“Trasversalmente” illecita l’opera sulla parte comune senza autorizzazione

In tema di proprietà e comunione, e quindi di condominio negli edifici, il proprietario ha il diritto di effettuare opere di ristrutturazione del proprio immobile egli è tenuto, però, a rispettare la normativa codicistica generale e la legislazione speciale in materia di barriere architettoniche. E’, quindi, legittima, e va pertanto confermata, la sentenza di merito con cui, accertata la mancanza di previa autorizzazione all’intervento sul ballatoio condominiale, venga disposto il ripristino dello status quo ante.

Il principio si argomenta dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 23889, decisa il depositata il 23 novembre 2016. Il caso. Un soggetto, proprietario di un immobile posto in un condominio, effettuava alcuni lavori di ristrutturazione del proprio appartamento, restringendo a 80cm la larghezza dell’accesso al ballatoio condominiale, senza autorizzazione degli altri condomini così, un altro condomino, proprietario di altra unità immobiliare, ricorreva in giudizio, ottenendo la condanna alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi comuni. Lo ius domini tra norme privatistiche e principi erga omnes la potestas commune. In primis , vanno richiamati gli artt. 2, 3, 24, 42, 97, 111 e 117 Cost., 832 e 1117 c.c All’uopo, necessita focalizzare sul concetto di diritto, obbligo, illecito e responsabilità. Prima facie , si potrebbe pensare ad una sorta di efficacia, sine conditio , del diritto di proprietà, anche nei rapporti con altri diritti di proprietà. In realtà, sotto il profilo sostanziale, tre le osservazioni da effettuare. La prima sulla natura giuridica, civilistica, del ballatoio e, precisamente, di parte comune. La seconda sul presupposto giuridico per poter effettuare opere su una o più parti comuni e, cioè, l’autorizzazione condominiale ad hoc , con onere di richiesta a carico del singolo soggetto agente la mancanza di quest’ultima si qualifica in termini di omissione da parte del medesimo. La terza sulla lesività della riduzione a 80cm della larghezza dell’accesso al ballatoio in quanto causa, di fatto, di impossibilità d’uso del medesimo ovvero di esercizio del diritto di transito, anche da parte delle persone diversamente abili DD.LL.PP. 16-06-1989 n. 236 . Infine, sul piano procedurale, va ricordato che, in sede di legittimità, i motivi del gravame devono essere specifici, completi e riferibili alla decisione impugnata va, cioè, individuato, esattamente e chiaramente, il capo della pronuncia, esponendo le ragioni sulla presunta violazione di norme o di principi di diritto ovvero sulla presunta carenza di motivazione Cass. n. 20652/09 e dunque precisando le questioni sottoposte alla Cassazione Cass. SS.UU. n. 23019/07 segnatamente, la violazione o falsa applicazione di norme di legge ed il vizio di motivazione, costituendo rispettivamente error in procedendo ed error in iudicando e dunque motivi eterogenei ed incompatibili, non possono essere mescolati e sovrapposti in un unico motivo indistinto, a pena d’inammissibilità del ricorso e ciò per violazione dei principi di terzietà, contraddittorio e giusto processo Cass. n. 19443/11 . De iure condito , la ristrutturazione della propria unità immobiliare non consente di estendere, ex se , le opere sulle parti comuni. Rebus sic stantibus , sono irrilevanti il numero delle opere effettuate e le dimensioni delle stesse altresì, sono indifferenti la qualità e la quantità delle parti comuni toccate” dall’opera del singolo condomino. La natura giuridica del bene individua” le possibilità” del singolo soggetto condomino. In ambito di rapporti tra privati, il diritto del proprietario, in sede di godimento della propria res , è condizionato ai limiti ed all’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico, generale e speciale ciò, particolarmente, in caso di parti comuni di un condominio ed a tutela delle altrui proprietà e situazioni giuridiche soggettive sui generis App. Trento n. 20/14 e Trib. Bolzano n. 170/05 . Ergo, il ricorso va respinto.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 7 luglio – 23 novembre 2016, n. 23889 Presidente Bianchini – Relatore Oricchio Considerato in fatto C.C.T. , quale proprietaria di unità immobiliare sita nel Condominio omissis conveniva nel 1998 in giudizio innanzi al Tribunale di quella Città M.M.I. . L’attrice chiedeva la condanna della convenuta alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi relativamente alle parti comuni che erano state inglobate dalla stessa, senza autorizzazione dei condomini, in occasione dei lavori di ristrutturazione del di lei alloggio. Il Tribunale di Bolzano, con sentenza n. 170/2005, accoglieva la domanda attorea di rimessione in pristino. L’originaria convenuta proponeva appello sostenendo la tesi della esiguità della porzione occupata. La Corte di Appello di Trento - Sezione Distaccata di Bolzano rigettava il proposto appello. A seguito di ricorso della M. questa Corte, con sentenza n. 28025/2011, cassava la gravata decisione della Corte territoriale. Riassunto il giudizio, la Corte di Appello di Trento, decidendo in sede di rinvio, confermava la sentenza n. 170/2005 del Tribunale di Bolzano. Per la cassazione di tale ultima decisione ricorrono M.I. e K. con atto affidato a due ordini di motivi. Non hanno svolto attività difensiva le parti intimate. Ritenuto in diritto 1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di violazione e/o falsa applicazione dell’art. 101, comma 2 c.p.c. nonché violazione delle regole del giusto processo ex artt. 24 e 111 Cost. e nullità della sentenza ex art. 360, n. 4 c.p.c. . Parte ricorrente svolge, promiscuamente, una serie di censure multiple di varia natura. Viene invocata direttamente, in modo improprio, la violazione di norme di rango costituzionale senza apparente diretta connessione a norme sostanziali o processuali. In ogni caso il nucleo della svolta censura attiene alla pretesa erroneità della gravata decisione in punto di indagine sulla esistenza o meno di pregiudizio in relazione all’esercizio del diritto di transito sulle cose comuni , anche alla stregua di quanto statuito da questa Corte con la precedete sentenza n. 28025/2011 e di quanto risultante dalle risultanze peritali. La censura, quanto a tale precipuo punto, non può essere accolta. La citata pregressa decisione di questa Corte non aveva escluso in toto il pregiudizio conseguente alle opere realizzate dalla parte odierna parte ricorrente, ma si era limitata al rinvio alla Corte territoriale al fine dell’accertamento del carattere pregiudizievole delle stesse. Legittimamente e correttamente la decisione oggi gravata innanzi a questa Corte ha svolto adeguata valutazione del detto carattere pregiudizievole. Tanto a mezzo della propria valutazione delle risultanze di causa, costituenti elemento proprio del giudizio di merito, nonché considerando anche la normativa in materia di abbattimento delle barriere architettoniche. Invero appare corretto, quanto alla inammissibile e comunque infondata la svolta censura che attinge al merito, in considerazione dei due già accennati elementi e profili. Innanzitutto il restringimento attraverso l’utilizzo di una parte del bene comune ha comportato una impossibilità di uso del ballatoio secondo la naturale destinazione dello stesso. In secondo luogo ed anche in senso contrario alla relazione peritale il restringimento ad 80 cm. della larghezza dell’accesso al detto ballatoio sarebbe comunque inferiore a quanto normativamente previsto e quindi inidoneo per il passaggio di persone diversamente abili DD.LL.PP. 16 giugno 1989, n. 236 . Il motivo va, dunque, respinto. 2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c., dell’art. 111 Cost., comma 6 e nullità della sentenza ex art. 360 n. 4 c.p.c. . Viene altresì dedotta, nel contesto del medesimo secondo motivo, la motivazione apparente della gravata decisione. Il motivo è del tutto inammissibile. Lo è quando pretende a seguito della riforma del 2012 e della scomparsa del controllo sulla motivazione con riferimento al parametro della sufficienza un improprio e non previsto controllo sulla coerenza della motivazione . Lo è, ancor di più, in ragione del modo in cui il motivo - nel suo innegabile complesso - risulta articolato nello svolgimento di censure promiscue e multiple. AI riguardo non può che rinviarsi a nota e condivisa giurisprudenza di questa Corte, che ha già affermato come, in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dai numeri 3 e 5 del primo comma dell’art. 360 c.p.c., non essendo consentita la prospettazione di questione sotto profili incompatibili quali quelli della violazione o falsa applicazione di norma di legge e del vizio di motivazione Cass. civ. Sez. Prima, Sent. 23 settembre 2011, n. 19443 . Tanto anche in dipendenza del generale principio, secondo il quale il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, il che comporta la necessità dell’esatta individuazione del capo di pronunzia impugnata e dell’esposizione di ragioni che illustrino in modo intellegibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto ovvero le carenze della motivazione Cass. civ., sez. 111, 25 settembre 2009, n. 20652 di miche comunque è necessario che dal testo del ricorso si evincano con sufficiente chiarezza le questioni sottoposte al Giudice di legittimità Cass. civ., SS.UU. 31 ottobre 2007, n. 23019 . Alla stregua di tali esposti orientamenti va enunciato il principio secondo cui così come nella fattispecie in esame la deduzione in un unico motivo, concretamente utilizzato come contenitore indistinto, di errores in procedendo ed errores in indicando ovvero di violazione di legge e di carenza motivazionale obbliga la Corte Suprema , per dare corpo e concretezza al non rispettato obbligo di specificità dei motivi, ad uno sforzo esegetico ed interpretativo indebito e contra legem. Tale attività è imposta, quale onere in defettibile di ammissibilità del ricorso, al ricorrente e non assolutamente essere richiesta, in via suppletoria alla Corte Suprema , né può essere da questa stessa affrontata poiché un tale modo di risoluzione della carenza del ricorso si porrebbe in aperta violazione dei principi costituzionali di terzietà del giudice, del legittimo contraddittorio e del giusto processo . Il motivo è, pertanto, inammissibile. 3.- Alla stregua di quanto innanzi esposto, affermato e ritenuto, il ricorso deve essere rigettato. 4.- Va dato atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13 del D.P.R. n. 115 2002. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.