Come si riconosce la legittimazione attiva dell’amministratore di condominio?

Eccepito il difetto di legittimazione attiva dell’attore, che sarebbe stato nominato, secondo la ricorrente, amministratore sulla base di due deliberazioni condominiali alle quali avevano partecipato soggetti estranei, nessuno dei quali proprietario di unità abitative. Cosa deciderà la Corte di Cassazione?

Questo l’oggetto dell’ordinanza della Suprema Corte n. 21576/20, depositata il 7 ottobre. Il Condominio domandava il ripristino dello stato dei luoghi e il risarcimento dei danni ad una delle proprietarie delle unità abitative, avendo ella aperto nel muro perimetrale una porta di accesso alla sua abitazione su un terrazzo di proprietà esclusiva del Condominio. La proprietaria si costituiva in giudizio eccependo la carenza di legittimazione attiva del rappresentante del Condominio, ma il Tribunale di Napoli accoglieva la domanda dell’attore e la condannava all’eliminazione del varco realizzato, nonché al risarcimento dei danni. A seguito di gravame, la Corte d’Appello riformava la pronuncia quanto alla domanda di risarcimento dei danni. La proprietaria, allora, si rivolge alla Corte di Cassazione, contestando, tra i diversi motivi, la ritenuta sussistenza della legittimazione attiva in capo all’amministratore di condominio. In base alle argomentazioni della ricorrente, il Giudice di seconde cure avrebbe ritenuto dimostrata la legittimazione ad agire del suddetto amministratore di condominio sulla base delle due deliberazioni esibite in giudizio, da cui emergeva che egli era stato nominato al termine di un’assemblea condominiale a cui avevano partecipato soggetti estranei che non erano proprietari di alcuna porzione abitativa. La Corte di Cassazione dichiara il motivo di ricorso inammissibile , poiché non riguarda la ratio decidendi adottata dalla Corte territoriale sul punto. Quest’ultima, infatti, aveva osservato come la sollevata eccezione di difetto di legittimazione attiva fosse infondata alla stregua proprio delle due delibere di cui sopra, che dimostravano il possesso della qualità di amministratore di condominio e come l’attuale ricorrente non avesse controdedotto nulla al riguardo. Per questo motivo, gli Ermellini affermano che la questione oggetto di ricorso non solo era già stata esaminata a suo tempo, ma era stata anche considerata in modo specifico in relazione ai poteri conferiti all’amministratore, in quanto il Giudice aveva rilevato che il suo mandato riguardava solamente la questione circa la chiusura del vano, non anche la domanda riguardante i danni. Anche per tale ragione, la Suprema Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 7 luglio – 7 ottobre 2020, n. 21576 Presidente Gorjan – Relatore Casadonte Rilevato che - il presente giudizio trae origine dalla domanda di ripristino dello stato dei luoghi e risarcimento dei danni proposta dal Condominio del omissis nei confronti di V.G. , proprietaria di una unità abitativa, a seguito dell’apertura nel muro perimetrale di una porta di accesso alla sua abitazione su un terrazzino di esclusiva proprietà condominiale - si costituiva la convenuta eccependo la carenza di legittimazione attiva dell’ingegner G. in rappresentanza del condominio nonché la liceità della apertura e contestando la presenza dei danni - all’esito del giudizio il Tribunale di Napoli - sezione distaccata di Ischia accoglieva la domanda attorea condannando la convenuta ad eliminare il varco realizzato e al risarcimento dei danni nonché alle spese del giudizio e di CTU - ha proposto gravame la convenuta soccombente e la Corte d’appello di Napoli con la sentenza qui impugnata ha riformato la sentenza di prime cure in relazione alla domanda di risarcimento danni compensando le spese per la metà e ponendo il residuo a carico della convenuta appellante - in particolare, la corte territoriale ha statuito che i danni al decoro architettonico del fabbricato domandati dal Condominio non appaiono, per un verso, completamente allegati nell’atto introduttivo e, per altro verso, che il ripristino della situazione pregressa all’apertura risulta satisfattivo delle pretese condominiali, in assenza della prova di danni risarcibili da liquidare equitativamente - la cassazione della sentenza d’appello è chiesta da V.G. con ricorso affidato a due motivi cui resiste con controricorso il Condominio. Considerato che - con il primo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., due profili - in primo luogo, la violazione degli artt. 112 e 342 c.p.c. per avere la corte territoriale omesso l’esame del motivo d’appello riguardante il difetto della capacità processuale di G.P. quale amministratore del Condominio attore - in particolare, secondo parte ricorrente aveva errato il giudice d’appello nel ritenere dimostrata la legittimazione dello stesso sulla base delle due deliberazioni esibite e dalle quali si evinceva che il G. era stato nominato all’esito di una assemblea condominiale cui avevano partecipato soggetti estranei, nessuno dei quali era proprietario di unità o di porzioni del Condominio che aveva promosso il giudizio - in secondo luogo, si denuncia la violazione degli artt. 81 e 100 c.p.c. in relazione all’art. 1129 c.c. per non avere la corte ex ufficio rilevato il difetto di legittimazione ad agire del G. , non essendo contestato che le persone indicate nelle deliberazioni esibite dal G. non erano proprietari di unità o beni facenti parte del condominio - i due profili possono essere esaminati congiuntamente perché attengono alla medesima questione della eccepita mancanza di legittimazione attiva e sono inammissibili perché non attingono la ratio decidendi adottata dalla corte territoriale sul punto - la corte napoletana ha, infatti, osservato come l’eccezione di difetto di legittimazione attiva sollevata dall’appellante sia infondata alla stregua delle due delibere condominiali prodotte fin dal primo grado attestanti tale qualità e in merito alle quali la V. non controdedusse alcunché sicché i rilievi generici svolti in appello erano inammissibili ed inconferenti cfr. pag. 4 della sentenza - la questione, pertanto, risulta non solo esaminata ma anche specificamente considerate in relazione alla ampiezza dei poteri conferiti al G. giacché la corte territoriale ha osservato che il mandato conferito all’amministratore riguardava soltanto la questione della chiusura del vano e non era esteso aila domanda riguardante i danni cfr. sempre pag.4 della sentenza - con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione dell’art. 1102 c.c. nonché degli artt. 112 e 242 c.p.c. per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto non consentito dall’art. 1102 c.c. l’intervento realizzato, in quanto incidente sulla destinazione del viale di accesso comune mentre, ad avviso di parte ricorrente, esso riguardava una parte di esclusiva proprietà della V. e tale circostanza, in violazione degli artt. 112 e 242 c.p.c., non era stata esaminata dalla corte territoriale - la censura è inammissibile - parte ricorrente, infatti, non contesta l’erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 1102 c.c. in ordine ai limiti posti all’uso individuale della cosa comune da parte della corte territoriale ma censura la conclusione di merito del giudice d’appello - la corte ha invece legittimamente ritenuto di confermare la sentenza di primo grado, considerando provata, all’esito della CTU svolta dal primo giudice e non contestata in quella sede, la natura condominiale del terrazzino su cui era stato aperto il varco in assenza di un titolo abilitativo, con la conseguenza che l’apertura realizzata dalla ricorrente ne comportava il mutamento di destinazione limitando il passaggio ed il pregresso uso da parte degli altri condomini - anche su tale questione, pertanto, la corte territoriale si è pronunciata esplicitamente argomentando la propria conclusione secondo principi di diritto che non sono fondatamente attinti dal ricorso della V. - l’esito sfavorevole di tutti i motivi comporta, quindi, il rigetto del ricorso - in applicazione del principio di soccombenza parte ricorrente va condannata alla rifusione delle spese a favore del controricorrente nella misura liquidata in dispositivo - ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese a favore di parte controricorrente e liquidate in Euro 2000,00 per compensi oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali ed oltre accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.