Separarsi a volte non basta per evitare le spese condominiali

A tutti i comunisti incombe l’obbligo di partecipare alla contribuzione delle spese relativa alle parti comuni di un bene.

Questo il principio espresso da Cassazione 2195/2016, depositata il 4 febbraio, per porre fine ad una lite che vedeva contrapposti due ex coniugi in merito a chi dovesse farsi carico di alcune spese straordinarie sostenute per la sistemazione dell’ ex giardino della casa coniugale. Tutti i comproprietari devono contribuire alle spese necessarie per garantire l’utilizzazione del bene comune. La moglie, in sostanza, si era rivolta al giudice di pace chiedendo la condanna dell’ ex coniuge al pagamento dell’importo di euro 2.040,00 a titolo di rimborso delle spese straordinarie sostenute per la sistemazione del giardino e la sostituzione della basculante del box dell’appartamento , assegnato alla moglie in sede di separazione. A tale richiesta si era opposto il marito ricordando come le condizioni di separazione prevedessero, a suo carico, solo l’onere delle spese condominiali straordinarie. Il Tribunale, riformando la decisione del giudice di pace, condannava il convenuto al pagamento di quanto richiesto dalla ex moglie, rilevando come le condizioni di separazione non incidono sull’applicabilità nella concreta fattispecie dell’art. 1110 c.c. in relazione al diritto di rimborso delle spese sostenute da un comproprietario per la conservazione della cosa comune qualora tale intervento sia stato reso necessario dalla trascuranza degli altri comproprietari. Avverso la decisione del Tribunale proponeva ricorso in Cassazione il soccombente, sostenendo, in poche parole, che le parti, al momento di stabilire, nelle condizioni di separazione, l’obbligo del marito al pagamento delle sole spese condominiali straordinarie, avevano con ciò espressamente escluso ogni altro obbligo di contribuzione, a carico del marito, che aveva lasciato la casa coniugale, relativo all’immobile. Le spese di conservazione del bene sono differenti dalle spese condominiali straordinarie. La Cassazione, tuttavia, rigettava tale richiesta, confermando la sentenza ed il ragionamento del Tribunale questo in quanto le spese condominiali straordinarie, sulle quali valeva quanto previsto nelle condizioni di separazione, a parere della Suprema Corte sono altra cosa rispetto alle spese di conservazione del bene che la moglie aveva richiesto al marito con la citazione , disciplinate dall’art. 1110 c. c., che appunto prevede l’obbligo dei partecipanti alla comunione di partecipare pro quota al relativo pagamento. L’ ex marito, in poche parole, secondo il ragionamento della Corte è obbligato sia al pagamento delle spese condominiali straordinarie poste a suo carico dalle condizioni di separazione dei coniugi, e sia al pagamento di quelle la cui disciplina è appunto prevista dall’art. 1110 c. c. relative alla conservazione del bene e al suo mantenimento in condizioni tali da permetterne l’utilizzo a tutti i comunisti.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 13 gennaio – 4 febbraio 2016, n. 2195 Presidente Forte – Relatore Didone Ragioni in fatto e in diritto della decisione 1.- Riformando la decisione del giudice di pace, il Tribunale di Foggia, con la decisione impugnata depositata in data 6.5.2011 ha condannato D.G. al pagamento in favore di R.C. - coniuge separato del convenuto - della somma di Euro 2.040,00, oltre interessi, a titolo di rimborso di spese straordinarie sostenute per la sistemazione del giardino e la sostituzione della basculante del box dell'appartamento comune, assegnato alla moglie in sede di separazione consensuale omologata. Secondo il tribunale le condizioni di separazione che limitavano l'obbligo a carico del marito solo per le spese condominiali straordinarie erano state previste per disciplinare i rapporti tra i coniugi e i figli mentre non incidevano sull'applicabilità nella concreta fattispecie dell'art. 1110 c.c. in relazione al diritto al rimborso del partecipante che, in caso di trascuranza degli altri partecipanti o dell'amministratore, ha sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune. Contro la sentenza del tribunale il convenuto ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. Resiste con controricorso l'intimata. 2.1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 156, 158, 1102, 1110, 1173 e 1322 c.c. Lamenta che il giudice del merito non abbia tenuto conto delle condizioni di separazione che prevedevano, a carico del ricorrente, il pagamento proquota solo delle spese condominiali straordinarie, degli oneri fiscali, nonché dei tributi e tasse che gravano su detto immobile”. Le parti, dunque, avevano consensualmente e legittimamente convenuto l'esclusione di qualsiasi altro obbligo di contribuzione relativo all'immobile da parte del ricorrente, così come consentito dall'art. 158 c.c., in deroga all'art. 1110 c.c 2.2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 175, 208 c.p.c. e 104 disp. Att. c.p.c Deduce che erroneamente il tribunale avrebbe ammesso ed escusso come teste la figlia D.M. , posto che l'attrice era decaduta dall'ammissione fatta dal giudice di pace, non avendo notificato pur in tal senso onerata dal giudice di pace il provvedimento emesso fuori udienza con il quale era stato integrato il provvedimento di ammissione. 2.3.- Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione o la falsa applicazione degli artt. 1102, 1110 c.c. e 115 c.p.c. nonché vizio di motivazione, lamentando che erroneamente sia stata ritenuta la sua trascuranza sui lavori da eseguire, posto che non era stato tempestivamente avvisato della necessità dei lavori e che i lavori eseguiti nel giardino erano diversi da quelli preventivati. 2.4.- Con il quarto motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione in ordine alla ritenuta natura di spese conservative di quelle eseguite dall'attrice, trattandosi, in realtà, di migliorie . 3.- Osserva la Corte che i motivi di ricorso - là dove non sono inammissibili perché veicolano censure in fatto non deducibili in sede di legittimità - sono infondati perché il giudice del merito ha correttamente applicato il principio per il quale in tema di spese relative alle parti comuni di un bene, come l'obbligo di partecipare ad esse incombe su tutti i comunisti in quanto appartenenti alla comunione ed in funzione delle utilità che la cosa comune deve a ciascuno di essi garantire, così il diritto al rimborso pro quota delle spese necessarie per consentire l'utilizzazione del bene comune secondo la sua destinazione spetta al partecipante alla comunione che le abbia anticipate per gli altri in forza della previsione dell'art. 1110 cod. civ., le cui prescrizioni debbono ritenersi applicabili, oltre che a quelle per la conservazione, anche alle spese necessarie perché la cosa comune mantenga la sua capacità di fornire l'utilità sua propria secondo la peculiare destinazione impressale Sez. 2, Sentenza n. 12568 del 27/08/2002 . Invero, le spese per la conservazione, nel caso di inattività degli altri comproprietari, da accertare in fatto, possono essere anticipate da un partecipante al fine di evitare il deterioramento della cosa, cui egli stesso e tutti gli altri hanno un oggettivo interesse, e di esse può essere chiesto il rimborso cfr. Sez. 2, Sentenza n. 11747 del 01/08/2003 Sez. 2, Sentenza n. 253 del 08/01/2013 . La natura necessaria delle spese è stata accertata dal giudice del merito con apprezzamento in fatto incensurabile in questa sede sostituzione della serranda del box, rotta a seguito di tentativo di furto e taglio degli alberi che stavano rovinando sulle autovetture . Peraltro, come ha ben evidenziato il tribunale - pure alla luce di un accertamento in fatto non adeguatamente censurato circa l'interpretazione delle condizioni della separazione consensuale - altro sono le spese condominiali straordinarie rispetto a quelle di conservazione ex art. 1110 c.c., di cui il ricorrente è tenuto a corrispondere la propria quota in virtù della comproprietà dell'immobile. Quanto alla dedotta decadenza dall'ammissione del teste D.M. , correttamente il tribunale ha evidenziato che il giudice di pace non poteva far ricadere sull'attrice le conseguenze della propria precedente omissione pretermissione della teste tempestivamente indicata e successiva integrazione del provvedimento su istanza dell'attrice . Il ricorso, dunque, deve essere rigettato. Le spese del giudizio di legittimità - liquidate in dispositivo - seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.