L’approvazione del consuntivo per lavori straordinari non può essere censurata per ragioni di convenienza economica

Sulle delibere delle assemblee di condominio il sindacato dell’autorità giudiziaria non può estendersi alla valutazione del merito e al controllo della discrezionalità di cui dispone l’assemblea quale organo sovrano della volontà dei condomini.

Sul tema la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 5061/20, depositata il 25 febbraio. La vicenda. Alcuni condomini impugnavano delle deliberazioni assembleari con cui era stato approvato il consuntivo dei lavori di manutenzione straordinaria dell’edificio. Il Tribunale adito accoglieva la domanda, ma la Corte d’Appello ribaltava la decisione accogliendo il gravame proposto dal Condominio sottolineando l’impossibilità di sindacare la scelta dell’assemblea condominiale di approvare l’esecuzione dei lavori ad un costo superiore a quello preventivato originariamente. La questione è dunque giunta all’attenzione della Suprema Corte. I ricorrenti sostengono la configurabilità di un eccesso di potere da parte dell’assemblea condominiale. Limiti all’impugnazione della delibera. Il Collegio rigetta il ricorso sottolineando che la pronuncia impugnata si sia uniformata all’orientamento giurisprudenziale secondo cui sulle delibere delle assemblee di condominio il sindacato dell’autorità giudiziaria non può estendersi alla valutazione del merito e al controllo della discrezionalità di cui dispone l’assemblea quale organo sovrano della volontà dei condomini. La valutazione della Suprema Corte deve infatti limitarsi al riscontro della legittimità, al rispetto delle norme di legge e del regolamento condominiale potendo estendersi alla valutazione dell’eccesso di potere solo laddove la causa della deliberazione risulti falsamente deviata dal suo modo di essere secondo un apprezzamento di fatto del contenuto di essa da parte dei giudici di merito. Lo strumento di cui all’art. 1137 c.c., aggiunge la pronuncia in commento, non risponde al fine di controllare l’opportunità o la convenienza della soluzione adottata dall’assemblea, bensì consente di stabilire se la decisione collegiale sia o meno il risultato del legittimo esercizio del potere assembleare. In conclusione, i singoli condomini non possono sollecitare il sindacato del giudice sulla delibera di approvazione dei lavori straordinari e di ripetizione delle correlate spese censurando la scelta dell’appaltatore o l’accettazione di un diverso preventivo di spesa. Allo stesso modo, non è possibile impugnare la decisione assembleare sostenendo l’inutilità o l’irrazionalità dei lavori approvati. Resta ad ogni modo salva la possibilità di chiedere l’annullamento della delibera laddove, sulla base di un accertamento di fatto rimesso al giudice del merito, risulti una grave pregiudizio alla cosa comune ai sensi dell’art. 1109 c.c

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 24 ottobre 2019 – 25 febbraio 2020, n. 5061 Presidente D’Ascola – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione T.G. ha proposto ricorso articolato in unico motivo, per violazione degli artt. 1137, 1105, 1109, 1135, 1175, 1375 c.c., avverso la sentenza n. 126/2018 della Corte di Appello di Brescia, depositata il 30 gennaio 2018. Non hanno svolto attività difensive gli intimati Condominio omissis , C.A. e A.R. . I condomini T.G. , C.A. e A.R. impugnarono tre Delib. assembleari del 26 luglio 2006, Delib. del 6 luglio 2007 e Delib. del 25 luglio 2007, adottate dal Condominio omissis , ai fini dell’approvazione del consuntivo dei lavori di manutenzione straordinaria dell’edificio. L’adito Tribunale di Bergamo con sentenza del 25 maggio 2013 annullò la prima e la terza delibera impugnata. La Corte d’Appello di Brescia ha poi accolto il gravame avanzato dal Condominio omissis ed ha respinto integralmente le impugnative delle delibere, osservando come l’assemblea condominiale avesse inteso approvare l’esecuzione dei lavori ad un determinato costo, seppur superiore alle originarie previsioni, e di tale scelta non era possibile sindacare in sede giudiziale la convenienza economica. Nè per la Corte di Brescia era ravvisabile un eccesso di potere della maggioranza nel quantificare il corrispettivo dei lavori eseguiti da un terzo. Il ricorrente, nel suo unico motivo di giudizio, ritiene per contro evidente l’eccesso di potere perpetrato dall’assemblea, che ha approvato il pagamento di un corrispettivo per opere mai eseguite dall’appaltatore, o comunque sovrastimate. Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5 , il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio. Va premesso che il ricorso per cassazione è stato proposto da T.G. nei confronti non solo del Condominio omissis , ma anche di C.A. e A.R. , attori in primo grado insieme al ricorrente per l’impugnazione della delibera assembleare, e perciò in situazione di litisconsorzio processuale ex art. 331 c.p.c La sentenza della Corte d’Appello di Brescia si è uniformata all’orientamento giurisprudenziale, che deve qui ribadirsi, secondo cui, sulle delibere delle assemblee di condominio degli edifici, il sindacato dell’autorità giudiziaria non può estendersi alla valutazione del merito ed al controllo della discrezionalità di cui dispone l’assemblea quale organo sovrano della volontà dei condomini, ma deve limitarsi al riscontro della legittimità che, oltre ad avere riguardo alle norme di legge o del regolamento condominiale, può abbracciare anche l’eccesso di potere, ma solo quando la causa della deliberazione risulti sulla base di apprezzamento di fatto del contenuto di essa che spetta ai giudici del merito - falsamente deviata dal suo modo di essere, in quanto anche in tal caso lo strumento di cui all’art. 1137 c.c., non è finalizzato a controllare l’opportunità o convenienza della soluzione adottata dall’impugnata delibera, quanto piuttosto a stabilire se la decisione collegiale sia, o meno, il risultato del legittimo esercizio del potere dell’assemblea. Esulano, quindi, dall’ambito del sindacato giudiziale sulle deliberazioni condominiali le censure inerenti la vantaggiosità della scelta operata dall’assemblea sui costi da sostenere nella gestione delle spese relative alle cose ed ai servizi comuni Cass. Sez. 6 - 2, 17/08/2017, n. 20135 Cass. Sez. 2, 20/06/2012, n. 10199 Cass. Sez. 2, 20/04/2001, n. 5889 Cass. Sez. 2, 26/04/1994, n. 3938 Cass. Sez. 2, 09/07/1971, n. 2217 . In particolare, i condomini non possono sollecitare il sindacato dell’autorità giudiziaria sulla delibera di approvazione dei lavori straordinari e di ripartizione delle correlate spese, censurando, ad esempio, l’opportunità della scelta dell’appaltatore operata dall’assemblea, o l’accettazione di un preventivo di spesa meno vantaggioso di quello contenuto in altra offerta nè possono impugnare la decisione assembleare sostenendo l’inutilità o l’irrazionalità dei lavori approvati. Rimane, dunque, configurabile l’annullabilità in sede giudiziaria di una delibera della assemblea dei condomini per ragioni attinenti alla opportunità ed alla convenienza della gestione del condominio soltanto nel caso di decisione che, sulla base di accertamento di fatto rimesso al giudice di merito, arrechi, grave pregiudizio alla cosa comune, ai sensi dell’art. 1109 c.c., n. 1, Cass. Sez. 2, 14/10/2008, n. 25128 Cass. Sez. 2, 05/11/1990, n. 10611 . Sulla scorta di tali parametri, non è perciò censurabile la decisione della Corte d’Appello, dovendosi certamente negare che possa intendersi gravemente pregiudizievole alla cosa comune una deliberazione che, in realtà, venga impugnata in relazione non al danno che abbia apportato alla conservazione o al godimento delle parti comuni, quanto sotto il profilo della gravosità e della carenza di giustificazione delle spese da essa implicate a carico dei singoli condomini. Il ricorso fa peraltro riferimento ad una serie di circostanze di fatto mancata esecuzione delle opere di copertura dell’immobile, sovrastima di voci di spesa , che si dicono esposte nel corso del giudizio e confermate dalla CTU, senza però osservare al riguardo l’onere di specificità prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6. Il ricorso va perciò rigettato. Non occorre regolare le spese del giudizio di cassazione, in quanto gli intimati non hanno svolto difese. Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, - da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.