Possibile la condanna dell'appaltatore chiamato in causa

Il condominio può chiamare in causa l'appaltatore per essere manlevato, in caso di soccombenza, dal risarcimento dei danni chiesti dal singolo condomino. Respinta la tesi della ditta che inquadrava la fattispecie all'interno della garanzia impropria. Secondo la Cassazione, si configura una ipotesi di chiamata del terzo responsabile” per cui, conseguentemente, la sentenza può bacchettare” l'appaltatore chiamato in causa.

A stabilirlo è stata Corte di Cassazione con la sentenza n. 12598 depositata in cancelleria in data 18 giugno 2015. Tutto prende origine dai lavori di ristrutturazione. In occasione di alcuni lavori condominiali, uno dei condomini subisce alcuni danni e si rivolge nei confronti del condominio per chiedere il loro integrale risarcimento. Il condominio, citato in giudizio, come da copione, chiama in causa la ditta a cui erano stati appaltati i lavori ed il direttore dei lavori che, evidentemente, non aveva vigilato sulla loro realizzazione. Il Tribunale rigettava la domanda mentre la Corte d'appello ribaltava l'esito del giudizio. L'appaltatore, ovviamente, non gradiva la sentenza della Corte territoriale che veniva impugnata in cassazione. I motivi di ricorso. Secondo l'appaltatore la Corte d'appello aveva deciso extra petita estendendo ai terzi ovvero ad essa ditta appaltatrice , gli effetti della domanda. In altre parole, secondo il ricorrente, il condomino aveva citato in giudizio il condominio che, a sua volta, aveva chiamato in causa i terzi chiedendo di essere manlevato in caso di esito negativo del giudizio. La sentenza di condanna, quindi, doveva essere proposta solo nei confronti del condominio che, a sua volta, avrebbe dovuto agire nei confronti dei terzi. La Corte, avrebbe errato nell'estendere ai terzi chiamati la sentenza di condanna. Il parere della Cassazione. L'impostazione del ricorrente non può essere accolta. Gli Ermellini hanno chiarito che, quando il convenuto in un giudizio di responsabilità civile chiami in causa un terzo quale corresponsabile dell'evento, chiedendo di essere manlevata nell'ipotesi in cui vengano riconosciute le pretese dell'attore, l'atto di chiamata deve essere interpretato come chiamata del terzo responsabile” e non come chiamata in garanzia impropria”. Essenziale la volontà del convenuto. Piazza Cavour punta la lente sulla volontà del convenuto che effettua la chiamata in causa del terzo responsabile. Con tale atto, a prescindere dalla sua denominazione, il convenuto mira ad estendere al terzo gli effetti della domanda principale. Di conseguenza, il giudice, effettuati i necessari adempimenti preliminari, qualora riconosca fondata la chiamata in causa, può emettere la sentenza di condanna direttamente nei confronti del terzo responsabile chiamato in causa. Alcuni precedenti. Secondo la consolidata giurisprudenza della Cassazione Cass. n. 5057/10 Cass. n. 1522/06 Cass. n. 155563/04 Cass. n. 4740/03 Cass. n. 6771/02 Cass. n. 135/98 , quando il terzo sia stato chiamato in causa dal convenuto quale soggetto effettivamente e direttamente obbligato alla prestazione pretesa dall’attore, la domanda risarcitoria si estende automaticamente al terzo chiamato in causa senza la necessità di una istanza espressa. Il giudizio, infatti, mira ad individuare il soggetto materialmente tenuto alla prestazione risarcitoria nei confronti dell'attore. Garanzia propria o impropria? In linea di principio la garanzia potrebbe assumere due diverse figure la garanzia propria e la garanzia impropria. Si ha garanzia propria quando - la domanda principale e quella di garanzia trovano il proprio fondamento sullo stesso titolo - vi sia una connessione obiettiva tra i titoli delle due domande - il fatto generatore della responsabilità sia identico. In tale ipotesi che ricorre, per esempio, nel caso della garanzia per evizione ex art. 1476 c.c. trova applicazione l'art. 32 c.p.c. che prescrive La domanda di garanzia può essere proposta al giudice competente per la causa principale affinché sia decisa nello stesso processo. Qualora essa ecceda la competenza per valore del giudice adito, questi rimette entrambe le cause al giudice superiore assegnando alle parti un termine perentorio per la riassunzione . La garanzia impropria, invece, ricorre quando il convenuto miri a ribaltare” sul terzo le conseguenze negative della lite facendo affidamento su un titolo diverso da quello dedotto con la domanda principale. Il che potrebbe accadere, in ipotesi, nel caso di vendite a catena della stessa merce ovvero nell'ipotesi in cui il convenuto chiami in causa l'assicuratore per ottenere la manleva in caso di condanna. Tale ipotesi si concretizza, per esempio, attraverso la cosiddetta clausola a richiesta fatta claims made , normalmente inserita nel contratto di assicurazione della responsabilità civile, in virtù della quale l'assicuratore si obbliga a tenere indenne l'assicurato dalle conseguenze dannose dei fatti illeciti da lui commessi anche prima della stipula, se per essi gli sia pervenuta una richiesta di risarcimento da parte del terzo danneggiato durante il tempo per il quale è stata stipulata l'assicurazione Cass. n. 6782/15 Cass. n. 7273/13 Cass. n. 5057/10 Cass. n. 17688/09 Cass. n. 1515/07 Cass. n. 19208/05 . Nel caso della chiamata in garanzia impropria”, il giudicato non si estende automaticamente al terzo chiamato stante l'autonomia sostanziale dei due rapporti, ancorché confluiti in un unico processo. In questo caso, inoltre, poiché le due cause sono distinte ed autonome, la garanzia non può comportare una modifica della competenza ma soltanto consentire la riunione delle cause, se queste sono devolute alla cognizione dello stesso giudice.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 29 gennaio – 18 giugno 2015, n. 12598 Presidente Berruti – Relatore Scrima Svolgimento del processo Con sentenza del 20 marzo 2008 il Tribunale di Bolzano rigettava la domanda proposta da M.L. e Ma.Lu. nei confronti del Condominio e volta ad ottenere il risarcimento dei danni derivati alle loro proprietà esclusive da infiltrazioni d'acqua e dal mancato posizionamento dei lucernai della soffitta nel corso dell'esecuzione dei lavori di pitturazione delle facciate condominiali e di rifacimento del tetto, lavori che il convenuto aveva appaltato rispettivamente alla Alberti Aldo di Alberti Aldo & amp Co. s.n.c. e alla Alberti Coperture di Alberti Daniele e lidia s.n.c. dichiarava assorbite le domande di manleva che il convenuto Condominio aveva proposto nei confronti delle dette società nonché nei confronti del direttore dei lavori, ing. B.T. , e del precedente amministratore condominiale, geom. P.F. , tutti chiamati in causa, e che la Alberti Coperture di Alberti Daniele e Lidia s.n.c. aveva proposto nei confronti della chiamata in causa Alberti Aldo di Alberti Aldo & amp Co. s.n.c. regolava le spese di lite tra le parti. Avverso tale decisione M.L. proponeva appello, cui resistevano tutti gli appellati ad esclusione di Ma.Lu. in particolare il Condominio, con appello incidentale condizionato, riproponeva le domande di manleva avanzate in primo grado e la Alberti Coperture di Alberti Daniele e Lidia s.n.c., con appello incidentale, censurava l'operata compensazione delle spese tra essa e l'appellante e proponeva, altresì, appello incidentale condizionato nei confronti dell'appellata Alberti Aldo di Alberti Aldo & amp Co. s.n.c La Corte di appello di Trento - Sezione distaccata di Bolzano, con sentenza del 26 luglio 2010, in parziale riforma della sentenza impugnata, condannava il Condominio, la Alberti Coperture di Alberti Daniele e Lidia s.n.c., la Alberti Aldo di Alberti Aldo & amp Co. s.n.c. e l'ing. B. , in solido tra loro, al pagamento, in favore di M.L. , dell'importo di Euro 7.669,91, oltre rivalutazione monetaria ed interessi, condannava la Alberti Coperture di Alberti Daniele e Lidia s.n.c. a ripristinare i lucernai rimossi dalla p.m. porzione materiale 59, con disponibilità dell'appellante a pagare l'eventuale differenza di costi tra il modello prescelto e quello comune, regolava tra le parti le spese di lite e quelle di c.t.u Avverso la sentenza della Corte di merito la Alberti Coperture di Alberti Daniele e Lidia s.n.c. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi. Ha resistito con controricorso M.L Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede. Sia la ricorrente che il controricorrente hanno depositato memorie. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo si lamenta violazione degli artt. 106, 99 e 112 c.p.c. in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. nonché omessa o, quanto meno, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all'articolo 360, primo comma, n. 5 c.p.c Sostiene la Alberti Coperture di Alberti Daniele e Lidia s.n.c. che il Condominio avrebbe inequivocabilmente proposto un'azione di garanzia, nella specie c.d. impropria, chiamando in causa l'attuale ricorrente, la Alberti Aldo s.n.c. e l'ing. B.T. quali soggetti tenuti a manlevarlo dagli esiti dell'eventuale condanna pronunciata nei suoi confronti e che, a fronte di siffatta domanda, la Corte di merito avrebbe deciso extra petita e, comunque, con un grave difetto di motivazione, avendo immotivatamente ritenuto che la chiamata operata dal convenuto non fosse avvenuta a titolo di garanzia impropria bensì per indicare e individuare altri soggetti corresponsabili dell'evento dannoso occorso agli attori. Ad avviso della ricorrente, l'impostazione della Corte territoriale avrebbe comportato l'ingiustificata estensione automatica della pretesa degli attori ai terzi chiamati, nonostante non fosse stata proposta, nei confronti di questi ultimi, alcuna espressa e autonoma domanda risarcitoria da parte degli attori. 1.1. Il motivo è infondato. 1.1.1. La Corte di merito ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui, nell'ipotesi in cui la parte convenuta in un giudizio di responsabilità civile chiami in causa un terzo in qualità di corresponsabile dell'evento dannoso, chiedendone, in caso di affermazione della propria responsabilità, la condanna a garantirla e manlevarla, l'atto di chiamata, al di là della formula adottata, va inteso come chiamata del terzo responsabile e non già come chiamata in garanzia impropria, dovendosi privilegiare l'effettiva volontà della chiamante in relazione alla finalità, in concreto perseguita, di attribuire al terzo la corresponsabilità dell'evento dannoso e, pertanto, in tal caso, essendo peraltro unico il fatto generatore della responsabilità prospettata con la domanda principale e con la chiamata dei terzi, si verifica l'estensione automatica della domanda al terzo chiamato, onde il giudice può direttamente emettere nei suoi confronti una pronuncia di condanna, anche se l'attore non ne abbia fatto richiesta, senza per questo incorrere nel vizio di extrapetizione Cass. 3 marzo 2010, n. 5057 v. anche Cass. 7 ottobre 2011, n. 20610, pur riferendosi quest'ultima pronunzia all'ipotesi in cui nei confronti del terzo chiamato non sussista alcun rapporto contrattuale, il che non rileva ai fini dell'applicazione del predetto principio al caso di specie, per quanto sopra evidenziato v. inoltre Cass. 29 luglio 2009, n. 17688 . 1.1.2. A quanto precede deve aggiungersi che la Corte di merito ha correttamente interpretato e qualificato la domanda proposta dal condominio nei confronti dei chiamati in causa quali corresponsabili del fatto generatore del danno e quindi coobbligati alla prestazione pretesa dalla parte attrice ed ha argomentato sul punto con motivazione congrua e priva di vizi logici o giuridici. 1.2. Le censure proposte, sotto entrambi i profili prospettati, non meritano, quindi accoglimento. 2. Con il secondo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697, primo comma, c.c. e 116 c.p.c. art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. nonché omessa o, quanto meno, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Assume la ricorrente che la Corte di merito avrebbe accolto la domanda del M. relativa all'asserito danno per mancato guadagno per non aver potuto concedere in locazione a terzi la p.m. 27 recependo acriticamente il mero dato contabile della c.t.u., senza acquisire alcuna prova -certa circa l'effettiva volontà dei comproprietari di locare il bene e il rapporto causale tra i danni in questione e l'impossibilità della locazione, e non motivando comunque per quale ragione possa ritenersi superabile tale carenza probatoria. 2.1. Il motivo va disatteso, evidenziandosi che con lo stesso vengono poste questioni di fatto non prospettabili in questa sede e osservandosi comunque che la ricorrente non ha dimostrato di aver sollevato censure all'elaborato del C.T.U. nel giudizio di merito in relazione alle questioni proposte con il motivo all'esame. Inoltre, la Corte di merito ha evidenziato che il C.T.U. ha precisato essere stata ritenuta corretta dalle parti l'esposizione dei fatti come riportati a p. 17 della sentenza impugnata, in ordine ai lavori eseguiti, alla loro tempistica e ai danni all'abitazione. Tale affermazione della Corte territoriale non risulta contestata dalla ricorrente, la quale neppure ha censurato l'ulteriore affermazione della medesima Corte secondo cui anche le conclusioni alle quali è pervenuto l'ausiliare del giudice non sono state specificamente contestate dalle parti in causa. Neppure sussistono i lamentati vizi motivazionali. 3. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato. 4. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza tra le parti costituite, mentre non vi é luogo a provvedere per dette spese nei confronti degli intimati, non avendo gli stessi svolto attività difensiva in questa sede. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori, come per legge.