La variazione della concreta destinazione della cosa comune comporta innovazione, non modifica

La trasformazione del giardino comune, realizzata mediante abbattimento dei muretti e delle essenze verdi, livellamento del suolo e spostamento dei punti di illuminazione, in funzione della nuova destinazione dell’area a parcheggio, costituisce innovazione e come tale deve essere assoggettata al regime previsto dall’art. 1120, primo e secondo comma, c.c

Questo il principio pronunciato dalla sentenza Cassazione Sezione VI, 10 aprile 2019, numero 10077. La questione. La controversia principiava con l’impugnazione di una delibera assembleare da parte di due condomine. In particolare queste avevano impugnato il verbale di assemblea lamentandone l’invalidità. A detta della ricorrente, infatti, la deliberazione che aveva disposto la trasformazione delle aree deputate a giardino in parcheggio scoperto sarebbe stata invalida ai sensi dell’art. 1120 comma II c.c. e in ogni caso in ragione del mancato rispetto delle maggioranze di cui all’art. 1120 comma 1 c.c. Si costituiva in giudizio il condominio, contestando le argomentazioni delle condomine e domandandone il rigetto. Il Tribunale, all’esito del giudizio, respingeva il ricorso e condannava le condomine a sostenere le spese di lite. Le suddette, quindi, si risolvevano ad appellare la sentenza, ma la Corte d’Appello – come nel primo grado – respingeva la domanda. La cassazione accoglie il ricorso delle condomine. Le condomine doppiamente soccombenti nei primi due gradi di giudizio ricorrevano in Cassazione con ricorso incentrato su due doglianze. In prima battuta le ricorrenti rilevavano come la Corte d’Appello avesse errato nel valutare il regolamento condominiale. Questo testo riportava che sono di proprietà ed uso comune ed indivisibile a tutti i condomini a il suolo su cui sorge l’intero edificio, il relativo sottosuolo e le aree scoperte destinate a parcheggio” e secondo le ricorrenti ciò non doveva essere interpretato in senso di considerare automaticamente tutte le aree scoperte come funzionalmente destinate al parcheggio dei veicoli. Il secondo motivo, invece, riguardava la presunta violazione dell’art. 1120 c.c. nella parte in cui la Corte d’Appello non aveva correttamente valutato che la trasformazione del giardino condominiale in un parcheggio realizzava una innovazione non consentita ai sensi del secondo comma della predetta norma. In ogni caso, poi, l’eventuale innovazione avrebbe dovuto essere approvata con le maggioranze previste dall’art. 1120 comma 1 c.c., cosa non attuata nella delibera impugnata. La Cassazione, con la sentenza in commento accoglieva il ricorso in entrambi i suoi motivi di diritto Tema principale della decisione era la sostanziale differenza tra modifica e innovazione. La Corte sosteneva, nella scia della precedente giurisprudenza, che la distinzione tra modifica e innovazione si ricollega all’entità e qualità dell’incidenza della nuova opera sulla consistenza e sulla destinazione della cosa comune” così anche Cass. Sez. II, 23 ottobre 1999, n. 11936 e Cass. Sez. II, 20 agosto 1986, n. 5101 nel senso che si potrebbe parlare di innovazione solo in presenza di una sostanziale alterazione materiale della cosa che ne modifichi la destinazione e l’entità originaria, mentre si tratterebbe si modifica la semplice ristrutturazione riadattamento delle cose comuni utili alla conservazione o a un migliore godimento delle stesse. Nel caso in questione gli interventi deliberati comportavano l’abbattimento delle piante del giardino, rimozione di lampioni e muretti e livellamento al suolo delle parti interessate. Tali opere, secondo la Suprema Corte, non potevano costituire mera modifica della cosa, ma vera e propria innovazione, data la modifica della concreta destinazione del bene in oggetto. Sulla base di detto principio gli Ermellini affermavano che Costituisce innovazione qualsiasi intervento modificativo eseguito sulle parti comuni di un edificio o su impianti o cose comuni che ne alteri l’identità materiale operandone la trasformazione, ovvero ne modifichi la destinazione di fatto, nel senso che detti beni, a seguito delle opere eseguite su di essi, presentino caratteristiche oggettive, abbiano una consistenza materiale o comunque siano utilizzati per fini di versi da quelli precedenti all’intervento”. La delibera assembleare impugnata, quindi, aveva effettivamente dei vizi nella misura in cui interveniva con innovazioni vietate dall’art. 1120 comma II c.c. e con una maggioranza inferiore a quella prevista dall’art. 1120 comma 1 c.c., così come prospettato dalle ricorrenti sin dal primo grado di giudizio. In conseguenza a tali affermazioni la Corte accoglieva il ricorso delle condomine e rinviava la causa alla Corte d’Appello per una nuova valutazione nel merito.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 1 marzo – 10 aprile 2019, n. 10077 Presidente D’Ascola – Relatore Oliva Fatti di causa Con ricorso depositato il 30.11.2009 R.A. e Ru.An. invocavano la declaratoria di nullità, ovvero l’annullamento, delle deliberazioni dell’assemblea del condominio di omissis assunte in data 10.8.2009 e 22.10.2009. Assumevano in particolare che dette deliberazioni, con le quali erano state deliberate innovazioni alle cose comuni specificamente, alle aree scoperte già destinate a giardino, delle quali era stata decisa la trasformazione a parcheggio da ritenersi in tesi vietate ai sensi dell’art. 1120 c.c., comma 2, e comunque, in ipotesi, assunte senza il rispetto delle maggioranze previste dalla disposizione appena richiamata, comma 1. Si costituiva il Condominio per resistere alla domanda e il Tribunale di Chieti, sezione distaccata di Ortona, con sentenza n. 370/2013 respingeva la domanda, condannando le attrici alle spese del grado. Interponevano appello le R. e la Corte di Appello di L’Aquila, con la sentenza n. 1793/2017 oggi impugnata, respingeva il gravame condannando le appellanti alle spese del grado. La Corte territoriale riteneva in particolare che il regolamento condominiale prevedesse la destinazione a parcheggio di tutte le aree scoperte comuni e non ravvisava pertanto alcuna innovazione nelle delibere contestate, che di conseguenza riteneva pienamente legittime. Ricorre per la cassazione di detta decisione R.A. affidandosi a due motivi. Il Condominio di omissis , intimato, non ha svolto attività difensiva in questo giudizio. A seguito di proposta del relatore ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. il ricorso è stato chiamato in camera di consiglio dinanzi la sezione sesta civile. Ragioni della decisione Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del regolamento condominiale in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5 nonché la nullità della sentenza o del procedimento per motivazione apparente in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4. Ad avviso della ricorrente, la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto che la clausola del regolamento condominiale secondo cui Sono di proprietà ed uso comune ed indivisibile a tutti i condomini a il suolo su cui sorge l’intero edificio, il relativo sottosuolo e le aree scoperte destinate a parcheggio -peraltro riproduttiva della disposizione di cui all’art. 1117 c.c., n. 2 - comportasse la necessaria destinazione a parcheggio di tutte le aree scoperte di proprietà comune. Al contrario di quanto ritenuto dal giudice di appello, la clausola del regolamento condominiale non contiene, secondo la ricorrente, alcun vincolo di destinazione a parcheggio di tutte le aree scoperte, ma si limita a prevedere che quelle, tra dette aree, che siano destinate a parcheggio sono di proprietà ed uso comune e indivisibile a tutti i condomini. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1120 e 1136 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5 nonché la nullità della sentenza o del procedimento per motivazione apparente in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4. Ad avviso della ricorrente, le delibere oggetto di impugnazione, prevedendo la trasformazione del giardino comune in area comune da destinare a parcheggio realizzavano una innovazione, in tesi non consentita ai sensi dell’art. 1120 c.c., comma 2, ed in ipotesi, comunque, soggetta all’approvazione della maggioranza qualificata di cui alla norma in commento, comma 1 nel testo in vigore anteriormente all’entrata in vigore della L. 11 dicembre 2012, n. 220, applicabile ratione temporis . I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto tra loro connessi, sono fondati. Ed invero In tema di condominio negli edifici, la distinzione tra modifica ed innovazione si ricollega all’entità e qualità dell’incidenza della nuova opera sulla consistenza e sulla destinazione della cosa comune, nel senso che per innovazione in senso tecnico-giuridico deve intendersi non qualsiasi mutamento o modificazione della cosa comune, ma solamente quella modificazione materiale che ne alteri l’entità sostanziale o ne muti la destinazione originaria, mentre le modificazioni che mirano a potenziare o a rendere più comodo il godimento della cosa comune e ne lasciano immutate la consistenza e la destinazione, in modo da non turbare i concorrenti interessi dei condomini, non possono definirsi innovazioni nel senso suddetto Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11936 del 23/10/1999, Rv.530743 Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5101 del 20/08/1986, Rv.447737 cfr. anche Cass. Sez. 2, Sentenza n. 15460 del 05/11/2002, Rv.558221 . La Corte territoriale dà atto, in motivazione, che con la prima deliberazione del 10.8.2009 l’assemblea condominiale aveva deliberato di adibire a parcheggio l’area sino ad allora destinata a giardino e, a tal fine, l’esecuzione di lavori quali rimozione dei muretti, abbattimento delle piante di epitosfero, livellamento del suolo delle parti interessate ai lavori e spostamento dei lampioncini cfr. pag.3 della sentenza impugnata . Dette opere non costituiscono semplici modifiche alla cosa comune finalizzate a sopperire alla sua eventuale insufficienza strutturale ovvero a migliorarne l’utilizzazione da parte dei condomini, bensì vere e proprie innovazioni, in quanto mediante le stesse viene ad essere modificata la concreta destinazione della cosa. In argomento, questa Corte ha affermato - a titolo esemplificativo -che la ristrutturazione dell’impianto fognario, vecchio di oltre cinquant’anni e bisognoso di interventi strutturali, non costituisce innovazione, trattandosi di opera necessaria alla conservazione ed al godimento della cosa comune Cass. Sez. 2, Sentenza n. 16639 del 27/07/2007, Rv.599342 . O ancora, che la bonifica di un terreno compiuta da uno dei comproprietari, non alterandone la destinazione economica ed essendo diretta al miglioramento del bene o a renderne più agevole la fruizione senza pregiudicare il diritto di godimento degli altri comproprietari, non integra gli estremi di un atto innovativo Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 5729 del 23/03/2015, Rv.634993 . Il tratto caratterizzante dell’intervento di ristrutturazione o miglioria che non costituisce innovazione in senso tecnico-giuridico va pertanto individuato nella conservazione della precedente destinazione concreta della cosa sulla quale esso incide. Costituisce invece innovazione qualsiasi intervento modificativo eseguito sulle parti comuni di un edificio o su impianti o cose comuni che ne alteri l’entità materiale operandone la trasformazione, ovvero ne modifichi la destinazione di fatto, nel senso che detti beni, a seguito delle opere eseguite su di essi, presentino caratteristiche oggettive, abbiano una consistenza materiale o comunque siano utilizzati per fini diversi da quelli precedenti all’intervento, di guisa che le opere predette precludono la concreta utilizzazione della cosa comune in modo conforme alla sua naturale e precedente fruibilità in tal senso, cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8622 del 29/08/1998, Rv.518497 . Detti principi, che meritano di essere ribaditi, consentono di affermare che la trasformazione del giardino comune, realizzata mediante abbattimento dei muretti e delle essenze verdi, livellamento del suolo e spostamento dei punti di illuminazione, in funzione della nuova destinazione dell’area a parcheggio, costituisce innovazione, che come tale dev’essere assoggettata al regime previsto dall’art. 1120 c.c., commi 1 e 2, nel testo in vigore anteriormente all’entrata in vigore della L. 11 dicembre 2012, n. 220, applicabile ratione temporis alla fattispecie. Da quanto precede deriva che la sentenza impugnata dev’essere cassata, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte di Appello di L’Aquila, anche per le spese del presente giudizio di Cassazione. Il giudice del rinvio provvederà a riesaminare la fattispecie tenendo conto dei principi affermati da questa Corte. P.Q.M. la Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la decisione impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte di Appello di L’Aquila.