Attenzione al riconoscimento di debito: non servono forme particolari

Il riconoscimento di un debito non esige formule particolari, non ha natura negoziale né carattere recettizio e non deve necessariamente essere compiuto con una specifica intenzione riconoscitiva.

Questo il condivisibile principio di diritto espresso dalla sentenza n. 9097/2108 della Corte di Cassazione, depositata il 12 aprile. Il caso. Un ex amministratore si rivolgeva al Tribunale per sentire condannare il Condominio al pagamento delle sue spettanze residue relative all’opera prestata. L’attore poneva a fondamento delle sue richieste la produzione di un documento con il quale l’amministratore entrante aveva riconosciuto, sottoscrivendo il relativo conteggio che gli veniva presentato, il debito che ancora reclamava verso lo stabile il suo predecessore. Inoltre, precisava il ricorrente, il Condominio aveva pagato alcuni acconti relativi all’importo dovuto ammettendo quindi ulteriormente di ritenersi in debito. Il Tribunale accoglieva la domanda con sentenza che veniva poi confermata dalla competente Corte di appello di Torino. Il giudizio, in seguito a nuova impugnazione, giungeva così avanti alla Corte di cassazione. Il Condominio soccombente, in particolare, quale motivo di reclamo indicava la mancanza di un riconoscimento di debito che potesse giustificare la condanna in suo sfavore. Per il riconoscimento di debito non occorrono forme particolari quello che conta è che si evinca chiaramente la volontà della parte. Nel respingere tale asserzione e confermare, a sua volta, la sentenza favorevole all’attore, la Suprema corte osservava anzitutto di ritenere corretta la decisone dei giudici di merito i quali avevano ritenuto fondata la domanda in quanto l’attore aveva prodotto un documento, sottoscritto dal nuovo amministratore, titolato situazione contabile al 3 agosto 2006 ove era indicata tra le alte cose anche la somma ancora dovuta al vecchio amministratore. Inoltre, successivamente, nel corso del giudizio si dava atto senza che vi fossero opposizioni sul punto, di ulteriori acconti versati in seguito alla sottoscrizione del predetto documento. Ricordate le circostanze di causa, la Cassazione chiariva quindi, opportunamente, natura e caratteristiche del riconoscimento di debito e sua efficacia processuale. Il riconoscimento di debito costituisce un atto giuridico in senso stretto. A tale ultimo proposito, vale anzitutto ricordare, come fa Cassazione, una verità essenziale e cioè che il riconoscimento di debito costituisce un atto giuridico in senso stretto, la cui identificazione non implica l’applicazione di specifiche norme di diritto ma più semplicemente la ricostruzione di un accadimento, di un fatto umano, la quale deve essere solamente motivata in modo congruo e corretto . Preso atto di tale aspetto, la Corte opportunamente ha ritenuto che dagli atti di causa emergesse palesemente la volontà del Condominio, manifestata in particolare con la sottoscrizione del conteggio presentato dall’ex amministratore al quale avevano fatto seguito il versamento di diversi acconti, di riconoscere di essere in debito. Quello che conta, in sostanza, è che emerga chiaramente un dato di fatto e cioè che una parte si sia riconosciuta prima del giudizio, in qualsiasi forma purché in modo inconfutabile, in debito rispetto all’altra. Se così è, conclude la Cassazione, spetterebbe all’altra parte superare tale riconoscimento e di conseguenza l’inesistenza del debito.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 19 gennaio – 12 aprile 2018, n. 9097 Presidente Giusti – Relatore Scalisi Fatti di causa M.L. , con atto di citazione del 19.3.2011, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Torino, il Condominio omissis , esponendo di esserne stato amministratore sino al 3.8.2006 di avere l’assemblea approvato il consuntivo della gestione ordinaria 2006 ed il relativo riparto, pari ad Euro 42.782,96 di avere egli sostenuto spese nell’interesse del Condominio per Euro 11.916,57, nel corso della gestione 2005 e per Euro 16.486,56 nel corso della gestione 2006 e di avere, invece, i condomini, versato la sola somma di Euro4.129,35 di avere, quindi, egli anticipato la complessiva somma di Euro 28.534,53, vedendosi rimborsare solo il suddetto importo, con un credito residuo pari, quindi, ad Euro 24.405,18. Esponeva, inoltre, di avere il nuovo amministratore, Francesco Bove, sottoscritto apposito documento da cui si evinceva la situazione contabile del Condominio al 3.8.2006 ed il debito verso l’amministratore uscente di avergli il Condominio corrisposto tre acconti il 10.11.2006 di Euro 4.500,00, il 18.12.2006 di Euro 5.000,00 ed il 30.6.2007 di Euro 6.000,00 , rimanendo debitore di Euro 8.905,18. Chiedeva, quindi, che il Tribunale condannasse il Condominio convenuto al pagamento di tale somma. Il convenuto non si costituiva in giudizio con conseguente declaratoria di contumacia. Il Tribunale di Torino, con sentenza n. 5903/2011, accoglieva la domanda di M. e condannava il Condominio convenuto al pagamento della suddetta somma, oltre ad interessi. Avverso questa sentenza, interponeva appello il Condominio, chiedendone la riforma per più motivi. Si costituiva M. chiedendo il rigetto dell’appello. La Corte di Appello di Torino, con sentenza n. 208 del 2014, non notificata, rigettava l’appello e confermava la sentenza del Tribunale, condannava il Condominio a rimborsare alla parte appellata le spese del giudizio. Secondo la Corte distrettuale, l’appello era infondato relativamente all’eccepito difetto di legittimazione passiva dell’amministratore del Condominio omissis , posto che, come ha avuto modo di specificare la Corte di Cassazione, l’amministratore, cessato dalla carica, può agire per recuperare le somme anticipate nei confronti del condominio in persona del nuovo amministratore. L’appello era infondato, anche nel merito, perché in forza del riconoscimento del debito da parte del Condominio sia per il tramite del documento contabile dal quale emergeva il credito dell’Amministratore cessato dall’incarico, sia dal fatto che il documento contabile era stato sottoscritto dal nuovo Amministratore, e sia, ancora, per il fatto che il condominio successivamente al documento contabile aveva provveduto a corrispondere parte della somma dovuta , incombeva al Condominio dimostrare l’inesistenza del debito. La cassazione di questa sentenza è stata chiesta dal Condominio con ricorso affidato ad un motivo. M.L. ha resistito con controricorso. Le parti hanno depositato memorie. Ragioni della decisione 1.- Con l’unico motivo di ricorso, il Condominio omissis lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1136, 1720, 2697 cod. civ. e degli artt. 112, 113, 115 e 116 cod. proc. civ., omessa insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ Secondo il ricorrente, il Tribunale prima e la Corte distrettuale dopo, non avrebbero tenuto conto che l’amministratore, cessato dalla sua funzione, non aveva fornito alcuna documentazione delle spese che assumeva aver corrisposto e, soprattutto, né la prova di aver eseguito le assunte anticipazioni con denaro proprio. Mancava agli atti di causa un qualsiasi documento giustificativo ed un elenco analitico, non solo delle entrate delle spese condominiali ed il saldo finale, ma, soprattutto, degli esborsi personali che si assumevano eseguiti da parte dell’ex amministratore per conto del condominio. Né sarebbe convincente, sempre secondo il ricorrente, la tesi secondo la quale il documento contabile sottoscritto anche dal nuovo amministratore integrerebbe gli estremi di una ricognizione di debito da parte del Condominio perché, comunque, non sarebbe provato il credito vantato oggetto del giudizio. b sarebbe privo di pregio e di fondamento, secondo il ricorrente, anche l’assunto della Corte di Appello di una ratifica dell’operato dell’amministratore ed un riconoscimento di debito, il fatto che il Condomino avesse corrisposto all’ex amministratore, una parte delle somme pretese proprio perché il riconoscimento di un debito da parte del condominio impone un atto di volizione dell’assemblea condominiale, che, nel caso, non sussisterebbe. In altri termini, andrebbe negata efficace vincolante nei confronti del condominio della sottoscrizione, da parte del nuovo amministratore, del documento contabile in difetto di preventiva delibera dell’assemblea, e ai versamenti dallo stesso effettuati senza autorizzazione da parte dell’assemblea. 1.1.- Il motivo è infondato. La Corte distrettuale ma ancor prima il Tribunale ha ampiamente chiarito le ragioni per le quali ha ritenuto dimostrata la sussistenza del credito di M.L. . Il ragionamento della Corte distrettuale che conduce ad affermare il riconoscimento del debito del Condominio nei confronti di M. , si snoda su due coordinate essenziali la cui sussistenza è stata dimostrata, e cioè da un verso, la Corte distrettuale ha preso atto che il M. aveva prodotto un documento intitolato Situazione contabile al 3 agosto 2006 , il quale recava l’indicazione del passivo complessivo a tale data composto dal passivo di bilancio relativo al 2005 e 2006 nonché da un residuo c/c evidentemente passivo e ripianato dal M. secondo la prospettazione dello stesso , dei versamenti effettuati dai condomini per l’anno 2006, di un’ulteriore somma a credito del Condominio, nonché il debito nei confronti dell’ex amministratore pari ad Euro 24.405,18. E, tale documento veniva sottoscritto dal nuovo amministratore. Successivamente, si dava atto di ulteriori pagamenti per complessivi Euro 15.500,00. Per altro, la Corte distrettuale ha preso atto che il versamento delle somme di cui si è già detto, successive alla sottoscrizione del documento del 3 agosto 2006 non era controverso ed, anzi, la circostanza era stata posta a base delle difese svolte in via subordinata dal Condominio stesso, che non ha contestato, neppure, la legittimità di tali pagamenti, tanto che, relativamente ad essi, nessuna domanda di tipo restitutorio, o eccezione, è stata proposta. 1.2.- Ora, si deve considerare che il riconoscimento di un debito non esige formule speciali e può essere contenuto in una dichiarazione di volontà diretta consapevolmente all’intento pratico di riconoscere l’esistenza di un diritto, ma, può risultare, implicitamente, anche da un atto compiuto dal debitore per una finalità diversa e senza la consapevolezza dell’effetto ricognitivo. L’atto di riconoscimento, infatti, non ha natura negoziale, né carattere recettizio e non deve necessariamente essere compiuto con una specifica intenzione riconoscitiva. Ciò che occorre è che esso rechi, anche implicitamente, la manifestazione della consapevolezza dell’esistenza del debito e riveli i caratteri della volontarietà Cass. n. 15353 del 30/10/2002 . Non vi è dubbio che i dati accertati dalla Corte distrettuale integrano gli estremi di un riconoscimento di debito. La Corte distrettuale, ha ulteriormente aggiunto a che il versamento delle somma di cui si dice era imputabile a tutti i condomini poiché in difetto di una diversa allegazione i suddetti pagamenti andavano imputati ad essi secondo le rispettive quote millesimali b che il comportamento dei condomini andava, altresì, qualificato quale ratifica dell’operato del nuovo amministratore, non potendo ad esso essere attribuito altro significato, se non quello di dar corso al riconoscimento del debito da questi sottoscritto e, quindi, di adesione ad esso. E, significativamente, la Corte ha concluso, come è giusto che fosse, che in forza del riconoscimento incombeva sul Condominio dimostrare l’inesistenza del debito e tale prova, non solo non è stata fornita, ma, sarebbe stata del tutto in contrasto con il suo adempimento, seppure parziale. 1.3.- Il ricorrente, per altro, non tiene conto che il riconoscimento del quale si discute costituisce un atto giuridico in senso stretto, la cui identificazione, non implica l’applicazione di specifiche norme di diritto, ma, più semplicemente, la ricostruzione di un accadimento, di un fatto umano, la quale deve essere solamente motivata in modo congruo e corretto e, se priva, come nel caso in esame, da vizi logici non è suscettibile di sindacato nel giudizio di cassazione. In definitiva, il ricorso va rigettato e il ricorrente, in ragione del principio di soccombenza, ex art. 91 cod. proc. civ., condannato a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio che vengono liquidate con il dispositivo. Il Collegio dà atto che, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali, pari al 15% del compenso ed accessori come per legge dà atto che, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002 sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.