Dubbi ed incertezze sulle aree vincolate a parcheggio

Già la legge urbanistica del 1942 prevedeva la realizzazione di aree a parcheggio. Sono passati oltre settanta anni ed ancora le idee non sono chiare. Ancora una volta si torna a parlare di aree vincolate a parcheggio e diritto reale d'uso ma, questa volta, la Corte di Cassazione viene chiamata ad esprimersi su una vera e propria raffica di eccezioni che cercano di ostacolare il riconoscimento del diritto dell'acquirente all'utilizzo dell'area a parcheggio. Vediamo di che si tratta.

E’ ciò di cui si è occupata la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2236/2016, depositata il 4 febbraio. La lite parte da lontano. La controversia nasce nel lontano 1987 il proprietario di un appartamento in condominio cita in giudizio un altro condòmino a cui, evidentemente, il costruttore aveva venduto l'area vincolata a parcheggio, chiedendone la restituzione al condominio. La Corte di appello, nel 2010, accerta l'esistenza di un diritto reale d'uso nei confronti dell'attore o, meglio, del condominio, ed assegna al convenuto che aveva acquisito l'area vincolata dal costruttore il relativo corrispettivo. Fin qui, niente di eclatante, non si tratta certamente di un caso isolato. Questa volta, però, abbiamo una serie di elementi degni di nota il convenuto non si arrende tanto facilmente e propone un ricorso articolando una raffica di eccezioni tutte puntualmente respinte dalla Cassazione. Il vincolo ha natura condominiale? Primo punto in discussione il vincolo pertinenziale fatto valere dall'attore esplica la propria forza vincolante nei confronti del condominio o del singolo condòmino che ha proposto l'azione? A finire sotto la lente, in realtà, è un passo della sentenza d'appello la cui formulazione sembra far sorgere alcuni dubbi interpretativi. La sentenza impugnata, infatti, accerta il diritto d'uso dell'attore, sull'area di parcheggio . Tale passo viene impugnato in quanto sembra voglia trasferire al singolo condòmino, e non all'intero condominio, l'area a parcheggio vincolata. La Cassazione, sul punto, chiarisce che la sentenza impugnata deve essere letta ed interpretata nel suo complesso. L'attore, in citazione, chiede che venga riconosciuto il diritto reale d'uso dell'area vincolata in favore del condominio e, parallelamente, la sentenza esplica i propri effetti nei confronti dell'intero condominio e non solo verso il singolo condòmino - attore. Del resto l'intero giudizio era stato istruito non in vista esclusiva della realizzazione del diritto del singolo, ma del rispetto della complessiva proporzione tra volume edificato ed area destinata a parcheggio. In definitiva, il singolo condòmino, che propone la citazione per far valere il diritto reale d'uso delle aree asservite a parcheggio, agisce non in proprio, ma per far valere un diritto condominiale . I parcheggi sono stati liberalizzati? Si ricorderà che l'art. 12 della l. n. 246/2005, modificando l'art. 41 - sexies della l. n. 1150/1942, ha introdotto una vera e propria rivoluzione copernicana nella materia. La norma stabilisce, infatti, che le aree a parcheggio anche vincolate possano essere trasferite liberamente ed in maniera autonoma rispetto alle unità abitative. In definitiva il legislatore ha voluto agevolare la trasferibilità delle aree a parcheggio è essenziale che esse vengano realizzate ma, per il legislatore, diventa irrilevante stabilirne la proprietà fermo restando l'obbligo della destinazione a parcheggio. Come dire non ci interessa chi parcheggia, basta che i parcheggi siano comunque realizzati e resi disponibili. A questo punto, si tratta di stabilire la portata di tale nuova norma. Secondo la giurisprudenza, la nuova disposizione non ha effetto retroattivo ma può trovare applicazione solo per i fabbricati che, alla data di entrata in vigore della l. n. 246/2005, non erano ancora realizzati o, al limite, per le unità non ancora vendute. Secondo la giurisprudenza, infatti, le nuove disposizioni non hanno portata interpretativa ma innovativa per cui non possono avere effetto retroattivo. Il diritto reale d'uso coincide con l'usufrutto? Ecco un altro punto degno di approfondimento. Secondo l'interpretazione fornita dal ricorrente, il diritto reale d'uso delle aree a parcheggio verrebbe a coincidere, per certi versi, con l'usufrutto conseguentemente, si estinguerebbe con la morte dell'usufruttuario. La tesi, alquanto fantasiosa, sarebbe supportata da una considerazione se il diritto d'uso in capo all'acquirente avesse durata illimitata, il diritto di proprietà del costruttore, di fatto, sarebbe svuotato e risulterebbe assolutamente privo di consistenza. La tesi viene respinta dalla Cassazione che chiarisce gli esatti termini del problema. Il legislatore, nel disciplinare le aree a parcheggio, ha previsto che esse siano realizzate per liberare le strade dal parcheggio selvaggio . In tale prospettiva, il costruttore dovrebbe vendere le aree a parcheggio vincolate unitamente alle unità abitative per permettere a ciascun condominio di avere un ricovero per la propria auto. Il riconoscimento del diritto d'uso viene considerato come un rimedio coattivo al mancato trasferimento della proprietà del posto auto pertinenziale. In altre parole, il costruttore che non adempie all'obbligo di legge e si riserva la proprietà delle aree a parcheggio, ovvero le vende ad un terzo, viene esposto all'azione dell'acquirente diretta a far valere il diritto reale d'uso. Come calcoliamo la cubatura? Come sappiamo la legge prevede che il costruttore realizzi uno spazio destinato al parcamento delle autovetture. Tale superficie a parcheggio è parametrata alla cubatura realizzata per cui, ogni 100 metri cubi di costruzione, occorre provvedere alla realizzazione di dieci metri quadrati di area vincolata a parcheggio. La questione sollevata dal ricorrente è semplice cosa si intende o meglio, come si calcola il metro cubo ? Ovviamente le possibilità di calcolo sarebbero molteplici, per esempio, la cubatura potrebbe essere conteggiata al netto ovvero al lordo dei muri perimetrali. Il ricorrente propone di conteggiare la cubatura al netto dei muri perimetrali del fabbricato in questo modo, la cubatura totale da porre a base del calcolo, sarebbe inferiore rispetto a quella indicata dal consulente tecnico e, parallelamente, sarebbe minore anche la superficie da adibire a parcheggio. Anche questa censura viene respinta. La legge urbanistica art. 41 -- sexies della l. n. 1150/1942 stabilisce, espressamente, che, nelle nuove costruzioni, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione . La norma, quindi, non contiene alcun riferimento alla volumetria, concetto, quest'ultimo, che potrebbe essere opinabile in quanto, per esempio, essa non solo potrebbe essere quantificata al netto o al lordo delle murature perimetrali e non ma potrebbe essere anche reale o virtuale oppure potremmo avere la cubatura massima realizzabile e quella realizzata che, al limite, potrebbe essere anche maggiore di quella massima realizzabile . Il concetto di costruzione , invece, offre meno possibilità di facili interpretazioni e comprende l'intero involucro edilizio, al lordo delle mura perimetrali. Come si calcolano le superfici vincolate? Abbiamo appena visto come calcolare la cubatura, altro punto dolente della questione è rappresentato dal calcolo delle superfici a parcheggio. In linea di principio, potremmo avere due diverse modalità di calcolo, a secondo che vengano conteggiate solo ed esclusivamente le superfici fisiche adibite alla sosta delle vetture ovvero, quelle assai più ampie, rappresentate dalle intere superfici a parcheggio conteggiate comprendendo anche le corsie di accesso e di manovra, le rampe, i corridoi ecc In questo caso, il problema è rappresentato da alcune superfici accessorie rappresentate da muri di confine, marciapiede e gabbia cancello che, secondo il ricorrente, rientrerebbero nel calcolo delle aree vincolate mentre sarebbero state escluse dal consulente tecnico. La Cassazione, fornendo una interpretazione restrittiva, ha respinto anche questa censura, ritenendo che nei conteggi delle superfici a parcheggio debbano essere escluse le aree accessorie .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 21 ottobre 2015 – 4 febbraio 2016, n. 2236 Presidente Piccialli – Relatore D’Ascola Svolgimento del processo 1 La causa è iniziata il 22 giugno 1987 e concerne il diritto all'uso dei parcheggi ai sensi dell'articolo 18 Legge 765/1967. Il tribunale di Siracusa l'11 dicembre 1995 ha respinto la domanda di Ba.Gi. successivamente deceduto nelle more del giudizio e R.V. volta ad ottenere la restituzione a parcheggio condominiale di aree che erano state alienate a terzi in contrasto con le previsioni progettuali . Accogliendo parzialmente l'appello dagli attori, la Corte d'appello di Catania ha accertato il diritto reale d'uso per parcheggio di autovetture in capo a R.V. sull'area di mq 74,88 da staccarsi dalla maggior superficie del piano cantinato del fabbricato di via omissis , di proprietà del convenuto F.S. . Ha assegnato detta area in uso alla R. ha posto a carico di Ba.Gi. , originario acquirente dal costruttore F. di un appartamento dello stabile, poi rivenduto alla R. , il corrispettivo spettante al F. . La Corte d'appello con la sentenza 30 gennaio 2010 ha ribadito l'esistenza di un vincolo pubblico di destinazione soggettivo in favore degli utilizzatori dello stabile ha escluso la rilevanza dello ius superveniens di cui alla legge 246/2005 ha rigettato l'eccezione di usucapione decennale ex articolo 1159 c.c Ha ritenuto che il costruttore avesse violato la proporzione tra volumetria e ara riservata a parcheggio, perché aveva considerato solo la volumetria degli appartamenti venduti a terzi e non anche quella di tutto l'edificio. Ha ricalcolato con l'ausilio di nuova ctu la volumetria, escludendo i vani al piano attico, frutto di successiva edificazione abusiva condonata il 50% dei muri di separazione con il corpo scala. Ha determinato l'area da vincolare in 883,146 mq e ha riscontrato in mq 808 circa quella vincolata, escludendo l'area di circa 42 mq rappresentata da ostacoli fissi muro di confine, gabbia cancello, gradini interno cortile . 1.1 F.S. ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 16/18 marzo 2011, spiegando otto motivi. R.V. ha resistito con controricorso costituendosi unitamente agli eredi di Ba.Gi. . Hanno svolto contestualmente due motivi di ricorso incidentale condizionato. Detto atto è stato prudentemente notificato anche a C.C. , F.R. , S. e M. , quali eredi di F.S. recentemente deceduto . C. e F.R. , assistiti dal medesimo difensore si sono costituiti con separati controricorsi, di identico tenore sostanziale, avverso il ricorso incidentale. La Ciancio ha dichiarato di essere erede dell'originario convenuto per testamento olografo prodotto in atti R. ha negato di essere erede, ma si è proclamato interessato alla causa quale successivo acquirente degli immobili per cui è causa e ha prodotto un atto di provenienza di un immobile. Anche la difesa di F.S. , impersonata dagli stessi difensori dei due soggetti sopraindicati, ha depositato controricorso, in epigrafe del quale si da atto che il ricorrente è deceduto il omissis . Nei gradi di merito erano costituiti in giudizio anche gli acquirenti unità immobiliari dello stabile, L.G. , Co.Vi. e Co.Fr. , qui rimasti intimati, benché nei loro confronti sia indirizzato il ricorso, difesi dall'avv. Rapisarda. A quest'ultimo il ricorso risulta notificato quale difensore di altri due intimati che erano parte dei giudizi di merito, Ca.Sa. e c.s. . Si deve ritenere che la notifica del ricorso a un difensore di più parti nel medesimo giudizio sia comunque idonea a instaurare validamente il contraddittorio, pur se indirizzata a uno solo dei contraddittori SU 29290/08 . In ogni caso la posizione dei suddetti acquirenti, ai quali è stato notificato anche il controricorso R. , appare priva di interesse, giacché la sentenza di appello ha pronunciato solo contro il F. e non anche contro i Ca. - c. , avverso i quali unitamente al F. era stata rivolta la domanda sub d sentenza pag. 13 . Sono state depositate memorie dai resistenti R. - eredi B. e dalla comune difesa del deceduto ricorrente F.S. e della C. . Motivi della decisione 2 Con i primi due motivi di ricorso viene denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 18 L. 765/67 ed L. ponte , 26 L 47/85 e articolo 818 cc e dell'articolo 12 della legge 246/05. Parte ricorrente realisticamente ammette che la Corte di appello ha applicato un orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui dal vincolo di destinazione degli spazi a parcheggio sorge un automatico diritto reale d'uso in capo all'acquirente delle unità immobiliari interne all'edificio, restando nulla ogni clausola contraria. In forza di tali principi riassunti da Cass. 23845/13 v. poi esemplificativamente 4733/15 il vincolo di destinazione è inderogabile, ma opera, in favore della indifferenziata comunità dei condomini, tanto che, come è noto, se per l'attuazione di esso e1 necessario identificare la superficie da assoggettare all'uso normativamente previsto, secondo le misure non inferiore ad un metro quadrato per ogni metro cubo di costruzione dalla stessa norma stabilite, il condominio, in assenza di relativa previsione o nell'atto concessorio, o nel regolamento condominiale, o negli atti d acquisto dei singoli appartamenti, deve chiedere al giudice tale identificazione, e pertanto non può', ex se, con delibera, costituire il vincolo pubblicistico di destinazione predetta, scegliendo l’ubicazione degli appositi spazi su più1 ampia area del costruttore - venditore Cass. 7474/1997 . Peraltro, qualora ad attivarsi non sia il condominio o un gruppo di condomini, anche un singolo condomino può farlo. 2.1 Parte ricorrente, dopo un'ampia ricostruzione, chiede alla Corte di Cassazione cfr pag. 23 in principio il mutamento dell'orientamento consolidatosi e attacca la sentenza sulla base di due preminenti considerazioni a la circostanza che dal regime creato in giurisprudenza, che può portare alla proprietà comune dell'area v Cass. 730/08, ma non è questo il caso , potrebbe derivare un utilizzo, da parte dei condomini, in violazione della norma imperativa, perché essi potrebbero decidere di vendere o dare in locazione a terzi i posti auto ovvero un paradossale non utilizzo, qualora essi, privi di autovetture lasciassero liberi gli spazi. b il contrasto tra il principio della destinazione ad area di parcheggio indifferenziata e la parte della sentenza in cui accerta il diritto d'uso della sig. R. , sull'area di parcheggio di 74,88 mq individuata quale integrazione di quella già destinata allo scopo rispetto ai parametri normativi. 2.2 La Corte reputa che non vi siano ragioni per discostarsi dall'orientamento giurisprudenziale dominante e osserva che gli inconvenienti ipotizzati in ricorso non siano plausibile chiave per modificare l'interpretazione da tempo data alla materia. Il legislatore ha inteso attribuire alla comunità condominiale la disponibilità di una superficie a parcheggio stabilita sulla base di una principio di rilevazione della realtà sociale che non è certo smentito dall'evoluzione di questi decenni di applicazione della Legge Ponte, giacché corrisponde a comune esperienza che quel rapporto volumi/superficie conduce semmai a insoddisfacente risposta alle esigenze condominiali. Queste ultime inoltre sono quanto mai mutevoli dal punto di vista soggettivo, cosicché non si può far dipendere da circostanze casuali il senso del dictum legislativo. Va escluso inoltre che la sentenza impugnata si sia posta in contrasto con i principi generali cui si è fatto riferimento. Ancorché sia vero che al punto 3 del dispositivo si dica che viene assegnata in uso a R.V. l'area per parcheggio vetture di 74,88 mq da staccarsi dalla maggior proprietà del piano cantinato di F.S. , tale disposizione va letta unitamente alla motivazione e avendo riguardo alla domanda iniziale e al senso complessivo dei termini usati. Ora, se si considera che l'attrice chiese sentenza pag. 5 la restituzione a parcheggio condominiale delle aree descritte e quindi non un attribuzione in proprietà o in uso personale che la motivazione della sentenza di appello ha chiaramente parlato di area da restituire alla sua destinazione di parcheggio condominiale, con vincolo reale che essa ha stabilito la facoltà del convenuto di scegliere la porzione di mq 74,88 che avrà la funzione di assicurare l'effettività della destinazione a uso di parcheggio” che la giurisprudenza di questa Corte Cass. 1214/12 ha già avuto modo di riconoscere che ove l'azione per il riconoscimento del diritto reale d'uso sia stata proposta da uno solo dei condomini, il giudice di merito può addirittura individuare un preciso spazio fisico per la sosta dei veicoli di proprietà del condomino istante, senza che di tale decisione possa dolersi il costruttore del complesso immobiliare che tutto il giudizio è stato istruito non in vista esclusiva della realizzazione del diritto del singolo, ma del rispetto della complessiva proporzione tra volume edificato e area destinata, se ne desume che la sentenza di appello abbia solo inteso riconoscere il diritto condominiale e pronunciato in dispositivo in favore della istante, solo quale parte che ha agito per far valere un diritto proprio ma che vanta quale condomina, il cui accertamento ridonda a beneficio di tutto il condominio grazie al richiamo contenuto in sentenza il diritto riconosciuto può inoltre essere fatto valere anche esecutivamente dalla stessa parte attrice direttamente. Non vi è quindi alcuna contraddizione tra quanto accertato sulla base della normativa vigente che regola diritti sorti all'epoca e quanto stabilito in dispositivo. 3 Il secondo motivo, come si è accennato, sollecita una rivisitazione della interpretazione consolidata, nella parte in cui non adopera l'articolo 12 della L. 246/05, che ha liberalizzato secondo parte istante in modo assoluto la commerciabilità degli spazi di parcheggio. Orbene, è vero che la disposizione di cui all'articolo 12, nono comma, della legge n. 246 del 2005 ha modificato l'articolo 41 sexies della legge n. 1150 del 1942 inserendo un secondo comma all'articolo 41 sexies e stabilendo che gli spazi per parcheggio possono essere trasferiti in modo autonomo rispetto alle altre unità immobiliari. Tuttavia rimane insuperabile la lettura datane da Cass. 4264/06, a mente della quale la nuova norma trova applicazione soltanto per il futuro, vale a dire per le sole costruzioni non realizzate o per quelle per le quali, al momento della sua entrata in vigore, non erano ancora state stipulate le vendite delle singole - unità immobiliari. L'efficacia retroattiva della norma va infatti esclusa, in quanto, da un lato, non ha natura interpretativa, per mancanza del presupposto necessario a tal fine, costituito dalla incertezza applicativa della disciplina anteriore, e , dall'altro, perché le leggi che modificano il modo di acquisto dei diritti reali o il contenuto degli stessi non incidono sulle situazioni maturate prima della loro entrata in vigore”. Nonostante siano trascorsi circa dieci anni da tale lettura, il legislatore non è intervenuto per modificarla, restando cosi rafforzate le rationes decidendi . 4 Il terzo motivo lamenta violazione e falsa applicazione artt. 978 e 979 c.c. e articolo 1026 cc. La censura contesta la ricostruzione giurisprudenziale del diritto reale d'uso sulle aree di parcheggio e chiede che esso sia legato alla vita dell'usufruttuario, restando altrimenti privo di durata e tale da espropriare il proprietario costruttore, la proprietà del quale sarebbe compromessa, in violazione della disciplina costituzionale. La censura non merita soverchia considerazione, sol che si consideri che il riconoscimento al condomino del diritto reale d'uso costituisce reazione dell'ordinamento a una scelta, in parte illegittima, del proprietario costruttore. Questi avrebbe dovuto alienare l'area di parcheggio insieme alle unità abitative avendo voluto riservarsi la proprietà si è volontariamente esposto alla limitazione posta a suo carico dalla legge urbanistica, che, nella specie, è stato necessario imporgli per via giudiziaria. 5 Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 18 L. 765/67, articolo 26 L. 47/85 e articolo 818 c.c. - errata determinazione del calcolo dello spazio di parcheggio ex articolo 18 Parte ricorrente sostiene che la sentenza erroneamente non ha conteggiato i 32 mq di garage venduti ai signori Ca. - c. e i 49 mq di altro garage rimasto al ricorrente e poi trasferito a. terzi unitamente agli uffici. Si duole del fatto che la sentenza abbia ritenuto necessario che gli spazi di parcheggio siano vincolati all'uso diretto e indifferenziato degli occupanti l'edificio. Afferma che in tal modo si nega la possibilità di trasferire con i singoli atti i posti auto agli acquirenti degli appartamenti, eventualità da ritenere legittima, con possibilità di libera rivendita. Il quinto motivo violazione e falsa applicazione articolo 18 L. 765/67, articolo 26 L 47/85 e articolo 818 cc e vizi di motivazione verte sullo stesso punto attaccato nel precedente e torna a lamentare la contraddizione che sarebbe insita nell'avere affermato l'uso indifferenziato sulle aree a parcheggio e nell'avere poi assegnato alla R. i 74,88 mq mancanti profilo b . In ogni caso vi sarebbe contraddizione tra detta assegnazione individuale e il non avere considerato i metri quadrati di area che il proprietario aveva assegnato a sé e ai Ca. c. . Le due doglianze sono destituite di fondamento , in considerazione di quanto già spiegato sub 2.2 . Invano parte ricorrente fa leva sulla fraseologia usata nel dispositivo della sentenza. Essa non ha trasferito la titolarità della proprietà alla R. personalmente, come ha invece fatto il F. nel vendere a terzi le due aree che vorrebbe conteggiare ha solo riconosciuto l'estendersi del diritto indifferenziato dei condomini sull'area che era stata esclusa e ha con la imprecisa formula assegna in uso riconosciuto all'attrice il potere di far valere su detta area che peraltro secondo la Corte d'appello potrà essere scelta dal convenuto ricorrente la destinazione a parcheggio condominiale che era stata chiesta e che è stata chiaramente sancita in motivazione. È implicito nella giurisprudenza confermata, e invano criticata, che il costruttore non può far conteggiare nell'area vincolata i parcheggi che costruisce e aliena liberamente, senza riguardo al vincolo. Tale regime di libera vendita è compatibile con le costruzioni post 1967, ma solo quanto alle aree di parcheggio eccedenti il limite delle aree da sottoporre al vincolo legale, le quali per essere riconosciute devono essere identificabili dai singoli atti di vendita. Per la superficie vincolata ex lege 765/67 il proprietario, che voglia riservarsi la proprietà o cederla a terzi v. Cass. 11261/03 , deve comunque salvaguardare con tali atti che sia rispettata la destinazione di legge, che riserva stabilmente come sottolinea la sentenza, pag. 31 i relativi spazi all'uso delle persone che stabilmente abitano le singole unità immobiliari del fabbricato, limite che nel ricorso il F. non dichiara e documenta di aver posto, nei sensi di cui si è prima discusso, ai terzi da lui aventi causa. La violazione del vincolo è implicita nella sua scelta di dividere l'area vincolata più vasta da queste piccole aree riservate e nel suo intendimento di considerare queste aree liberamente rivendibili dagli acquirenti. 6 Il sesto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 18 L. 765/67 e dell'articolo 9 circolare LLPP n. 3210/1967 nonché vizi di motivazione. Viene qui riproposta la questione relativa al calcolo della superficie da destinare a parcheggio e quindi della correlata cubatura al netto o al lordo dei muri perimetrali dell'edificio. Parte ricorrente reputa, citando la circolare ministeriale, che la cubatura debba essere computata detraendo i muri perimetrali esterni. La censura è infondata. Il testo normativo, che prevale sulle letture che possono aver fornito datate circolari, anteriori alla vita dell'istituto e alla sua elaborazione nel mondo giuridico, depone nel senso voluto dalla sentenza impugnata. La legge urbanistica articolo 41 sexies Legge 1150/42 conteneva all'epoca la previsione in base alla quale nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti successivamente ex articolo 2 l. n. 122 del 1989 dieci metri cubi di costruzione . La nozione di costruzione, che è diversa da quella di volume o volumetria, suscettibile di margini di opinabilità, implica indefettibilmente il riferimento anche ai muri esterni, giacché non può concepirsi costruzione senza i muri perimetrali che la delimitano. La doglianza va quindi respinta. 6.1 Il motivo presenta un altro profilo, concernente la mancata considerazione, nella superficie a suo tempo effettivamente vincolata, degli spazi un'area di 33,22 mq, ricorso pag. 39 occupati da muro di confine, marciapiede e gabbi a cancello e gradini interno cortile”, manufatti considerati dalla Corte di appello quali ostacoli fissi . Secondo il ricorrente trattasi invece di spazi funzionali al parcheggio e come tali da conteggiare. La questione è posta anche nel settimo motivo, in cui si deduce che questi ostacoli fissi erano descritti in progetto ed erano ormai goduti dai condomini. Anche questa doglianza merita il rigetto. Con apprezzamento di merito incensurabile in sede di legittimità, la Corte di appello ha ritenuto che i manufatti non fossero da includere nel computo del parcheggio e che l'area da essi occupata fosse superficie effettivamente non disponibile . Invano il ricorso invoca il diverso parere del consulente sulla loro funzionalità e la inclusione dei manufatti nel progetto approvato la descrizione dei manufatti conforta l'opinione della Corte, facendola apparire congrua e logica, dunque, si ripete, non sindacabile dal giudice di legittimità. 7 L'ottavo motivo, che lamenta ultrapetizione, con riguardo all'accertamento del diritto sui 78 mq in favore della R. e la loro assegnazione alla stessa, ha già trovato risposta in quanto argomentato sub 2.2 e sub 5 ivi si è escluso che la Corte d'appello abbia voluto attribuire alla attrice più di quanto avesse chiesto. 8 Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso principale. Resta assorbito il ricorso incidentale condizionato, cui si rivolgevano le difese svolte nei tre controricorsi F. e C. al ricorso incidentale, difese comunque in suffragio del ricorso principale. Parte ricorrente va condanna alla refusione delle spese di lite in favore dei soli contraddittori resistenti R. -P. -B. , liquidate in dispositivo in relazione al valore della controversia. Non è dovuta liquidazione in favore degli altri soggetti intervenuti in causa, cioè C.C. qualificatasi erede universale testamentaria del ricorrente e F.R. . A quest'ultimo è stato notificato il controricorso con ricorso incidentale quale supposto erede del ricorrente, ma ha negato tale qualità e si è dichiarato interessato al ricorso principale, al quale ha aderito, condividendo quindi la posizione del ricorrente soccombente, così come la C. tutti e tre assistiti dal medesimo difensore essi non possono dunque attendere ristoro dai resistenti vittoriosi. Ratione temporis non è applicabile il disposto di cui all'articolo 1 quater del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dal comma 17 dell'articolo 1 della legge n. 228/12. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale. Dichiara assorbito il ricorso incidentale. Condanna il ricorrente principale alla refusione ai controricorrenti delle spese di lite liquidate in Euro 5.500 per compenso, 200 per esborsi, oltre accessori e rimborsi di legge.