Se la costruzione è unica non può essere ridefinita da norme regolamentari

La nozione di costruzione non può identificarsi con quella di edificio, ma si estende a qualsiasi manufatto non completamente interrato avente i caratteri della solidità, stabilità e immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio o incorporazione o collegamento fisso a un corpo di fabbrica contestualmente realizzato o preesistente, e ciò indipendentemente dal livello di posa ed elevazione dell’opera.

Così la Corte con la sentenza n. 24473/17, depositata il 17 ottobre. Il caso. La ricorrente conveniva in giudizio la proprietaria di un fondo confinante con il suo, affermando che la stessa aveva realizzato un muro di sostegno di un terrapieno in violazione delle distanze prescritte dalle norme di attuazione del piano regolatore del Comune e violando le distanze ex art. 905 c.c. Distanza per l'apertura di vedute dirette e balconi . L’attrice chiedeva quindi il ripristino dei luoghi allo stato originario e il risarcimento del danno. Il giudizio di primo grado riconosceva parzialmente le domande dell’attrice, disponendo che la convenuta dovesse arretrare il muro di contenimento e il terrazzino limitatamente ad un determinato segmento, mentre l’attrice dovesse rimuovere la rete metallica, con cessazione dello stillicidio delle acque sul fondo della convenuta. La sentenza impugnata dalla convenuta in appello era rigettata dalla Corte e impugnata dall’attrice in Cassazione. La nozione di costruzione. La ricorrente lamenta tra le doglianze la violazione e falsa applicazione degli art. 873 c.c. Distanze nelle costruzioni e 12 disp. legge in generale e di norme dei regolamenti locali in tema di distanze delle costruzioni, nonché omessa contraddittoria motivazione sul punto, avendo la Corte d’Appello errato nel considerare il muro di contenimento come costruzione ai sensi dell’art. 873 c.c., con necessità di rispettare la distanza non minore di 3 metri, e non invece costruzione secondo le norme di attuazione del piano regolatore del Comune, che prevede distanze maggiori, 3 e 10 metri, pur utilizzando un concetto più ristretto di costruzione, riferibile ai soli edifici. La Cassazione, accogliendo la censura del ricorrente afferma che la nozione di costruzione è unica e non può essere ridefinita da norme regolamentari. D’altra parte ai fini dell’osservanza delle norme in materia di distanze legali stabilite dagli artt. 873 c.c. e ss. e delle norme dei regolamenti, la nozione di costruzione non si identifica con quella di edificio, ma si estende a qualsiasi manufatto non completamente interrato avente i caratteri della solidità, stabilità e immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio o incorporazione o collegamento fisso a un corpo di fabbrica contestualmente realizzato o preesistente, e ciò indipendentemente dal livello di posa ed elevazione dell’opera . Il muro di sostegno creato dalla convenuta è da ritenersi, quindi, come una costruzione soggetta ai sensi dell’art. 873 c.c. all’eventuale maggiore distanza stabilita dalle norme regolamentari locali. Per questo motivo la Cassazione accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 23 febbraio – 17 ottobre 2017, n. 24473 Presidente Migliucci – Relatore Marcheis Fatti di causa 1. La ricorrente F.L. conveniva in giudizio D.G.D. - proprietaria di un fondo confinante con quello di proprietà dell’attrice - affermando che la stessa aveva realizzato un muro di sostegno del terrapieno in violazione delle distanze prescritte dalle norme di attuazione del piano regolatore del Comune e violando altresì le distanze previste dall’art. 905 c.c. chiedeva la riduzione in pristino dei luoghi e il risarcimento del danno. La convenuta si costituiva contestando le pretese della parte attrice e a sua volta proponeva domande in via riconvenzionale quali il taglio di alcuni rami, la rimozione di una rete metallica e la condanna di controparte all’esecuzione di opere atte a impedire lo stillicidio di acque . Nel giudizio veniva disposta consulenza tecnica d’ufficio. Il giudizio di primo grado si è chiuso con sentenza che ha riconosciuto come parzialmente fondate le domande dell’attrice e, cessata la materia del contendere circa il taglio dei rami, parzialmente fondate le domande riconvenzionali della convenuta la signora D.G. è stata così condannata ad arretrare il muro di contenimento e il terrazzamento limitatamente a un determinato segmento la signora F. , invece, a rimuovere la rete metallica, limitatamente a un determinato segmento, e a cessare lo stillicidio delle acque sul fondo della convenuta le spese sono state compensate tra le parti. 2. La sentenza è stata impugnata dalla signora D.G. che ne ha chiesto la parziale riforma, la signora F. ha a sua volta proposto appello incidentale. La Corte d’appello di Milano nel novembre del 2010 ha rigettato, perché infondata, l’impugnazione principale e ha rigettato pure l’incidentale e ha quindi confermato integralmente la sentenza appellata. 3. Contro la sentenza la signora F. propone ricorso a questa Corte, articolato in quattro motivi. La signora D.G. resiste con controricorso. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 873 c.c. e 12 disp. legge in generale e di norme dei regolamenti locali in tema di distanze delle costruzioni, nonché omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione sul punto la Corte d’appello avrebbe errato perché ha considerato il muro di contenimento realizzato da D.G. costruzione ai sensi dell’art. 873 c.c., con necessità quindi di rispettare la distanza non minore di tre metri, ma non invece costruzione secondo le norme di attuazione del piano regolatore generale del Comune di Civo, che sì prevedono distanze maggiori cinque e dieci metri , ma utilizzano un concetto più ristretto di costruzione, riferibile ai soli edifici. La censura è fondata la nozione di costruzione è unica e non può essere ridefinita da norme regolamentari. D’altro canto, ai fini dell’osservanza delle norme in materia di distanze legali stabilite dagli artt. 873 e seguenti c.c. e delle norme dei regolamenti locali integrativi della disciplina codicistica, la nozione di costruzione non si identifica con quella di edificio, ma si estende a qualsiasi manufatto non completamente interrato avente i caratteri della solidità, stabilità e immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio o incorporazione o collegamento fisso a un corpo di fabbrica contestualmente realizzato o preesistente, e ciò indipendentemente dal livello di posa ed elevazione dell’opera stessa Cass. 15972/2011 . Il muro di sostegno di terrapieno, creato dalla signora D.G. , è quindi costruzione soggetta, ai sensi dell’art. 873 c.c., all’eventuale maggiore distanza stabilita dalle norme regolamentari locali. 2. Il secondo motivo denuncia invece l’erronea applicazione della normativa in tema di vedute dirette ed in particolare dell’art. 905 c.c. Il motivo è proposto dalla ricorrente come subordinato al rigetto del primo, così che l’accoglimento di questo ne determina l’assorbimento. 3. Con il terzo motivo si contesta violazione degli artt. 112 e 295 c.p.c., nonché omessa motivazione. Le censure sono prive di fondamento. Non è infatti ravvisabile il vizio di omissione di pronuncia per il fatto che la decisione della Corte d’appello, nel confermare la decisione di primo grado, non abbia accolto le critiche formulate dalla ricorrente nei confronti della relazione del consulente tecnico d’ufficio, di primo grado, circa la questione della rimozione della rete metallica. Neppure vi è violazione di legge o mancanza di motivazione circa il rigetto della domanda di sospensione del processo ai sensi dell’art. 295 c.p.c., a causa della pendenza di un’altra lite davanti al Tribunale di Sondrio. La Corte d’appello motiva infatti il rigetto dell’istanza con la mancanza di prova della pendenza della lite e la sospensione del processo presuppone che il rapporto di pregiudizialità tra le due cause di cui si tratta sia non solo concreto, ma anche attuale, nel senso che la causa ritenuta pregiudiziale sia tuttora pendente, non avendo altrimenti il provvedimento alcuna ragion d’essere, e traducendosi anzi in un inutile intralcio all’esercizio della giurisdizione Cass. 22878/2015 . 4. Con il quarto e ultimo motivo la ricorrente lamenta violazione dell’art. 112 e omessa motivazione in relazione al posizionamento della rete . Il motivo è inammissibile in quanto, al di là dei parametri invocati, si sostanzia in una richiesta di diversa valutazione di circostanze di fatto, preclusa in questo giudizio. 5. L’accoglimento del primo motivo determina la cassazione della sentenza in relazione al motivo accolto la causa viene rimessa al giudice di rinvio affinché, nei limiti del motivo accolto, proceda a un nuovo accertamento alla luce del principio di diritto sopra enunciato il giudice di rinvio, individuato in altra sezione della Corte d’appello di Milano, provvederà anche circa le spese del giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso quanto al primo motivo cassa la sentenza impugnata relativamente al motivo accolto e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Milano anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio.