Per evitare la prescrizione attenzione a quando è avvenuto il primo acquisto

La prescrizione per non uso decorre dalla data dell’ultimo acquisto e non da quella di costruzione dell’edificio.

Questo il principio di diritto espresso, sulla scorta di precedenti pronunce di identico tenore, dall’ordinanza n. 22561/16 della Corte di Cassazione. La vicenda. La questione giunta al vaglio della Suprema corte, piuttosto complessa più che altro da un punto di vista procedurale, riguardava la asserita prescrizione per mancato utilizzo di un area destinata a parcheggio. In sostanza, si sosteneva la avvenuta prescrizione della suddetta area in quanto non ne era avvenuto lo sfruttamento come area a parcheggio da parte di chi avrebbe potuto far valere il corrispondente diritto . Oggetto della controversia, pertanto, era il diritto reale d’uso sull’area di parcheggio condominiale pertinente alle unità immobiliari acquistate dai ricorrenti diritto contestato dai resistenti che appunto ne affermavano la avvenuta prescrizione per mancato utilizzo ultra ventennale. La prescrizione inizia a decorrere da quando il primo titolare può far valere il diritto. I ricorrenti, in particolare, sostenevano che la prescrizione in loro sfavore per mancato utilizzo non si sarebbe verificata in quanto andava conteggiata dal momento del loro acquisto e non dalla costruzione dell’immobile. Al contrario, la cassazione nel decidere rilevava come la tesi suddetta fosse errata in quanto il non uso comincia in occasione del primo atto di vendita dell’immobile dal costruttore ad un acquirente dell’unità abitativa che avrebbe diritto ad ottenere l’area di parcheggio e che omette di fa valere tale diritto . Chi subentra in un diritto subentra nella stessa posizione del suo dante causa. Il primo acquirente, osserva ancora la Corte, non può trasmettere ai suoi aventi causa un diritto maggiore di quello acquistato . Il che in altre parole significa che il nuovo acquirente subentra nella identica posizione di diritto, anche in punto decorso della prescrizione, del suo dante causa.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile 2, ordinanza 10 maggio 7 novembre 2016, n. 22561 Presidente Petitti Relatore D’Ascola Fatto e diritto 1 Oggetto della controversia è il diritto reale d’uso sull’area di parcheggio condominiale pertinente alle unità immobiliari acquistate dai ricorrenti e da altri attori che non hanno coltivato il giudizio nei gradi di impugnazione nell’edificio sito in omissis . 2 Oggetto del ricorso per revocazione è l’ordinanza n. 1531 del 2015 della Sesta Sezione civile con la quale è stato respinto il ricorso proposto dai sigg. G. - S. - M. avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo n. 306 del 1 marzo 2012. Sono stati depositati tre controricorsi due redatti dall’avv. G. rispettivamente a per le signore B.E. , P. e M.A. b per i sigg. G.G. , I.G. , I.P.R. uno redatto dall’avv. B. in difesa di B.A. . Gli altri eredi di B.S. non hanno svolto attività difensiva. Il giudice relatore ha depositato relazione preliminare ex art. 380 bis c.p.c Parte ricorrente ha trasmesso a mezzo posta memoria che pervenuta tardivamente il 9 maggio 2016, cioè il giorno prima dell’udienza e di cui non si può quindi tener conto Cass. 182/11 7704/16 . 2.1 L’errore di fatto che nel ricorso ex art. 391 bis c.p.c. viene attribuito all’ordinanza è di aver ignorato la memoria depositata ex art. 380 bis in vista dell’adunanza del 13 novembre 2014 parte ricorrente ipotizza che non sia stata inserita nel fascicolo del relatore. 3 Ciò avrebbe indotto il Collegio a confermare il contenuto della relazione preliminare e ad affermare che le parti ricorrenti non avevano depositato memorie oppositive , né svolto discussione orale dalle quali potessero trarsi argomentazioni in contrario . 4 Parte resistente controdeduce che tale frase della relazione non significa che sia stato ignorato l’avvenuto deposito, ma solo che la memoria sia stata ritenuta priva di argomentazioni contrarie a quelle esposte nella relazione. 5 Il ricorso sostiene a che il contenuto della memoria sarebbe stato decisivo, perché parte ricorrente, pur condividendo la tesi della relazione preliminare secondo la quale il diritto reale si prescrive per non uso, aveva dedotto che il corso della prescrizione non decorreva dalla epoca di costruzione dell’immobile, ma dalla data dell’acquisto dell’unità immobiliare. b che la relazione, se avesse esaminato la memoria, avrebbe dovuto prendere atto della questione relativa all’onere della prova dell’eccezione, che avrebbe dovuto essere assolto dai convenuti eccipienti, questione sollevata nel giudizio di merito e che avrebbe comunque portato all’accoglimento della domanda svolta dai ricorrenti nel 2000, atteso che le unità immobiliari erano state acquistate dal sig. G. nel 1996 e dai coniugi S. nel 1989, non essendo maturata la prescrizione ventennale. 6 I resistenti, oltre quanto rilevato sub 4 , contestano che ci si trovi nel perimetro della revocazione per errore di fatto sostengono che la Corte di Cassazione aveva solo precisato che il non uso del diritto doveva essere riqualificato come forma di prescrizione del diritto reale e non come forma di usucapio libertatis . 7 Aggiungono che in ogni caso il decorso della prescrizione coinciderebbe con il primo atto di trasferimento e non ricomincerebbe a decorrere ad ogni nuovo passaggio, poiché l’acquirente subentra nei diritti acquistati dal precedente proprietario. Rilevano quindi che l’immobile G. era stato acquistato nel 1979 dal precedente proprietario e l’immobile S. nell’agosto 1980, essendo così maturata la prescrizione ventennale all’inizio della causa nell’ottobre 2000. 8 Il relatore dell’odierno giudizio per revocazione ha rilevato nella relazione preliminare che la revocazione per mancato esame della memoria è ipotesi limite di errore sul fatto, poiché la memoria è destinata solo ad illustrare le difese già svolte negli atti introduttivi del giudizio di legittimità, senza nulla poter aggiungere in punto di fatto. È quindi indispensabile che la parte ricorrente non solo dimostri l’omesso esame dello scritto difensivo, ma anche che tale scritto sarebbe stato immancabilmente decisivo, perché avrebbe dovuto necessariamente portare a una decisione diversa. Dovrebbe quindi risultare nella decisione resa dalla Cassazione un’insanabile illogicità o incongruenza con un elemento di fatto evidenziato nella memoria, in ipotesi per neutralizzare un rilievo imprevedibilmente sollevato dal giudice con la relazione preliminare o dedotto in controricorso. Un esempio di revocazione dipeso da omesso esame di una memoria depositata ex art. 378 si rinviene in Cass. 15608/15 e riguarda la pretermissione, da parte della Corte di cassazione, di una doglianza di giudicato esterno fondata su una sentenza di legittimità intervenuta dopo la proposizione del ricorso, questione oggetto di specifica eccezione proposta nella memoria depositata ex art. 378 cod. proc. civ. v. SU 13916/06 e non presa in considerazione nella disamina del ricorso. 9 Nella specie non si ravvisa questo elemento innovativo decisivo, e legittimamente introdotto con la memoria, che avrebbe dovuto portare necessariamente a soluzione diversa. Consta infatti che in ricorso parte acquirente G. S. aveva sostenuto che la prescrizione avrebbe potuto decorrere soltanto dalla data della pronuncia giudiziale di nullità della clausola di riserva delle aree di parcheggio pag. 23 e 24 ricorso . 9.1 Parte ricorrente confutava l’opposta tesi di parte venditrice, secondo la quale - stando al riassunto che il ricorso per cassazione del 2013 faceva a pag. 20 - il decorso della prescrizione aveva avuto inizio tra il 1970 e il 1973, cioè subito dopo la costruzione dell’edificio. 10 L’ordinanza del 2015 ha prima riqualificato la errata tesi di una sorta di usucapio libertatis , interpretando la sentenza di appello come sentenza che aveva sancito la prescrizione per non uso. Ha quindi ritenuto che la Corte di appello avesse valorizzato il fatto che era mancato lo sfruttamento come area a parcheggio da parte di chi avrebbe potuto far valere il corrispondente diritto. E ha ricordato che la prescrittibilità del diritto in questione per non uso era stata riconosciuta da precedenti sentenze. Sulla base di tali premesse ha smentito, nel paragrafo IIIb, la tesi, invero priva di ogni pregio, secondo cui il diritto di conseguire l’area di parcheggio si inizia a prescrivere solo dopo il suo accertamento giudiziale e non ex lege . 11 Negata questa tesi, che costituiva la critica portata dal ricorso, la Corte di Cassazione non era tenuta a rispondere ai rilievi vecchi e nuovi sollevati in memoria. 12 Alla vecchia tesi, ribadita in memoria da pag. 3 penultimo capoverso a pag. 5, non era necessario rispondere, perché non adduceva niente di giuridicamente significativo e comunque non viene ripresa nel ricorso per revocazione. 13 I rilievi in memoria deducevano, a pag. 2 e 3 prima parte a che la eccezione di prescrizione avrebbe dovuto essere rigettata per difetto di prova da parte dei venditori convenuti b che il giudice di merito avrebbe dovuto rilevare che le unità immobiliari erano state acquistate nel 1989 e 1996 e che quindi la prescrizione nel 2000 non era maturata. 14 Questi rilievi non avrebbero potuto portare a diversa decisione. Quello sub a introduceva infatti una nuova questione relativa all’onere della prova della prescrizione decorrente dalla data dell’acquisto, censura che avrebbe dovuto essere esposta in ricorso nel 2013, dovendosi negare la prescrizione sotto ogni profilo. L’argomentazione svolta in memoria a pagg. 2 e 3 si nutriva di una pronuncia della Suprema Corte 1214/12 , secondo la quale la prescrizione decorre dalla data della prima compravendita dell’unità immobiliare dal costruttore a un condomino, data da dimostrare a cura dell’eccipiente. Detta tesi non era oggetto del ricorso per cassazione notificato nell’aprile 2013, ditalché non poteva essere introdotta in memoria, costituendo sostanzialmente un nuovo specifico motivo di ricorso. Essa infatti introduceva una nuova questione la data della prima vendita e l’onere della prova di essa che non era stata oggetto di esame né oggetto della pronuncia impugnata e quindi del meccanismo impugnatorio indispensabile perché la Corte di cassazione potesse esaminarla. 14.1 Il rilievo sub b della memoria, oltre ad essere censura connessa alla prima, e quindi con essa inammissibile, non avrebbe avuto successo perché sostiene una tesi, riproposta con il ricorso per revocazione, comunque infondata. Afferma cioè che la prescrizione per non uso decorre dalla data dell’ultimo acquisto, quello degli attori. 15 Questa tesi è errata, perché il non uso comincia in occasione del primo atto di vendita dell’immobile dal costruttore ad un acquirente dell’unità abitativa, che avrebbe diritto ad ottenere l’area di parcheggio e che omette di far valere tale diritto. Questi non può trasmettere ai suoi aventi causa un diritto maggiore di quello acquistato, sicché le date eventualmente da considerare sarebbero state quelle di cui si è detto al punto 7 nel riassumere le tesi dei resistenti in questo giudizio, tesi non sviluppate dalle parti nel corso del giudizio chiusosi con l’ordinanza 1531/15. 16 La Corte di Cassazione in tale provvedimento non ha preso in esame questi profili perché superflui, essendo tenuta non a dare una risposta in chiave ricostruttiva o teorica, ma solo ad accogliere o disattendere la critica portata alla sentenza con il ricorso degli acquirenti, critica che era articolata su tesi riassunta sub 9 e 10 palesemente infondata. Ne discende che per tutte le ragioni svolte il ricorso per revocazione va respinto perché non si verifica l’ipotesi dell’errore di fatto decisivo ex art. 395 n. 4. Segue la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo, avendo riguardo a unitaria liquidazione in favore degli assistiti dall’avv. G. e separata per B.A. . Va rilevato che la relazione preliminare non è stata comunicata al difensore di quest’ultima per svista di cancelleria, ma è superfluo ogni provvedimento di perfezionamento del contraddittorio, atteso l’esito ad essa favorevole del giudizio cfr SU 6826/10 23542/15 Cass. 15106/13 690/12 . P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla refusione ai resistenti delle spese di lite liquidate quanto ai difesi dall’avv. G. in Euro 4.000 per compenso, 200 per esborsi, oltre accessori di legge per la parte difesa da avv. B. in Euro 2.500 per compenso, 200 per esborsi, oltre accessori di legge.