Ci pensano le norme locali a disciplinare le distanze “verticali” per la realizzazione di canne fumarie

L’art. 890 c.c., in tema di distanze per fabbriche e depositi nocivi e pericolosi, rinvia alle norme locali per la definizione delle distanze che devono essere rispettate nella costruzione di forni e camini e, solo in mancanza, demanda l’accertamento al giudice. Ove quindi un regolamento locale indichi in modo specifico l’altezza a cui deve essere posto il comignolo, la disposizione civilistica risulta pienamente integrata e al giudice non residua alcuna discrezionalità al riguardo.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 10814/15 depositata il 26 maggio. Il caso. Il Tribunale di Sassari veniva adito per ottenere la condanna alla realizzazione di alcune modifiche alla canna fumaria realizzata da un vicino dell’attore. Quest’ultimo affermava che i fumi e i resti di combustione, che fuoriuscivano dalla predetta canna fumaria, venivano immessi nella sua proprietà, posta ad una distanza di 8,70 metri, in misura superiore alla soglia di normale tollerabilità. Aggiungeva inoltre che la bocca del camino era stata realizzata in difformità dalle prescrizioni normative che richiedono l’altezza di 1 metro al di sopra del colmo dei tetti per una distanza di almeno 10 metri. Il Tribunale accoglieva la domanda di innalzamento del comignolo, decisione che veniva però riformata in sede di gravame dove la domanda veniva rigettata poiché, affermava la Corte di appello, né le disposizioni codicistiche né il regolamento edilizio all’epoca prevedevano distanze per la canna fumaria, essendo inapplicabile la disposizione invocata dall’attore art. 6, d.P.R. n. 1391/1970 . Avverso detta pronuncia ricorre per cassazione l’attore originario. La disciplina applicabile codice civile e norme locali. Con la prima censura, il ricorrente afferma l’esistenza di una normativa in tema di distanze applicabile alle canne fumarie, contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale, rinvenendola nell’art. 890 c.c La Cassazione precisa infatti che tale disposizione rinvia alle norme locali e, solo in mancanza, demanda l’accertamento al giudice, facendo così riferimento alle distanze stabilite in via regolamentare necessarie a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità, salubrità e sicurezza . Il ricorrente allega inoltre la nocività delle immissioni proveniente dal comignolo del vicino, ma anche se questo punto si rende necessario precisare che, ove vi sia una normativa locale e la canna fumaria in questione sia realizzata in violazione della stessa, vi è una presunzione iuris et de iure della nocività o pericolosità, mentre, se la norma locale manca, la presunzione è iuris tantum . Nel caso di specie, la sentenza impugnata rinvia al regolamento locale di igiene secondo il quale lo sbocco superiore dei fumaioli [] dovrà elevarsi di un metro sul tetto della casa più alta vicina, al momento della costruzione del camino stesso . Viene dunque integrato il disposto dell’art. 890 c.c. con la previsione di una distanza verticale” ed al giudice non residuava dunque alcun potere discrezionale al riguardo. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata, rinviando alla Corte d’appello.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 22 aprile – 26 maggio 2015, n. 10814 Presidente Piccialli – Relatore Correnti Svolgimento del processo Con citazione ritualmente notificata D.B. convenne in giudizio davanti -al Tribunale di Sassari Z.G. esponendo che nel 1991 quest'ultimo aveva realizzato una canna fumaria sulla facciata del proprio immobile i cui fumi e resti di combustione venivano immessi nella proprietà di esso attore posta ad una distanza di m. 8,70 con superamento della normale tollerabilità inoltre la bocca del camino era stata realizzata in difformità dalle prescrizioni stabilenti l'altezza di m. 1 sopra il colmo dei tetti per una distanza di almeno 10 metri chiese la condanna alla realizzazione delle modifiche necessarie ad innalzare la canna fumaria di 1 metro sopra il colmo più alto nell'area di metri 10 circostanti. Il convenuto si costituì con varie eccezioni ed il tribunale accolse la domanda disponendo l'innalzamento del comignolo , decisione riformata, in parziale accoglimento del gravame, dalla Corte di appello di Cagliari, sezione di Sassari, che rigettò la domanda proposta per violazione dell'art. 890 cc osservando che né la norma codicistica né il regolamento edilizio vigente all'epoca prevedevano distanze per la canna fumaria mentre quella di metri dieci era prevista nell'art. 6 comma 15 dpr 139111970, norma dichiarata inapplicabile dal primo giudice, senza censura sul punto di alcuna parte. Ricorre D.B. con quattro motivi, resiste Z Motivi della decisione Col primo motivo si lamentano violazione degli artt. 890 cc, 57 r.e. e 42 reg. di igiene perché contrariamente a quanto reputa la sentenza disciplinano le distanze ed integrano l'art. 890 cc, con quesito. Col secondo motivo si denunzia violazione dell'art. 2697 cpc, recte cc, perché erra la sentenza nel ritenere D. gravato della prova di nocività, con quesito. Col terzo motivo si deducono difetto di motivazione sulla sufficienza della prova offerta da Z. sulla innocuità della fabbrica e violazione degli artt. 111.6 Cost, 112 cpc, 132 cpc. Col quarto motivo si denunzia insufficiente motivazione con indicazione del fatto decisivo non considerato nella nocività o pericolosità della canna fumaria. Ciò premesso si osserva La Corte di appello ha dedotto che né l'art. 890 cc né l'art. 7 del r.e. prevedono distanze per le canne fumarie mentre quella di metri dieci era prevista nell'ari. 6 comma 15 dpr 1391/1970, norma dichiarata inapplicabile dal primo giudice, senza censura sul punto di alcuna parte. In ordine alla nocività o pericolosità il D. non aveva fornito alcuna prova mentre controparte aveva documentato l'esistenza di due provvedimenti giudiziari, in particolare ex art. 700 cpc, che avevano escluso conseguenze nocive per l'appartamento e la salute dell'appellato. Ciò premesso, la prima censura afferma l'esistenza di una normativa sulle distanze esclusa dalla sentenza si legge, invero, a pagina quattro che sia l'art. 890 cc che l'art. 57 del reg. ed. non contengono alcuna prescrizione in tema di distanze ed in particolare la norma regolamentare prevede solo una altezza dei comignoli di almeno un metro dal colmo delle coperture, in modo da evitare danni a terzi per i fumi . Va tuttavia considerato che l'art. 890 cc rinvia alle norme locali e solo in mancanza demanda l'accertamento al Giudice. Se è violata la nonna locale, la nocività o pericolosità è presunta iuris et de iure, mentre se manca la norma locale la presunzione è iuris tantum. Nel caso in esame la sentenza cita l'art. 42 del regolamento locale di igiene il quale prevede che lo sbocco superiore dei fumaioli . .dovrà elevarsi almeno di un metro sul tetto della casa più alta vicina, al momento della costruzione del camino stesso. Una distanza, sia pure in verticale, ë prevista e pertanto ë integrato l'art. 890 cc ed il giudice non aveva alcun potere discrezionale al riguardo. Nel controricorso si sostiene che il regolamento edilizio del 1989 avrebbe abrogato quello di igiene del 1942 ma il rilievo è inesatto in quanto hanno oggetti diversi l'uno lo sviluppo urbanistico, l'altro la tutela della salute . La norma codicistica fa riferimento alle distanze stabilite dai regolamenti e, in mancanza, a quelle necessarie a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità, salubrità e sicurezza. Donde l'accoglimento del primo motivo con assorbimento degli altri. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo, dichiara assorbiti gli altri, cassa sul punto la sentenza impugnata e rinvia, anche per spese, alla Corte di appello di Cagliari.