Le spese di rifacimento delle ringhiere dei balconi devono essere ripartite tra tutti i condomini?

Fermo restando che i balconi dell’edificio condominiale non rientrano tra le parti comuni ex art. 1117 c.c., i rivestimenti dei balconi invece devono essere considerati beni comuni se svolgono in concreto una prevalente ed essenziale funzione estetica quali elementi decorativi ed ornamentali essenziali della facciata.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 10848/20, depositata l’8 giugno. Il Tribunale di Milano confermava la decisione del Giudice di Pace di rigetto dell’impugnazione di una delibera assembleare con cui il Condominio convenuto aveva ripartito tra tutti i condomini le spese per la sostituzione delle ringhiere e dei divisori dei balconi . Secondo i Giudici di merito si trattava di parti integranti della facciata dell’edificio che concorrono nel loro insieme alla conformazione del decoro architettonico dello stesso, con conseguente qualificazione di parti comuni . Il condomino soccombente ha proposto ricorso per cassazione. Secondo il ricorrente il Tribunale avrebbe errato nel considerare parti comuni le ringhiere e i divisori dei balconi in quanto essi non costituiscono elementi decorativi dell’edificio. La doglianza non merita accoglimento in quanto la pronuncia impugnata si è conformata al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui i balconi di un edificio condominiale non rientrano tra le parti comuni ex art. 1117 c.c. non essendo necessari per l’esistenza del fabbricato, né destinati all’uso o al servizio di esso. I rivestimenti dei balconi invece devono essere considerati beni comuni se svolgono in concreto una prevalente ed essenziale funzione estetica per l’edificio quali elementi decorativi ed ornamentali essenziali della facciata che contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole Cass. Civ. n. 30071/17 Cass. Civ. n. 6624/12 . L’accertamento condotto dal giudice di merito sul piano fattuale sottolinea che le ringhiere, costituendo il parapetto del fronte dei balconi, ed i divisori erano ben visibili all’esterno, disposti simmetricamente ed omogenei per dimensione, forma geometrica e materiale assolvendo dunque alla funzione di rendere gradevole l’estetica dell’edificio. Si tratta peraltro di un accertamento di fatto incensurabile in sede di legittimità se non per omesso esame di fatto storico decisivo e controverso ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c In conclusione, la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 9 gennaio – 8 giugno 2020, n. 10848 Presidente D’Ascola – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione C.G. ha proposto ricorso articolato in unico motivo avverso la sentenza 18 giugno 2018, n. 6193/2018, resa dal Tribunale di Milano. Resiste con controricorso il Condominio omissis . Il Tribunale di Milano ha respinto l’appello formulato da C.G. contro la sentenza pronunciata in primo grado dal Giudice di pace di Milano il 21 gennaio 2016. È stata così rigettata l’impugnativa proposta da C.G. avverso la deliberazione assembleare 26 marzo 2012 del Condominio omissis , che aveva ripartito tra tutti i condomini le spese per la sostituzione delle ringhiere e dei divisori dei balconi. Ad avviso del Tribunale, le ringhiere, che fungono da parapetto, come i divisori dei balconi, costituiscono parte integrante della facciata, con la quale formano un insieme che si traduce in una peculiare conformazione del decoro architettonico, con conseguente riconducibilità al novero delle parti comuni dell’edificio. L’unico motivo di ricorso di C.G. deduce la violazione dell’art. 1117 c.c., art. 1125 c.c., art. 116 c.p.c. e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in quanto il Tribunale avrebbe errato a ricomprendere le ringhiere ed i divisori dei balconi tra le parti condominiali, nè avrebbe spiegato quali siano le caratteristiche tali da giustificarne il rilievo architettonico e prospettico. Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5 , il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio. La sentenza impugnata contiene esaurientemente le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione. La sostanza della censura intende contestare che le ringhiere ed i divisori dei balconi dell’edificio del Condominio omissis , rientrino tra le parti comuni, le cui spese debbano perciò essere ripartite fra tutti i condomini, come fatto nella impugnata deliberazione assembleare 26 marzo 2012, in quanto essi non costituirebbero elementi decorativi dell’insieme. Il motivo di ricorso è volto perciò a contrastare sotto il profilo fattuale la ricostruzione operata dal Tribunale di Milano, che si è poi conformato al principio di diritto elaborato da un orientamento consolidato di questa Corte, secondo cui, mentre i balconi di un edificio condominiale non rientrano tra le parti comuni, ai sensi dell’art. 1117 c.c., non essendo necessari per l’esistenza del fabbricato, nè essendo destinati all’uso o al servizio di esso, i rivestimenti dello stesso devono, invece, essere considerati beni comuni se svolgono in concreto una prevalente, e perciò essenziale, funzione estetica per l’edificio, divenendo così elementi decorativi ed ornamentali essenziali della facciata e contribuendo a renderlo esteticamente gradevole Cass. Sez. 2, 21/01/2000, n. 637 del Cass. Sez. 2, 30/07/2004, n. 14576 Cass. Sez. 2, 30/04/2012, n. 6624 Cass. Sez. 2, 14/12/2017, n. 30071 . L’accertamento del giudice del merito che le ringhiere costituenti il parapetto del fronte dei balconi ed i divisori degli stessi, giacché ben visibili all’esterno , disposti simmetricamente , omogenei per dimensioni, forma geometrica e materiale pagina 3 della sentenza del Tribunale di Milano , assolvano in misura preponderante alla funzione di rendere esteticamente gradevole l’edificio, costituisce apprezzamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità se non per omesso esame di fatto storico decisivo e controverso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Il ricorso va perciò rigettato e il ricorrente va condannato a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione. Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, - da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.400,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.