Vietato l'uso più intenso della cosa comune

Il condomino può mettere in comunicazione tra loro due proprietà appartenenti a diversi condomìni? Così facendo, i beni comuni vengono utilizzati in modo più intenso?

Rispondere al quesito, evidentemente, è una impresa ardua visto che la causa, iniziata nel 1987, ha richiesto ben tre diverse pronunce della Cassazione nel 1998 n. 6069 , nel 2004 n. 20202 e, infine, nel 2015 n. 20339 . Ma per quale motivo scoppia la lite? Questa volta si tratta di un condomino, proprietario di un unico vano all'interno di un condominio, che cerca di farsi spazio” collegando il monovano con un appartamento sottostante, peccato che questo appartenga ad un condominio diverso Cass., sent. n. 20339/15, depositata il 9 ottobre scorso . Il caso. Le tesi a confronto, ovviamente diametralmente opposte, sono due e determinano una vera e propria raffica di giudizi altalenanti. Alcuni condomini insorgono perché, secondo il loro punto di vista, il collegamento sarebbe stato illegittimo in quanto determinerebbe un uso maggiore e più intenso del monovano, qualificato come semplice ripostiglio”. E' mai possibile che la partecipazione alle spese condominiali venga rapportata ad un ripostiglio mentre il proprietario lo utilizzi come un appartamento? Detta in altri termini, il proprietario del monovano avrebbe dovuto concorrere alle spese condominiali in maniera maggiore essendo proprietario di un immobile più grande di quello originario. A questo punto, piuttosto che chiedere la revisione delle tabelle millesimali, si preferisce chiedere la riduzione in pristino. Di contro, e non poteva essere diversamente, il proprietario del monovano ritiene i lavori del tutto legittimi in quanto i due immobili erano da tempo immemorabile collegati tra loro attraverso una botola che era stata semplicemente riadattata”, mentre i due condomini erano e restavano tra loro distinti. L'altalena dei giudizi si protrae per quindici anni. Sta di fatto che per due volte la Corte d'appello rigetta il ricorso ritenendo le opere legittime, la sentenza viene puntualmente impugnata dal condominio e, per due volte, Piazza Cavour ribalta l'esito del giudizio accogliendo la tesi dei condomini dissenzienti. Alla terza occasione la Corte territoriale, a cui era stato demandato il compito di accertare se effettivamente il collegamento preesistente tra i due immobili fosse stato realizzato in tempi immemorabili, dichiara le opere di collegamento illegittime. Secondo il giudice di merito si trattava di una semplice botola da considerare un mero accessorio funzionale allo sbocco dell'appartamento sul terrazzo . Il punto focale, quindi, si sposta a finire sotto la lente, quindi, non è più l'esistenza o meno del collegamento tra le due unità immobiliari appartenenti a diversi condomìni bensì la funzione della botola di collegamento che, originariamente, a quanto pare, serviva ad assolvere ad una funzione diversa da quella a cui era stata successivamente destinata. Su tali considerazioni, la Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza resa il 13 maggio 2015, e depositata in cancelleria solo il successivo 9 ottobre, ha posto finalmente la parola fine alla diatriba trascinatasi per 15 anni escludendo la legittimità del collegamento tra le due unità immobiliari e, conseguentemente, tra i due condomìni. Vietato l'uso più intenso della cosa comune. La Cassazione, con la sentenza in commento, accoglie la tesi di chi vede il collegamento tra i due edifici illegittimo in quanto determina un uso più intenso del monovano a discapito dei condomini appartenenti allo stesso condominio. 100 euro di risarcimento. Quanto alla domanda risarcitoria avanzata dal condominio, abbiamo una condanna simbolica” il proprietario del monovano viene condannato ad un risarcimento di soli 100 euro. A quanto pare tutti ne fanno una questione di puntiglio ed anche questo aspetto viene impugnato in Cassazione. Gli Ermellini, peraltro, confermano anche questo della pronuncia del giudice d'appello. Secondo la Cassazione, il danno lamentato dal condominio esiste ma, mancando elementi per la sua valutazione, è stato quantificato dal giudice d'appello in una somma equitativa simbolica”. Con la sentenza in commento il Palazzaccio ha la mano più pesante, la sentenza contiene la condanna al risarcimento delle spese legali pari a 4.200 euro oltre accessori e spese.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 13 maggio – 9 ottobre 2015, n. 20339 Presidente Mazzacane – Relatore D’Ascola Svolgimento del processo La causa pende dal 1987. È stata avviata dal Condominio di Via OMISSIS contro M.P. , per denunciare la modificazione dello stato dei luoghi attuata dal condomino mettendo in comunicazione un unico vano al quarto piano, di cui egli era proprietario, con il sottostante appartamento facente parte dell'edificio attiguo, avente ingresso da via OMISSIS . Il convenuto ha resistito sostenendo che le unità immobiliari facevano parte di unico condominio. La domanda è stata respinta dal tribunale di Napoli nel 1991 e dalla Corte di appello nel 1994. Nel 1998 la sentenza 6069/98 della Corte di Cassazione ha accolto per quanto di ragione il ricorso dei condomini m.g. e Ma.Gi. e ha dichiarato assorbito quello incidentale di M. . Ha ritenuto che il collegamento era illegittimo perché determinava un uso da parte del sig. M. non consentito dall'art. 1102 c.c., in quanto certamente maggiore e più intenso di quello derivatogli dall'essere proprietario del vano di via OMISSIS . La Corte di appello di Napoli nel novembre 2000 ha confermato il rigetto del gravame. La Corte di Cassazione con sentenza 20202/2004 ha nuovamente cassato la sentenza della Corte di appello di Napoli. Ha ritenuto che quest'ultima avesse stravolto il senso della sentenza del 1998, perché la verifica circa l'esistenza da tempo immemorabile di un collegamento tra le due unità immobiliari di proprietà M. doveva essere fatta sul presupposto che il collegamento tra le due unità immobiliari determinava un uso non consentito ex art. 1102 c.c La Corte di appello aveva Invece ritenuto in sé legittime le opere realizzate dal convenuto al di fuori della misura e nei limiti sopraindicati, specificamente posti dalla sentenza rescindente . A seguito della seconda cassazione, la Corte di appello di Napoli si è pronunciata per la terza volta nel settembre 2008, con sentenza notificata il 16 ottobre 2008. Ha dichiarato illegittime le opere di collegamento del vano di via con l'unità immobiliare di via . Ha osservato che dal collegamento, effettuato dal convenuto, tra l'unità di insignificante valore condominiale con l'altra, era derivato per i condomini di Via OMISSIS uno sproporzionato ingiustificato aggravio, perché egli godeva i servizi di quel condominio. Ha sottolineato l'autonomia della destinazione dei due cespiti, perché, ferma l'unità strutturale, i cespiti di via risultano gestiti con criteri autonomi rispetto a quelli aventi accesso da via . . Ha condannato M. a ripristinare l'integrità del solaio, scegliendo se conservare la via di accesso soltanto interna al vano superiore, in tal caso chiudendo l'accesso esterno al vano della via , oppure conservare tale accesso esterno, eliminando contemporaneamente qualsiasi collegamento tra il vano e il sottostante appartamento. Ha fissato in Euro 100 il risarcimento dei danni. Marrano ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 15.12.2008. I tre condomini Ma. , R. e S.D.C. hanno resistito con controricorso. Nel settembre 2014 è stata disposta notificazione al Condominio di via OMISSIS , che è rimasto intimato. Motivi della decisione 2 Per due volte la Corte di appello ha ritenuto legittima l'opera di collegamento tra la casa M. di via e la piccola unità immobiliare di via . Perte due volte la Cassazione ha annullato tale statuizione. Con la terza pronuncia la Corte di appello di Napoli ha dichiarato l'illegittimità del sistema di collegamento tra i due vani. 2.1 Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 383, 392, lamentando che la Corte di appello abbia considerato irrilevante sentenza, pag.4, in principio la indagine sulla condizione della preesistente botola di comunicazione tra le due unità immobiliari, che era invece oggetto dell'accertamento richiesto dalla prima sentenza della Corte di Cassazione. La doglianza è infondata. La sentenza 6069/98 in accoglimento del ricorso degli attori ha stabilito che il collegamento volto a consentire un uso più intenso della cosa comune era illegittimo. Ha rinviato al giudice di merito il compito di verificare se però detto collegamento preesistesse da tempo immemorabile, in considerazione della botola cui aveva fatto riferimento il convenuto nel ricorso incidentale. La sentenza qui impugnata ha eseguito la valutazione che le era richiesta. Ha infatti considerato le opere eseguite, descritte nella prima sentenza di appello. Ha stabilito che la botola era da considerare un mero accessorio funzionale allo sbocco dall'appartamento sul terrazzo. Ha ritenuto che da una serie di elementi documentali era da escludere che il collegamento preesistente avesse originariamente le caratteristiche e soprattutto la funzione che il convenuto gli aveva voluto imprimere, cioè di far diventare l'ingresso di via il principale accesso per l'appartamento che ricadeva nella parte di condominio avente accesso da via . In tal modo la Corte di appello ha fatto venir meno le ragioni di quello scrupolo che aveva indotto la Corte di Cassazione nella prima sentenza e ha ritenuto che nulla si opponesse alla adozione delle conseguenze volute dalla Cassazione quando aveva giudicato illegittimo il collegamento denunciato dagli attori. Vi è stata dunque fedele e coerente esecuzione dei dettami del giudice di legittimità, dettami che non erano stati rispettati dalla seconda sentenza di appello, cassata perché aveva svolto nuova autonoma valutazione circa la legittimità dell'opera denunciata. 3 Trova in questo modo rigetto anche il secondo motivo, che denuncia vizi di motivazione e sostiene che la Corte avrebbe omesso tutti gli accertamenti e le valutazioni relative alla preesistenza del collegamento. Come si è detto, la Corte di appello ha infatti dato conto della consistenza del collegamento preesistente, mirando opportunamente alla verifica che le era richiesta stabilire se l'appartamento della scala di via godesse originariamente di un accesso da via tale da far ritenere che le nuove modifiche non avessero creato un uso più intenso delle parti comuni relative a questo ingresso. Rispetto a questa verifica sono irrilevanti e comunque non decisive le circostanze indicate nel motivo di ricorso, relative per lo più alla compenetrazione e ai collegamenti tra le due parti del caseggiato. È stata infatti la stessa sentenza di questa Corte del 1998 a determinare che vi è unicità del condominio, sicché l'indagine da eseguire - ed eseguita - atteneva soltanto alla preesistenza di un collegamento paragonabile a quello denunciato, restando superfluo ogni elemento di contorno o la riconsiderazione della complessiva situazione condominiale. 4 Il terzo motivo espone violazione e falsa applicazione degli artt. 1102 e 1118. Il ricorrente si duole del fatto che sia stato inibito al proprietario di un appartamento facente parte di un complesso condominiale unitario di fare uso di una scala di accesso che serve solo alcuni appartamenti del medesimo complesso. Trattasi di censura inammissibile, in quanto volta a far modificare o correggere quanto dalla Corte di Cassazione stabilito definitivamente nel 1998, allorché ebbe ben presente la condizione unitaria del condominio e tuttavia considerò illegittima l'opera nuova di cui ancora qui si discute alla luce dei principi desunti dall'art. 1102 c.c Va in proposito ribadito che ai sensi dell'art. 384, primo comma cod. proc. civ., l'enunciazione del principio di diritto vincola sia il giudice di rinvio sia la stessa Corte di cassazione, nel senso che, qualora sia nuovamente investita del ricorso avverso la sentenza pronunziata dal giudice di rinvio, deve giudicare muovendo dal medesimo principio di diritto precedentemente enunciato e applicato da detto giudice, senza possibilità di modificarlo. Cass. 10037/01 . 5 Anche il quarto motivo è infondato. Esso concerne le statuizioni relative agli obblighi gravanti sul sig. M. a seguito dell'accertamento di illegittimità delle opere eseguite eliminazione del collegamento ovvero chiusura dell'accesso esterno alla scala che reca all'ingresso di via . Secondo parte ricorrente vi sarebbe stata violazione dell'art. 112 cpc, sotto il profilo della non corrispondenza tra chiesto e pronunciato, perché la richiesta formulata inizialmente concerneva la chiusura dell'accesso che del solaio che delimitava il complesso condominiale di via OMISSIS , mentre l'esistenza di un unico condominio avrebbe dovuto portare al rigetto della domanda perché fondata su un presupposto errato. La diversità tra il bene cui si era chiesto di intervenire manufatto comune di delimitazione del perimetro condominiale e il bene su cui si è statuito di intervenire solaio intermedio di proprietà esclusiva configurerebbe il vizio denunciato. La censura è priva di pregio per due considerazioni la prima risiede nella già ricordata circostanza che l'unicità del condominio denominato è stata già valutata dalla prima sentenza di questa Corte e non è stata ritenuta di ostacolo all'enunciazione del principio e all'accoglimento del ricorso della parte odierna resistente. La seconda è data dalla circostanza che l'oggetto della pretesa era chiaramente determinato dalla richiesta di far cessare l'indebito uso dell'accesso al ripostiglio di via come ingresso principale dell'appartamento avente originariamente accesso da via . Questa interpretazione della domanda è chiara dalle sentenze di legittimità e da quella di merito qui impugnata. Le modalità per la realizzazione dell'inibitoria accolta non sono individuative della domanda e sono state, con una dose di originalità, rimesse dalla Corte di appello alla scelta dell'obbligato, odierno ricorrente, tra due alternative. Ciò evidenzia che quanto si aveva di mira, con la domanda e con la sentenza di accoglimento, è il conseguimento del risultato inequivocabilmente richiesto. Non vi è stata quindi ultrapetizione. 6 Da rigettare è infine anche la censura relativa alla liquidazione - in Euro 100 - del danno arrecato ai condomini. Secondo parte ricorrente, in assenza di prova la domanda risarcitoria avrebbe dovuto essere respinta. La Corte di appello avrebbe errato nel liquidare il danno equitativamente . La censura non merita accoglimento. È vero infatti che il dispositivo qualifica il risarcimento come somma equitativa simbolica”, espressione inusitata ed evocativa di concetti che sono usati impropriamente. Tuttavia la motivazione offerta sottrae la sentenza alla critica per violazione dell'art. 114 c.p.c. e dell'art. 2697 c.c Consta infatti che il danno è stato ritenuto esistente, perché costituito dal maggior transito, ritenuto indebito, per le parti comuni. In mancanza di specifici elementi per una maggior quantificazione, è stato apprezzato nell'importo minimale secondo un apprezzamento corrente in relazione ai rapporti condominiali la lesa condominialità, afferma la Corte di appello . Si è quindi rientrati nell'alveo di un accertamento effettivo e di una determinazioni Xrazionalmente motivata, sì da escludere che sussistano le violazioni di legge denunciate. Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo, in relazione al valore della controversia. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese di lite liquidate in Euro 4.000 per compenso, 200 per esborsi, oltre accessori e spese di legge.