Le clausole di un regolamento condominiale devono essere interpretate con gli stessi criteri utilizzati per l’interpretazione dei contratti

Nel fornire un interpretazione alle clausole del regolamento contrattuale il Giudice deve utilizzare i canoni ermeneutici previsti dal codice civile e quindi leggere le clausole complessivamente e non limitarsi alla singola disposizione art. 1363 c.c. e cercare di ricostruire la volontà e l’intenzione delle parti contraenti art. 1362 c.c. .

Così la Cassazione con ordinanza n. 10478/18, depositata il 3 maggio. Il caso. Un condomino agiva giudizialmente impegnando davanti al Tribunale competente la delibera condominiale con la quale erano stati approvati il bilancio dell’anno precedente e il rendiconto dell’anno in corso del condominio. In particolare l’attore contestava l’addebito delle spese relative al riscaldamento. Il regolamento dello stabile prevedeva infatti la possibilità di ottenere una riduzione del 50% delle spese di riscaldamento in caso di inagibilità temporanea dell’appartamento. La proprietà attorea tempo prima era andata bruciata e quindi non era stata utilizzata per lungo tempo in ragione di ciò il condomino domandava lo sconto delle spese. Il Tribunale accoglieva la domanda e annullava la delibera nella parte corrispondente alle spese condominiali. Il condominio soccombente agiva quindi impugnando la predetta decisione in grado d’Appello. La Corte d’Appello però, in modo non dissimile dal giudice di primo grado, rigettava il gravame affermando come l’inagibilità dell’unità immobiliare cagionata dall’incendio rientrasse potesse giustificare la detrazione del 50% delle spese del riscaldamento. Clausole del regolamento contrattuale. Alla luce della sentenza pronunciata dal Ggiudice d’Appello il condominio proponeva ricorso in Cassazione fondato su due motivi di diritto. Con il primo motivo il ricorrente contestava la violazione da parte del Giudice del riesame degli artt. 1362 e 1363 c.c Tali disposizione, afferenti l’interpretazione dei contratti, specificano che Nell'interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole. Per determinare la comune intenzione delle parti, si deve valutare il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto art. 1362 c.c. e che Le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell'atto art. 1363 c.c. . Secondo il ricorrente, quindi, la Corte aveva errato nella propria sentenza nel non applicare i citati principi per interpretare le clausole del regolamento contrattuale. La seconda doglianza era invece fondata sulla mancata valutazione da parte del giudice d’Appello della circostanza che l’inagibilità dell’immobile sarebbe dipesa dalla scelta del condominio e quindi non sarebbe stata meritevole di una detrazione delle spese di riscaldamento. La Seconda Sezione della Corte di Cassazione con la sentenza numero 10478 del 3 maggio 2018 accoglieva il ricorso. Nel trattare i due motivi congiuntamente la Corte specificava che il Giudice d’Appello fosse in effetti incorso in un errore nella sentenza impugnata. In particolare il regolamento di condominio prevedeva all’art. 5 che se un’unità rimanesse disabitata durante il periodo invernale per un periodo superiore a due mesi il condomino interessato potrà ottenere una riduzione del 50% della quota a suo carico facendone richiesta [] e all’art. 13 che nessun condomino può sottrarsi al pagamento della quota parte di spese che gli compete, nemmeno mediante abbandono o rinunzia delle proprietà comuni . Secondo la Cassazione dette disposizioni dovevano essere lette congiuntamente e utilizzate come un unico corpus normativo anche alla luce della presumibile intenzione delle parti. I fatti del giudizio, quindi, erano stati travisati dalla Corte d’Appello. A seguito dell’incendio di cui si è dato atto il condomino ha infatti richiesto e ottenuto la detrazione dalle spese di riscaldamento conseguente all’inagibilità temporanea dell’appartamento. Tale inagibilità, tuttavia, si è poi protratta per più di 8 anni. Occorre altresì aggiungere che nel periodo successivo all’incendio il condomino aveva anche domandato e ottenuto un risarcimento all’assicurazione con il quale aveva però deciso di non ripristinare il locale bruciato. A tal fine era parere del condominio, condiviso dal giudice di legittimità, che egli non potesse giovarsi della detrazione dato che l’inagibilità non era stata temporanea ed era stata cagionata anche dalla colpevole inerzia del condomino. L’interpretazione congiunta delle norme del regolamento, peraltro, faceva propendere per la violazione del citato articolo 13 dato che con il suo comportamento il condomino si era di fatto e in mala fede sottratto dal pagamento delle spese che gli competevano. Secondo la Cassazione, quindi, il regolamento era stato creato al fine di tutelare il condomino era stato strumentalizzato dal condomino per ottenere una ingiusta esenzione che andava ben oltre all’intenzione delle parti che avevano redatto l’articolo 5 succitato. Il combinato disposto degli artt. 5 e 13 aveva lo scopo di tutelare il singolo condomino in caso di temporaneo non utilizzo dell’impianto e al contempo salvaguardare le ragioni del condominio da una eventuale mancata contribuzione alle spese condominiali per una scelta prolungata, si potrebbe dire strutturale” della proprietà quale l’abbandono o la rinuncia alla proprietà comune di un impianto . Alla luce di tale valutazione la Cassazione, ritenuta la possibilità di decidere la controversia ex art. 384 c.p.c., accoglieva il ricorso e – nel merito – rigettava l’impugnazione della delibera assembleare condominiale.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 12 maggio 2017 – 3 maggio 2018, n. 10478 Presidente Manna – Relatore D’Ascola Fatti di causa e ragioni della decisione 1 C.G. impugnava davanti al Tribunale di Roma la delibera del 14.10.2010 del Condominio omissis con cui erano stati approvati il bilancio consuntivo del 2009 e il bilancio preventivo del 2010, relativamente alle spese di riscaldamento e ad altri oneri condominiali. Affermava che, a seguito di un incendio sviluppatosi nell’appartamento di sua proprietà in data 19.04.2005, il Comando dei VV.FF. aveva dichiarato l’appartamento inagibile sino al ripristino delle condizioni di sicurezza, sicché aveva diritto alla riduzione del 50% della quota inerente alle spese di riscaldamento, come previsto dall’art. 5 del regolamento condominiale Il Condominio omissis rimaneva contumace. 1.1. il Tribunale, con sentenza n. 20147/2013, depositata il 10.10.2013, accoglieva la domanda e annullava la delibera nella parte relativa all’approvazione del bilancio consuntivo del 2009, in relazione alla gestione del servizio di riscaldamento e al riparto delle relative spese. Condannava quindi il Condominio alla restituzione della metà della somma versata a tale titolo dal C. , previa dichiarazione del diritto del condomino al pagamento della quota del 50% a suo carico del servizio di riscaldamento. 2 su gravame del Condominio, la Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 1825/2014, depositata il 18.3.2014, rigettava il gravame. Affermava che l’inagibilità dell’appartamento a causa dell’incendio integrava una situazione di inesigibilità temporanea, sebbene protratta nel tempo, tale da giustificare la riduzione del 50% del concorso alle spese del servizio di riscaldamento. 3 Per la cassazione della sentenza il Condominio ha proposto ricorso, ritualmente notificato 26.5.2014, articolato su due motivi. L’intimato non ha svolto difese. La causa è stata avviata a trattazione con rito camerale davanti alla Sesta sezione civile, con proposta di accoglimento. 6 Con il primo motivo parte ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., nonché degli artt. 5 e 13 del regolamento condominiale, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c Il Condominio lamenta che la Corte d’appello abbia ritenuto l’inagibilità dell’appartamento temporanea e dipendente dall’incendio. La Corte d’appello ha ritenuto la fattispecie inquadrabile nell’art. 5 del regolamento condominiale secondo cui se un’unità rimanesse disabitata durante il periodo invernale per un periodo superiore a due mesi il condomino interessato potrà ottenere una riduzione del 50 % della quota a suo carico facendone richiesta con lettera raccomandata chiudendo i corpi radianti e facendolo constatare all’amministrazione o a un suo incaricato . Secondo il Condominio tale disposizione andava coordinata con l’art. 13 del regolamento, secondo cui nessun condomino può sottrarsi al pagamento della quota parte di spese che gli compete, nemmeno mediante abbandono o rinunzia delle proprietà comuni . Parte ricorrente sostiene che secondo una valutazione alla luce del principio di buona fede contrattuale la persistente mancata riattivazione dell’impianto di riscaldamento aveva mutato l’iniziale temporaneità dell’inagibilità in inagibilità permanente, tale da integrare abbandono . delle cose comuni ai sensi dell’art. 13 del regolamento e non temporanea inagibilità ai sensi dell’art. 5 del medesimo atto. Parte ricorrente sostiene, in definitiva, che le disposizioni del regolamento condominiale e, in particolare, l’art. 5 e l’art. 13 dovevano essere interpretate in modo sistematico alla stregua dei canoni di ermeneutica contrattuale ex artt. 1362 e 1363 c.c 7 Con il secondo mezzo, il Condominio deduce la violazione degli artt. 281 sexies, 132 n. 4 e 277, comma 1, c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c La Corte d’appello avrebbe omesso di confrontarsi con la circostanza della inagibilità permanente per scelta del condomino, obliterando così la valutazione su tale specifico punto. I due motivi, da esaminare congiuntamente per la loro attinenza alla medesima problematica interpretativa del regolamento condominiale, sono fondati nei termini che seguono. In tema di interpretazione del contratto, ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti il principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate nel contratto, il cui rilievo deve essere verificato alla luce dell’intero contesto contrattuale, sicché le singole clausole vanno considerate in correlazione tra loro, dovendo procedersi al loro coordinamento a norma dell’art. 1363 cod. civ. e dovendosi intendere per senso letterale delle parole tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone, e non già in una parte soltanto, quale una singola clausola di un contratto composto di più clausole, dovendo il giudice collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato Cass. nn. 14460/2011 4670/09, 18180/07, 4176/07 e 28479/05 . Di qui l’erroneità dell’esegesi fissata esclusivamente su di una singola parola o frase, astratta dal resto della stessa o di altre clausole del contratto, cui pure deve applicarsi il medesimo canone interpretativo. Nello specifico la sentenza impugnata ha adoperato in modo non conforme agli enunciati anzidetti i canoni ermeneutici dell’interpretazione complessiva della clausole 1363 c.c. e dell’interpretazione secondo l’intenzione delle parti contraenti art. 1362 c.c. . L’interpretazione isolata dell’art. 5 del regolamento conduce a qualificare erroneamente il caso di specie come provvisoria sospensione dell’utilizzo dell’impianto di riscaldamento. Dal complesso delle clausole contrattuali, artt. 5 e 13 del regolamento, raccordate tra loro, si evince chiaramente che lo scopo delle previsioni era nel senso di tutelare il singolo condomino in caso di temporaneo non utilizzo dell’impianto e, al contempo, salvaguardare le ragioni del Condominio da una eventuale mancata contribuzione alle spese condominiali per una scelta prolungata, si potrebbe dire strutturale , della proprietà quale l’abbandono o la rinuncia alla proprietà comune di un impianto. In tale prospettiva, risulta operazione contraria alle regole di ermeneutica contrattuale sancite dagli artt. 1362 e 1363 c.c. ricondurre il caso in esame all’ambito di applicazione dell’art. 5 del regolamento condominiale, quando in base ai fatti accertati nei giudizi di merito, risultava all’evidenza integrata l’ipotesi contemplata dall’art. 13. In tale operazione di qualificazione giuridica e esegesi sistematica occorreva tenere conto del fatto per cui la mancata riattivazione dell’impianto, perdurante nel tempo già per quattro anni al momento della delibera, alla stregua del principio di buona fede contrattuale, mutava l’iniziale situazione di temporaneità dell’inagibilità in inagibilità permanente. Il limite alla qualificabilità di una sospensione temporanea con pagamento ridotto ex art. 5 Reg., era da trarre dalla connessione con l’art. 13 che negava la facoltà di trasformare la transitorietà di utilizzo in condizione permanente di esonero totale dal pagamento, tale da integrare abbandono . delle cose comuni . Significativamente il ricorso evidenzia che in citazione la richiesta principale del condomino era di esonero totale ex art. 13, circostanza che è verificabile perché emerge dalla sentenza del tribunale 10 ottobre 2013. Il tutto trova conferma anche nel comportamento complessivo tenuto posteriormente dal condomino. Condotta rilevante ai sensi dell’art. 1362, comma 2, c.c A tal proposito, parte ricorrente deduce che già in appello aveva denunciato il fatto che dopo otto anni dal risarcimento assicurativo l’appartamento era ancora disusato per scelta, sicché se l’iniziale inagibilità non era imputabile al C. , non altrettanto poteva dirsi a seguito del risarcimento del danno che lo metteva nella condizione di ripristinare l’agibilità dell’appartamento. Simile circostanza, acclarata nella sentenza di secondo grado, riscontra che già nel 2009 il comportamento di mancato ripristino dell’impianto equivaleva ad abbandono o rinunzia, con conseguente applicabilità dell’art. 13 del regolamento condominiale, nel cui perimetro ricade la fattispecie in esame. Emerge da quanto esposto la fondatezza del ricorso e la possibilità di decidere la controversia nel merito ex art. 384 c.p.c. dichiarando, in accoglimento del ricorso, il rigetto dell’impugnazione della delibera assembleare proposta da C. nella parte oggetto della sentenza di appello e dell’odierno ricorso. Non vi è cioè necessità di rimettere la causa al giudice d’appello perché la sentenza di primo grado ebbe a decidere la controversia relativamente alle sole spese di riscaldamento oggetto delle impugnazioni successive. Non residuano quindi questioni diverse da quelle relative al riparto delle spese di riscaldamento per cui è stato proposto ricorso. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso e, decidendo la causa nel merito, rigetta l’impugnazione della delibera assembleare condominiale per cui è causa. Condanna la parte controricorrente alla refusione a parte ricorrente delle spese di lite liquidate in Euro 1.100,00 per compenso, Euro 200,00 per esborsi, per il giudizio di legittimità 1.800,00 Euro per il giudizio di primo grado di cui 200 per esborsi e 2000,00 per il giudizio di secondo grado, di cui duecento per esborsi oltre accessori di legge.