Che sia lastrico solare o terrazza è sempre parte comune, salvo che…

Tra i beni comuni rientranti nella previsione di cui all’art. 1117 c.c. vi sono anche i tetti ed i lastrici solari, considerati parti essenziali per l’esistenza del fabbricato , poiché hanno la funzione di coprire e proteggere i piani o, comunque, le porzioni sottostanti dagli agenti atmosferici. Per l’identità di funzione, devono considerarsi tali anche le terrazze, pur se non menzionate.

Lo ha stabilito la Suprema Corte con ordinanza n. 20287/17 depositata il 23 agosto. Il caso. Il ricorrente adisce la Cassazione proponendo ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello che gli ordinava la rimozione dei manufatti realizzati sul lastrico solare di copertura dei locali terranei di proprietà dei vicini adibiti ad esercizio commerciale. In particolare, secondo i Giudici di merito, al ricorrente era stato riconosciuto solo l’uso di fatto di tale area e non anche il titolo giuridico a possedere , pertanto, non avendo egli allegato un titolo di acquisto della proprietà esclusiva, la costruzione di opere da parte sua aveva costituito un’occupazione abusiva della parte di detta aerea, adibita a terrazza. Inoltre, la Corte negava anche l’ipotesi che la stessa potesse ritenersi parte comune. Parti comuni. Secondo la Cassazione, la Corte territoriale non ha fatto corretta applicazione dell’art. 1117 c.c. recante Parti comuni dell’edificio secondo cui Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo . In tal senso, gli Ermellini ricordano che tra i beni comuni rientranti in detta previsione vi sono anche i tetti ed i lastrici solari, i quali sono parti essenziali per l’esistenza del fabbricato , poiché hanno la funzione di coprire e proteggere i piani o, comunque, le porzioni sottostanti dagli agenti atmosferici. Vero è che non sono menzionate le terrazze che, stando all’interpretazione dei Giudici di legittimità, svolgono le medesime funzioni di tetti e lastrici e, pertanto, devono considerarsi di proprietà comune ai sensi dell’articolo sopra citato. Azione di rivendica e onere della prova”. Dunque, in virtù dell’identità di funzione tra terrazza e lastrico solare, si applica ad entrambi i casi l’art. 1126 c.c. secondo cui è previsto l’uso esclusivo dell’area in questione, senza specificare la natura giuridica di tale diritto che, pur dovendo risultare da titolo, può avere sia carattere reale che personale. Nella fattispecie, secondo la S.C., i Giudici di merito, una volta interpretata la domanda dei vicini come azione di rivendica, fondata sull’affermazione di proprietà della terrazza di copertura, e rivolta al ricorrente quale detentore dell’uso di fatto della stessa, avrebbero dovuto onerare proprio gli attori stessi di fornire la prova del loro diritto esclusivo. Pertanto, gli Ermellini accolgono il ricorso, cassano la sentenza impugnata e rinviano alla Corte d’Appello in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 11 luglio – 23 agosto 2017, n. 20287 Presidente Bianchini – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione G.M. propone ricorso articolato in quattro motivi avverso la sentenza della corte d’appello di Napoli n. 3539/2013, depositata l’11/10/2013.Resistono con controricorso C.O., C.R. , C.M. e P.N. , gli ultimi due quali eredi di C.G. . La Corte d’Appello di Napoli ha riformato la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere il 21/11/2006 ed ha accolto in parte la domanda, proposta da C.O. , C.R. e C.G. con citazione del 28/04/1997, ordinando a G.M. di rimuovere i manufatti veranda e relativi paletti di sostegno, muretto portante una stufa, cancello di accesso realizzati sul lastrico di copertura dei locali terranei di proprietà C. , adibiti ad esercizio commerciale e siti in omissis . In citazione, come si legge nella sentenza impugnata, gli attori avevano allegato che l’area di copertura dei locali terranei di loro proprietà fosse costituita in parte da lastrico impraticabile e per la residua parte da terrazzo in uso esclusivo del sig. G.M. . Ha affermato la Corte d’Appello che in tal modo gli attori C. avessero riconosciuto al G. solo l’ uso di fatto della parte adibita a terrazza, e non anche il titolo giuridico a possedere . Il Ctu, si legge ancora nella sentenza impugnata, aveva verificato come il locale terraneo di proprietà C. avesse uno sviluppo di circa 160 mq, mentre il terrazzo pertinente l’appartamento di proprietà G. , avente uno sviluppo complessivo di circa 190 mq, si sovrappone all’immobile C. per circa 110 mq, e la residua superficie di copertura del terraneo è non praticabile. Sempre il Ctu aveva accertato che l’appartamento G. ha un terrazzo che insiste in parte su fabbricato adiacente con titolarità differente e che l’accatastamento della porzione di terrazzo collegata all’appartamento era avvenuta senza titolo di provenienza. I giudici di appello hanno così concluso che, non avendo il G. allegato e provato un titolo di acquisto della proprietà superficiaria, la porzione di lastrico sovrastante i terranei di proprietà C. fosse stata abusivamente occupata dal G. con le opere denunciate, non potendo detta porzione di lastrico, benché di fatto in uso al G. , qualificarsi né comune ex art. 1117 c.c., né di proprietà esclusiva del convenuto . Il primo motivo di ricorso di G.M. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c., e degli artt. 163 n. 3 e 183 c.p.c., in quanto la domanda di C.O. , C.R. e C.G. , da riguardarsi soltanto con riferimento al contenuto della citazione introduttiva, riconosceva che il terrazzo fosse di uso esclusivo del convenuto G. , non vantando gli attori alcun diritto su di esso. Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1117 c.c., atteso che in citazione le strutture vengono descritte come contigue e formanti un corpo unico, sia per ciò che concerne il vano sottoposto al terrazzo, sia per quello sottoposto al lastrico. In quanto sia il terrazzo che il lastrico poggiano sul giunto tecnico e lo ricoprono, essi sono parti comuni agli effetti dell’art. 1117 c.c Il terzo motivo deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1027 e 1028 c.c. La Corte d’Appello ha infatti ritenuto che la demolizione dei manufatti si imponesse anche per eliminare le servitù di stillicidio e di passaggio costituite abusivamente. La condominialità della superficie, assunta già a fondamento della seconda censura, smentirebbe la ravvisabilità di servitù. Il quarto motivo contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., attesa la condanna alle spese del G. per entrambi i gradi del giudizio, previa compensazione della metà di esse. Il primo ed il secondo motivo di ricorso vanno esaminati congiuntamente, in quanto connessi, e si rivelano fondati, nei limiti di seguito specificati. La Corte d’Appello di Napoli, nell’ambito dell’indagine, spettante ai giudici del merito, diretta all’individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, non si è uniformata al tenore meramente letterale della citazione nella quale, come visto, gli attori avevano allegato l’esistenza di un terrazzo in uso esclusivo del sig. G.M. , ma, per converso, avendo riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dagli istanti, ha concluso che gli attori C. riconoscessero al G. un mero uso di fatto della parte adibita a terrazza, vantandosi, pertanto, pieni proprietari dell’area abusivamente occupata dai convenuti. Ciò premesso, in termini di prova, la sentenza impugnata ha penalizzato il G. per non aver egli allegato e provato un titolo di acquisto della proprietà esclusiva della terrazza sovrastante i terranei C. , negando altresì che la stessa potesse presumersi come comune agli effetti dell’art. 1117 c.c Nella sua decisione, la Corte d’Appello ha così malamente applicato l’art. 1117 c.c., alla stregua dell’interpretazione affermata da Cass. Sez. 2, 22/11/1996, n. 10323, che il Collegio intende qui ribadire. Invero, l’art. 1117, n. 1, c.c. menziona tra i beni comuni i tetti ed i lastrici solari, i quali sono parti essenziali per l’esistenza del fabbricato, in quanto per la struttura e per la funzione servono da copertura all’edificio e da protezione per i piani o per le porzioni di piano sottostanti dagli agenti atmosferici, mentre tale disposizione non fa espresso riferimento alle terrazze a livello, le quali, tuttavia, pur offrendo rispetto al lastrico utilità ulteriori, quali il comodo accesso e la possibilità di trattenersi, svolgono altresì le medesime funzioni di copertura dell’edificio e di protezione dagli agenti atmosferici, e devono perciò ritenersi di proprietà comune proprio ai sensi dell’art. 1117, n. 1, c.c., rimanendo attribuite in condominio ai proprietari delle singole unità immobiliari. Tale identità di funzione tra terrazza a livello e lastrico solare è, del, resto alla base della comune pacifica applicazione ad entrambi dell’art. 1126 c.c. Quest’ultima norma, nel prevedere la possibilità di uso esclusivo del lastrico solare o della terrazza espressione identica a quella adoperata dagli attori in citazione , non specifica la natura giuridica di tale diritto, il quale può avere carattere reale o personale, ma deve comunque risultare dal titolo in mancanza di titolo attributivo di un siffatto uso esclusivo, ha vigore la regola generale del regime di comunione, dato che la superficie della terrazza - lastrico solare serve pur sempre a coprire i vani sottostanti dell’edificio condominiale, e che tale regime non è escluso dal solo fatto che dal bene uno o più comproprietari traggano utilità maggiori rispetto agli altri così Cass. Sez. 2, 09/08/1999, n. 8532 Cass. Sez. 2, 21/05/1974, n. 1501 . È del resto ammissibile, per quanto si desume dall’art. 61 disp. att. c.c., che, pur in presenza di fabbricati che presentino elementi di congiunzione materiale, allorché vengano costituiti condomini separati per le parti aventi i connotati di autonomi edifici, uno dei titolari di porzioni esclusive si ritrovi proprietario di un immobile ricadente in entrambi i condomini arg. da Cass. Sez. 6 - 2, 23/03/2017, n. 7605 Cass. Sez. 2, 01/03/1995, n. 2324 Cass. Sez. 2, 07/08/1982, n. 4439 . In definitiva, la deroga all’attribuzione legale al condominio e l’attribuzione in proprietà o uso esclusivo della terrazza a livello possono derivare solo dal titolo, mediante espressa disposizione di essi nel negozio di alienazione, ovvero mediante un atto di destinazione da parte del titolare di un diritto reale. Non è determinante considerare la terrazza a livello come pertinenza dell’appartamento da cui vi si accede, in quanto ciò supporrebbe l’autonomia ontologica della terrazza e l’esistenza del diritto reale su di essa, che consenta la sua destinazione al servizio dell’appartamento stesso, in difformità dall’attribuzione ex art. 1117 c.c., laddove, a norma dell’art. 819 c.c., la destinazione al servizio pertinenziale non pregiudica i diritti dei terzi, e quindi, non può pregiudicare i diritti dei condomini sulla cosa comune. D’altro canto, la Corte di Napoli, una volta interpretata la domanda come un’azione di rivendica, in quanto fondata sull’affermazione della proprietà della terrazza di copertura in capo agli attori, e rivolta nei confronti di chi detenesse di fatto la cosa per ottenerne la restituzione, avrebbe dovuto onerare proprio gli attori di fornire la rigorosa prova piena del loro diritto esclusivo, dimostrando il loro titolo di acquisto e quello dei loro danti causa, sino ad arrivare ad un acquisto a titolo originario. All’accoglimento dei primi due motivi di ricorso consegue l’assorbimento dei restanti due motivi. La sentenza impugnata deve essere quindi cassata, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione. Il giudice di rinvio deciderà uniformandosi ai richiamati principi di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti. P.Q.M. La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo ricorso, dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.