Tutti i condomini devono partecipare alle spese di conservazione del tetto

Questo perché le parti dell’edificio condominiale volte a preservarlo da agenti atmosferici e da infiltrazioni di acqua piovana o sotterranea rientrano tra le cose comuni, proprio per la loro funzione necessaria all’uso collettivo.

Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 24927/19, depositata il 7 ottobre, chiamata a decidere su un caso di ripartizione delle spese condominiali tra condomini per quanto riguarda la manutenzione del tetto del fabbricato condominiale. A chiedere l’intervento degli Ermellini è una condomina che vuole sottrarsi dal pagamento delle suddette spese. Il tetto come parte comune. Secondo un ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, a cui risulta essere conforme la decisione di secondo grado, le parti dell’edificio in condominio, nella specie muri e tetti, ovvero le opere e i manufatti volti a preservare l’edificio da agenti atmosferici e dalle infiltrazioni di acqua piovana o sotterranea rientrano tra le cose comuni, proprio per la loro funzione necessaria all’uso collettivo e le spese di conservazione di questi sono assoggettate alla ripartizione in misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive. Ed è per tal motivo che la ripartizione delle spese di manutenzione proporzionate all’uso delle cose comuni o correlate all’utilità che se ne tragga non si giustifica per quelle parti, come il tetto o la facciata destinate a servire in maniera uguale ed indifferenziata tutte le unità immobiliari dell’edificio. Il ricorso della singola condomina deve essere dunque rigettato.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 3 maggio – 7 ottobre 2019, n. 24927 Presidente D’Ascola – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione L.R.L.L. ha proposto ricorso articolato in unico motivo errata applicazione dell’art. 1123 c.c., u.c., e art. 1126 c.c. error in procedendo in relazione agli artt. 167 e 115 c.p.c. omesso esame di fatto decisivo avverso la sentenza della Corte d’Appello di Perugia n. 852/2017 del 21 novembre 2017. L’intimato omissis , non ha svolto attività difensive. La Corte di Perugia, pur parzialmente accogliendo il gravame avverso la pronuncia di primo grado in ordine alla rettifica della Tabella H del omissis , ha comunque rigettato il secondo motivo di appello, e così confermato quanto deciso dal Tribunale di Perugia sulla impugnativa di Delib. assembleare 22 giugno 2007, ravvisando l’obbligo della condomina L.R. di concorrere alle spese di manutenzione del tetto del fabbricato, in quanto strutturalmente destinato anche alla protezione dell’atrio comune, seppur non sovrastante alcuna unità immobiliare di proprietà esclusiva L.R. . La ricorrente evidenzia che in tal modo la Corte di Perugia si è posta in contrasto col principio affermato da Cass. n. 11484/2017, non rinvenendosi alcuna comunione della copertura ex art. 1117 c.c., coinvolgente le proprietà L.R. , in relazione al tetto, in quanto le unità immobiliari appartenenti alla ricorrente non si trovano al di sotto della proiezione verticale del medesimo tetto oggetto di ristrutturazione. Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5 , il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio. La ricorrente ha presentato memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 2. La decisione della Corte d’Appello di Perugia è conforme all’orientamento di questa Corte, secondo cui le parti dell’edificio in condominio - quali, nella specie, muri e tetti art. 1117 c.c., n. 1 , ovvero le opere ed i manufatti fognature, canali di scarico e simili art. 1117 c.c., n. 3 , deputati a preservare l’edificio condominiale da agenti atmosferici e dalle infiltrazioni d’acqua, piovana o sotterranea, rientrano, per la loro funzione necessaria all’uso collettivo, fra le cose comuni, le cui spese di conservazione sono assoggettate alla ripartizione in misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive, ai sensi della prima parte dell’art. 1123 c.c., non ricomprendendosi, per contro, fra quelle parti suscettibili di destinazione al servizio dei condomini in misura diversa, ovvero al godimento di alcuni condomini e non di altri, di cui all’art. 1123 c.c., commi 2 e 3. La ripartizione delle spese di manutenzione proporzionate all’uso delle cose comuni o correlate all’utilità che se ne tragga non si giustifica, infatti, con riferimento a quelle parti, come il tetto o la facciata , che costituiscono le strutture essenziali ai fini dell’esistenza stessa dello stabile unitariamente considerato e che sono destinate a servire in maniera eguale ed indifferenziata le varie unità immobiliari dell’edificio Cass. Sez. 2, 03/01/2013, n. 64 Cass. Sez. 2, 04/05/1999, n. 4403 Cass. Sez. 2, 29/04/1993, n. 5064 Cass. Sez. 2, 27/11/1990, n. 11423 Cass. Sez. 2, 22/12/2014, n. 27154 . In un risalente precedente, si spiegava ancor meglio come il principio della proporzione fra quota di proprietà e concorso nei vantaggi e nei pesi della cosa comune vige allo stato puro nella comunione, mentre non è sufficiente nel condominio, giacché, essendo tale istituto caratterizzato dalla coesistenza di un regime di comunione con molteplici proprietà individuali, l’intensità del godimento delle cose ed impianti comuni da parte dei condomini può obiettivamente risultare diversa a seconda del rapporto in cui con quelle cose ed impianti si trova di fatto il bene oggetto di proprietà esclusiva di tal che, in sede di riparto delle spese di manutenzione del tetto, quel che veramente rileva non è tanto l’appartenenza del tetto medesimo ad alcuni o a tutti i condomini, quanto la funzione di copertura, senza che con ciò, peraltro, si possa dire che solo i proprietari dei vani posti nella verticale sottostante alla zona da riparare siano tenuti alla relativa spesa, poiché non può, almeno in linea generale, ammettersi una ripartizione per zone di un medesimo tetto Cass. Sez. 2, 06/07/1973, n. 1923 . Neppure trova perciò applicazione il regime sulle spese stabilito dall’art. 1126 c.c., cui si riferisce Cass. Sez. 6 - 2, 10/05/2017, n. 11484 , il quale disciplina soltanto le riparazioni o ricostruzioni del lastrico solare, propriamente inteso, di uso esclusivo, ossia di quella superficie terminale dell’edificio dotata di accessibilità ed adibita, quale accessorio, oltre che alla funzione di copertura, alla utilizzazione esclusiva di uno degli appartamenti in forza di diritto, di carattere reale o personale, che risulti dal titolo. Solo allorquando il tetto dell’edificio in condominio è di proprietà esclusiva di uno dei partecipanti, si è ritenuto in giurisprudenza che le spese di manutenzione dello stesso dovessero ripartirsi con i criteri di cui all’art. 1126 c.c., come, appunto, stabilito per i lastrici solari di uso esclusivo Cass. Sez. 2, 30/01/1985, n. 532 . La Corte d’Appello di Perugia ha altresì apprezzato in fatto che, per le caratteristiche strutturali e funzionali dell’edificio, il tetto del fabbricato, oggetto dell’intervento manutentivo, è destinato anche alla protezione dell’atrio comune, e da ciò ha tratto la coerente conseguenza che tutti i condomini siano interessati alla riparazione del medesimo tetto in tal senso, già Cass. Sez. 2, 29/04/1968, n. 1352 . Nè risulta imputabile alla sentenza impugnata l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, atteso che il fatto storico, rilevante in causa, è stato comunque preso in considerazione dalla Corte d’Appello, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. Il ricorso va perciò rigettato. Non occorre regolare le spese del giudizio di cassazione, in quanto l’intimato non ha svolto attività difensive. Sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, - dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.