Il diritto di soprelevazione vs l’aspetto architettonico dell’edificio

Il giudizio relativo all’impatto della sopraelevazione sull’aspetto architettonico va condotto in base alle caratteristiche stilistiche visivamente percepibili dell’immobile condominiale, verificando l’esistenza di un danno economico valutabile mediante l’indagine di fatto demandata al giudice di merito.

Lo afferma la Corte di Cassazione con ordinanza n. 16258/17 depositata il 28 giugno. Il caso. La Corte territoriale di Roma, accogliendo parte dell’appello proposto da alcuni condomini, ordinava alla proprietaria dell’attico dell’edificio condominiale la demolizione della tettoia con angolo cottura realizzata sul terrazzo, in quanto lesiva non solo del decoro architettonico della facciata principale ma anche dell’intero prospetto estetico del fabbricato. Inoltre, affermava la Corte d’appello, il manufatto era idoneo a recare pregiudizio economico al fabbricato per manomissione del decoro. Avverso tale provvedimento la proprietaria ricorre per cassazione. Diritto di sopraelevazione. Innanzitutto, gli Ermellini rilevano la disciplina dell’art. 1127 c.c. laddove prevede che il diritto di sopraelevazione del proprietario dell’ultimo piano dell’edificio sottostà ai limiti dettati dalle condizioni statiche dell’edificio che non la consentono, ovvero dall’aspetto architettonico dell’edificio stesso, oppure dalla conseguente notevole diminuzione di aria e di luce per i piani sottostanti . Aspetto architettonico e decoro architettonico. L’aspetto architettonico di cui parla l’articolo, quale limite alle sopraelevazioni, è un concetto diverso da quello di decoro architettonico che rappresenta l’immagine dell’edificio, ossia la sua sagoma esterna e visibile. Il giudizio relativo all’impatto della sopraelevazione sull’aspetto architettonico, afferma la Corte, deve condursi, esclusivamente, in base alle caratteristiche stilistiche visivamente percepibili dell’immobile condominiale e verificando l’esistenza di un danno economico valutabile mediante l’indagine di fatto demandata al giudice di merito . Il pregiudizio recato all’aspetto architettonico si traduce in una diminuzione del pregio estetico e, quinid, anche economico del fabbricato. Sulla scorta di tali motivi, relativamente al caso di specie, la Cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza 31 maggio – 28 giugno 2017, n. 16258 Presidente D’Ascola – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione Franca Bo. ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi avverso la sentenza della Corte d'Appello di Roma n. 1132/2016 dell'8 febbraio 2016. La sentenza impugnata ha accolto in parte l'appello proposto da Ma. Te. La Va., An. Sa., Ag. Al., Gu. Ma., Bi. Li., Fr. Na., Sa. Pi. e Ug. Fr., ed ha perciò ordinato a Fr. Bo. la demolizione del manufatto coperto tettoia con angolo cottura realizzato in sopraelevazione su porzione del suo terrazzo, sito al piano attico dell'edificio condominiale di via Bisogno 24, Roma, in quanto lesivo del decoro architettonico, dovendosi questo riguardare non soltanto con riferimento alla facciata principale del palazzo. La Corte di Roma ha ricavato dall'espletata CTU elementi di convincimento per concludere che la tettoia realizzata dalla Bo. fosse elemento pregiudizievole per l'estetica del prospetto dell'edificio, ben visibile dalla strada. La Corte d'appello ha ritenuto sussistente anche il pregiudizio economico subito dal fabbricato per la manomissione del suo decoro architettonico. Resistono con controricorso Ma. Te. La Va., An. Sa., Ag. Al., Gu. Ma., Bi. Li., Fr. Na., Sa. Pi. e Ug. Fr Il primo motivo di ricorso di Fr. Bo. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1120 e 1127 c.c., e dell'art. 116 c.p.c, sostenendo che la lesione del decoro architettonico debba considerarsi soltanto con riferimento alla facciata principale dell'edificio. Anche il secondo motivo di ricorso di Fr. Bo. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1120 e 1127 c.c., e dell'art. 116 c.p.c, per aver la Corte d'Appello erroneamente ritenuto sussistente un pregiudizio economico per il fabbricato. Ritenuto che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all'art. 380 bis c.p.c, in relazione all'art. 375, comma 1, n. 5 , c.p.c, su proposta del relatore, il presidente ha fissato l'adunanza della camera di consiglio. Le parti hanno presentato memorie ai sensi dell'art. 380-bis, comma 2, c.p.c. I due motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente per la loro connessione e si rivelano del tutto infondati. E' noto come l'art. 1127 c.c. sottopone il diritto di sopraelevazione del proprietario dell'ultimo piano dell'edificio ai limiti dettati dalle condizioni statiche dell'edificio che non la consentono, ovvero dall'aspetto architettonico dell'edificio stesso, oppure dalla conseguente notevole diminuzione di aria e luce per i piani sottostanti. L'aspetto architettonico, cui si riferisce l'art. 1127, comma 3, c.c., quale limite alle sopraelevazioni, sottende, peraltro, una nozione diversa da quella di decoro architettonico, contemplata dagli artt. 1120, comma 4, 1122, comma 1, e 1122-bis c.c., dovendo l'intervento edificatorio in sopraelevazione comunque rispettare lo stile del fabbricato e non rappresentare una rilevante disarmonia in rapporto al preesistente complesso, tale da pregiudicarne l'originaria fisionomia ed alterare le linee impresse dal progettista, in modo percepibile da qualunque osservatore. Il giudizio relativo all'impatto della sopraelevazione sull'aspetto architettonico dell'edificio va condotto, in ogni modo, esclusivamente in base alle caratteristiche stilistiche visivamente percepibili dell'immobile condominiale, e verificando l'esistenza di un danno economico valutabile, mediante indagine di fatto demandata al giudice del merito cfr. Cass. Sez. 2 -, Sentenza n. 23256 del 15/11/2016 Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10048 del 24/04/2013 Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2865 del 07/02/2008 Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1025 del 22/01/2004 . Non rileva decisivamente il distinguo che pone la ricorrente fra facciata principale, o meno, dell'edificio, in quanto, nell'ambito del condominio edilizio, le facciate stanno ad indicare l'insieme delle linee e delle strutture ornamentali che connotano il fabbricato, imprimendogli una fisionomia autonoma e un particolare pregio estetico. La facciata rappresenta, quindi, l'immagine stessa dell'edificio, la sua sagoma esterna e visibile, nella quale rientrano, senza differenza, sia la parte anteriore, frontale e principale, che gli altri lati dello stabile. Una volta riscontrato, poi, il pregiudizio all'aspetto architettonico, esso si traduce in una diminuzione del pregio estetico e quindi pure economico del fabbricato. Deve ancora una volta ribadirsi visto il concreto contenuto delle censure in esame, che invocano sotto certi profili a questa Corte una rivalutazione delle emergenze istruttorie, e non un controllo di legittimità che l'indagine rivolta a stabilire se in concreto ricorra il denunciato danno all'aspetto della facciata rientra nei poteri del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1297 del 07/02/1998 , se non nei limiti di cui all'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. Il ricorso va perciò rigettato e la ricorrente va condannata a rimborsare ai controricorrenti le spese del giudizio di cassazione. Sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all'art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - dell'obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione integralmente rigettata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma I-bis dello stesso art. 13.