Ristruttura la baracca senza rispettare le distanze: nessun problema se mantiene le originarie caratteristiche

In tema di distanze legali, a differenza di una nuova edificazione, il fabbricato frutto di una semplice ricostruzione di un vecchio manufatto, non è sottoposto alla disciplina delle distanze vigente al momento della sua realizzazione trattandosi di una ricostruzione, dunque, il problema dell’irregolarità delle distanze legali deve porsi rispetto all’originario manufatto.

Sul tema il Supremo Collegio con l’ordinanza n. 6908/19, depositata l’11 marzo. La baracca. I proprietari di una baracca decidevano di ristrutturarla. Secondo i proprietari dei fondi limitrofi, però, nonostante l’intervento di ristrutturazione intercorso, il nuovo manufatto non rispettava, come l’originaria baracca, la distanza dai confini di 5 metri come prevista dallo strumento urbanistico. Situazione che portava i proprietari dei fondi limitrofi al terreno cui era sita la baracca a chiedere al Tribunale che fosse ordinato l’arretramento nel nuovo manufatto. Secondo gli attori, in particolare, i convenuti non potevano pretendere di tenere il nuovo manufatto a un distanza irregolare dai confini solo perché la preesistente baracca già non rispettava la distanza dai confini . Il Tribunale rigettava la domanda argomentando che la baracca originaria poteva già qualificarsi come costruzione e tale qualificazione, dunque, limitava la domanda attorea circa la violazione delle distanze del nuovo manufatto. Statuizione che è stata adottata anche dalla Corte d’Appello successivamente adita. I soccombenti chiedono la pronuncia dei Giudici di legittimità. La ristrutturazione. La S.C. precisa che l’accertamento dell’irregolarità della distanza dal confine della baracca originaria integra una diversa causa petendi .Tale irregolarità, nella specie, non è stata sollevata dagli odierni ricorrenti nel giudizio di merito. La Corte territoriale, infatti, ha correttamente ritenuto che la baracca precedente costituisse una costruzione dato che, come risultante dalle sue caratteristiche edili, risultava stabilmente infissa al suolo , qualifica che limitava la domanda attorea. Nel caso in esame, aggiunge la S.C., il nuovo manufatto integrava una semplice ricostruzione poiché presentava la stessa sagoma e la medesima superficie volumetrica della baracca originaria . Di conseguenza, la S.C. conferma che a differenza di una nuova costruzione, il manufatto frutto di una ristrutturazione non può ritenersi sottoposto alla disciplina delle distanze vigenti al momento della sua realizzazione e così rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 28 novembre 2018 – 11 marzo 2019, n. 6908 Presidente Gorjan - Relatore Federico Esposizione del fatto Con atto di citazione ritualmente notificato, D.F.L. e G. convenivano innanzi al tribunale di Vasto Di.Fo.Gi. e R.D. , esponendo di essere proprietari di due terreni in mezzo ai quali si trovava il fondo dei convenuti, sul quale insisteva una baracca con tetto in lamiera che non rispettava le distanze dai confini i convenuti avevano chiesto la ristrutturazione della baracca falsamente rappresentando che si trattasse di una costruzione ed al suo posto avevano realizzato un manufatto in muratura che, al pari della baracca, non rispettava la distanza dai confini 5 metri prevista dallo strumento urbanistico. Hanno pertanto chiesto che fosse ordinato l’arretramento del nuovo manufatto, non potendo i convenuti pretendere di tenerlo a distanza irregolare solo perché la preesistente baracca già non rispettava la distanza dai confini. Il D.F. evidenziava, inoltre, di essere titolare di una servitù di passaggio sul fondo dei convenuti della larghezza di tre metri, il cui esercizio era messo in pericolo dall’intenzione manifestata da costoro di realizzare una recinzione sul loro terreno. I convenuti resistevano. Il Tribunale ha respinto le domande. La Corte d’Appello de l’Aquila con la sentenza n. 838/2014, pubblicata l’1/8/2014, in parziale riforma della sentenza di primo grado, confermava il rigetto della domanda di arretramento e dichiarava cessata la materia del contendere in relazione alla domanda di tutela della servitù di passaggio. Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, con tre motivi, D.F.L. e G. . Di.Fo.Gi. resiste con controricorso. In prossimità dell’odierna adunanza entrambe le parti hanno depositato memoria. Ragioni della decisione Il primo mezzo denuncia l’omesso esame di fatti decisivi e la violazione dell’art. 2697 c.c., deducendo che il resistente aveva omesso di assolvere all’onere, su di lui gravante, di provare che sul posto vi era una precedente costruzione al contrario, secondo la prospettazione dei ricorrenti, essi avevano dimostrato che non vi era alcuna pregressa costruzione ma soltanto i resti di una baracca i giudici di merito, peraltro, avevano omesso di valutare l’unico documento fotografico rilevante, sul quale esistevano testimonianze, verifiche del ctu ed altri elementi di riscontro che erano stati ignorati nella sentenza impugnata. Il motivo che si articola in due censure, è infondato. Quanto alla prima censura, non sussiste la violazione del criterio di riparto dell’onere della prova, posto che la Corte territoriale, con apprezzamento adeguato, ha affermato che, sulla base della acquisizioni processuali, risultava provato in atti che la preesistente baracca poteva qualificarsi come costruzione e coincideva per superficie, volumetria e sagoma alla preesistente baracca. Non risulta inoltre l’omesso esame di un fatto decisivo, con riferimento all’unica riproduzione fotografica della baracca originaria acquisita in atti secondo la prospettazione dei ricorrenti. Si osserva, in contrario, che la foto richiamata nel motivo risulta presa in esame, unitamente ad altre riproduzioni fotografiche, rilievi ed informazioni assunte in loco dalla ctu, al cui accertamento ha specificamente fatto riferimento la sentenza impugnata la ctu, in particolare, ha evidenziato, con accertamento fatto proprio dalla Corte territoriale, che il manufatto originario aveva pareti perimetrali costituite da mattoni pieni, di forma rettangolare e copertura in lamiera zincata, sorretta da pilastrini prefabbricati in cemento. Non risulta invece provato, avuto riguardo al necessario requisito di autosufficienza del ricorso, che la fotografia indicata nel motivo sia diversa da quella presa in esame dalla corte territoriale, e che essa fosse l’unica effettiva riproduzione contenuta negli atti di causa del manufatto, anche in considerazione degli specifici accertamenti e della descrizione del manufatto contenuta nell’espletata ctu. Il terzo motivo denuncia violazione degli artt. 873 e 949 c.c., deducendo che l’odierno resistente aveva omesso di provare esistenza e consistenza strutturale del pregresso manufatto. Il motivo è infondato. Conviene premettere che secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata l’odierno ricorrente aveva incentrato il proprio gravame sulla contestazione alla statuizione della sentenza di primo grado secondo cui la baracca originaria poteva già qualificarsi come costruzione , ed aveva limitato pertanto la propria domanda di violazione delle distanze al nuovo manufatto. Non risulta, peraltro, che i ricorrenti abbiano posto la diversa questione che anche il precedente manufatto era contrario alla normativa in materia di distanze, posto che l’illegittimità della costruzione originaria integra una diversa causa petendi che presuppone l’accertamento della contrarietà alla disciplina in materia di distanze anche del manufatto originario, sulla base della disciplina vigente all’epoca della sua realizzazione. In relazione alla questione posta dai ricorrenti, la Corte territoriale ha invece accertato, da un lato, che la baracca precedente costituiva una costruzione , in quanto la stessa era edificata in mattoni pieni, con copertura sorretta da pilastrini in cemento conficcati al suolo, era dotata di apprezzabile solidità ed era stabilmente infissa al suolo. Il giudice di appello ha inoltre ritenuto, con apprezzamento adeguato, che il nuovo manufatto integrasse ricostruzione del manufatto precedente, in quanto con esso coincidente per superficie, volumetria e sagoma da ciò la conseguenza che esso, a differenza di una nuova costruzione, non poteva ritenersi sottoposto alla disciplina delle distanze vigente al momento della sua realizzazione. Il ricorso va dunque respinto e le spese, regolate secondo soccombenza, si liquidano come da dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido alla refusione delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi 3.200,00 Euro, di cui 200,00 Euro per esborsi, oltre a rimborso forfettario per spese generali, in misura de 15% ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.