Il diritto di veduta non è uguale per tutti

All’interno del Condominio, sussiste un diritto di veduta dei singoli condòmini ed un diritto di veduta comune la legittimazione attiva nel primo caso spetta non all’amministratore a nome del condominio ma esclusivamente ai singoli condòmini.

Questo è il principio di diritto affermato dalla Cassazione Civile nella sentenza n. 1549/16, depositata il 27 gennaio. Il fatto. A iniziare il giudizio, poi scaturito nella sentenza della Corte Suprema, era stato un Condominio che chiedeva al Tribunale di ordinare la condanna di un condòmino alla distruzione di alcune gronde in aderenza al muro condominiale che quest’ultimo aveva realizzato ledendo, a dire del Condominio, il diritto di veduta di tutti i rimanenti condòmini. La domanda veniva rigettata dal Tribunale con sentenza poi totalmente riformata dalla Corte di appello quale giudice del gravame. Avverso tale ultima decisione proponeva ricorso in Cassazione il condòmino che aveva edificato il manufatto con sette differenti motivi di reclamo. All’interno del condominio sussiste un diritto soggettivo ed un diritto condominiale di veduta. La Corte di Cassazione accoglieva due dei sette motivi proposti sulla base di un convincente ragionamento giuridico la Corte, infatti, ricordava la differenza sostanziale tra la tutela apprestata dall’ordinamento in relazione all’articolo 873 c.c. relativo alle distanze tra le costruzioni e quella, del tutto autonoma, relativa al diritto di veduta delle singole unità immobiliari e quindi di ciascun proprietario di appartamento. La legittimazione ad agire per il diritto di veduta soggettivo spetta solo al condomino che ne è titolare. Sulla base di tale distinzione, la sentenza in commento rileva come la legittimazione ad agire per la specifica tutela dei diritti di veduta non può che appartenere ai singoli condòmini . Veniva pertanto accolto il motivo di reclamo, proposto dal condòmino, relativo alla carenza di legittimazione attiva del Condominio a fare valere, tramite il proprio amministratore, un diritto appunto quello di veduta del singolo condòmino che non avendo natura condominiale e di parte comune non può essere reclamato dal Condominio. All’interno del Condominio, afferma pertanto la Corte, possono sussistere un diritto di veduta del titolare della proprietà di ciascun singolo appartamento, e che pertanto solo quest’ultimo può far valere in giudizio, ed un diritto di veduta comune a tutti o ad alcuni condòmini in quanto esercitato ad esempio dalle finestre delle scale del Condominio. Anche per quanto riguarda il rispetto delle distanze si deve chiarire se ci si riferisce a parti comuni o private. Proprio applicando tale ragionamento, e tale distinzione tra il diritto del singolo e il diritto comune, la Corte di Cassazione accoglieva un altro motivo di gravame, in quanto dalla ctu espletata in corso di causa non era emerso chiaramente se le tettoie installate dal condòmino ledessero non rispettando le distanze previste per legge parti comuni o parti private dello stabile. E’ agevole osservare come tale distinzione è fondamentale proprio per il motivo indicato poc’anzi e cioè per stabilire chi avesse la legittimazione attiva, tra i singoli condòmini e l’amministratore quale rappresentante del Condominio, per far valere in giudizio le supposte violazioni. Si deve sempre tener presente, in altre parole, che nel Condominio convivono parti private dei singoli e parti condominiali, e che le violazioni dei diritti dei singoli non possono come viceversa è accaduto nel caso esaminato essere fatte valere dal Condominio.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 9 dicembre 2015 27 gennaio 2016, n. 1549 Presidente Mazzacane Relatore Oricchio Considerato in fatto Il Condominio di via di R. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Chiavari il condomino R.P. rappresentando che lo stesso aveva realizzato una costruzione ed apposto gronde in aderenza al muro condominiale con ciò ledendo il diritto di veduta di tutti i rimanenti condomini ed alterando l'aspetto estetico ed architettonico dell'edificio condominiale. Chiedeva, quindi, parte attrice la condanna del convenuto alla rimessione in pristino mediante demolizione dei manufatti. Costituitosi in giudizio il R. contestava l'avversa domanda deducendone l'infondatezza e chiedendone il rigetto. L'adito Tribunale, con sentenza n. 275/2006, rigettava la domanda proposta dal Condominio, che veniva condannato al pagamento della metà delle spese di lite e di ctu. Avverso la suddetta decisione interponeva appello il Condominio, chiedendo la riforma dell'impugnata sentenza. Resisteva al gravame il R. , formulando inoltre - appello incidentale quanto alla ripartizione delle spese processuali. L'adita Corte di Appello di Genova, con sentenza n. 382/2010, in accoglimento dell'appello principale condannava il R. a rimuovere dal proprio giardino due pergolati e le tre tettoie in atti individuate, nonché a rifondere le spese di lite. Per la cassazione della succitata decisione della Corte territoriale ricorre il R. con atto affidato a sette ordini di motivi. Resiste con controricorso il Condominio intimato. Nell'approssimarsi dell'udienza hanno depositato memorie ai sensi dell'art. 378 c.p.c. entrambe le parti. Ritenuto in diritto 1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di violazione dell'art. 1130 e 1131 c.c. ai sensi dell' art. 360 n. 3 c.p.c. . 2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di violazione dell'art. 100 c.p.c. ai sensi dell' art. 360, n. 4 c.p.c. . 3.- Con il terzo motivo parte ricorrente lamenta, ai sensi dell’ art. 360, n. 3 c.p.c. la falsa applicazione dell'art. 873 c.c. . 4.- Con il quarto motivo del ricorso si prospetta il vizio di omessa motivazione su un fatto controverso decisivo per il giudizio ovvero l'esistenza di una profondità dei pergolati tale da richiedere l'arretramento, ma non anche la loro rimozione ex art. 360, n. 5 c.p.c 5.- Gli esposti primi quattro motivi del ricorso possono trattarsi congiuntamente per la loro connessione ed in quanto relativi all'aspetto della controversia relativo agli anzidetti pergolati. I motivi sono del tutti infondati. Non sussiste, nell'ipotesi, la carenza di legittimazione passiva in capo all'Amministratore del Condominio come prospettato col primo motivo del ricorso . La questione che, peraltro, non viene allegata come motivo già prima svolto nel corso del giudizio è infondata. Innanzitutto risulta adottata in data 14 dicembre 1991 delibera con cui l'assemblea condominiale disponeva di promuovere causa . Inoltre L'Amministratore del Condominio ben poteva intraprendere le azioni necessarie a difesa della proprietà condominiale al cospetto delle prospettate violazioni ascrivibili al R. e compromettenti il generale interesse della tutela delle parti condominiali. Tale considerazione comporta altresì e conseguentemente l'infondatezza del secondo motivo relativo alla pretesa mancanza di interesse sia del Condominio che dei singoli condomini. Infatti quest'ultimi sia il primo che i secondi , in ordine alle di loro rispettive proprietà, avevano interesse alla tutela delle stesse porzioni immobiliari. Giova, in proposito, evidenziare immediatamente la differenza fra la tutela apprestata dall'ordinamento in relazione all'art. 873 c.c. e quella, differente e di cui si dirà in seguito sub 6 , relativa al diritto di veduta della singola unità immobiliare e, quindi, di ciascun proprietario di appartamento, con tutte le ovvie conseguenze in tema di legittimazione ad agire. D'altra parte, l'ampia previsione dell'art. 873 c.c. ben giustificava e costituiva il fondamento, nella fattispecie, dell'interesse alla tutela delle proprietà nei confronti ed al cospetto di attività e realizzazioni di opere individuate come lesive. Infondata è anche la questione di cui al terzo motivo relativa alla configurazione della natura dei pergolati di cui in ipotesi. Quest'ultimi, in quanto realizzazioni stabilmente ancorate al suolo, non potevano che essere inquadrate nel novero concettuale di costruzione e, quindi, come tale lesiva dei diritti azionati in giudizio. Neppure sussiste il difetto motivazionale lamentato con il quarto motivo del ricorso,a mezzo del quale si richiede - nella sostanza - di ritenere che l'esistenza della profondità dei pergolati era tale da richiedere l'arretramento e non anche la loro rimozione . L'impugnata sentenza risulta, in punto, fondata su congrua motivazione esente da vizi logici riscontrabili in questa sede. Deve, per più al riguardo, riaffermarsi ad ulteriore riprova dell'infondatezza del quarto motivo noto principio già affermato da questa Corte Cass. civ., Sez. Seconda, Sent. 27 aprile 2006, n. 9640 , secondo cui deducendo che era sufficiente, ai fini del rispetto delle distanze ed allo scopo precipuo di ottenere - in luogo della demolizione - a disposizione e l'adozione di altri specifici accorgimenti è sempre||e^essario che la parte interessata chieda al Giudice stesso l'adozione di tale potere cosa non risultante nella fattispecie . I primi quattro motivi del ricorso devono, dunque, essere tutti respinti. 6.- Con il quinto motivo si deduce la violazione degli artt. 1130 e 1131 c.c. in relazione all' art. 360 n. 3 c.p.c. in quanto la legittimazione ad agire per la tutela dei diritti di veduta spetta a ciascun singolo condomino che ne è titolare esclusivo e non all'amministratore del condominio . Il motivo è fondato. La legittimazione ad agire per la specifica tutela dei diritti di veduta non può che appartenere ai singoli condomini. In assenza di ogni altra allegazione quanto alla possibilità di coesistenza di vedute di singoli condomini e di vedute quali, ad esempio, quelle delle finestre delle scale del condominio, il diritto di veduta a favore delle singole unità abitative è proprio del titolare della proprietà di ciascun singola appartamento e, pertanto, non del Condominio, ma del singolo condomino-proprietario. Il motivo qui scrutinato deve, quindi, essere accolto. 7.- Con il sesto motivo si censura l’ insufficiente motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio ovvero circa il mancato rispetto delle distanze punto più sporgente tettoie e facciata muro condominiale . In proposito, richiamandosi quanto innanzi già affermato pur se con riferimento al diverso aspetto della legittimazione processuale sub 5. e 6., va considerato quanto segue. La valutazione delle prescritte distanze con riferimento al punto massimo di sporgenza delle tettorie andava comunque svolta con specifica e chiara motivazione in punto di calcolo delle stesse con riguardo alla lesione di diritti individuali di singoli condomini e/o di diritti inerenti beni condominiali. Differente sarebbe, infatti, la soluzione da dare in concreto alla vicenda se si trattasse di computo distanze nei confronti si singola proprietà individuale di un condomino ovvero nei riguardi di beni condominiali. A tale principio non può non ispirarsi una attenta valutazione del denunciato aspetto del mancato o meno rispetto delle distanze in relazione al quale viene mossa la censura di carenza motivazionale. Poiché, in proposito, la motivazione della gravata decisione appare carente il motivo in esame deve ritenersi fondato e va, conseguentemente accolto. 8.- Con il settimo motivo si deduce la violazione dell'art. 1102 c.c. in rapporto all'art. 907, 3 co. c.c. in relazione all' art. 360, n. 3 c.p.c. Parte ricorrente prospetta la asserita necessità, nella fattispecie, della verifica della prevalenza o meno delle norme di uso comune 1102 su quelle relative alle distanze legali 907, 3 co. c.c. . La prospettata censura è del tutto destituita di fondamento. Nessuna norma di uso comune può né risulta mai essere stata utilizzata a tal fine comportare il superamento delle prescrizioni di legge in materia di rispetto delle distanze legali. L'impugnata sentenza è quindi, del tutto immune dalla formulata censura che non può essere accolta. 9.- In conseguenza dell'accoglimento del quinto e del sesto motivo del ricorso, va disposta la cassazione dell'impugnata sentenza ed il rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Genova affinché la stessa decida la controversia uniformandosi ai principi innanzi enunciati. P.Q.M. La Corte accoglie il quinto ed il sesto motivo del ricorso, rigettati i rimanenti, cassa l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Corte di Appello di Genova.