Asilo nido chiuso: decisivo il regolamento condominiale

Respinte le obiezioni proposte dal titolare dell’attività, svolta in un immobile di sua proprietà e collocato al piano rialzato dello stabile. Vincente la linea dura adottata dalle famiglie che vivono nell’edificio. Decisiva la lettura del regolamento riguardante la gestione del condominio.

Porte serrate, asilo nido chiuso definitivamente, bambini a casa – e genitori in difficoltà –. Vince la linea dura adottata dai condomini, e poggiata sul regolamento condominiale. Irrilevante, secondo i Giudici, la differenza tra asilo nido” e micro nido”. Ciò che conta è il divieto, messo per iscritto, di ospitare nei locali dello stabile un’attività di custodia ed assistenza ad infanti” Cassazione, ordinanza n. 16384/18, sezione VI Civile, depositata il 21 giugno . Asilo. Scenario della strana vicenda è Como. Lì, in un condominio, si arriva allo scontro totale da un lato, il titolare di un asilo di infanzia – un micro nido”, per la precisione –, realizzato nell’unità immobiliare di sua proprietà, collocata al piano rialzato dello stabile dall’altro lato, le famiglie che vivono in quello stesso stabile e che, regolamento condominiale alla mano, chiedono la cessazione dell’attività . Nessun compromesso è possibile, e così l’ultima parola spetta ai Giudici, che si pronunciano, prima in Tribunale e poi in Corte d’appello, a favore dei condomini e contro l’asilo nido. Decisiva è la lettura del regolamento condominiale – datato 1971 – da cui emerge chiaramente il divieto di destinare i locali ad asili di infanzia . Questo paletto vale, secondo i Giudici, sia per gli asili nido che per i micro nido, soprattutto perché univoco è l’obiettivo, ossia evitare che nelle unità immobiliari di proprietà esclusiva venga esercitata un’attività che prevede la custodia e l’assistenza di infanti . Divieto. La valutazione compiuta in Appello è ritenuta corretta e condivisibile dai Giudici della Cassazione, i quali respingono definitivamente le obiezioni proposte dal titolare del micro nido”. I Magistrati sottolineano che l’attività di micro nido” si differenzia da quello di ”asilo nido” soltanto per le dimensioni strutturali di ricettività, e non invece per il comune carattere assistenziale ed educativo dei suoi servizi resi a bambini di tenerissima età . Ciò rende assolutamente legittima la applicazione del divieto imposto dal regolamento condominiale, divieto che è simbolo dell’ intenzione comune dei condomini .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 15 maggio – 21 giugno 2018, n. 28831 Presidente D’Ascola – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione Lu. Pe. ha proposto ricorso articolato in unico motivo violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1368, 1369 e 1371 c.c. avverso la sentenza 5 ottobre 2016, n. 3691/2016, resa dalla Corte d'Appello di Milano, la quale ha rigettato l'appello avanzato dal medesimo Lu. Pe. contro la pronuncia di primo grado del Tribunale di Como del 4 marzo 2013. Il Condominio di via omissis , resiste con controricorso ed ha altresì presentato memoria ai sensi dell'art. 380 bis, comma 2, c.p.c. Il Tribunale di Como accolse la domanda del Condominio di via omissis , contenuta nella citazione del 5 luglio 2011 e volta alla cessazione dell'attività di asilo di infanzia svolta dal Pe. nell'unità immobiliare di sua proprietà sita al piano rialzato dell'edificio condominiale, perché contrastante con la clausola n. 4 del regolamento di condominio contrattuale. A tal fine, la Corte d'Appello, trascritto il contenuto di tale clausola, la quale fa divieto di destinare i locali, fra l'altro, ad asili di infanzia , ha escluso che sussista una sostanziale differenza, con riguardo alla relativa applicabilità, tra le attività di asilo nido e di micro-nido , quale è appunto quella che Lu. Pe. assume di svolgere nel proprio immobile ciò tenuto conto dell'epoca di redazione del regolamento 1971 allorché neppure esistevano le diverse figure delle scuole d'infanzia, degli asili nido e dei micro-nidi, nonché delle finalità della clausola n. 4, certamente intesa ad evitare che nelle unità di proprietà esclusiva venga comunque esercitata un'attività di custodia ed assistenza ad infanti. Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all'art. 380-bis c.p.c, in relazione all'art. 375, comma 1, n. 5 , c.p.c, il presidente ha fissato l'adunanza della camera di consiglio. Il ricorrente lamenta l'errore della Corte d'Appello perché la stessa, ritenendo operante il divieto regolamentare di destinazione delle unità immobiliari ad asili di infanzia pure per i micro-nidi , non avrebbe tenuto conto che questi ultimi non arrecano i pericoli di disturbo propri degli asili. Si richiamano anche i principi di cui agli artt. 3, 29, 31 e 37 Costituzione, nonché l'art. 23 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, e si evidenzia il ruolo svolto dai cosiddetti micro-nidi , istituiti dalla legge 28 dicembre 2001, n. 448, e poi regolati da apposite delibere della Giunta Regionale Lombardia. E' invece da ribadire come l'interpretazione delle clausole di un regolamento condominiale contrattuale, contenenti il divieto di destinare gli immobili a determinati usi, è sindacabile in sede di legittimità solo per violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale, ovvero per l'omesso esame di fatto storico ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. Cass. Sez. 2, 30/06/2011, n. 14460 Cass. Sez. 2, 31/07/2009, n. 17893 Cass. Sez. 2, 23/01/2007, n. 1406 Cass. Sez. 2, 14/07/2000, n. 9355 Cass. Sez. 2, 02/06/1999, n. 5393 . Nella specie, l'interpretazione dell'art. 4 del regolamento contrattuale Condominio di via omissis , prescelta dalla Corte d'Appello di Milano, non rivela le denunciate violazioni dei canoni di ermeneutica. In particolare, l'interpretazione di una clausola del regolamento di condominio, contenente il divieto di destinare gli appartamenti, tra l'altro ad asili di infanzia , come preclusiva altresì dell'attività di micro-nido la quale effettivamente si differenzia da quella dell'asilo soltanto per le dimensioni strutturali di recettività, e non invece per il comune carattere assistenziale ed educativo dei suoi servizi resi a minori di tenerissima età non risulta né contrastante con il significato lessicale delle espressioni adoperate nel testo negoziale, né confliggente con l'intenzione comune dei condomini ricostruita dai giudici del merito, né contraria a logica o incongrua, rimanendo comunque sottratta al sindacato di legittimità l'interpretazione degli atti di autonomia privata quando il ricorrente si limiti a lamentare che quella prescelta nella sentenza impugnata non sia l'unica possibile, né la migliore in astratto. Il ricorso va perciò rigettato e il ricorrente va condannato a rimborsare al Condominio controricorrente le spese del giudizio di cassazione. Sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all'art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - dell'obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione integralmente rigettata. P. Q. M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma I-bis dello stesso art. 13.