Il terzo creditore del Condominio può agire nei confronti dei singoli condomini

Il creditore del Condominio che disponga di un titolo esecutivo nei confronti del Condominio stesso, ha facoltà di procedere all’espropriazione di tutti i beni condominiali, ivi inclusi i crediti vantati da quest’ultimo nei confronti dei singoli condomini per i contributi dagli stessi dovuti in base a stati di ripartizione approvati dall’assemblea.

E’ il principio affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 12715/19, depositata il 14 maggio. Il caso. La ricorrente agiva in via esecutiva nei confronti di un Condominio procedendo al pignoramento dei crediti da questo vantati nei confronti di alcuni condomini in base ad una sentenza di condanna al pagamento delle spese processuali per un giudizio di cognizione. Il Condominio e uno dei condomini terzi pignorati hanno proposto opposizione all’esecuzione, che veniva però rigettata dal Tribunale. A seguito di pronuncia conforme da parte della Corte d’Appello, i soccombenti hanno proposto ricorso per cassazione. Legittimazione ad agire dell’amministratore del Condominio. La Suprema Corte ricorda, in primo luogo, il principio secondo cui deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto dall’amministratore del Condominio senza la preventiva autorizzazione assembleare, eventualmente anche in via di ratifica del suo operato, in relazione a controversie che non rientrano in quelle per cui è legittimato ad agire ai sensi degli artt. 1130 e 1131, comma 1, c.c Nel caso di specie, tale autorizzazione non risulta prodotta, circostanza che porta all’inammissibilità del ricorso dell’amministratore del condominio. Esecuzione forzata. Passando al ricorso presentato dal condomino quale terzo pignorato, dichiarata inammissibile per difetto di interesse ad agire da parte dei giudici di merito, la Corte rileva l’inammissibilità e l’infondatezza delle censure. Correttamente la Corte territoriale ha infatti affermato che il terzo pignorato, in caso di espropriazione di crediti, non ha interesse e quindi non è legittimato a sollevare questioni che riguardano i rapporti tra creditore esecutante e debitore esecutato e, in particolare, il diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata nei confronti del debitore, unico soggetto che può avvalersi del rimedio dell’opposizione. Passando al merito delle censure, gli Ermellini colgono l’occasione per affermare che il creditore del Condominio, che abbia conseguito un titolo esecutivo nei confronti del Condominio stesso, ha la possibilità di procedere all’espropriazione dei crediti di quest’ultimo nei confronti dei singoli condomini per i contributi dovuti. Ed infatti gli artt. 2740 e 2910 c.c. consentono l’espropriazione di tutti i beni del debitore, compresi i crediti. Nello specifico caso in cui il debitore sia un Condominio, ai fini dell’espropriazione dei suoi crediti verso i singoli condomini è sufficiente che sia configurabile, sul piano sostanziale, un effettivo rapporto obbligatorio tra Condominio e singolo condomino avente ad oggetto il pagamento dei contributi. Tale rapporto è pacificamente deducibile dal disposto di cui all’art. 63 disp. att. c.c., norma che prevede la possibilità per l’amministratore di ottenere addirittura un decreto ingiuntivo per il pagamento dei contributi condominiali, presupponendo dunque l’esistenza di un rapporto obbligatorio in tal senso. Precisa però la Corte che l’esecuzione promossa dal creditore del Condominio nei confronti dei singoli condomini non può aver luogo per l’intero debito ma deve essere limitata alla quota di partecipazione individuale al Condominio stesso. In conclusione, la Corte cristallizza il principio di diritto secondo cui il creditore del Condominio che disponga di un titolo esecutivo nei confronti del Condominio stesso, ha facoltà di procedere all’espropriazione di tutti i beni condominiali, ai sensi degli artt. 2740 e 2910 c.c., ivi inclusi i crediti vantati dal Condominio nei confronti dei singoli condomini per i contributi dagli stessi dovuti in base a stati di ripartizione approvati dall’assemblea, in tal caso nelle forme dell’espropriazione dei crediti presso terzi di cui agli artt. 543 c.p.c. e ss. . Il ricorso viene comunque dichiarato inammissibile e i ricorrenti condannati in solido al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 5 marzo – 14 maggio 2019, n. 12715 Presidente De Stefano – Relatore Tatangelo Fatti di causa B.T. ha agito in via esecutiva nei confronti del Condominio omissis di omissis , procedendo al pignoramento dei crediti da quest’ultimo vantati nei confronti di alcuni condomini per contributi, in base a una sentenza di condanna al pagamento delle spese processuali relative ad un giudizio di cognizione. Hanno proposto opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., il condominio debitore nonché uno dei condomini terzi pignorati, P.A. . Il Tribunale di Catania - Sezione distaccata di Acireale ha rigettato l’opposizione del condominio e ha dichiarato inammissibile quella del P. . La Corte di Appello di Catania ha confermato la decisione di primo grado. Ricorrono il condominio omissis ed il P. , sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso la B. . La controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c Ragioni della decisione 1. La controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso dell’amministratore del condominio omissis di Acicastel-lo, per difetto della relativa autorizzazione dell’assemblea dei condomini. L’eccezione è fondata. In base alla giurisprudenza di questa Corte, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso per cassazione proposto dall’amministratore del condominio senza la preventiva autorizzazione assembleare, eventualmente richiesta anche in via di ratifica del suo operato, in ordine a controversie che non rientrano tra quelle per le quali è autonomamente legittimato ad agire ai sensi dell’art. 1130 c.c. e art. 1131 c.c., comma 1, nè può essere concesso un termine per la regolarizzazione, ai sensi dell’art. 182 c.p.c., allorché il rilievo del vizio, in sede di legittimità, sia stato sollevato non d’ufficio, ma dalla controparte nel suo controricorso Cass., Sez. 2, Sentenza n. 12525 del 21/05/2018, Rv. 651377 - 02, che richiama i principi affermati da Cass., Sez. U, Sentenza n. 4248 del 04/03/2016, Rv. 638746 - 01 in precedenza, sulla necessità di autorizzazione dell’assemblea, cfr. anche Cass., Sez. 2, Sentenza n. 2179 del 31/01/2011, Rv. 616487 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 12972 del 24/05/2013, Rv. 626693 - 01 Sez. U, Sentenza n. 18331 del 06/08/2010, Rv. 614419 - 01 . La presente controversia ha ad oggetto la contestazione del diritto di un creditore del condominio di procedere, in base ad un titolo giudiziale, ad esecuzione forzata nei confronti dello stesso condominio, mediante pignoramento dei suoi crediti verso i condomini per contributi. Non si tratta di una controversia avente ad oggetto direttamente la riscossione dei contributi, l’erogazione delle spese di manutenzione o la gestione di una o più cose comuni, nè viene dedotta l’estinzione successiva alla formazione del titolo del credito fatto valere contro il condominio, ma solo una pretesa inesistenza del diritto di procedere ad esecuzione forzata, secondo le modalità concretamente adottate dal creditore, onde la proposizione dell’opposizione non può ritenersi rientrare tra le ordinarie attribuzioni dell’amministratore di cui all’art. 1130 c.c Di conseguenza, deve negarsi la autonoma legittimazione dell’amministratore a proporla senza autorizzazione anche eventualmente in ratifica dell’assemblea. La suddetta autorizzazione non risulta prodotta. Inoltre, nell’epigrafe del ricorso non si fa alcun riferimento a tale autorizzazione, nè il documento risulta nell’indice di quelli allegati al ricorso stesso non risulta in atti alcuna autorizzazione neanche in relazione ai gradi di merito dell’opposizione, nè l’amministratore del condominio ha in qualche modo replicato all’eccezione di insussistenza dell’autorizzazione assembleare, avanzata già nel controricorso. Il ricorso dell’amministratore del condominio è dunque inammissibile. 2. L’opposizione dell’altro ricorrente P. , condomino terzo pignorato, è stata dichiarata inammissibile dai giudici di merito, per difetto di interesse ad agire. In secondo grado il P. aveva espressamente posto, tra i motivi di gravame, la questione della sua legittimazione attiva, negata dal Tribunale, ma tale motivo di gravame è stato rigettato dalla corte di appello. Nel ricorso non vi è una specifica censura del P. in merito alla dichiarazione di inammissibilità della sua opposizione quanto meno, la ratio decidendi alla base della relativa statuizione della corte di appello non risulta adeguatamente colta, essendosi limitati i ricorrenti a sostenere - con riguardo ai profili attinenti la soggettività e la legittimazione delle parti che non vi sarebbe alterità soggettiva tra condominio e condomini. Anche il ricorso del P. è pertanto inammissibile. Esso non potrebbe, in ogni caso, ritenersi fondato. Come correttamente affermato dalla corte di appello, il terzo pignorato, nell’espropriazione di crediti, non ha infatti interesse e quindi non è legittimato a sollevare questioni che riguardano esclusivamente i rapporti tra creditore esecutante e debitore esecutato e, in particolare, il diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata nei confronti del debitore, il quale ultimo soltanto si può avvalere dell’apposito rimedio oppositivo di cui all’art. 615 c.p.c. cfr., ex plurimis Cass., Sez. L, Sentenza n. 6667 del 29/04/2003, Rv. 562536 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 387 del 11/01/2007, Rv. 595611 Sez. 3, Sentenza n. 4212 del 23/02/2007, Rv. 595615 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 3790 del 18/02/2014, Rv. 630151 - 01 Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 23631 del 28/09/2018, Rv. 650882 - 01 . Inoltre, dalla stessa esposizione del fatto contenuta nel ricorso cfr. pag. 3, righi 9-11 emerge che la creditrice B. , nel corso della procedura esecutiva, aveva rinunciato al pignoramento del credito vantato dal condominio nei confronti del P. quindi in realtà quest’ultimo non poteva neanche più ritenersi rivestire in concreto la posizione di terzo pignorato e, di conseguenza, non avrebbe avuto legittimazione neanche a proporre eventuali questioni attinenti alla regolarità della procedura esecutiva nei suoi confronti, quale terzo pignorato questioni che avrebbero comunque dovuto essere fatte valere ai sensi dell’art. 617 c.p.c. ovvero nell’ambito dell’eventuale giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, in quanto non configurabili in termini di opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. . L’infondatezza nel merito degli argomenti in diritto posti a base del ricorso anche da parte del P. emerge d’altra parte da quanto sarà illustrato in prosieguo, ai sensi dell’art. 363 c.p.c 3. Le considerazioni sin qui svolte impongono la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. La Corte ritiene peraltro di esaminare comunque il merito dello stesso, ai sensi dell’art. 363 c.p.c., comma 3, in considerazione della particolare importanza della questione di diritto che con esso è posta in particolare con il primo motivo . Con il primo motivo del ricorso si denunzia Erronea configurazione del condominio quale soggetto dotato di personalità giuridica, sia pure attenuata, ovvero di autonoma propria soggettività giuridica. Violazione e/o falsa applicazione dei principi informatori della specifica disciplina. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1117, 1118, 1119, 1123, 1130 e 1131 c.c. ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3 . Con il secondo motivo si denunzia Violazione e/o falsa applicazione del principio di parziarietà delle obbligazioni condominiali e del principio di indisponibilità delle somme dovute per quote, quali principi informatori della specifica disciplina. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1118, 1119 e 1123 c.c. ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 ”. Con il terzo motivo si denunzia Violazione e/o falsa applicazione del regolamento delle spese di lite, di cui agli artt. 91 e 92 c.p.c. Erronea implicita applicazione dell’art. 2055 c.c. ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, c.p.c. . La questione di diritto che viene posta con il ricorso in particolare con il primo motivo riguarda la possibilità, per il creditore del condominio che abbia conseguito un titolo esecutivo nei confronti del condominio stesso, di procedere all’espropriazione dei crediti del condominio nei confronti dei singoli condomini per i contributi dagli stessi dovuti. Tale questione va risolta in senso affermativo. Secondo i principi generali artt. 2740 e 2910 c.c. , mediante l’espropriazione forzata è possibile espropriare al debitore tutti i suoi beni, inclusi i crediti. Affinché l’espropriazione dei crediti vantati dal condominio verso i singoli condomini per contributi sia legittima, è quindi sufficiente che sia configurabile, sul piano sostanziale, un effettivo rapporto obbligatorio tra condominio e singolo condomino avente ad oggetto il pagamento dei contributi condominiali oltre che, ovviamente, un rapporto obbligatorio tra creditore e condominio, il che però è nella specie questione ormai risolta in sede di cognizione - avendo il creditore conseguito il titolo esecutivo direttamente nei confronti del condominio - e come tale non più oggetto di possibile discussione in sede esecutiva . Orbene, è innegabile che sia configurabile sul piano sostanziale un rapporto obbligatorio tra condominio e singolo condomi-no, con riguardo al pagamento dei contributi condominiali una espressa disposizione normativa, l’art. 63 disp. att. c.c. sia nella precedente che nella attuale formulazione , prevede infatti che l’amministratore possa addirittura ottenere un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo , in favore del condominio e contro il singolo condomino per il pagamento dei suddetti contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea . Tale disposizione normativa conferma espressamente, e/o quanto meno presuppone, l’esistenza di un rapporto obbligatorio tra condominio e singoli condomini avente ad oggetto i contributi dovuti in base agli stati di ripartizione approvati dall’assemblea condominiale, consentendo al condominio, rappresentato dall’amministratore, di agire in giudizio contro il condomino per il pagamento delle quote condominiali. Essendo configurabile sul piano sostanziale un credito del condominio rappresentato dal suo amministratore nei confronti dei singoli condomini, laddove esista altresì un titolo esecutivo in favore di un terzo e contro lo stesso condominio sempre rappresentato dall’amministratore , in mancanza di una norma che lo vieti espressamente, tale credito può certamente essere espropriato dal creditore del condominio, ai sensi degli artt. 2740 e 2910 c.c., e la relativa esecuzione orzata non può che svolgersi nelle forme dell’espropriazione dei crediti presso terzi di cui agli artt. 543 c.p.c. e ss Nè può ritenersi che tale conclusione violi il principio di parziarietà delle obbligazioni condominiali come sembra adombrato nel secondo e terzo motivo del ricorso . Il suddetto principio implica che l’esecuzione contro il singolo condomino non possa avere luogo per l’intero debito del condominio, ma solo nei limiti della sua quota di partecipazione al condominio stesso. Laddove l’esecuzione avvenga direttamente contro il condominio, e non contro il singolo condomino, non solo l’esecutato è il condominio, debitore per l’intero onde non entra in realtà in gioco in nessun modo il principio di parziarietà , ma l’espropriazione dei beni e diritti del condominio, cioè di beni che, proprio in quanto condominiali, appartengono pro quota a tutti i condomini, finisce addirittura per attuare, in linea di principio ed in concreto, il richiamato principio di parziarietà almeno fino a specifica prova contraria , senza affatto violarlo. Solo a fini di completezza espositiva è, infine, opportuno far presente con riguardo alle questioni relative alle spese processuali a che l’obbligazione relativa alle spese processuali liquidate in un provvedimento giudiziario non è di fonte contrattuale e quindi per essa neanche potrebbe valere l’invocato principio di parziarietà b che i giudici di merito, rigettate le opposizioni, hanno correttamente applicato il principio di soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c., ed ogni contestazione in proposito è inammissibile, in quanto la facoltà di disporre la compensazione delle spese in caso di soccombenza integrale, per eccezionali motivi, costituisce un potere discrezionale del giudice di merito il cui mancato esercizio non è censurabile in sede di legittimità. 4. Il ricorso è dichiarato inammissibile. La Corte, ai sensi dell’art. 363 c.p.c., comma 3, enuncia il seguente principio di diritto il creditore del condominio che disponga di un titolo esecutivo nei confronti del condominio stesso, ha facoltà di procedere all’espropriazione di tutti i beni condominiali, ai sensi degli artt. 2740 e 2910 c.c., ivi inclusi i crediti vantati dal condominio nei confronti dei singoli condomini per i contributi dagli stessi dovuti in base a stati di ripartizione approvati dall’assemblea, in tal caso nelle forme dell’espropriazione dei crediti presso terzi di cui agli artt. 543 c.p.c. e ss. . Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo. Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17. P.Q.M. La Corte - dichiara inammissibile il ricorso, enunciando il principio di diritto di cui in motivazione, ai sensi dell’art. 363 c.p.c., comma 3 - condanna i ricorrenti, in solido, a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 3.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto , a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.