Cortile del condominio: le quote sono da presumere uguali o devono seguire le tabelle millesimali?

A seguito di frazionamento della proprietà di un edificio deve intendersi operante la presunzione legale ex art. 1117 c.c. di comunione pro indiviso di tutte le parti destinate all’uso comune o al soddisfacimento di esigenze generali e fondamentali del condominio.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 7743/17 depositata il 24 marzo. Il caso. Un’area condominiale scoperta, messa a verde e circostante l’edificio, era oggetto di controversia tra due soggetti. Uno dei due riteneva che la proprietà di esso andasse ripartita secondo le tabelle millesimali condominiali. Ma una volta adito il giudice, otteneva una pronuncia di senso contrario la Corte d’appello di Venezia, infatti, riteneva che fosse soggetta alle regole della comunione ordinaria e che, quindi, dovesse essere suddivisa tra le due parti in quote uguali. Avverso tale pronuncia la parte soccombente ricorreva in Cassazione. La comunione pro indiviso. La Suprema Corte chiarisce la situazione prospettando la corretta qualificazione giuridica del contesto proprietario. Gli artt. 1117 e ss. c.c. dispongono che la situazione di condominio si attua sin dal momento in cui si opera il frazionamento della proprietà di un edificio . Nel caso di specie, la proprietaria unica del bene immobile aveva disposto dell’area in esame, cedendone la comproprietà alla controparte. Poiché l’atto costitutivo non aveva determinato la quota spettante a ciascuno dei due contraenti, si deve ritenere operante la presunzione legale di comunione pro indiviso , a partire dal momento in cui è stata trasferita la prima unità immobiliare suscettibile di separata utilizzazione dall’originario unico proprietario ad altro soggetto . Tale presunzione si estende a tutte le cose destinate all’uso comune o al soddisfacimento di esigenze generali e fondamentali del condominio di queste fa parte anche il cortile. Per questo motivo il ricorso viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, sentenza 27 gennaio – 24 marzo 2017, n. 7743 Presidente Manna – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione La ricorrente V.S.I. impugna, articolando due motivi di ricorso, la sentenza 2 luglio 2015, n. 1713/2015, della Corte d’Appello di Venezia, la quale ha rigettato gli appelli proposti dalla stessa V.S.I. contro le sentenze non definitiva n. 1809/2006 e definitiva n. 526/2011 del Tribunale di Venezia. La Corte di Venezia ha ritenuto che l’area scoperta messa a verde, circostante l’edificio condominiale sito in Comune di omissis , andasse soggetta alle regole della comunione ordinaria, e non al regime del condominio, e quindi dovesse essere suddivisa tra V.S.I. e S.G. presumendosi uguali le due quote, e non secondo le tabelle millesimali condominiali. La ricorrente col primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. con riferimento alla domanda di divisione dello scoperto in ragione delle quote millesimali di proprietà sul fabbricato. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1117, 1118 e 1362 c.c. con riferimento alla proprietà dello scoperto in ragione alle quote millesimali ed all’esclusione del trasferimento di quota millesimale indivisa con il titolo di proprietà di S.G. . Resiste con controricorso S.G. , mentre rimangono intimati senza svolgere attività difensive S.M. e D.P.L. . Ritenuto che il ricorso proposto da V.S.I. potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente definibilità del ricorso nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375, comma 1, n. 5 , c.p.c., su proposta del relatore, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio. La ricorrente ha presentato memoria ai sensi dell’art. 380- bis , comma 2, c.p.c È evidente che non costituisce domanda nuova, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., la prospettazione in appello di una qualificazione giuridica del contesto proprietario in termini di condominio edilizio anziché di comunione ordinaria, trattandosi di ricostruzione basata sui medesimi fatti. Vero è, tuttavia, che la situazione di condominio, regolata dagli artt. 1117 e seguenti del Codice Civile, si attua sin dal momento in cui si opera il frazionamento della proprietà di un edificio, a seguito del trasferimento della prima unità immobiliare suscettibile di separata utilizzazione dall’originario unico proprietario ad altro soggetto. Secondo le emergenze documentali di giudizio invocate dalla stessa ricorrente, il Condominio omissis , deve intendersi sorto con l’atto di frazionamento dell’iniziale unica proprietà di V.S.I. mediante alienazione, per atto del 27 luglio 1973, dell’unità immobiliare al secondo piano a S.M. e D.P.L. . Originatasi a tale data la situazione di condominio edilizio, dallo stesso momento doveva intendersi operante la presunzione legale ex art. 1117 c.c. di comunione pro indiviso di tutte quelle parti del complesso che, per ubicazione e struttura, fossero - in tale momento costitutivo del condominio - destinate all’uso comune o a soddisfare esigenze generali e fondamentali del condominio stesso Cass. Sez. 2, Sentenza n. 26766 del 18/12/2014 . Va detto che il cortile fa parte delle cose comuni di cui all’art. 1117 c.c., per tale intendendosi qualsiasi area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di un edificio o di più edifici, che serve a dare luce e aria agli ambienti circostanti, ma anche comprensivo dei vari spazi liberi disposti esternamente alle facciate degli edifici - quali gli spazi verdi, le zone di rispetto, le intercapedini, i parcheggi - sebbene non menzionati espressamente nell’art. 1117 c.c. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7889 del 09/06/2000 . Tuttavia, dal titolo del 27 luglio 1973 risultava, in contrario, una chiara ed univoca volontà di riservare esclusivamente alla venditrice V.S.I. la proprietà dello scoperto. La negazione della condominialità dell’area scoperta risale, quindi, irreversibilmente al momento costitutivo del condominio stesso. Ne consegue che, nel caso in esame 1 essendo sorto ipso iure et facto il condominio omissis al momento dell’atto del 27 luglio 1973, quando l’originaria unica proprietaria V.S.I. ebbe ad alienare a terzi la prima unità immobiliare suscettibile di utilizzazione autonoma e separata 2 ed essendosi la medesima venditrice, in quello stesso momento, riservata la qualità di proprietaria esclusiva dell’area scoperta 3 V.S.I. ha poi disposto della stessa area scoperta come proprietaria unica di detto bene con la compravendita del 17 marzo 1981, la quale comprendeva nella comproprietà ceduta a S.G. anche lo scoperto. Non avendo tale atto costitutivo della comproprietà sull’area scoperta determinato la quota spettante a ciascuno dei due comproprietari sulla cosa comune, opera in questa ipotesi la presunzione di pari entità delle quote dei partecipanti alla comunione, fissata dall’art. 1101, comma 1, c.c Il ricorso va perciò rigettato e le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, vengono regolate secondo soccombenza in favore del solo controricorrente S.G. , non avendo svolto attività difensive gli altri due intimati S.M. e D.P.L. . Sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 4.300,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1- quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. I, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13.