La legittimazione processuale del singolo condomino è esclusa in assenza di un interesse individuale

Il principio secondo cui l'esistenza dell'organo rappresentativo unitario non priva i singoli condomini del potere di agire in difesa dei diritti connessi alla loro partecipazione non trova applicazione relativamente alle controversie che, avendo ad oggetto non diritti su un servizio comune ma la sua gestione, sono intese a soddisfare esigenze soltanto collettive della comunità condominiale, poiché in tali controversie non vi è correlazione immediata con l'interesse esclusivo dei condomini.

La vicenda. Il Tribunale di Velletri, con sentenza del 24 gennaio 2020, si è pronunciato sulla lite promossa da alcuni condomini di un edificio nel quale erano stati eseguiti lavori di ristrutturazione. I proprietari convenivano in giudizio l'impresa appaltatrice ed il professionista che tali lavori avevano realizzato e diretto, denunciando la presenza di gravi difetti e vizi nell'opera. I convenuti si costituivano contestando integralmente la domanda in quanto infondata sia in fatto che in diritto e, preliminarmente, eccepivano la carenza di legittimazione attiva degli attori. La vicenda ha quale punto focale la promozione della lite non su iniziativa del condominio, ma di singoli condomini. Legittimazione processuale. In proposito il giudice veliterno richiama una recente pronuncia della Corte di Cassazione Cass. Civ. n. 2411/18 la quale ha ribadito il principio secondo cui l'esistenza dell'organo rappresentativo unitario non priva i singoli condomini del potere di agire in difesa dei diritti connessi alla loro partecipazione. Si tratta di principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità. Così è stato affermato che, poiché il diritto del singolo condomino ha ad oggetto la cosa comune intesa nella sua interezza, pur se entro i limiti dei concorrenti diritti altrui, ciascun comproprietario può legittimamente proporre le azioni reali a difesa della proprietà comune, senza che si renda necessaria l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri condomini Cass. Civ. n. 19460/05 . Ancora, è stato precisato che il condominio non è un soggetto giuridico dotato di propria personalità distinta da quella di coloro che ne fanno parte, bensì un semplice ente di gestione, il quale opera in rappresentanza e nell'interesse comune dei partecipanti, limitatamente all'amministrazione e al buon uso della cosa comune, senza interferire nei diritti autonomi di ciascun condomino ne deriva che l'amministratore, per effetto della nomina ex art. 1129 c.c., ha soltanto una rappresentanza ex mandato dei vari condomini e che la sua presenza non priva questi ultimi del potere di agire personalmente a difesa dei propri diritti, sia esclusivi che comuni, costituendosi personalmente anche in grado di appello per la prima volta, senza che spieghi influenza, in contrario, la circostanza della mancata partecipazione al giudizio di primo grado instaurato dall'amministratore Cass. Civ. n. 7891/02 . I condomini dunque, che devono essere considerati non terzi ma parti originarie, possono intervenire nel giudizio in cui la difesa dei diritti sulle parti comuni sia stata già assunta dall'amministratore inoltre, possono ricorrere all'autorità giudiziaria autonomamente, sia nel caso di inerzia dell'amministratore, a norma dell'art. 1105 c.c., applicabile anche al condominio per il rinvio posto dall'art. 1139 c.c., sia allorquando gli altri condomini non intendano agire o resistere in giudizio possono infine esperire i mezzi di impugnazione necessari ad evitare gli effetti sfavorevoli della pronuncia resa nei confronti dell'amministratore Cass. Civ. n. 10717/11 . Pur affermando il principio appena analizzato secondo il quale sussiste il potere dei singoli condomini di agire in difesa dei diritti connessi alla loro partecipazione nonostante la presenza di un organo rappresentativo unitario l'amministratore , il Tribunale di Velletri nella controversia sottoposta al suo esame ha ritenuto tale principio non applicabile. Ciò sulla base di quell'orientamento da ultima, la già citata Cass. Civ. n. 2411/18 che esclude la legittimazione del singolo condomino relativamente alle controversie che, avendo ad oggetto non diritti su un servizio comune ma la sua gestione, sono intese a soddisfare esigenze soltanto collettive della comunità condominiale o l'esazione delle somme dovute in relazione a tale gestione da ciascun condomino. Poiché in tali controversie non vi è correlazione immediata con l'interesse esclusivo di uno o più partecipanti, bensì con un interesse direttamente collettivo e solo mediatamente individuale al funzionamento e al finanziamento corretti dei servizi stessi, la legittimazione ad agire e ad impugnare spetta esclusivamente all'amministratore, sicché la mancata impugnazione della sentenza da parte di quest'ultimo esclude la possibilità per il condomino di impugnarla. L'orientamento richiamato distingue due ipotesi quella in cui il singolo condomino agisce a tutela di un proprio interesse individuale e quella in cui agisce a tutela di un interesse collettivo. Nel primo caso la legittimazione del condomino è ammessa, mentre è esclusa nel secondo, dovendosi ammettere soltanto la legittimazione dell'amministratore quale portatore dell'interesse condominiale. Ad avviso del giudice veliterno, l'ipotesi di vizi nelle lavorazioni nell'ambito di un appalto di ristrutturazione edilizia rientra nella sfera di interesse del condominio, senza alcuna correlazione immediata con l'interesse esclusivo di uno o più condomini il Tribunale dunque, aderendo all'orientamento richiamato, ha potuto agevolmente escludere la legittimazione dei singoli condomini, in quanto non portatori di un interesse individuale ma soltanto collettivo, sì che il solo soggetto legittimato è l'amministratore. È questa una linea interpretativa non costante nella giurisprudenza di legittimità. Infatti, se, come detto sopra, è principio pacifico che il singolo condomino possa agire a tutela dei propri diritti sulle parti comuni, è invece controversa la natura dell'interesse di cui il medesimo deve essere portatore perché sia ammissibile la sua legittimazione. Cass. Civ., 14 luglio 2011, n. 19223 ha ritenuto che il principio della conservazione in capo al singolo condomino del potere di agire a tutela dei propri diritti sul bene comune non trovi applicazione nei riguardi delle controversie aventi ad oggetto l'impugnazione di deliberazioni della assemblea condominiale che, come quella relativa alla nomina dell'amministratore, quindi con finalità di gestione del servizio comune, inteso in senso strumentale, tendono ad soddisfare esigenze soltanto collettive della gestione stessa, senza attinenza diretta all'interesse esclusivo di uno o più partecipanti, con la conseguenza che in tale controversia la legittimazione ad agire e quindi ad impugnare spetta in via esclusiva all'amministratore, con esclusione della possibilità di impugnazione da parte del singolo condomino. La pronuncia si è soffermata sulla distinzione tra incidenza diretta sul bene o sul servizio e semplice gestione degli stessi se vi è incidenza sul bene o sul servizio, sussiste l'interesse individuale del singolo condomino ad agire, venendo in questione la sua posizione soggettiva se invece si tratta semplicemente della gestione del bene o del servizio comune, l'unico interesse riscontrabile è quello condominiale, collettivo, sì che di conseguenza il solo soggetto legittimato è il condominio in persona dell'amministratore. Su posizioni diverse si attesta Cass. Civ. n. 16562/15, la quale ha affermato che nel giudizio di impugnazione della delibera dell'assemblea di condominio, il singolo condomino è legittimato ad impugnare la sentenza emessa nei confronti dell'amministratore e da questi non impugnata, anche qualora la delibera controversa persegua finalità di gestione di un servizio comune ed incida sull'interesse esclusivo del condomino soltanto in via mediata. In tale occasione la Suprema Corte ha anzitutto affermato che, essendo il condominio un ente di gestione sfornito di personalità distinta da quella dei suoi partecipanti, l'esistenza dell'organo rappresentativo unitario non priva i singoli condomini del potere di agire a difesa di diritti connessi alla detta partecipazione, né, quindi, del potere di intervenire nel giudizio per il quale tale difesa sia stata legittimamente assunta dall'amministratore e di avvalersi dei mezzi d'impugnazione per evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunziata nei confronti dell'amministratore stesso che non l'abbia impugnata. Deve così essere respinto quell'orientamento fatto proprio dal Tribunale di Velletri che escluderebbe la legittimazione del singolo condomino, in caso di inerzia dell'amministratore, nelle ipotesi in cui si impugnino deliberazioni dell'assemblea che perseguano esclusivamente finalità di gestione di un servizio comune, in quanto non idonee ad incidere, se non in via mediata, sull'interesse esclusivo di uno o più partecipanti. Con uno sviluppo particolarmente incisivo, la Corte di Cassazione osserva che appare privo di un appagante fondamento normativo il distinguere tra incidenza immediata oppure mediata sulla sfera patrimoniale del singolo, derivante della caducazione di una decisione sulla gestione della cosa comune, al fine di identificare i soggetti legittimati alla relativa impugnativa nell'inerzia del condominio infatti, nel caso esaminato in allora dalla Suprema Corte, il prospettabile maggiore peso economico della gestione del riscaldamento centralizzato senza la contribuzione del condomino che se ne fosse staccato e gli oneri derivanti da eventuali malfunzionamenti per il diverso regime di esercizio a cui l'impianto potrebbe andare soggetto, necessariamente inciderebbero in via diretta sulla posizione dei singoli condomini, così facendo emergere i profili fattuali a sostegno della denegata.

Tribunale di Velletri, sez. II, sentenza 24 gennaio 2020 Giudice Collu Svolgimento del processo Con atto di citazione ritualmente notificato C.N., C.V., D.S.A., F.M., M.A. e T.G. convenivano in giudizio G.C. s.r.l. nonché R.R. al fine di sentire accertare e dichiarare la responsabilità precontrattuale della G.C. S.r.l. CF. , con sede in R. Via C. numero 22, in p.l.r.p.t. per le motivazioni di cui in premessa e per l'effetto condannarla, per questo titolo alla somma di Euro 35.000,00 o in quella maggiore o minore che sarà accertata in corso di causa altresì accertare e dichiarare la responsabilità contrattuale della G.C. S.r.l. CF. , con sede in R. Via C. numero 22 in p.l.r.p.t. per la presenza di gravi difetti nei lavori di ristrutturazione ordinaria appaltati alla stessa e conseguente inadempimento contrattuale e, per l'effetto condannarla al risarcimento del danno in favore degli attori nella somma di Euro 30.000,00 o in quella maggiore o minore che sarà accertata in corso di causa altre accertare e dichiarare la responsabilità contrattuale del Direttore dei Lavori, Ing. R.R., per le motivazioni di cui in premessa e per l'effetto, previa declaratoria di inadempimento contrattuale dello stesso, condannarlo al risarcimento dei danni nei confronti degli attori nella somma non minore di Euro 30.000,00 o nella misura maggiore o minore ritenuta di giustizia, oltre interessi legali dal dovuto sino al soddisfo. Eccepivano, a sostegno della domanda che in seguito ad assemblea condominiale era stato disposto l'appalto dei lavori condominiali e che la scelta tra diverse imprese era caduta sulla C.G. s.r.l. che, sebbene avesse presentato un preventivo superiore ad altre, sembrava quella maggiormente accreditata che in realtà i lavori eseguiti presentavano vizi, difformità tali da non potersi ritenere gli stessi eseguiti secondo la regola dell'arte che nell'esecuzione dei lavori vi erano stati diversi danni cagionati dalle maestranze sebbene riparati dalla ditta . Si costituivano in giudizio i convenuti contestando integralmente la domanda in quanto infondata sia in fatto che in diritto e, preliminarmente eccepivano la carenza di legittimazione ativa degli attori. La causa, istruita con prove documentali, veniva trattenuta in decisione in data 19/07/2019 sulla eccezione preliminare. Motivi della decisione La domanda non è fondata. Relativamente all'eccezione preliminare si rileva che la giurisprudenza più recente richiamata da parte dei convenuti Cass. Sez.II, numero 2411 del 31/1/18 ha affermato che nel condominio d'edifici, il principio, secondo cui l'esistenza dell'organo rappresentativo unitario non priva i singoli condomini del potere di agire in difesa dei diritti connessi alla loro partecipazione, né, quindi, del potere di intervenire nel giudizio in cui tale difesa sia stata legittimamente assunta dall'amministratore e di avvalersi dei mezzi d'impugnazione per evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunciata nei confronti del condominio, non trova applicazione relativamente alle controversie che, avendo ad oggetto non diritti su un servizio comune ma la sua gestione, sono intese a soddisfare esigenze soltanto collettive della comunità condominiale o l'esazione delle somme dovute in relazione a tale gestione da ciascun condomino pertanto, poiché in tali controversie non vi è correlazione immediata con l'interesse esclusivo di uno o più partecipanti, bensì con un interesse direttamente collettivo e solo mediatamente individuale al funzionamento e al finanziamento corretti dei servizi stessi, la legittimazione ad agire e ad impugnare spetta esclusivamente all'amministratore, sicché la mancata impugnazione della sentenza da parte di quest'ultimo esclude la possibilità per il condomino di impugnarla . Ora, è evidente che nel caso specifico i danni lamentati rientrano esclusivamente nella sfera del Condominio senza alcuna correlazione immediata con l'interesse esclusivo di uno o più condomini. Nell'ordinanza numero 12803/2019 della Cassazione, pubblicata lo scorso 14 maggio credits to Quotidiano del Diritto per la copia non ufficiale la Suprema Corte ha precisato come ogni singolo condomino, sia pure agendo nel suo esclusivo interesse, possa compiere atti giuridici aventi effetto dispositivo, o anche risolutivo, rispetto a un contratto - nella specie d'appalto - che era stato concluso dall'amministratore a nome dell'intero condominio. Dunque, riguardo ai lavori commissionati dal amministratore condominiale, con o senza la autorizzazione necessaria dell'assemblea, ogni singolo condomino ha il diritto suo proprio di attivarsi per chiedere l'eliminazione dei vizi, o la risoluzione del contratto e il risarcimento dei danni, indipendentemente dal fatto che stia agendo anche o soltanto nel proprio interesse, e non solo in quello dell'intero condominio. Nella fattispecie, tra l'altro, i condomini che avevano citato l'impresa appaltatrice risultavano essere stati dissenzienti, in assemblea, rispetto alla delibera di affidamento dei lavori alla stessa. Ma questo - secondo l'ordinanza in esame - non causava problemi di legittimazione, e nemmeno il fatto che i predetti condomini lamentassero l'esecuzione non a regola d'arte dei lavori su terrazze che erano di proprietà loro esclusiva e non comune. Per sfuggire le possibili perplessità, l'ordinanza 12803 ha infatti osservato come la qualità di condomino è inscindibilmente legata a quella di proprietario di parti esclusive dell'edificio . Non nel senso, a ben vedere, che non si possa dare la prima senza la seconda, perché non c'è un impedimento assoluto di legge rispetto al fatto che si possa essere esclusivamente comproprietari di parti comuni - come ad esempio di un'area cortiliva o di un terrazzo - per il fatto di averle acquistate a titolo derivativo, e non assieme all'acquisto di parti esclusive come normalmente avviene . Tuttavia, laddove la qualità di condomino sorga, come di consueto, per il fatto di avere acquisito la proprietà esclusiva di unità immobiliari, con tutte le connesse obbligazioni che nascono ex lege, allora non vi è bisogno di legittimarsi separatamente come condomino se si agisce a tutela della propria proprietà esclusiva, che viene comunque interessata da rapporti giuridici instaurati dal condominio, con o senza la propria positiva partecipazione all'assemblea deliberante. Non è dunque stata giudicata rilevante, ai fini della legittimazione ad agire, il fatto che i proprietari esclusivi agissero a tutela dei loro interessi personali nei confronti della ditta appaltatrice dei lavori condominiali. Come nella generalità dei casi, secondo la Corte, non sarebbe infatti nemmeno sussistita in capo agli attori la qualità di condomino, cioè di comproprietario di parti comuni dell'edificio - con la legittimazione che è comunemente riconosciuta da parte della giurisprudenza come discendente da tale qualità - senza il presupposto della proprietà esclusiva di beni collocati nel condominio che, nella fattispecie, erano stati interessati dalle modalità di esecuzione dell'appalto. Nello specifico, si trattava di lavori di rifacimento di terrazze di proprietà esclusiva, che erano stati lamentati come difettosi dai rispettivi proprietari, attori in giudizio, e come tali erano stati accertati dalla CTU. A fronte del ricorso in Cassazione della ditta appaltatrice, che lamentava la carenza di interesse ad agire da parte avversaria, è stato così ribadito che i proprietari di tali terrazze, che avevano chiesto l'eliminazione dei vizi nonché il risarcimento del danno nei confronti dell'impresa stessa, erano pienamente legittimati a farlo anche solo in base alla loro qualità di proprietari esclusivi dalla quale discendeva anche quella di condomini . Se ne può quindi dedurre che esista anche in questi casi una sorta di diritto di sostituirsi all'amministratore nella tutela dell'interesse comune, come a esempio esercitando in proprio la denuncia dei vizi richiesta a pena di decadenza ex art. 1667 cod. civ., o anche - in ipotesi - sostituendosi a lui nella gestione della sicurezza del contratto di appalto, ad esempio verificando che l'impresa appaltatrice sia iscritta alla Camera di Commercio, e dotata di Durc nonché di idoneità tecnica e professionale v. articolo 90 del D.Lgs. numero 81 del 2008 . Tutto questo senza pregiudizio del fatto che le conseguenze negative del mancato assolvimento degli oneri connessi alla stipula dell'appalto ricadrebbero comunque sull'amministratore. Stante quanto affermato dalla Suprema Corte, dunque, la legittimazione processuale de singolo condòmino si configurerebbe solamente nel caso di controversie aventi ad oggetto azioni reali incidenti sul diritto pro quota o esclusivo di ciascun condòmino, o di azioni personali incidenti sui diritti di ciascun partecipante nel caso di controversie inerenti la gestione o la custodia dei beni comuni, in nome delle esigenze plurime e collettive della comunità condominiale, invece, la legittimazione processuale spetta solo al condominio in quanto centro d'imputazione della situazione sostanziale in esame. Peraltro, si rileva come le questioni sollevate da parte degli odierni attori, siano, al più tendenzialmente relative all'atteggiamento dell'assemblea condominiale le cui decisioni sono state ritenute altalenanti da qui la necessaria impugnativa delle stesse che non risulta essere stata effettuata da parte dei singoli condomini odierni attori invero, nell'atto di citazione le conclusioni riportate afferiscono propriamente alla gestione dei beni comuni cfr. comparsa conclusionale di parte attrice ove si riferisce allo stato manca l'approvazione del consuntivo dei lavori essendo sempre stata bocciata in assemblea ultima quella del 30-09-2019 s.v. manca il fine lavori atteso che essi non sono stati terminati manca il collaudo dei lavori, anch'esso non è stato, infatti, votato in assemblea , in nome delle esigenze plurime e collettive della comunità condominiale, con conseguente la legittimazione processuale che spetta solo al condominio in quanto centro d'imputazione della situazione sostanziale in esame. Assorbite e disattese le ulteriori e diverse istanze. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo con applicazione dei minimi D.M. numero 55 del 2014 stante la assenza di istruttoria e la mancata presenza di questioni complesse. P.Q.M. Definitivamente pronunciando - Dichiara la carenza di legittimazione passiva di C.N., C.V., D.S.A., F.M., M.A. e T.G. - Condanna C.N., C.V., D.S.A., F.M., M.A. e T.G. in solido tra loro alla rifusione delle spese di lite in favore di G.C. s.r.l. e di R.R., in solido tra loro, che liquida in complessivi Euro 7.795,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e spese forfetarie