Anche in presenza di beni e servizi comuni tra più stabili non si assiste alla costituzione di un condominio autonomo

La disciplina della suddivisione di un condominio in più condomini separati, regolata dagli artt. 61 e 62 disp. att. c.c., si può attuare quando il palazzo oggetto dell’iniziale divisione possa essere scisso in parti che abbiano caratteristiche tipiche degli edifici autonomi, anche se parte degli stessi resta in comune con la struttura originaria con elementi comuni tra i vari palazzi tra le parti indicate dall’art. 1117 c.c

La separazione, quindi, deve essere fisica e funzionale e non può consistere nella mera suddivisione e parcellizzazione del complesso a fini amministrativi e fiscali. Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 16385/18, depositata il 21 giugno. La Cassazione rigetta il ricorso proposto negando la sussistenza di condomini autonomi. La vicenda di merito iniziava con l’impugnazione di una delibera assembleare di una condomina la quale, principalmente, domandava l’annullamento della delibera impugnata per un difetto di convocazione in quanto questa sarebbe stata effettuata per un condominio a dire della ricorrente non esistente. Il Tribunale accoglieva la domanda annullando la delibera. La Corte d’Appello, poi, adita dai condomini soccombenti, confermava l’esito della decisione di prime cure negando la sussistenza di un autonomo e distinto condominio relativo esclusivamente alla gestione delle spese di riscaldamento e beni comuni di vari stabili adiacenti, anche alla luce del vigente regolamento che aveva distinto i tre edifici in tre condomini. I soccombenti, quindi, agivano in Cassazione lamentando come da tempo il servizio di riscaldamento avesse assunto una autonoma gestione indipendente dai tre condomini. Con la sentenza in commento la VI Sezione della Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dai condomini soccombenti in appello. A parere della Suprema Corte, difatti, le censure presentare difettavano della necessaria tassatività e specificità e il relatore proponeva il rigetto del ricorso per manifesta infondatezza ai sensi dell’art. 380- bis c.p.c Le motivazioni della sentenza riguardavano due argomenti di diritto. Vizio di legittimità. In prima battuta i ricorrenti deducevano nel loro atto introduttivo una presunta violazione da parte del giudice d’appello delle disposizioni del codice di procedura inerenti la necessità da parte dell’organo decidente di porre le prove alla base della sentenza. L’art. 115 c.p.c. afferma infatti che Salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita. Il giudice può tuttavia, senza bisogno di prova, porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza . La Cassazione rigettava tale motivo specificando come la violazione della citata norma potesse essere valutata come un vizio di legittimità e quindi azionabile in sede di Cassazione solo denunciando come il giudice avesse deciso sulla base di prove non introdotte dalle parti e non anche, come prospettato dai ricorrenti, sulla presunta errata valutazione del giudice su prove introdotte dalle parti. Tale valutazione comporterebbe un giudizio di merito improponibile in grado di legittimità. Costituzione del condominio. L’altra questione analizzata dalla sentenza era l’asserita sussistenza, da parte dei ricorrenti, di un ente di gestione autonomo” o condominio autonomo” inerente alla sola gestione del riscaldamento e parti comuni dei tre condomini oggetto del ricorso. Secondo la Corte tale ente non era mai venuto in esistenza dato che la situazione di fatto che viene a verificarsi nei condomini complessi, in ordine a determinati beni o servizi appartenenti soltanto ad alcuni edifici, o ai separati rapporti gestori interni alla collettività dei partecipanti sempre in base alla disciplina antecedente a quella posta dall’ora vigente comma 3 dell’art. 67 disp. att. c.c., qui non applicabile ratione temporis , non comporta l’attribuzione di autonome legittimazioni processuali in sostituzione dell’intero condominio in ordine all’impugnazione di delibere assembleari . Invero, proseguivano gli Ermellini, a regolare la costituzione di condomini separati al posto di un unico condominio o gruppo di edifici sono gli articoli 61 e 62 delle disp. att. c.c. e presuppongono che ogni condominio oggetto della scissione abbia le caratteristiche di un edificio autonomo pur permettendo l’esistenza di parti comuni ai vari edifici ex art. 1117 c.c. . Ciò che non è consentito, tuttavia, è che la scissione si manifesti in una autonomia meramente amministrativa o fiscale giacché la costituzione di più condomini postula, piuttosto, la divisione del complesso immobiliare in parti distinte, aventi ciascuna una propria autonomia strutturale che va apprezzata in fatto dai giudici di merito indipendentemente dalle semplici esigenze di carattere gestorio o contabile . Alla luce di tali principi quindi il ricorso veniva integralmente rigettato e i ricorrenti venivano condannati a sostenere le spese del giudizio.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 15 maggio – 21 giugno 2018, n. 16385 Presidente D’Ascola – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione I ricorrenti, condomini del Condominio omissis , impugnano per due motivi violazione dell’art. 115 c.p.c. violazione dell’art. 116 c.p.c. la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 532/2017 del 27 gennaio 2017. Resistono con controricorso E.F. , +Altri . Rimangono altresì intimati, senza però svolgere attività difensive, il Condominio omissis , S.A.M. e P.V. . Le parti hanno presentato memorie ai sensi dell’art. 380 bis, comma 2, c.p.c. La sentenza impugnata ha rigettato l’appello formulato dallo stesso Condominio omissis avverso la sentenza n. 2088/2014 resa dal Tribunale di Roma, ed ha perciò confermato l’annullamento della delibera assembleare del 21 settembre 2010, accogliendo la domanda di c.m. ed altri in relazione al difetto di convocazione della condomina Ca.Ma. , come proposta nei confronti dell’intero Condominio omissis . La Corte d’Appello ha negato la sussistenza di un distinto ed autonomo Condominio relativo alla gestione del riscaldamento e beni comuni, anche alla luce del regolamento che aveva distinto tre condomini in relazione ai diversi edifici ed al complesso dei parcheggi la sentenza d’appello ha pertanto reputato altresì corretta la notificazione della citazione introduttiva senza alcuna suddistinzione dei diversi condomini evocati dall’intervenuto Condominio omissis . Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375, comma 1, n. 5 , c.p.c., il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio. I ricorrenti insistono nella tesi della diversa denominazione/identificazione del Condominio autore dell’impugnata delibera. Nei due motivi di ricorso richiamano così una pluralità di documenti per dimostrare che dal 2005 si fossero costituiti tre distinti condomini e che già dal 2007 il servizio di riscaldamento avesse assunto un’autonoma gestione, assumendo il nome di Condominio omissis . Le censure difettano dei necessari caratteri di tassatività e specificità, risolvendosi in una critica generica della sentenza impugnata, finalizzata a prospettare una diversa valutazione delle risultanze probatorie documentali rispetto a quella prescelta dai giudici del merito sulla base di apprezzamento di fatto loro spettante. Le dedotte violazioni degli art. 115 c.p.c. e 116 c.p.c. sono comunque prive di consistenza, in quanto la violazione dell’art. 115 c.p.c. può essere ipotizzata come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha deciso la causa sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre mentre la violazione dell’art. 116 c.p.c. è idonea ad integrare il vizio di cui all’art. 360, n. 4, c.p.c., denunciabile per cassazione, solo quando il giudice di merito abbia disatteso il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale, e non per lamentare che lo stesso abbia male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova Cass. Sez. 3, 10/06/2016, n. 11892 . Le doglianze sono inammissibili pur se riqualificate in base a I parametro dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., in quanto questo, come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, convertito in legge n. 134 del 2012, contempla soltanto il vizio di omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo. Tale vizio non risulterebbe in ogni caso denunciato nel rispetto delle previsioni degli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, c.p.c. Esula peraltro dal tema di lite la questione della autonoma legittimazione di un apposito amministratore del supercondominio, la cui figura supporrebbe l’accertamento di fatto dei presupposti di cui al comma 3 dell’art. 67 disp. att. c.c. norma introdotta soltanto dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220 e sarebbe comunque limitata alla gestione ordinaria delle parti comuni. La Corte d’Appello di Roma, uniformandosi agli insegnamenti sul punto di questa Corte, ha apprezzato in fatto che, pur sussistendo beni e servizi comuni in uso a più edifici condominiali compresi nel complesso omissis , non fosse ravvisabile l’esistenza di un ente di gestione autonomo , ovvero di un condominio autonomo inerente alla sola omissis . D’altro canto, la situazione di fatto che viene a verificarsi nei condomini complessi, in ordine a determinati beni o servizi appartenenti soltanto ad alcuni edifici, o ai separati rapporti gestori interni alla collettività dei partecipanti sempre in base alla disciplina antecedente a quella posta dall’ora vigente comma 3 dell’art. 67 disp. att. c.c., qui non applicabile ratione temporis , non comporta l’attribuzione di autonome legittimazioni processuali in sostituzione dell’intero condominio in ordine all’impugnazione delle relative deliberazioni assembleari arg. da Cass. Sez. 2, 04/05/1993, n. 5160 Cass. Sez. 2, 16/02/1996, n. 1206 Cass. Sez. 2, 18/04/2003, n. 6328 Cass. Sez. 2, 17/02/2012, n. 2363 . Nella memoria presentata ai sensi dell’art. 380 bis, comma 2, c.p.c. i ricorrenti ribadiscono che il Condominio omissis , non esiste e che, a seguito dell’assemblea del 12 novembre 2007, sarebbe stato individuato il nuovo ente di gestione del servizio di riscaldamento e delle parti comuni denominato Condominio omissis , con un proprio codice fiscale, evento poi confermato dalla documentazione contabile ed amministrativa prodotta. Queste considerazioni non tengono conto della consolidata interpretazione giurisprudenziale secondo cui la costituzione di condomini separati in luogo dell’originario unico condominio costituito da un edificio o da un gruppo di edifici è regolata dagli artt. 61 e 62 disp. att. c.c., e suppone che l’immobile o gli immobili oggetto dell’iniziale condominio possano dividersi in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi, quand’anche restino in comune con gli originari partecipanti alcune delle cose indicate dall’art. 1117 c.c. Tale disciplina esclude di per sé che il risultato della separazione si concreti in una autonomia meramente amministrativa o fiscale, giacché la costituzione di più condomini postula, piuttosto, la divisione del complesso immobiliare in parti distinte, aventi ciascuna una propria autonomia strutturale che va apprezzata in fatto dai giudici del merito , indipendentemente dalle semplici esigenze di carattere gestorio o contabile arg. da Cass. Sez. 2, 18/04/2005, n. 8066 Cass. Sez. 2, 05/01/1980, n. 65 Cass. Sez. 2, 18/07/1963, n. 1964 . La disposizione di cui all’art. 61 disp. att. c.c., prevedendo la possibilità di scissione, in base a deliberazione assembleare adottata a maggioranza, di un unico condominio originario in più condomini, ha, del resto, natura eccezionale, in quanto deroga al principio secondo il quale la divisione può essere attuata solo per atto di un’autonomia privata, ovvero con il consenso unanime dei partecipanti alla comunione così Cass. Sez. 2, 28/10/1995, n. 11276 . Il ricorso va perciò rigettato e i ricorrenti vanno condannati in solido tra loro a rimborsare ai controricorrenti le spese del giudizio di cassazione. Non occorre regolare le spese con riferimento agli altri intimati Condominio omissis , S.A.M. e P.V. , i quali non hanno svolto attività difensive. Sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti a rimborsare ai controricorrenti le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.