Chi intende modificare le tabelle millesimali deve provarne l’opportunità o necessità

Quando un condomino si vede raddoppiare le quote di millesimali e, per di più deve anche dimostrarne l’illogicità o inopportunità, si trova senza dubbio in una posizione scomoda. La Corte di Cassazione giunge in aiuto, specificando qual è il soggetto su cui grava l’onere della prova.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 25790/16 depositata il 14 dicembre. Il caso. I proprietari di due botteghe, facenti parte di un condominio, impugnavano davanti al Tribunale la delibera che era stata adottata dall’assemblea, poiché questa approvava delle nuove tabelle millesimali a modifica delle precedenti e, a loro dire, lo faceva senza alcuna ragione e dunque nella carenza dei presupposti indicati dall’art. 69 disp. att. c.c. . Il condominio convenuto, invece, replicava che la modificazione era stata adottata per andare ad ovviare alle anomalie che proprio le vecchie tabelle comportavano e che, per di più, esse erano state elaborate da professionisti, il che escludeva l’ illogicità” lamentata dalla controparte. I primi due gradi di giudizio di merito davano ragione al condominio, rilevando come le doglianze degli appellanti fossero sfornite di prove atte a dimostrare la violazione della disposizione di legge summenzionata stesso discorso per quanto atteneva alla dedotta erroneità delle tabelle. I commercianti, dunque, ricorrevano per la cassazione della sentenza di appello. L’onere della prova è di chi ha adottato la delibera . Unico motivo di ricorso è la violazione e falsa applicazione dell’art. 69 disp. att. c.c. nella formulazione vigente ratione temporis , dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., a proposito dell’onere della prova. Su quest’ultimo punto, la Corte d’appello veniva rimproverata di aver invertito l’onere di dimostrare l’effettiva necessità di modificare le vecchie tabelle, il quale doveva ricadere sul condominio, dando conto della loro asserita erroneità o illogicità. Nel caso di specie invece i proprietari lamentavano di essersi trovati a dover fornire una probatio diabolica , consistente in fatti per lo più negativi. La formulazione risalente dell’art. 69 precedentemente citato stabilisce che le tabelle possono essere modificate quando risulta che sono conseguenza di un errore , oppure per le mutate condizioni di una parte dell’edificio , le quali comportano la variazione del rapporto originariamente esistente tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano. Secondo la Corte di Cassazione, logica conseguenza di ciò è il fatto che la prova della sussistenza delle condizioni che legittimano la modifica incombe su chi intende modificare le tabelle, quanto meno con riferimento agli errori oggettivamente verificabili . Per questi motivi, la Suprema Corte cassa la sentenza con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 12 ottobre – 14 dicembre 2016, n. 25790 Presidente Migliucci – Relatore Orilia Ritenuto in fatto 1 Con ricorso 15 ottobre 2010, M. e S.C., M.V. e O.G., proprietari di alcune botteghe facenti parte del Condominio Speranza sito in Villa S. Agata alla via Consolare Pompea 114, impugnarono davanti al Tribunale di Messina la delibera adottata dall'assemblea in data 30.7.2010, assumendo che con essa erano state approvate le nuove tabelle millesimali a modifica di quelle precedenti senza alcuna ragione e dunque nella carenza dei presupposti indicati dall'art. 69 disp. att. cc . Ne rilevarono comunque l'erroneità per essere stati utilizzati parametri di riferimento attuali e coefficienti arbitrari. Costituendosi in giudizio, il Condominio si oppose alla domanda replicando che la modificazione delle tabelle, sollecitata da quasi tutti i condomini, si era resa necessaria per eliminare le anomalie di quelle precedenti, i cui valori erano in contrasto con ogni logica. Precisò inoltre che le tabelle erano state correttamente elaborate dal professionista incaricato, previa verifica sui luoghi, risultando i parametri adottati molto vicini ai valori minimi previsti dalle tabelle di riferimento. 2 Il Tribunale adito, con sentenza 2.4.2013, rigettò la domanda e tale decisione è stata confermata dalla Corte d'Appello di Messina che, con sentenza 25.11.2014, ha respinto il gravame proposto dai soccombenti rilevando, per quanto ancora interessa in questa sede - che le doglianze degli appellanti risultavano sfornite di prova perché non era stata dimostrata la violazione dell'art. 69 disp. att. cc nel testo previgente applicabile alla fattispecie ratione temporis e l'avvenuta approvazione delle nuove previsioni in assenza delle condizioni di legge - che parimenti la dedotta erroneità delle nuove tabelle non risultava supportata a alcun elemento di prova perché le censure risultavano generiche per mancata indicazione dei parametri da applicare e per mancanza di precisazioni sulla dedotta arbitrarietà e discrezionalità dei coefficienti utilizzati dal tecnico - che la censura sulla omessa misurazione delle unità immobiliari trovava smentita nei chiarimenti resi dal tecnico sulla determinazione dei valori effettuata sulla scorta delle planimetrie catastali previa verifica della correttezza delle misure direttamente sui luoghi. 3 Per la cassazione di questa sentenza, hanno proposto ricorso i C. e il G. sulla base di un unico motivo a cui resiste il Condominio con controricorso. Considerato in diritto I condomini ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cc, 69 disp. art. cc e 115 cod. proc. civ. rimproverando alla Corte d'Appello di avere sovvertito l'onere probatorio sulla sussistenza delle condizioni che giustificano la revisione delle tabelle. Ritengono che fosse preciso onere del Condominio dimostrare che le vecchie tabelle erano inficiate da errori, o che vi fosse stata l'alterazione del rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano, non potendosi addossare ai ricorrenti una probatio diabolica, cioè la dimostrazione di fatti negativi, come invece ha erroneamente ritenuto la Corte d'Appello. Ribadiscono di avere interesse alla censura, posto che le nuove tabelle hanno comportato un raddoppio delle rispettive quote millesimali. Criticano infine i parametri utilizzati dall'ng. Galli nella redazione delle nuove tabelle. Il ricorso è fondato. L'articolo 69 delle norme di attuazione del codice civile, nella versione vigente ratione temporis, stabilisce che i valori proporzionali dei vari piani o porzioni di piano possono essere riveduti o modificati, anche nell'interesse di un solo condomino, nei seguenti casi 1 quando risulta che sono conseguenza di un errore 2 quando, per le mutate condizioni di una parte dell'edificio, in conseguenza della sopraelevazione di nuovi piani, di espropriazione parziale o di innovazioni di vasta portata, è notevolmente alterato il rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano . La chiara formulazione della disposizione sta a significare che il diritto di chiedere la revisione delle tabelle millesimali è condizionato dall'esistenza di uno o di entrambi i presupposti indicati 1- errore 2- alterazione del rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano . Logico corollario è che, in base alla regola generale dell'onere probatorio art. 2697 cc , la prova della sussistenza delle condizioni che legittimano la modifica incombe su chi intende modificare le tabelle, quanto meno con riferimento agli errori oggettivamente verificabili v. Sez. 2, Sentenza n. 21950 del 25/09/2013 Rv. 629207 . La Corte d'Appello di Messina si è però discostata da tale principio perché - esonerando del tutto il Condominio che aveva deliberato la revisione - ha addossato ai condomini la prova di fatti negativi e cioè mancanza di errori nelle precedenti tabelle o assenza di alterazione del rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano mentre invece, a fronte della contestazione sulla legittimità della revisione, avrebbe dovuto fare onere al Condominio che aveva deliberato la revisione di dimostrare la sussistenza delle condizioni che la giustificavano. La sentenza deve pertanto essere cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Messina che nell'attenersi al principio generale dell'onere della prova come sopra enunciato, accerterà se in concreto sussistevano le condizioni previste dall'art. 69 norme att. cc, provvedendo, all'esito, alla regolamentazione delle spese del presente giudizio P.Q.M. accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte d'Appello di Messina.