L’amministratore è legittimato a compiere atti conservativi verso i condomini che si approprino delle aree di parcheggio

La Cassazione, con ordinanza n. 18796/20, si è pronunciata in tema di dovere dell’amministratore di condominio di agire a tutela dei beni comuni dello stabile e la conseguente legittimazione attiva dello stesso in caso di necessità di porre in essere atti conservativi.

Il caso. Alcuni condomini, proprietari di un esercizio commerciale sito al piano terreno di uno stabile, realizzavano dei lavori edili modificando un’area esterna al loro immobile. In particolare, essi costruivano una recinzione di calcestruzzo in un’area adibita a parcheggio condominiale, al verosimile scopo di dotarsi di un parcheggio privato esclusivo. Stante l’illecito utilizzo del bene comune, l’amministratore agiva in giudizio in nome e per conto del palazzo al fine di ottenere la riduzione in pristino delle nuove strutture, e riportare il parcheggio condominiale all’originaria consistenza. Il Tribunale prima, e la Corte d’Appello in seguito, rigettavano la domanda del condominio. La motivazione della Corte d’Appello, in particolare, era incentrata non tanto sul merito del giudizio, ma sulla carenza di legittimazione ad agire dello stesso amministratore di condominio attore. A detta dei giudici del riesame, infatti, l’amministratore non avrebbe avuto il potere di agire in giudizio al fine di ottenere la pronuncia giudiziale, in quanto l’azione di tutela de vincolo di destinazione del parcheggio sarebbe spettata in via esclusiva ai soli singoli condomini. La corte di cassazione fa luce sui legittimati attivi delle azioni a tutela delle parti comuni condominiali. Il condominio soccombente agiva quindi in Cassazione, impugnando la sentenza d’appello con un ricorso incentrato su un unico motivo. A parere del ricorrente, infatti, con la propria sentenza la Corte d’Appello avrebbe errato nell’applicare gli articoli 1130 n. 4 e 1131, comma 1, c.c., dichiarando l’assenza di legittimazione del condominio in merito all’azione di riduzione in pristino relativa alla suddetta questione del parcheggio. Le norme citate, in particolare, affermano rispettivamente che L'amministratore, oltre a quanto previsto dall'articolo 1129 e dalle vigenti disposizioni di legge, deve [] 4 compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell'edificio art. 1130 n. 4 c.c. e che Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'articolo 1130 o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea, l'amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi art. 1131 comma 1 c.c. . Secondo la ricostruzione del condominio, quindi, l’amministratore avrebbe non una mera facoltà, ma un vero e proprio onere di agire a tutela delle parti comuni dello stabile, avendo a tal fine la rappresentanza del condominio in quanto mandatario dello stesso. Con la sentenza Cassazione Sezione VI, 10 settembre 2020, n. 18796, la Corte accoglieva il ricorso sopra emancipato. In particolare, secondo gli Ermellini, il ricorso era da considerare come manifestamente fondato, non trovando la decisione della Corte d’Appello alcun precedente conforme nella giurisprudenza della Cassazione. Secondo la Cassazione, infatti, la normativa urbanistica di cui all’art. 41- sexies l. n. 1150/1942, si è limitata a prescrivere, per i fabbricati di nuova costruzione, la destinazione obbligatoria di appositi spazi a parcheggi in misura proporzionale alla cubatura totale dell’edificio, determinando, mediante tale vincolo di carattere pubblicistico, un diritto reale d’uso sugli spazi predetti a favore di tutti i condomini dell’edificio, senza imporre all’originario costruttore alcun obbligo di cessione in proprietà degli spazi in questione . Conseguentemente, in caso di area esterna al palazzo per la quale manchi un’espressa riserva di proprietà nel titolo di cessione originario, deve presumersi la condominialità del bene stesso. In ragione della condominialità del bene e del predetto combinato tra gli artt. 1130 e 1131 c.c. , deriva il dovere dell’amministratore di agire a tutela dei beni comuni dello stabile e la conseguente legittimazione attiva dello stesso in caso di necessità di porre in essere atti conservativi. La Corte d’Appello, quindi, aveva errato nel valutare come carente la legittimazione attiva dell’amministratore di condominio nel giudizio in questione. Alla luce di tale valutazione la Cassazione accoglieva il ricorso proposto e rinviava il giudizio alla Corte d’Appello per una nuova valutazione nel merito.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 3 luglio – 10 settembre 2020, n. 18796 Presidente Cosentino – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione Il Condominio , omissis TE ha proposto ricorso articolato in unico motivo violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1130 c.c., n. 4, e dell’art. 1131 c.c., comma 1, in relazione all’art. 1117 c.c., n. 2 avverso la sentenza n. 598/2018 del 30 marzo 2018 resa dalla Corte d’appello di L’Aquila, con cui è stato dichiarato il difetto di legittimazione del Condominio . A.G. , Q.S. e C.F. , intimati, non hanno svolto attività difensive in questa sede. Il Condominio aveva convenuto davanti al Tribunale di Teramo, sezione distaccata di Giulianova, i condomini A.G. , Q.S. e C.F. , proprietari del locale commerciale al piano terra, per ottenere la riduzione in pristino di un’area destinata a parcheggio condominiale, abusivamente modificata dai convenuti con una recinzione e una costruzione in calcestruzzo. Il Tribunale respinse la domanda. La Corte d’appello di L’Aquila ha poi ravvisato una questione pregiudiziale ostativa all’esame del merito della lite, spettando la legittimazione ad agire a tutela del vincolo di destinazione a parcheggio non già all’amministratore di condominio, ma ai singoli condomini. L’unico motivo di ricorso del Condominio denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1130 c.c., n. 4, e dell’art. 1131 c.c., comma 1, in relazione all’art. 1117 c.c., n. 2, denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 91, 92 e 132 c.p.c., e dell’art. 118 disp. att. c.c., non avendo la Corte d’appello considerato che l’area in questione avesse natura condominiale, e così richiamando il principio da ultimo affermato in Cass. n. 4255/2018. Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere accolto per manifesta fondatezza, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5 , il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio. Il ricorso è fondato. La Corte d’Appello di L’Aquila ha dapprima ricapitolato i termini della questione, evidenziando come gli atti autorizzativi del Comune di Martinsicuro avessero individuato l’area in contesa come adibita a parcheggio, mentre poi alcuni atti di vendita e le schede di accatastamento indicavano tale area come pertinenza dell’unità immobiliare di proprietà esclusiva sita al piano terra. Di seguito, l’impugnata sentenza ha comunque ritenuto in via pregiudiziale di dover negare la legittimazione ad agire dell’amministratore del condominio con riguardo ad area gravata dal vincolo di destinazione a parcheggio. In tal modo, la Corte di L’Aquila non si è uniformata alla consolidata interpretazione di questa Corte, secondo cui la speciale normativa urbanistica, dettata dalla L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies, introdotto dalla L. n. 765 del 1967, art. 18, si è limitata a prescrivere, per i fabbricati di nuova costruzione, la destinazione obbligatoria di appositi spazi a parcheggi in misura proporzionale alla cubatura totale dell’edificio, determinando, mediante tale vincolo di carattere pubblicistico, un diritto reale d’uso sugli spazi predetti a favore di tutti i condomini dell’edificio, senza imporre all’originario costruttore alcun obbligo di cessione in proprietà degli spazi in questione. In particolare, l’area esterna di un edificio condominiale, della quale manchi un’espressa riserva di proprietà nel titolo originario di costituzione del condominio ovvero, nel primo atto di trasferimento di un’unità immobiliare dell’originario proprietario ad altro soggetto, che possa perciò valere come titolo contrario alla presunzione di condominialità va ritenuta parte comune, ai sensi dell’art. 1117 c.c. Da ciò consegue la legittimazione dell’amministratore di condominio ad esperire, riguardo ad essa, le azioni contro i singoli condomini o contro terzi dirette ad ottenere il ripristino dei luoghi ed il risarcimento dei danni, giacché rientranti nel novero degli atti conservativi , al cui compimento l’amministratore è autonomamente legittimato ex art. 1130 c.c., n. 4 Cass. Sez. VI-2, 21/02/2018, n. 4255 Cass. Sez. 6 2, 08/03/2017, n. 5831 Cass. Sez. 2, 16/01/2008, n. 730 Cass. Sez. 2, 18/07/2003, n. 11261 . Il ricorso va perciò accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di L’Aquila, in diversa composizione, che procederà a nuovo esame della causa uniformandosi ai richiamati principi e tenendo conto dei rilievi svolti, e provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di L’Aquila in diversa composizione.