Canna fumaria a servizio esclusivo di un panificio: spetta ai nuovi proprietari rimuoverla

Spetta ai nuovi proprietari la rimozione della canna fumaria quando la pregressa destinazione funzionale della stessa era posta all'esclusivo servizio dei locali del precedente proprietario.

Con riguardo all’edificio in Condominio, una canna fumaria, appoggiata alla facciata del fabbricato, non è necessariamente di proprietà comune, ben potendo appartenere ad uno solo dei condomini, ove sia destinata a servire esclusivamente l'appartamento cui afferisce, costituendo detta destinazione titolo contrario alla presunzione legale di comunione. Per superare tale presunzione, nascente dall'art. 1117 c.c., è dunque necessario dare prova che essa sia pertinente ad unità immobiliare di proprietà esclusiva. Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 4499/20, depositata il 20 febbraio. Il caso. Il Condominio convenne in giudizio i condomini proprietari dei locali del piano terra chiedendo al giudice adito la condanna di questi al pagamento della spesa di circa 10 mila euro, sostenuta dall'attore per la rimozione, in ottemperanza ad ordinanza sindacale, di una canna fumaria di proprietà dei convenuti realizzata in tubi di cemento amianto sulla facciata dell'edificio. Sia in primo che in secondo grado, i giudici del merito accolsero la domanda. Avverso la citata pronuncia, i ricorrenti hanno proposto ricorso in Cassazione eccependo la violazione degli artt. 817 e 2697 c.c., e l'erronea e contraddittoria valutazione delle risultanze processuali, mancando la prova dell’appartenenza della canna fumaria. Le spese per la rimozione della canna fumaria. Secondo i giudici di legittimità, la controversia in esame non riguardava in via principale l'accertamento della proprietà della canna fumaria, quanto l'individuazione di chi doveva sostenere la spesa occorsa per la sua rimozione in ottemperanza all’ordine della pubblica autorità. In argomento, la S.C. ha osservato che in ipotesi di spese inerenti alle parti comuni, le stesse sono ascrivibili ad uno o ad alcuni dei condomini, e non invece ripartite secondo le regole generali, in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, soltanto ove sia accertata in sede giudiziale la responsabilità del singolo partecipante, il quale deve perciò assumere il relativo onere Cass. civ., sez. II, 24 aprile 2013, n. 10053 . La proprietà della canna fumaria. Su tale aspetto, secondo la Corte d’Appello, la proprietà della canna fumaria in capo agli appellanti era desumibile dalla destinazione funzionale della stessa ai locali loro appartenenti, posti al piano terra. Pertanto, a parere dei giudici, non era rilevante la prova, emergente dai sopralluoghi della competente ASL, che la canna fumaria non fosse collegata al panificio di proprietà dei convenuti, non essendo stata dimostrata la cessazione del vincolo pertinenziale sin da prima dell'acquisto dell'unità immobiliare, risalente al 1987, ovvero che la stessa canna fumaria fosse stata scollegata da epoca antecedente al subentro degli appellanti nella titolarità della porzione a piano terra. La destinazione pertinenziale della canna fumaria rispetto all'unità immobiliare. La canna fumaria, oggetto di lite, era stata collegata, per la sua specifica funzione di scarico dei fumi, al forno che era utilizzato per l'attività di panificio esercitata in precedenza nell'immobile di attuale proprietà esclusiva dei condomini. In tal modo, si dava per dimostrato che la canna fumaria, della quale era stata disposta la rimozione, fosse in origine oggettivamente destinata, per le sue caratteristiche, a servire in via esclusiva l'unità immobiliare poi acquistata dai ricorrenti nel 1987 ciò, secondo l'insegnamento di principio offerto da Cass. civ., S.U., 7 luglio 1993, n. 7449, vale a dire inoperante la presunzione di condominialità stabilita dall'art. 1117 c.c. riguardo all'impianto in questione. La cessazione del vincolo pertinenziale. Una volta ravvisato un rapporto di pertinenzialità, a norma dell'art. 817 c.c., tra una canna fumaria ed una porzione di proprietà esclusiva compresa in un edificio condominiale, la cessazione di tale vincolo avviene, invero, unicamente nei limiti dettati dall'art. 818 c.c., ovvero non facendo meramente venir meno il rapporto di connessione materiale con la cosa principale, quanto elidendo il rapporto economico e giuridico di strumentalità e complementarità funzionale corrente tra le distinte res con la conseguenza comunque che, nel caso di specie, il dante causa dei ricorrenti si sarebbe al più così riservato la proprietà della canna fumaria, determinando la cessazione del vincolo pertinenziale ai sensi dell'art. 818 c.c., e non certo che lo stesso impianto fosse stato in tal modo restituito alla proprietà condominiale. In conclusione, per le suesposte ragioni, il ricorso dei condomini è stato rigettato.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 24 ottobre 2019 – 20 febbraio 2020, n. 4499 Presidente D’Ascola – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione D.M.A.M. , T.C. e T.V. hanno proposto ricorso articolato in unico motivo, per violazione degli artt. 817 e 2697 c.c., nonché erronea e contraddittoria valutazione delle risultanze processuali avverso la sentenza n. 237/2018 della Corte di Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, depositata il 29 maggio 2018. Si difende con controricorso il Condominio di omissis . Il Condominio di omissis , con citazione del 23 settembre 2010 convenne D.M.A.M. , T.C. e T.V. dinanzi al Tribunale di Taranto, chiedendo di condannare i convenuti al pagamento della spesa di Euro 10.360,00, sostenuta dall’attore per la rimozione, in ottemperanza ad ordinanza sindacale, di una canna fumaria di proprietà D.M. -T. , realizzata in tubi di cemento-amianto sulla facciata dell’edificio. Il Tribunale adito, con sentenza del 30 agosto 2014, accolse la domanda. La Corte di Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, ha poi respinto il gravame di D.M.A.M. , T.C. e T.V. , ritenendo che la proprietà della canna fumaria in capo agli appellanti fosse desumibile dalla destinazione funzionale della stessa ai locali loro appartenenti, posti al piano terra ed adibiti a panificio. I giudici di secondo grado hanno quindi considerato non rilevante la prova, emergente dai sopralluoghi della ASL di Taranto, che la canna fumaria non fosse collegata al panificio di proprietà D.M. -T. , non essendo stata dimostrata la cessazione del vincolo pertinenziale sin da prima dell’acquisto dell’unità immobiliare, risalente al 23 aprile 1987, ovvero che la stessa canna fumaria fosse stata scollegata da epoca antecedente al subentro dei signori D.M. -T. nella titolarità della porzione a piano terra. L’unico motivo di ricorso di D.M.A.M. , T.C. e T.V. denuncia la violazione degli artt. 817 e 2697 c.c., e l’erronea e contraddittoria valutazione delle risultanze processuali, mancando la prova dell’appartenenza della canna fumaria, necessaria al fine di individuare la parte obbligata al pagamento delle spese della rimozione disposta dalla P.A. Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere accolto per manifesta fondatezza, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5 , il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio. Il controricorrente ha presentato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2. Non sussiste l’inammissibilità del ricorso eccepita dal controricorrente, in quanto la censura contiene gli elementi necessari a porre questa Corte in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, nonché di cogliere il significato e la portata delle critiche rivolte alle argomentazioni della sentenza impugnata. Il Collegio, diversamente da quanto ipotizzato nella proposta del relatore, ritiene che il ricorso sia, piuttosto, manifestamente infondato. Va all’uopo considerato come, in tema di giudizio di giudizio di cassazione per la decisione in camera di consiglio ex art. 380 bis c.p.c., anche dopo le novità introdotte nell’art. 380-bis c.p.c. dal D.L. n. 168 del 2016, conv., con modif., dalla L. n. 197 del 2016, il procedimento può essere definito con rito camerale ove ricorra un’ipotesi diversa da quella opinata nella proposta del relatore, atteso che la detta disposizione stabilisce che la Corte deve rimettere la causa alla pubblica udienza soltanto se ritiene che non ricorrano alcuna delle ipotesi previste dall’art. 375 c.p.c., comma 1, nn. 1 e 5 cfr. Cass. Sez. 6 - 2, 23/03/2017, n. 7605 . Deve considerarsi che la controversia in esame non attiene in via principale all’accertamento della proprietà della canna fumaria, quanto all’individuazione di chi debba sostenere la spesa occorsa per la sua rimozione dalla facciata condominiale in ottemperanza ad ordine della pubblica autorità. Opera allora il principio per cui, in tema di condominio negli edifici, in ipotesi di spese inerenti alle parti comuni, le stesse sono ascrivibili ad uno o ad alcuni dei condomini, e non invece ripartite secondo le regole generali, in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, soltanto ove sia accertata in sede giudiziale la responsabilità del singolo partecipante, il quale deve perciò assumere l’onere del relativo ripristino Cass. Sez. 2, 24/04/2013, n. 10053 Cass. Sez. 2, 22/07/1999, n. 7890 . Come allora già più volte affermato in giurisprudenza, con riguardo ad edificio in condominio, una canna fumaria, appoggiata alla facciata del fabbricato, non è necessariamente di proprietà comune, ben potendo appartenere ad uno solo dei condomini, ove sia destinata a servire esclusivamente l’appartamento cui afferisce, costituendo detta destinazione titolo contrario alla presunzione legale di comunione. Per superare tale presunzione, nascente dall’art. 1117 c.c., è dunque necessario dare prova che essa sia pertinente ad unità immobiliare di proprietà esclusiva Cass. Sez. 2, 29/08/1991, n. 9231 Cass. Sez. 2, 31/07/2013, n. 18350 . Negli stessi argomenti adoperati dai ricorrenti a sostegno della loro censura, si espone, appunto, che la canna fumaria oggetto di lite fosse stata collegata, per la sua specifica funzione di scarico dei fumi, al forno che era utilizzato per l’attività di panificio esercitata in precedenza nell’immobile di attuale proprietà esclusiva dei condomini D.M. -T. . In tal modo, si dà per dimostrato che la canna fumaria, della quale è stata disposta la rimozione, fosse in origine oggettivamente destinata, per le sue caratteristiche, a servire in via esclusiva l’unità immobiliare poi acquistata dai ricorrenti il 23 aprile 1987 ciò, secondo l’insegnamento di principio offerto da Cass. Sez. U, 07/07/1993, n. 7449, vale a dire inoperante la presunzione di condominialità stabilita dall’art. 1117 c.c. riguardo all’impianto in questione. In tal senso si spiega, perciò, la decisione della Corte d’appello di Taranto, la quale ha concluso, previo apprezzamento di fatto delle risultanze istruttorie, che la proprietà della canna fumaria è da considerarsi radicata in capo ai proprietari del piano terra, essendo stata compiutamente acquisita la pacifica prova che la pregressa destinazione funzionale della canna fumaria era posta all’esclusivo servizio dei locali, siti al piano terra, adibiti a panificio . Nè può rilevare, al fine di ripristinarne la comproprietà, il dato fattuale che l’iniziale destinazione pertinenziale della canna fumaria rispetto all’unità immobiliare ora di proprietà D.M. -T. fosse poi materialmente cessata ancor prima del loro acquisto, rendendosi il forno indipendente dal locale terraneo. Una volta ravvisato un rapporto di pertinenzialità, a norma dell’art. 817 c.c., tra una canna fumaria ed una porzione di proprietà esclusiva compresa in un edificio condominiale, la cessazione di tale vincolo avviene, invero, unicamente nei limiti dettati dall’art. 818 c.c., ovvero non facendo meramente venir meno il rapporto di connessione materiale con la cosa principale e cioè mediante l’asportazione parziale dell’impianto ipotizzata dai ricorrenti , quanto elidendo il rapporto economico e giuridico di strumentalità e complementarità funzionale corrente tra le distinte res con la conseguenza comunque che, nel caso di specie, il dante causa dei signori D.M. e T. si sarebbe al più così riservato la proprietà della canna fumaria, determinando la cessazione del vincolo pertinenziale ai sensi dell’art. 818 c.c., e non certo che lo stesso impianto fosse stato in tal modo restituito alla proprietà condominiale. Il ricorso va perciò rigettato e le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, vengono regolate secondo soccombenza in favore del controricorrente. Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater - da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.