Condominiali i box auto realizzati nel cortile

Ancora una volta i box auto sono al centro della disputa. In principio si discute sul rapporto pertinenziale esistente tra appartamento e box auto, se la vendita del primo comporti o meno l'automatico trasferimento del secondo. Tribunale e Corte d'Appello cercano di risolvere il problema focalizzando l'attenzione sul contenuto dell'atto di vendita dell'appartamento.

La Cassazione sentenza numero 16070/19, depositata il 14 giugno rimescola le carte e concentra l'attenzione sul titolo di proprietà relativo all'area di sedime su cui erano stati realizzati i box auto. Il caso in esame. L'acquirente dell'appartamento cita in giudizio il venditore che non avrebbe consegnato, unitamente all'appartamento, il box auto pertinenziale. Il ragionamento è semplice il box auto costituisce pertinenza dell'appartamento, quindi il trasferimento di quest'ultimo comporta l'automatico trasferimento della pertinenza. Il venditore, dal suo canto, richiama il concetto carta canta” l'atto di vendita riguarda solo l'appartamento e non comprende l'autorimessa. Merito altalenante. Il giudizio di merito si svolge a fasi altalenanti. Il Tribunale rigetta la domanda ma la Corte d'Appello ribalta l'esito del giudizio ritenendo che la vendita dell'appartamento avrebbe comportato l'automatico trasferimento del box auto pertinenziale. Le motivazioni della decisione. Quali le motivazioni della decisione? La soluzione del caso non è semplice. Il complesso immobiliare risulta composto da numero 33 appartamenti. Originariamente negli anni 1968-1970 il costruttore aveva realizzato solo 12 box auto. Successivamente nel 1988 , numero 21 condòmini avevano ottenuto una concessione edilizia per realizzare, all'interno del cortile condominiale, altrettanti box auto. A questo punto i conti iniziano a quadrare, abbiamo numero 33 appartamenti e numero 33 box auto per cui si presume che ciascun appartamento sia dotato di un box auto. La Corte accerta che il box auto in discussione rientrava nel secondo gruppo” di box auto realizzati, su iniziativa dei singoli condòmini, nel 1988. Il ragionamento della Corte d'appello è semplice se il secondo gruppo di box auto è stato realizzato su un cortile condominiale, anche gli immobili realizzati su di esso devono intendersi condominiali. Anche l'epoca di realizzazione ha il suo peso. Anche l'epoca di realizzazione del secondo gruppo” di box auto ha il proprio peso. La Corte d'Appello rileva che gli immobili sarebbero stati realizzati nel 1988, ovvero in vigenza dell'art. 26 l. numero 47/1985, norma, quest'ultima, che prevede l'esistenza di uno stretto vincolo pertinenziale tra l'appartamento ed il relativo posto auto. Due elementi decisivi. La Corte esamina l'atto di vendita e sottolinea due elementi decisivi. Primo punto nel rogito il venditore non si riservava la proprietà del box auto che, quindi, doveva intendersi trasferito all'acquirente come pertinenza del bel bene principale. Secondo punto l'atto di vendita conteneva una clausola specifica per cui la vendita veniva effettuata con il diritto alla comproprietà delle parti comuni del fabbricato di cui fa parte la porzione alienata”. I motivi del ricorso. Il venditore contesta la decisione della Corte territoriale per due motivi essenziali. A suo parere il richiamo, da parte del giudice d'appello, alla l. numero 47/1985 ed la corrispondenza tra il numero degli appartamenti ed il numero dei box auto, sarebbe errato. La norma urbanistica, infatti, prevede un rapporto pertinenziale tra i volumi realizzati e la superficie vincolata a parcheggio e non tra il numero di unità immobiliari ed il corrispondente numero di box auto esistenti. La Corte, inoltre, avrebbe mancato nel considerare che il condominio era dotato di una superficie a parcheggio sufficiente a saturare lo standard urbanistico di aree a parcheggio pari ad 1 mq di area a parcheggio per ogni 10 mc realizzati . Detto in altri termini, secondo il venditore, il fabbricato valutato utilizzando il parametro edilizio della volumetria sviluppata era dotato di una superficie a parcheggio sufficiente a coprire lo standard richiesto dalla norma urbanistica senza considerare i box auto. Il verdetto della Cassazione. La seconda sezione civile della Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, pone fine alla diatriba rigettando definitivamente la tesi del venditore e condividendo l'iter logico-giuridico seguito dalla Corte d'Appello. Piazza Cavour condivide, in particolare, il ragionamento della Corte nella parte in cui, avrebbe dedotto la condominialità” dei box auto realizzati sul cortile condominiale. Del resto, se l'area si appartiene al condominio, è evidente che la costruzione realizzata su di essa sia condominiale ed appartenga a tutti condòmini, pro-quota. Secondo la Cassazione, il box auto in discussione appartiene al proprietario dell'appartamento per essere stato costruito su un bene il preesistente cortile che era certamente condominiale e, come tale, di proprietà di tutti i condòmini. In altre parole, il punto fondamentale della questione non è l'atto di trasferimento del singolo appartamento e se questo debba essere considerato al netto o al lordo del box pertinenziale bensì il titolo di proprietà” dell'area di sedime su cui i box sono stati realizzati. In altri termini, se i box sono stati realizzati su un cortile condominiale, che appartiene, pro-quota, a tutti i condomini, anche i relativi box auto devono essere considerati condominiali ed apparterranno anch'essi, pro-quota, ai singoli condòmini. Esiste un punto oscuro della vicenda. Nel caso in esame abbiamo un punto fermo i posti auto sono stati realizzati su un cortile condominiale. Abbiamo, però, una zona d'ombra i box auto sono stati realizzati in base ad una concessione edilizia richiesta solo da una parte dei condomini per la precisione da 21 condomini su un totale di 33 teste” . Poiché il rilascio del titolo edilizio è subordinato alla attualizzazione della proprietà, è evidente che i 21 condomini richiedenti la concessione edilizia abbiano dovuto dimostrare al comune di essere proprietari dell'area o di essere stati espressamente autorizzati dal condomìnio. Nel primo caso, avrebbero dovuto esibire il titolo di proprietà del cortile in altre parole avrebbero dovuto esibire il titolo di acquisto dell'area di sedime per cui quest'ultimo non sarebbe affatto condominiale bensì di proprietà esclusiva dei singoli 21 condòmini richiedenti la concessione edilizia. Nel secondo caso, avrebbero dovuto esibire una delibera dell'assemblea che autorizzava solo alcuni dei condòmini alla realizzazione delle opere. In questo caso la delibera avrebbe potuto contenere una serie di elementi utili a chiarire la situazione. In effetti, a ben guardare, abbiamo un ulteriore elemento poco chiaro se i box auto sono stati realizzati su un cortile condominiale, per accessione, i manufatti diventano di proprietà dei condomini pro-quota. Allora perché vengono utilizzati dai singoli 21 condomini? Esiste forse una delibera assembleare di attribuzione dei singoli box auto ai singoli condomini? Ovviamente, solo il venditore avrebbe potuto chiarire la situazione ma, a quanto pare, non lo ha fatto per strategia processuale o per eccessiva approssimazione. Sta di fatto che l'esame della documentazione avrebbe potuto portare ad una diversa definizione della causa.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 3 aprile – 14 giugno 2019, n. 16070 Presidente Giusti – Relatore Scarpa Fatti di causa S.R. ha presentato ricorso, articolato in due motivi, avverso la sentenza n. 418/2016 della Corte di Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, depositata in data 26 agosto 2016. Resistono con controricorso C.A. e R.L. , mentre rimane intimato, senza svolgere attività difensive, C.G.A. . Con citazione del 12 giugno 2004, C.A. , R.L. e C.G.A. convennero S.R. dinanzi al Tribunale di Sassari, per sentir dichiarare che l’appartamento sito in omissis , acquistato da C.G.A. con atto del 16 giugno 1999 e poi da questo rivenduto ai propri genitori C.A. e R.L. con atto dell’11 giugno 2001 , avesse come necessaria pertinenza l’autorimessa a servizio del medesimo , e conseguentemente condannare S.R. a consegnare agli attori la medesima autorimessa rilasciandola libera da persone, cose e terzi occupanti nel pieno ed esclusivo possesso dei medesimi . Gli attori dedussero che il Condominio di omissis , in forza di concessione edilizia n. 6273 del 7 gennaio 1988, aveva realizzato ventuno autorimesse sugli spazi comuni destinati al parcheggio delle auto, costituenti dipendenza coperta degli appartamenti, e che perciò spettasse loro la proprietà dell’autorimessa quale pertinenza dell’appartamento acquistato. S.R. allegò, per contro, che l’atto di compravendita del 16 giugno 1999 si riferiva alla proprietà del solo appartamento, e non anche dell’autorimessa. Il Tribunale di Sassari, con sentenza del 26 ottobre 2009, rigettò la domanda di C.A. , R.L. e C.G.A. . Proposero appello C.A. , R.L. e C.G.A. e la Corte di Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, con sentenza n. 418/2016, accolse il gravame, dichiarando che il box sito all’interno del Condominio di OMISSIS , indicato come secondo verso sinistra per chi accede dalla omissis e identificato nella planimetria allegata alla pratica con il n. XX, è stato trasferito, in favore di C.G.A. , quale pertinenza dell’appartamento di cui all’atto pubblico inter partes in data 16 giugno 1999, notaio Piano . La Corte d’Appello osservò come l’appartamento venduto da S.R. a C.G.A. era compreso in un complesso edilizio costituito da complessivi 33 alloggi, nonché da oltre 12 box auto realizzati all’epoca della costruzione degli edifici 1968-1970 e 21 box auto nel cortile condominiale assentiti in base ad apposita concessione edilizia rilasciata il 7 gennaio 1988. Con atto del 10 maggio 1971, S.R. aveva acquistato dal costruttore un appartamento in OMISSIS , nonché, insieme al marito A.M. , un secondo appartamento ubicato sul medesimo pianerottolo con annessa autorimessa. La richiesta di concessione edilizia per la costruzione dei 21 box provenne da altrettanti condomini, in maniera che ogni appartamento avesse una propria autorimessa. Secondo la Corte d’Appello, il cortile, dove furono costruiti i nuovi box nel 1988, era di proprietà comune pro quota fra i condomini. D’altro canto, giacché realizzati dopo l’introduzione della L. n. 47 del 1985, art. 26, tali box dovevano intendersi collegati da vincolo pertinenziale con gli appartamenti. Era quindi decisivo, per la Corte d’Appello, che l’atto del 16 giugno 1999 non conteneva alcuna riserva di proprietà dei diritti pro quota della venditrice sui box compresi nel cortile, ed anzi precisava che nel trasferimento fosse compreso il diritto alla comproprietà delle parti comuni del fabbricato di cui fa parte la porzione alienata . La Corte di Sassari ritenne altresì priva di rilievo la deduzione difensiva di S.R. , secondo cui il box non costituiva pertinenza del box acquistato il 10 maggio 1971 e poi alienato a C.G.A. , essendo piuttosto di proprietà del defunto marito A.M. , comproprietario dell’altro appartamento acquistato in pari data e ricompreso fra i 21 condomini che richiesero al Comune l’autorizzazione a costruire i nuovi box nel cortile condominiale. La Corte d’Appello dedusse che A.M. avesse avanzato istanza di concessione per conto della moglie S.R. , visto che l’appartamento di cui era comproprietario era già dotato di una propria autorimessa. Così la Corte d’Appello ritenne trasferito unita mente all’appartamento venduto a C.G.A. il box in uso alla S. , ovvero, appunto, il secondo verso sinistra per chi accede dalla OMISSIS e identificato nella planimetria allegata alla pratica con il n. 20. La ricorrente ha presentato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c. in data 27 marzo 2019. Ragioni della decisione I. Il primo motivo di ricorso di S.R. denuncia la violazione o falsa applicazione della L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies, introdotto dalla L. n. 765 del 1967, art. 18, della L. n. 47 del 1985, art. 26, dell’art. 1117 c.c. e dell’art. 817 c.c., art. 818 c.c. e art. 819 c.c., per avere la Corte di Appello erroneamente ritenuto che il rapporto pertinenziale tra fabbricato e area da destinarsi a parcheggio, ai sensi della L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies, intercorresse tra unità abitativa e posto auto, e non invece tra volume delle costruzioni e superficie vincolata. La ricorrente evidenzia come la Corte d’Appello non avesse accertato se nell’edificio condominiale esistessero, ed in quale misura, gli spazi di parcheggio, nè se, oltre all’area vincolata, esistessero altre aree da destinarsi a parcheggio, nè se l’autorimessa n. 20 costituisse uno spazio ulteriore rispetto a quello minimo vincolato per legge al diritto reale d’uso. Col secondo motivo di ricorso si censura l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione delle parti ovvero, ancora, la reiterata violazione o falsa applicazione della L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies, della L. n. 47 del 1985, art. 26, dell’art. 1117 c.c. e degli artt. 817, 818 e 819 c.c., avendo la Corte di Appello omesso di esaminare la circostanza che l’area rimasta libera, da destinare a parcheggio, soddisfacesse abbondantemente il rapporto pertinenziale prescritto dalla L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies, così come risultante dagli scritti difensivi della ricorrente e dalla espletata CTU. II. Va disattesa l’eccezione di inammissibilità formulata dai controricorrenti, in quanto il ricorso denuncia essenzialmente la violazione di norme di legge, e non soltanto l’erronea valutazione di risultanze processuali, e perciò contiene gli elementi necessari a rappresentare le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza impugnata ed altresì a permettere la verifica della fondatezza di tali ragioni. I primi due motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente, per la loro connessione, e si rivelano infondati. Soprattutto, le due censure non rivelano immediata e piena riferibilità ad una delle rationes decidendi su cui poggia la pronuncia della Corte d’Appello di Sassari ovvero quella che ha sottolineato come i box realizzati con la concessione edilizia del 7 gennaio 1988 furono costruiti sul cortile di proprietà condominiale , limitandosi a censurare una serie di profili ulteriori, che comunque risultano inidonei a determinare la cassazione della sentenza impugnata. Ed infatti, la Corte di Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, per raggiungere la conclusione che il box era stato trasferito a C.G.A. quale pertinenza dell’appartamento di cui all’atto pubblico del 16 giugno 1999, ha posto in evidenza che il cortile dove furono realizzati i nuovi box nel 1988 era di proprietà comune pro quota fra i condomini, sicché tutti e ciascuno di essi appartenevano ai singoli trentatrè titolari delle proprietà esclusive . Ora, secondo consolidato orientamento di questa Corte, il vincolo di destinazione impresso agli spazi per parcheggio dalla L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41 sexies, in base al testo introdotto dalla L. 6 agosto 1967, n. 765, art. 18 e prima della modifica introdotta dalla L. n. 246 del 2005, art. 12, comma 9, nella specie inoperante ratione temporis norma di per sé imperativa, non può subire deroghe mediante atti privati di disposizione degli stessi spazi, le cui clausole difformi sono perciò sostituite di diritto dalla medesima norma imperativa. La normativa urbanistica, dettata dalla L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies, si limita a prescrivere, per i fabbricati di nuova costruzione, una misura proporzionale alla cubatura totale dell’edificio da destinare obbligatoriamente a parcheggi, pari ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruito, secondo i parametri applicabili per l’epoca dell’edificazione parametri poi modificati dalla L. n. 122 del 1989, art. 2 , verificati a monte dalla P.A. nel rilascio della concessione edilizia Cass. 11 febbraio 2009, n. 3393 . Questa Corte ha altresì spiegato come gli spazi che debbono essere riservati a parcheggio ex art. 41 sexies possono essere ubicati indifferentemente nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle stesse, trattandosi di modalità entrambe idonee a soddisfare l’esigenza, costituente la ratio della norma, di deflazione della domanda di spazi per parcheggio nelle aree destinate alla pubblica circolazione, non essendo, peraltro, consentito al giudice di sindacare le scelte compiute in proposito dalla P.A. Cass. 22 febbraio 2006, n. 3961 . L’elaborazione giurisprudenziale ha anche chiarito come lo standard urbanistico prescritto dalla L. n. 765 del 1967, art. 18, pone un vincolo pubblicistico di destinazione degli spazi da utilizzare come parcheggio a servizio delle singole unità immobiliari , con la conseguenza che il godimento di tale spazio, nell’ipotesi di fabbricato condominiale, deve essere assicurato in favore del proprietario del singolo appartamento Cass. 4 agosto 2017, n. 19647 Cass. 4 febbraio 1999, n. 973 . Il vincolo non opera, quindi, genericamente a favore del fabbricato condominiale o dei condomini indistintamente, ma delle singole unità immobiliari di cui l’edificio si compone. Nella specie, è tuttavia accertato in fatto che le autorimesse oggetto della concessione edilizia del 7 gennaio 1988 furono costruite in un cortile di proprietà condominiale. I cortili ed esplicitamente pure le stesse aree destinate a parcheggio, dopo l’entrata in vigore della L. n. 220 del 2012 , rispetto ai quali manchi un’espressa riserva di proprietà nel titolo originario di costituzione del condominio, rientrano tra le parti comuni dell’edificio condominiale, a norma dell’art. 1117 c.c. Cass. 8 marzo 2017, n. 5831 , e la loro trasformazione in un’area edificabile destinata alla installazione, con stabili opere edilizie, di autorimesse, a beneficio di alcuni soltanto dei condomini, seppur faccia venir meno la funzione dell’area comune, non ne comporta una sottrazione al regime della condominialità sotto il profilo dominicale arg. da Cass. 9 dicembre 1988, n. 6673 Cass. 14 dicembre 1988, n. 6817 Cass. 16 febbraio 1977, n. 697 . Ciò a differenza del locale autorimessa, che, se anche situato entro il perimetro dell’edificio condominiale, non può ritenersi ex se incluso tra le parti comuni dell’edificio ai diretti effetti dell’art. 1117 c.c. cfr. Cass. 22 ottobre 1997, n. 10371 . Essendo state costruite le autorimesse, assentite con concessione edilizia del 7 gennaio 1988, nel cortile comune, su richiesta di ventuno condomini del complesso di OMISSIS , le stesse dovevano intendersi per accessione, ai sensi dell’art. 934 c.c., di proprietà comune pro indiviso a tutti i condomini dell’immobile, salvo contrario accordo, che deve rivestire la forma scritta ad substantiam arg. da Cass. Sez. Un. 16 febbraio 2018, n. 3873 . Giacché appartenenti in comunione ai singoli condomini, quali comproprietari ex art. 1117 c.c. del cortile sul cui suolo sono state costruite, ogni acquisto di un’unità immobiliare compresa nell’edificio condominiale comprende la quota di comproprietà delle autorimesse comuni e il diritto di usufruire della stessa, a nulla rilevando l’eventuale divergenza fra il numero delle autorimesse e quello dei partecipanti al condominio divergenza su cui invece si sofferma la ricorrente , la quale può semmai incidere ai fini della regolamentazione dell’uso di esse arg. da Cass. 16 gennaio 2008, n. 730 Cass. 18 luglio 2003, n. 11261 Cass. 28 gennaio 2000, n. 982 . Deve concludersi che l’acquisto del diritto sul box auto sito all’interno del Condominio di OMISSIS , riconosciuto dalla Corte d’Appello in capo a C.G.A. a titolo di pertinenza dell’appartamento di cui all’atto pubblico 16 giugno 1999, discenda piuttosto quale automatica conseguenza dall’essere comprese le autorimesse realizzate nel complesso edilizio fra le parti comuni a tutti i partecipanti. Non rileva, cioè, in maniera decisiva, nella fattispecie di causa, il vincolo previsto dalla L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies, introdotto dalla L. n. 765 del 1967, art. 18, su cui si incentra il ricorso, quanto il regime circolatorio tipico delle parti comuni, proprio del condominio edilizio. L’alienazione dell’unità immobiliare compresa nel Condominio di OMISSIS in favore di C.G.A. doveva per questo comportare il trasferimento della titolarità pro quota delle autorimesse costruite nel cortile condominiale. Non è peraltro oggetto di specifica censura, agli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il capo della sentenza che ha inteso trasferito all’acquirente il box in uso alla S. individuato dalla Corte d’Appello nel secondo verso sinistra dalla OMISSIS , in planimetria con il n. 20 , e ciò condiziona rigidamente il devolutum del provvedimento gravato. Ben vero, nel giudizio di legittimità, gli errori di diritto, che non siano dedotti con l’impugnazione, anche se non connessi ad errori di fatto da accertare e dichiarare preventivamente, sono rilevabili di ufficio solo nei limiti dell’art. 384 c.p.c., comma 4, strumento che consente alla Corte di cassazione di ripristinare la legalità della motivazione, e non anche della statuizione contenuta in dispositivo Cass. 6 agosto 1991, n. 8563 . Sempre per le ragioni indicate, non ha perciò alcun rilievo il contenuto dell’atto traslativo tra S.R. a C.G.A. , nè riveste decisività la circostanza dell’eccedenza dell’area rispetto al rapporto pertinenziale L. n. 1150 del 1942, ex art. 41 sexies circostanza sostenuta nel secondo motivo di ricorso , in quanto la venditrice S. non avrebbe comunque potuto validamente disporre della proprietà esclusiva delle autorimesse costruite sul cortile, e perciò comprese fra le proprietà comuni rimanendo nulla, del resto, la clausola, contenuta nel contratto di vendita di un’unità immobiliare di un condominio, con la quale venga esclusa dal trasferimento la proprietà di alcune delle parti comuni cfr. Cass. 29 gennaio 2015, n. 1680 . La mera circostanza che uno dei successivi atti di vendita di una singola unità immobiliare non contenga espressa menzione del trasferimento anche della comproprietà delle aree comuni non è in alcun modo sufficiente a superare la presunzione posta dall’art. 1117 c.c., la quale, al contrario, comporta che all’atto stesso consegua l’alienazione, unitamente alla porzione esclusiva, della corrispondente quota di condominio su dette parti comuni. Stando, infatti, al consolidato orientamento di questa Corte, una volta accertata la sussistenza di una situazione di condominio di edifici, le vicende traslative riguardanti i piani o le porzioni di piano di proprietà individuale estendono i loro effetti, secondo il principio accessorium sequitur principale , alle parti comuni necessarie per la struttura o destinate per la funzione al servizio degli immobili di proprietà solitaria Cass. 6 marzo 2019, n. 6458 Cass. 26 ottobre 2011, n. 22361 Cass. 27 aprile 1993, n. 4931 . III. Il ricorso va perciò rigettato, con condanna della ricorrente a rimborsare ai controricorrenti C.A. e R.L. le spese del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo, mentre non occorre provvedere al riguardo per l’altro intimato C.G.A. , che non ha svolto attività difensive. Sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione rigettata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.