la Corte di Appello provvede, sul reclamo dell’interessato in ordine alla domanda di revoca dell’amministratore di condominio, non avendo carattere decisorio e definitivo, non è ricorribile per cassazione, mentre può essere revocato o modificato dalla Corte di Appello, per un preesistente vizio di legittimità o per un ripensamento sulle ragioni che indussero ad adottarlo, ai sensi dell’art. 742 c.p.c. Infatti, il decreto con cui la Corte territoriale rigetta il reclamo sul provvedimento di revoca dell’amministratore di condominio non costituisce sentenza in quanto non contiene alcun giudizio in merito ai fatti controversi, non pregiudica il diritto del condomino ad una corretta gestione dell’amministrazione condominiale, né il diritto dell’amministratore allo svolgimento del suo incarico. Trattasi, dunque, di provvedimento non suscettibile di acquisire forza di giudicato e non può perciò costituire autonomo oggetto di impugnazione per cassazione Cass. 01 febbraio 2016, n. 1873 Cass. ord. 18 gennaio 2018, n. 1237 . È legittimano ad agire anche un solo condomino. La Suprema Corte richiama, inoltre, l’art. 1726 cod. civ. precisando che il procedimento ex artt. 1129 c.c. e 64 disp. att. c.c. legittima anche uno solo dei condomini a rivolgersi al Tribunale anticipando la deliberazione dell’assemblea condominiale eventualmente inerte o persino in contrasto con una già espressa volontà della maggioranza dei condomini, per chiedere la rimozione dell’amministratore, unico legittimato a contraddire la revoca di un mandato collettivo quale quello conferito all’amministratore dai condomini in esecuzione della delibera di nomina supporrebbe, altrimenti, o il comune accordo di tutti i mandanti, ex art. 1726 c.c., oppure una pronuncia giudiziale di risoluzione idonea al giudicato nel litisconsorzio necessario di tutte le parti del rapporto contrattuale plurisoggettivo, contrattualmente unico ed inscindibile. Il divieto di nomina dell’amministratore revocato dal Tribunale è tuttavia temporaneo e non impedisce allo stesso di ricevere nuovamente l’incarico solo dopo sia decorso un anno dalla revoca, ex art. 1129, comma 13, c.c. In conclusione, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore della parte contro ricorrente.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 15 settembre – 28 ottobre 2020, n. 23743 Presidente Lombardo – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione I. D.G.V. impugna, articolando cinque motivi di ricorso ex art. 111 Cost., il decreto n. 307/2016 del 16 febbraio 2016 della Corte d’appello di Bari. Tale decreto ha respinto il reclamo proposto da D.G.V. contro il decreto emesso dal Tribunale di Foggia in data 19 giugno 2015, con cui era stata accolta la domanda avanzata dalla condomina S.F. volta alla revoca giudiziale del D.G. dall’incarico di amministratore del Condominio , omissis , omissis , sul presupposto del reiterato omesso adempimento dell’amministratore alle richieste della S. di visionare la documentazione contabile condominiale e di estrarne copie. I giudici del reclamo hanno affermato che il D.G. non avesse spiegato difese nè formulato specifici motivi di impugnazione avverso il lunghissimo elenco di raccomandate inoltrate dalla condomina S.F. con la richiesta di visionare le pezze d’appoggio dei bilanci condominiali, richiesta elusa dall’amministratore per motivi di privacy . II. Il ricorso deduce un primo motivo di censura per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1129 c.c., per aver il decreto impugnato fondato la propria decisione anche sui rifiuti opposti dall’amministratore a richieste provenienti da altri condomini. Anche il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1129 c.c., per aver il decreto impugnato dato rilievo a fatti antecedenti al omissis , allorché l’assemblea dei condomini aveva confermato il D.G. nell’incarico di amministratore. Il terzo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 1129 c.c. e art. 100 c.p.c., non avendo la condomina S. , istante per la revoca dell’amministratore, impugnato le delibere di approvazione del consuntivo, trattandosi, peraltro, di fatti risalenti anche a sette anni prima dell’inizio del giudizio nè la Corte di Bari avrebbe tenuto conto che l’assemblea del Condominio aveva più volte confermato il ricorrente nell’incarico di amministratore. Il quarto motivo deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. e l’omesso esame di fatto decisivo, sempre in ordine al difetto di interesse del Condominio alla revoca dell’amministratore. Il quinto motivo allega l’omesso esame di fatto decisivo, circa il motivo di reclamo che aveva negato il rifiuto di mettere a disposizione la documentazione contabile. III. Resiste con controricorso S.F. , che in via pregiudiziale contesta l’impugnabilità per cassazione del provvedimento reso dalla Corte d’appello di Bari, oltre a sostenere poi l’inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c. IV. Il ricorrente, consapevole del consolidato orientamento giurisprudenziale in punto di inammissibilità del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., avverso il decreto con il quale la corte di appello provvede sul reclamo contro il decreto del tribunale in tema di revoca dell’amministratore di condominio, previsto dall’art. 1129 c.c. e art. 64 disp. att. c.c., offre alcuni argomenti da pagina 2 a pagina 6 del ricorso per indurre questa Corte a mutare la propria interpretazione, tratti per lo più da opinioni dottrinali. Tali argomenti evidenziano come il provvedimento di revoca dell’amministratore comporti, in realtà, la risoluzione anticipata e non la mera sospensione del rapporto esistente tra tutti i condomini e l’amministratore, ed è perciò estraneo all’ambito della giurisdizione volontaria. Vengono addotte una serie di complicazioni di carattere pratico che ostacolano il rispristino dell’incarico in favore dell’amministratore revocato quale, ad esempio, l’eventuale nomina di un nuovo amministratore . Si sottolinea pure come l’art. 64 disp. att. c.c. deroghi all’art. 1726 c.c., riconoscendo la legittimazione ad agire per la revoca ad un solo condomino, e come la stessa norma contempli la necessità del contraddittorio tra ricorrente ed amministratore, il che esula dall’ambito della volontaria giurisdizione. Inoltre, l’art. 1129 c.c., comma 13, preclude all’assemblea la possibilità di nominare nuovamente l’amministratore. Tale considerazioni porterebbero a ravvisare l’incidenza del provvedimento di revoca dell’amministratore su diritti soggettivi e quindi l’esperibilità del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost. V. La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma dell’art. 375 c.p.c., comma 2 e art. 380 bis.1 c.p.c. Il ricorrente ha depositato memoria in data 4 settembre 2020. Non sussistono le ragioni, stabilite dall’art. 374 c.p.c., per la rimessione della causa alle sezioni unite per quanto auspicato dal ricorrente. Neppure si rende opportuna la trattazione in pubblica udienza ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2. Gli elementi offerti dal ricorrente non inducono a mutare l’orientamento di questa Corte sulla questione di diritto posta. V.1. Secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, è inammissibile il ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., avverso il decreto con il quale la corte di appello provvede sul reclamo avverso il decreto del tribunale in tema di revoca dell’amministratore di condominio, previsto dall’art. 1129 c.c. e art. 64 disp. att. c.c., trattandosi di provvedimento di volontaria giurisdizione tale ricorso è, invece, ammissibile soltanto avverso la statuizione relativa alla condanna al pagamento delle spese del procedimento, concernendo posizioni giuridiche soggettive di debito e credito discendenti da un rapporto obbligatorio autonomo Cass. Sez. 6 - 2, 28/07/2020, n. 15995 Cass. Sez. 6 - 2, 11/04/2017, n. 9348 Cass. Sez. 6 - 2, 27/02/2012, n. 2986 Cass. Sez. 6 - 2, 01/07/2011, n. 14524 Cass. Sez. U, 29/10/2004, n. 20957 . Non sono dunque ammissibili avverso il decreto in tema di revoca dell’amministratore di condominio le censure proposte sotto forma di vizi in iudicando o in procedendo, dirette a rimettere di discussione la sussistenza, o meno, delle gravi irregolarità ex art. 1129 c.c., comma 12, ovvero la valutazione dei presupposti legittimanti la statuizione di cessazione della materia del contendere, o, ancora, l’omesso esame di elementi istruttori che avrebbero diversamente potuto determinare il giudice del merito nella declaratoria della soccombenza virtuale cfr. in termini Cass. Sez. 2, 06/05/2005, n. 9516 . V.2. Va ribadito come il procedimento di revoca dell’amministratore di condominio si svolge in camera di consiglio, si conclude con decreto reclamabile alla corte d’appello art. 64 disp. att. c.p.c. e si struttura, pertanto, come giudizio camerale plurilaterale tipico, che culmina in un provvedimento privo di efficacia decisoria, siccome non incidente su situazioni sostanziali di diritti o status cfr. Cass. Sez. 6 - 2, 23/06/2017, n. 15706 Cass. Sez. U, 29/10/2004, n. 20957 . Ne consegue che il decreto con cui la corte d’appello provvede, su reclamo dell’interessato, in ordine alla domanda di revoca dell’amministratore di condominio, non avendo carattere decisorio e definitivo, non è, come detto, ricorribile per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., mentre può essere revocato o modificato dalla stessa corte d’appello, per un preesistente vizio di legittimità o per un ripensamento sulle ragioni che indussero ad adottarlo restando attribuita al tribunale, giudice di primo grado, la competenza a disporre la revisione del provvedimento emesso in sede di reclamo, sulla base di fatti sopravvenuti cfr. Cass. Sez. 6 - 2, 18/03/2019, n. 7623 Cass. Sez. 1, 01/03/1983, n. 1540 , ai sensi dell’art. 742 c.p.c., atteso che quest’ultima disposizione si riferisce, appunto, unicamente ai provvedimenti camerali privi dei caratteri di decisorietà e definitività cfr. Cass. Sez. 1, 06/11/2006, n. 23673 . Il decreto con cui la Corte d’Appello rigetti, come nella specie, il reclamo sul provvedimento di revoca dell’amministratore di condominio, comunque non costituisce sentenza , ai fini ed agli effetti di cui all’art. 111 Cost., comma 7, essendo sprovvisto dei richiesti caratteri della definitività e decisorietà, in quanto non contiene alcun giudizio in merito ai fatti controversi, non pregiudica il diritto del condomino ad una corretta gestione dell’amministrazione condominiale, nè il diritto dell’amministratore allo svolgimento del suo incarico. Trattasi, dunque, di provvedimento non suscettibile di acquisire forza di giudicato, atteso che la pronuncia di revoca resta pur sempre inserita in un provvedimento non decisorio sul rapporto sostanziale, e non può perciò costituire autonomo oggetto di impugnazione per cassazione, avendo anche la pronuncia sull’osservanza delle norme processuali necessariamente la medesima natura dell’atto giurisdizionale cui il processo è preordinato arg. da Cass. Sez. 1, 05/02/2008, n. 2756 Cass. Sez. 1, 01/02/2016, n. 1873 Cass. Sez. 6 - 1, 07/07/2011, n. 15070 Cass. Sez. 6 - 2, 18/01/2018, n. 1237 . V.3. A fronte delle considerazioni addotte dal ricorrente, va riaffermato che il decreto del tribunale in tema di revoca dell’amministratore di condominio, ai sensi dell’art. 1129 c.c. e art. 64 disp. att., c.c., costituisce un provvedimento di volontaria giurisdizione, in quanto sostitutivo della volontà assembleare ed ispirato dall’esigenza di assicurare una rapida ed efficace tutela dell’interesse alla corretta gestione dell’amministrazione condominiale in ipotesi tipiche di compromissione della stessa. L’art. 1129 c.c. affida la titolarità del potere di revoca solamente all’assemblea, mentre la revoca disposta dall’autorità giudiziaria ha un esplicito carattere sanzionatorio, sicché, rispetto ad essa, il ruolo del singolo condomino è esclusivamente di impulso procedimentale. Pur incidendo sul rapporto di mandato tra condomini ed amministratore, il decreto di revoca non ha, pertanto, carattere decisorio, non precludendo la richiesta di tutela giurisdizionale piena, in un ordinario giudizio contenzioso, relativa al diritto su cui il provvedimento incide si vedano Cass. Sez. 6 - 2, 27/02/2012, n. 2986 Cass. Sez. 6 - 2, 01/07/2011, n. 14524 . La deduzione che la revoca ex art. 1129 c.c. e art. 64 disp. att. c.c. si riverbera sul rapporto intercorrente tra tutti i condomini e l’amministratore neppure convince circa la decisorietà, e, quindi, l’attitudine al giudicato, del provvedimento, agli effetti del ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. È, invero, caratteristica frequente dei procedimenti camerali plurilaterali, nei quali l’intervento giudiziale è pur sempre diretto all’attività di gestione di interessi, l’incidenza su un diritto altrui dell’esercizio, da parte del giudice, di un potere gestorio si pensi all’analogo decreto della corte d’appello che decide sul reclamo avverso il provvedimento del tribunale reso ai sensi dell’art. 2409 c.c., parimenti non impugnabile con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. , restando consentito al titolare del diritto di chiedere la tutela giurisdizionale a cognizione piena del diritto inciso. Proprio il richiamo dell’art. 1726 c.c. scolpisce le differenze con la revoca giudiziale dell’amministratore di condominio il procedimento ex art. 1129 c.c. e art. art. 64 disp. att. legittima anche uno solo dei condomini a rivolgersi al tribunale, anticipando la deliberazione dell’assemblea condominiale eventualmente inerte o persino in contrasto con una già espressa volontà della maggioranza dei condomini, per chiedere la rimozione dell’amministratore, unico legittimato a contraddire la revoca di un mandato collettivo quale quello conferito all’amministratore dai condomini in esecuzione della delibera di nomina supporrebbe, altrimenti, o il comune accordo di tutti i mandanti, ex art. 1726 c.c., oppure una pronuncia giudiziale di risoluzione idonea al giudicato nel litisconsorzio necessario di tutte parti del rapporto contrattuale plurisoggettivo, concettualmente unico e inscindibile. Anche dopo le modifiche introdotte dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220, rimane perciò da confermare la mancanza di attitudine al giudicato del provvedimento con cui il tribunale pone termine ante tempus al rapporto tra amministratore e condomini. Non è determinante in senso contrario il disposto dell’art. 1129 c.c., comma 13 in forza del quale in caso di revoca da parte dell’autorità giudiziaria, l’assemblea non può nominare nuovamente l’amministratore revocato . Il divieto di nomina dell’amministratore revocato dal tribunale peraltro esterno al rapporto processuale determinato dal procedimento camerale di revoca, il quale intercorre unicamente tra il condomino istante e l’amministratore, senza imporre e nemmeno consentire l’intervento dei restanti cfr. Cass. Sez. 6 - 2, 21/02/2020, n. 4696 è temporaneo, e non comprime definitivamente il diritto dello stesso di ricevere l’incarico, rilevando soltanto per la designazione assembleare immediatamente successiva al decreto di rimozione. Il divieto di nomina posto dal riformato art. 1129 c.c., comma 13, funziona, in realtà, nei confronti dell’assemblea, precludendole di rendere inoperativa la revoca giudiziale con una delibera che riconfermi l’amministratore rimosso dal tribunale e ciò pure se siano ormai venute meno le ragioni che avevano determinato la sua revoca . Anche tale divieto non oblitera perciò il tipico connotato di provvisorietà ed intrinseca modificabilità dei provvedimenti giudiziari camerali in tema di nomina e revoca dell’amministratore di condominio, lasciando all’amministratore revocato la facoltà di avvalersi della tutela giurisdizionale piena in un ordinario giudizio contenzioso a fini risarcitori. Infine, che il provvedimento di revoca debba essere adottato sentito l’amministratore in contraddittorio con il ricorrente art. 64 disp. att. c.c., comma 1 non è affatto indizio contrastante con la natura di volontaria giurisdizione del procedimento, come suppone il ricorrente, atteso che nei procedimenti camerali di natura contenziosa che si svolgono con il rito camerale deve comunque essere assicurato il diritto di difesa e, quindi, realizzato il principio del contraddittorio. VI. Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio di cassazione nell’ammontare liquidato in dispositivo. Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater - da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.