La natura comune degli spazi condominiali può essere desunta dalle deposizioni testimoniali

In tema di accertamento della natura condominiale dei beni e ai fini dell’applicazione della presunzione di cui all’art. 1117 c.c., non è infatti richiesto il rigore probatorio proprio dell’azione di rivendica.

Così la sentenza n. 11729/19, depositata dalla Corte di Cassazione il 3 maggio. Il caso. Il Tribunale di Treviso veniva adito per dirimere una controversia tra condomini avente ad oggetto l’uso delle aree scoperte comuni destinate allo spazio di manovra delle auto per giungere alle porzioni esclusive di parcheggio, asseritamente occupate dai convenuti che avrebbero iniziato a sostare proprio in quegli spazi. Lamentavano inoltre gli attori che erano stati spostati dei cancelli delle singole proprietà private, riducendo ulteriormente le aree comuni. La domanda veniva rigettata. La Corte d’Appello riformava però la decisione. I soccombenti ricorrono dunque dinanzi alla Corte di Cassazione. Condominialità. Il Collegio rileva in primo luogo che non sussiste violazione di legge in relazione alla natura condominiale delle nicchie collocate lungo gli spazi comuni, natura desunta dalle deposizioni testimoniali in assenza di prova scritta. In tema di accertamento della natura condominiale dei beni e ai fini dell’applicazione della presunzione di cui all’art. 1117 c.c., non è infatti richiesto il rigore probatorio proprio dell’azione di rivendica. Viene inoltre precisato che in considerazione del rapporto di accessorietà necessaria che lega le parti comuni dell’edificio alle proprietà singole, la condominialità non è esclusa per il solo fatto che le costruzioni siano realizzate, anziché come porzioni di piano l’una sull’altra condominio verticale , quali proprietà singole in sequenza villette a schiera, condominio in orizzontale . Infondata è anche la deduzione circa la sussistenza di rapporti di parentela tra i testi e le parti. Tali rapporti non si traducono infatti in un motivo di incapacità a testimoniare, fermo restando l’utilizzabilità della testimonianza secondo l’apprezzamento delle prova rimesso al giudice del merito. Ugualmente infondati si rivelano gli ultimi due motivi di ricorso relativi, da un lato, all’accertamento dell’ampiezza effettiva degli spazi comuni di manovra accertata dal giudice tramite consulenza tecnica d’ufficio e, dall’altro, alla ripartizione delle spese processuali. Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 13 dicembre 2018 – 3 maggio 2019, n. 11729 Presidente Manna – Relatore Fortunato Fatti di causa G.A. , S.M. , Z.M. e P.L.M. hanno convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Treviso F.C. , R.M. e C.G. , assumendo di esser condomini del complesso denominato omissis sito in omissis , composto da due gruppi di abitazioni autonome, poste in parallelo e divise da uno spazio intermedio ove insisteva una corsia utilizzata dalle auto per giungere alle porzioni esclusive. Sostenevano gli attori che le controparti, nel modificare la posizione dei cancelli siti all’accesso delle loro proprietà, avevano ridotto le aree scoperte destinate al parcheggio delle auto ed avevano iniziato a sostare i veicoli, occupando le nicchie di manovra e lo spazio comune, in modo da rendere difficoltosi l’ingresso e l’uscita dei veicoli dai garage degli altri condomini. Il Tribunale ha respinto le domande ma la pronuncia è stata riformata in appello. La Corte distrettuale di Venezia ha ritenuto - anzitutto - che la lamentata occupazione abusiva dello spazio comune mediante lo spostamento dei cancelli delle proprietà R. e C. non fosse stato dedotta tempestivamente in primo grado e non potesse essere presa in esame. Ha invece stabilito che i ricorrenti avevano occupato abusivamente con i propri veicoli le nicchie di manovra e lo spazio comune, rendendo difficoltoso il transito in entrata ed in uscita dalle proprietà individuali. Ha condannato i ricorrenti a risarcire il danno, quantificato in Euro 1000,00. Per la cassazione di questa sentenza ricorrono F.C. , R.M. e C.G. sulla base di quattro motivi, illustrati con memoria. G.A. , S.M. , Z.M. e P.L.M. hanno depositato controricorso e memoria ex art. 378 c.p.c Ragioni della decisione 1. Il primo motivo censura la violazione dell’art. 2725 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza ritenuto che le nicchie che si interponevano tra le porzioni esclusive e la corsia di scorrimento fossero di proprietà condominiale e non potessero essere utilizzate per il parcheggio delle auto, dando credito alle dichiarazioni del geometra Ce. , teste de relato, contrastanti con le risultanze dei progetti depositati presso gli uffici pubblici, trascurando infine che la prova della condominialità delle nicchie doveva esser data per iscritto. Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 contestando alla Corte distrettuale di aver dato rilievo, senza alcuna motivazione, alle deposizioni di Z.S. e T.T. , legati da vincoli di parentela e professionali con le parti del giudizio, senza valutare il contenuto delle testimonianze secondo prudente apprezzamento. I due motivi, che sono suscettibili di esame congiunto, sono infondati. 1.1. Non sussiste, anzitutto, la lamentata violazione di legge riguardo al fatto che la natura condominiale delle nicchie collocate lungo il tracciato interposto tra i fabbricati sia stata desunta dalle deposizioni testimoniali in assenza di prova scritta, poiché tale accertamento dipendeva dal riscontro della concreta destinazione delle nicchie a servizio delle proprietà esclusive e dalla specifica relazione di accessorietà tra i beni comuni e quelli di proprietà esclusiva, alla stregua delle complessive risultanze di causa. Tale relazione costituisce - difatti - il presupposto applicativo della presunzione sancita dall’art. 1117 non essendo richiesto, ai fini dell’accertamento della natura condominiale dei beni, il rigore probatorio proprio dell’azione di rivendica Cass. 20593/2018 Cass. 11195/2010 Cass. 15372/2000 Cass. 884/2018 Cass.20071/2017 , fermo inoltre che la predetta presunzione può essere vinta solo da un titolo contrario da intendersi come atto costitutivo del condominio Cass. 11877/2002 Cass. 11844/1997 Cass. 9062/1994 , la cui esistenza deve essere dedotta e dimostrata dal condomino che si affermi proprietario esclusivo del bene o della porzione controversa Cass. 27145/2017 . Va inoltre precisato che, in considerazione del rapporto di accessorietà necessaria che lega le parti comuni dell’edificio alle proprietà singole, la condominialità non è esclusa per il solo fatto che le costruzioni siano realizzate, anziché come porzioni di piano l’una sull’altra condominio verticale , quali proprietà singole in sequenza villette a schiera, condominio in orizzontale , poiché la nozione di condominio è configurabile anche nel caso di immobili adiacenti orizzontalmente in senso proprio, ove dotati delle strutture e degli impianti essenziali indicati dall’art. 1117 c.c. Cass. 27360/2016 Cass. 18344/2015 Cass. 4973/2007 Cass. 8066/2005 . 1.2. La decisione non è infine censurabile, ai sensi dell’art. 116 c.p.c., per aver ritenuto credibili le dichiarazioni testimoniali de relato o rese da soggetti legami da vincoli di parentela e professionali con le parti. Premesso che, a seguito della pronuncia di incostituzionalità dell’art. 247 c.p.c. Corte Cost. 248/1974 , la sussistenza di rapporti di parentela tra i testi e le parti non si traduce in un motivo di incapacità a testimoniare, nè comporta ex se alcun giudizio di inattendibilità delle dichiarazioni rese in giudizio, e che la testimonianza de relato, pur se munita di una valenza probatoria attenuata, è certamente utilizzabile per la decisione specie se, come nel caso concreto, confermata dal raffronto con le altre risultanze processualità cfr. sentenza pag. 9 Cass. 8358/2007 Cass. 43/1998 , resta che l’apprezzamento delle prove ed il giudizio di attendibilità dei testi, anche in presenza di particolari legami con le parti, è rimessa al giudice di merito ed è sindacabile solo per vizi di motivazione Cass. 25358/2015 Cass. 1109/2006 Cass. 7061/2002 . La violazione dell’art. 116 c.p.c. non è - invece - invocabile per censurare il modo in cui il giudice abbia valutato le risultanze probatorie e selezionato quelle ritenute idonee a sostenere le decisioni assunte, ma solo se sia stato disatteso il principio di libera valutazione delle risultanze processuali in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, se sia stata valutata secondo prudente apprezzamento una prova soggetta ad un diverso regime. Cass. 11892/2016 Cass. 13960/2013 Cass. 26965/2007 . 2. Il terzo motivo censura l’omesso esame e l’omessa motivazione su un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, eccependo che il c.t.u. aveva precisato che la corsia di scorrimento tra gli edifici aveva una larghezza effettiva di mt. 5,20, a fronte di quella di mt. 4,50 risultante dai progetti, conseguendone che la proprietà esclusiva si estendeva di circa cm. 35 oltre la linea dei muretti di recinzione delle singole porzioni. Pertanto, avendo le nicchie un’ampiezza di pari a circa 20 c.m., doveva escludersi che esse fossero di proprietà condominiale, conseguendone che i ricorrenti non avevano affatto effettuato il parcheggio delle auto in violazione dei diritti degli altri condomini. Infine, poiché tutti i proprietari avevano demolito i muretti di delimitazione delle nicchie, non sussisteva alcuna violazione dell’art. 1102 c.c Il motivo è infondato. La Corte distrettuale ha accertato che le nicchie, nella configurazione rilevata dal consulente tecnico di ufficio, erano destinate a servizio delle proprietà esclusive ed erano condominiali poiché servivano ad agevolare le manovre di accesso e di uscita dalle singole proprietà. Sebbene il giudice di merito potesse tener conto di tutte le emergenze processuali utili a stabilire la natura condominiale delle nicchie, inclusi lo stato di fatto e le opere realizzate dai singoli condomini, resta che l’appartenenza comune dei beni è stata accertata, in base alla valutazione delle risultanze processuali cfr. pag. 9 , il che esclude che la sentenza abbia omesso di valutare circostanze di fatto decisive ai fini del giudizio, non occorrendo che la Corte di merito desse conto di tutti gli elementi acquisiti Cass. 8053/2014 . Sotto altro profilo, l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo qui applicabile, non consente di dedurre eventuali vizi della motivazione avendo la norma riguardo all’omesso esame di un fatto decisivo, inteso quale dato materiale ed oggettivo, acquisito al processo Cass. 23940/2017 Cass. 21257/2014 Cass. 13928/2015 Cass. s.u. 8053/2014 , ed inoltre l’eccepita carenza assoluta di motivazione che andava correttamente dedotta quale violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4 , non è in concreto sussistente, poiché la Corte di merito ha chiaramente indicato le ragioni per le quali ha ritenuto che le nicchie fossero condominiali, avendone accertata la concreta destinazione a spazio di manovra a servizio delle proprietà individuali sulla base della consulenza e delle dichiarazioni testimoniali cfr. sentenza pag. 9 . Nessun rilievo poteva tributarsi al fatto che anche gli altri condomini avessero modificato i muretti di delimitazione delle nicchie, occupando lo spazio comune, poiché, in disparte ogni altra questione, la violazione contestata ai ricorrenti non riguardava l’alterazione dello stato di fatto in violazione dei diritti degli altri contitolari come inizialmente ritenuto dal tribunale cfr. sentenza pag. 6 , ma il parcheggio delle auto sulla aree di manovra, con modalità che impedivano l’accesso delle altre vetture alle singole proprietà individuali cfr. sentenza pag. 6 . 3. Il quarto motivo censura la violazione dell’art. 92 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contestando alla Corte di merito di aver posto a carico dei ricorrenti le spese di entrambi i gradi e quelle e di c.t.u., nonostante il rigetto di gran parte delle doglianze dedotte in giudizio e benché fosse stata mantenuta la sanzione irrogata agli appellanti con il provvedimento di rigetto dell’inibitoria ex art. 351 c.p.c Il motivo è infondato, poiché i ricorrenti sono risultati soccombenti all’esito del giudizio rispetto all’unica domanda che il giudice di merito ha ritenuto ritualmente introdotta cfr. sentenza pag. 6 ed il fatto che le tesi avanzate in giudizio non siano state condivise in toto non impediva di condannare i ricorrenti all’integrale pagamento delle spese processuali, stante l’integrale accoglimento della domanda. Il ricorso è quindi respinto. Le spese seguono la soccombenza come da liquidazione in dispositivo. Sussistono le condizioni per dichiarare che i ricorrenti sono tenuti a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali, apri ad Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1800,00 per compenso, oltre ad iva, cnpa e rimborso forfettario delle spese generali, in misura del 15%, Si dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che i ricorrenti sono tenuti a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.