L’assemblea condominiale può modificare il riparto delle spese statuite dal codice civile solo all’unanimità

L’art. 1126 c.c. stabilisce che le spese di manutenzione, ordinaria e straordinaria, delle terrazze che servano di copertura ai piani sottostanti debbono essere poste per un terzo a chi ne abbia l’uso esclusivo e due terzi a carico dei proprietari delle unità abitative sottostanti.

L’assemblea può modificare il criterio previsto dalla legge unicamente con deliberazione all’unanimità e, inoltre, deve contenere l’espressa volontà dei condomini di stipulare un negozio dispositivo dei loro diritti in tal senso. La fattispecie. Nel caso in esame un condomino aveva proposto opposizione nei confronti dell’ingiunzione di pagamento ottenuta dal Condominio in quanto, a dire dell’opponente, la ripartizione delle spese avrebbe dovuto essere effettuata in base all’art. 1126 c.c. invece che utilizzando le tabelle millesimali. Ciò in quanto le menzionate spese avevano ad oggetto i lavori di manutenzione di una terrazza che fungeva anche da copertura per i piani sottostanti. Tesi accolta dal Giudice di merito e che, poi, è giunta al vaglio del Supremo Collegio. Ripartizione delle spese per la manutenzione dei terrazzi. Ai sensi dell’art. 1126 c.c. le spese di manutenzione, ordinaria e straordinaria, e di rifacimento dei terrazzi che fungono da copertura ai piani sottostanti debbono essere ripartite per la misura di un terzo a chi ne ha l’uso esclusivo e due terzi ai proprietari dei piani sottostanti. Per converso rimangono a carico delle proprietà esclusive le spese dirette al miglior godimento delle unità immobiliari di cui le terrazze siano il prolungamento. Derogabilità della norma. La giurisprudenza asserisce che il criterio di cui al menzionato articolo codicistico non è compreso tra le disposizioni inderogabili d cui all’ultimo comma dell’art. 1138 c.c Tuttavia l’assemblea, al fine di derogare al criterio di riparto delle spese previsto dal codice civile, non solo deve votare all’unanimità ma nel verbale deve essere manifesta, da parte dei condomini, l’espressa volontà di stipulare un negozio dispositivo dei loro diritti in tal senso. Nullità della delibera. Nel difetto la delibera dell’assemblea deve considerarsi nulla, e non meramente annullabile, e tale vizio può essere fatto valere anche dal condomino che abbia espresso voto favorevole alla deliberazione stessa. D’altronde la regola che chi ha concorso a dare causa alla nullità non può farla valere non opera nel diritto sostanziale.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 18 febbraio – 23 marzo 2016, n. 5814 Presidente Matera – Relatore Picaroni Ritenuto in fatto 1. - È impugnata la sentenza del Tribunale di Venezia, depositata il 24 febbraio 2011, che ha accolto l’appello principale proposto da T.T. e rigettato l’appello incidentale proposto da D.C.F. e V.F. avverso la sentenza del Giudice di pace di Venezia. 1.1. - Il giudizio di primo grado era stato introdotto da T.T. per opporsi al decreto ingiuntivo con il quale le era stato intimato il pagamento di euro 108,17 a titolo di quota-parte dei lavori di impermeabilizzazione del tetto condominiale, ad uso esclusivo dei ricorrenti sigg. D.C. -V. . Il Giudice di pace, previa affermazione della propria competenza per valore, e richiamato l’esito della CTU - da cui era emerso che i lavori effettuati erano necessari, di natura strutturale e che la spesa sostenuta era congrua - aveva deciso secondo equità applicando l’art. 1123 cod. civ. e rigettato l’opposizione. 2. - Il Tribunale, adito da entrambe le parti come già evidenziato, preliminarmente aveva rigettato l’eccezione di inammissibilità dell’appello, ritenendo che doveva ritenersi sussistente la competenza del giudice di pace, in base al criterio residuale del valore della causa, non essendo prevista la competenza per materia del Tribunale, e che la sentenza - emessa ai sensi dell’art. 113, secondo comma, cod. proc. civ. - fosse comunque appellabile, in quanto era stato dedotta la violazione delle norme sulla competenza e il difetto assoluto di motivazione, e tali vizi rientravano nell’elencazione tassativa di cui all’art. 339, terzo comma, cod. proc. civ 2.1. - Nel merito, il Tribunale riteneva applicabile alla fattispecie l’art. 1126 cod. civ., previa esclusione della opponibilità all’appellante delle tabelle millesimali che derogavano al criterio di ripartizione delle spese previsto dalla norma citata. 3. - Per la cassazione della sentenza d’appello hanno proposto ricorso D.C.F. e V.F. , sulla base di quattro motivi. Resiste con controricorso T.T. . I ricorrenti hanno depositato memoria in prossimità dell’udienza. Considerato in diritto 1. - Il ricorso è infondato. 1.1. - Con il primo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 113 e 339 cod. proc. civ., e si ripropone l’eccezione di inammissibilità dell’appello sul rilievo che le sentenze pronunciate dal giudice di pace in controversie non eccedenti il valore di Euro 1.100,00 sarebbero inappellabili in via assoluta, e che, nel caso di specie, non ricorreva alcuna delle ipotesi contemplate dall’art. 339, terzo comma, cod. proc. civ 1.2. - La doglianza è infondata. 1.2.1. - Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, avverso le sentenze pronunciate dal giudice di pace nell’ambito della giurisdizione equitativa necessaria, l’appello a motivi limitati, previsto dal terzo comma dell’art. 339 cod. proc. civ., è l’unico rimedio impugnatorio ordinario ammesso, anche in relazione a motivi attinenti alla giurisdizione, alla violazione di norme sulla competenza ed al difetto di motivazione Cass., Sez. U, sentenza n. 27339 del 2008 sez. 6^-3^, ordinanza n. 6410 del 2013 . Nel caso in esame, non è dubitabile, risultando ex actis , che l’appello fosse stato proposto dalla sig. T. per denunciare, tra l’altro, il difetto di competenza per materia del giudice di pace e la carenza o, comunque, l’insufficienza della motivazione della sentenza impugnata, e il Tribunale ha fondato la decisione di rigetto dell’eccezione di inammissibilità dell’appello anche su tale ratio , che è sufficiente a supportare la decisione. 2. - Con il secondo motivo è dedotta errata applicazione del combinato disposto degli artt. 1421 cod. civ. e 99 cod. proc. civ., nonché degli artt. 1126, 1123 e 1135, n. 2, cod. civ., e si contesta la rilevata nullità della delibera assembleare del 1991 con la quale erano state approvate le tabelle millesimali , che aveva stabilito la ripartizione delle spese relative alla copertura per millesimi, ai sensi dell’art. 1123 cod. civ., sulla base di una eccezione sollevata per la prima volta dalla controparte in appello, in sede di precisazione delle conclusioni. Si assume inoltre l’erroneità dell’applicazione dell’art. 1126 cod. civ. anche per le opere di manutenzione del solaio portante o della guaina impermeabilizzante, oggetto di controversia, per le quali invece doveva trovare applicazione l’art. 1123 cod. civ., tenuto conto che le tabelle millesimali approvate prevedevano la ripartizione delle spese di manutenzione della copertura del condominio secondo il criterio di cui alla citata norma. 3. - Con il terzo motivo è dedotta errata applicazione degli artt. 1123 e 1126 cod. civ. per avere la Corte d’appello ritenuto applicabile l’art. 1126 cod. civ. nonostante le spese concernessero la riparazione di elementi strutturali portanti dell’intero edificio. 3.1. - Le doglianze, che possono essere esaminate congiuntamente per la stretta connessione, sono infondate. 3.1.1. - Con riferimento al profilo processuale, si osserva che la questione della nullità delle tabelle era stata introdotta fin dal primo grado di giudizio, in quanto la sig.ra T. aveva dedotto, con l’opposizione a decreto ingiuntivo, l’inapplicabilità alla fattispecie dell’art. 1123 cod. civ. ed invocato, per contro, l’applicazione del criterio dettato dall’art. 1126 cod. civ. La contestazione riguardo al criterio di riparto delle spese comprendeva anche, necessariamente, l’applicazione delle tabelle millesimali che quel criterio avevano assunto. La questione della nullità era dunque fondata su elementi già acquisiti al giudizio, e pertanto neppure configurava una eccezione ma una mera difesa ex plurimis, Cass., sez. 1^, sentenza n. 350 del 2013 . 3.2. - Quanto ai profili sostanziali di censura, la ripartizione tra i condomini delle spese di riparazione o di ricostruzione delle terrazze a livello che servano di copertura dei piani sottostanti è disciplinata dall’art. 1126 cod. civ., che stabilisce che un terzo della spesa è a carico del condominio che abbia l’uso esclusivo del lastrico o della terrazza e i rimanenti due terzi sono a carico dei proprietari delle unità abitative sottostanti. La norma è applicabile in ogni caso di spesa riguardante la struttura delle terrazze in funzione della copertura dell’edificio, siano esse ordinarie o straordinarie, di manutenzione o di rifacimento, mentre rimangono a carico delle proprietà esclusive le spese dirette unicamente al miglior godimento delle unità immobiliari di cui le terrazze siano il prolungamento Cass., sez. 2^, sentenza n. 16583 del 2012 sez. 2^, sentenza n. 1451 del 2014 . La pronuncia richiamata dai ricorrenti Cass., sez. 2^, sentenza n. 7472 del 2001 ha escluso l’applicabilità dell’art. 1126 cod. civ. alla fattispecie del rifacimento di un giardino pensile sovrastante un’autorimessa, e dunque non è pertinente. 3.3. - Con riferimento alla valenza derogatoria da attribuire alla delibera condominiale del 1991, con la quale erano state approvate all’unanimità le tabelle millesimali, in disparte l’inammissibilità per violazione del principio di autosufficienza che imponeva di riprodurre il contenuto della delibera, la doglianza è infondata. È vero che una risalente pronuncia ha affermato che il criterio di riparto delle spese relative alla terrazza contenuto nell’art. 1126 cod. civ. non è compreso tra le disposizioni inderogabili richiamate dall’ultimo comma dell’art. 1138 cod. civ., sicché il regolamento condominiale può stabilire il riparto in proporzione al valore millesimale dei singoli appartamenti Cass., sez. 2^, sentenza n. 1082 del 1964 . Tuttavia, le attribuzioni dell’assemblea condominiale, previste dall’art. 1135 cod. civ. sono circoscritte alla verificazione ed all’applicazione in concreto dei criteri stabiliti dalla legge, e non comprendono il potere di introdurre deroghe ai criteri legali di riparto delle spese, con la conseguenza che deve ritenersi nulla e non meramente annullabile, anche se assunta all’unanimità, la delibera che modifichi il criterio legale di ripartizione delle spese di riparazione del lastrico solare stabilito dall’art. 1126 cod. civ., senza che i condomini abbiano manifestato l’espressa volontà di stipulare un negozio dispositivo dei loro diritti in tal senso. La predetta nullità può essere fatta valere, a norma dell’art. 1421 cod. civ., anche dal condomino che abbia partecipato all’assemblea esprimendo voto conforme alla deliberazione stessa, purché alleghi e dimostri di avervi interesse, giacché non opera nel campo del diritto sostanziale la regola propria della materia processuale secondo cui chi ha concorso a dare causa alla nullità non può farla valere ex plurimis , Cass., sez. 2^, sentenza n. 5125 del 1993 . 3.3.1. - La fissazione di criteri di spesa diversi da quelli legali incide sul valore della proprietà esclusiva di ciascun condomino, e quindi necessita di una base convenzionale ex plurimis , Cass., sez. 2^, sentenza n. 28679 del 2011 che non può essere riconosciuta alle tabelle millesimali di natura deliberativa - cioè approvate con deliberazione dell’assemblea condominiale - le quali, infatti, non necessitano del consenso unanime dei condomini per l’approvazione Cass., Sez. U, sentenza n. 18477 del 2010 , né, evidentemente, l’unanimità dell’approvazione trasforma in negoziale ciò che non lo è. 4. - Con il quarto motivo è dedotta errata applicazione delle norme in tema di riparto delle spese processuali in caso di soccombenza. 4.1. - La doglianza è infondata. Il Tribunale ha fatto applicazione del principio di soccombenza, avendo accolto l’appello principale e riformato la sentenza di primo grado. 5. - Al rigetto del ricorso seguono le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.