Condannato in primo grado il condominio, l’amministratore può “dare battaglia”

In tema di controversie condominiali, la legittimazione dell’amministratore del condominio dal lato attivo coincide con i limiti delle sue attribuzioni, mentre dal lato passivo non incontra limiti e sussiste in ordine ad ogni azione, anche di carattere reale o possessorio, concernente le parti comuni dell’edificio. In tale contesto, l’amministratore ha quindi la facoltà di proporre tutti i gravami che successivamente si rendano necessari in conseguenza della vocatio in ius.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 8998, depositata il 6 maggio 2015. Il caso. Tre privati convenivano in giudizio un Condominio, assumendo di essere proprietari del piano interrato, sottostante il fabbricato condominiale ed i due corpi aggiunti attigui, facenti parte del medesimo condominio. I loro locali erano stati adibiti per lungo tempo a garage ed officina meccanica nel 1985, si erano verificate delle infiltrazioni di acqua e, a causa del mancato intervento del Condominio e dell’Amministrazione comunale, questi locali avevano subito dei danni. Gli attori chiedevano quindi che il Condominio venisse condannato all’esecuzione dei lavori necessari per eliminare il pericolo di crolli ed al risarcimento dei danni. Il Condominio si costituiva, chiedendo il rigetto della domanda, proponendo domanda riconvenzionale di risarcimento per la somma pagata per i lavori alle fogne, e chiedendo di chiamare in causa il Comune, il quale si costituiva anch’esso in giudizio. La Corte d’appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza di primo grado, riduceva la somma dovuta dal Condominio in favore degli attori, condannava il Comune al pagamento di una somma di circa 4.500 euro ed imponeva agli attori di restituire al Condominio le somme loro versate in più. I tre proprietari ricorrevano in Cassazione oltre a dedurre delle violazioni processuali, tutte respinte dai giudici di legittimità, lamentavano che la Corte d’appello avesse errato per aver respinto la loro eccezione di inammissibilità dell’appello per mancanza di legittimazione processuale dell’amministratore del Condominio. Anche questo motivo viene però ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione essendo stato chiamato in giudizio il Condominio affinché lo stesso venisse condannato all’esecuzione dei lavori necessari alla parti comuni ed al risarcimento dei danni subiti dai ricorrenti in conseguenza della rovina di tali parti, legittimamente l’amministratore, condannato in primo grado, aveva proposto appello contro tale decisione. Legittimazione processuale dell’amministratore. Gli Ermellini ricordano che, in tema di controversie condominiali, la legittimazione dell’amministratore del condominio dal lato attivo coincide con i limiti delle sue attribuzioni, mentre dal lato passivo non incontra limiti e sussiste in ordine ad ogni azione, anche di carattere reale o possessorio, concernente le parti comuni dell’edificio. In tale contesto, l’amministratore ha quindi la facoltà di proporre tutti i gravami che successivamente si rendano necessari in conseguenza della vocatio in ius . Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 1 dicembre 2014 – 6 maggio 2015, n. 8998 Presidente Petti – Relatore D’Amico Svolgimento del processo D.V., R.V. e N.V. convennero in giudizio il Condominio di via G.B.M. in Napoli assumendo di essere proprietari del piano interrato, sottostante il detto fabbricato condominiale ed i due corpi aggiunti attigui, facenti parte del medesimo condominio. Precisarono che i locali di loro proprietà erano stati adibiti per lungo tempo a garage ed officina meccanica che nei primi mesi del 1985 in tali locali si erano verificate infiltrazioni di acqua che avevano provocato lesioni e fessurazioni nelle pareti che essi, a causa del mancato intervento del condominio e dell'amministrazione comunale avevano subito notevoli danni. Per tali ragioni i V. chiesero condannarsi il condominio all'esecuzione di lavori atti ad eliminare il pericolo di crolli ed al risarcimento dei danni subiti. Il convenuto si costituì contestando la domanda e chiedendone il rigetto. Propose quindi domanda riconvenzionale di risarcimento per la somma di £ 140.000.000, pagata per i lavori alle fogne. Chiese ed ottenne di chiamare in causa il Comune di Napoli nonché la Assitalia spa e la Reliance Insurance che garantivano il Condominio per la responsabilità civile. Si costituì la C. Insurance Company, già Reliance Insurance. Si costituì anche la Assitalia spa. Si costituì infine il Comune di Napoli. Il Tribunale di Napoli, con sentenza del 21 ottobre 2005, condannò il suddetto Comune ad eseguire le opere indicate dal C.t.u., con addebito al Condominio del 20% della spesa occorrente condannò il Condominio al pagamento della somma di E 71.647,76 rigettò le domande di garanzia avanzate dal Condominio nei confronti delle due società assicuratrici e quella di risarcimento proposta da Ace Insurance C. Insurance nei confronti del Condominio. Quest'ultimo propose appello. Il Comune di Napoli si costituì chiedendo il rigetto dell'appello e proponendo appello incidentale. Si costituirono i V. e la Assitalia spa. Si costituì anche la Ace European Group Limited, quale società cessionaria del portafoglio della Ace Insurance SA. La Corte d'appello di Napoli, accogliendo parzialmente l'appello principale del Condominio e quello incidentale proposto dai V., ha condannato il Condominio di via G.B. M. al pagamento, in favore di D. V., N. V. e R. V., della ridotta somma di E 12.538,33, oltre accessori, ed ha condannato il Comune di Napoli al pagamento, in favore dei fratelli V., della somma di E 4.477,97, oltre accessori ha condannato i medesimi fratelli V. alla restituzione, in favore del suddetto Condominio, delle somme loro eventualmente versate in più. Ha dichiarato inammissibile l'appello incidentale proposto dal Comune di Napoli. Propongono ricorso per cassazione D. V., N. V. e R. V., con cinque motivi. Resiste con controricorso il Condominio che presenta memoria. Gli altri intimati non svolgono attività difensiva. Motivi della decisione Con il primo motivo parte ricorrente denuncia Violazione e falsa applicazione di legge degli art. 112 cpc, art. 342 cpc e 345 cpc. Sostengono i ricorrenti che erroneamente la Corte d'appello ha rigettato la sua eccezione, proposta nella comparsa di costituzione in appello, di nullità e inammissibilità dell'atto di appello, per mancata esposizione dei fatti di causa e per mancata esposizione degli elementi di diritto su cui si fonda l'impugnazione. Inoltre, sempre ad avviso dei ricorrenti, l'impugnata sentenza ha omesso di pronunciarsi sulla loro richiesta di dichiarazione di inammissibilità dei nuovi documenti prodotti dal Condominio. Il motivo è infondato. Posto che il mancato esame da parte del giudice di appello, o in unico grado, di una questione meramente processuale sollevata dall'appellato o dal convenuto in unico grado , non può dar luogo a un vizio di omessa pronuncia, che attiene soltanto al mancato esame delle domande di merito e non può assurgere a causa autonoma di nullità della sentenza impugnata, può semmai prospettarsi una nullità della decisione per violazione di norme processuali diverse da quella di cui all'art. 112 c.p.comma in quanto sia errata la soluzione implicitamente data dal giudice alla questione sollevata dalla parte Cass., 25 giugno 2003, n. 10073 . Il ricorrente ripropone censure già esaminate in appello alle quali è stato risposto con congrua e corretta motivazione. Infondata è in particolare la censura relativa alla mancata esposizione dei fatti di causa ed alla mancata esposizione degli elementi di diritto, avendo l'impugnata sentenza accertato che l'atto d'appello contenesse tutti gli elementi necessari, previsti dall'art. 342 c.p.c Per quanto riguarda invece la tardività della produzione di nuovi documenti va rilevato che l'impugnata sentenza non ha fondato la sua decisione sugli stessi, bensì sulla c.t.u. per cui si può ritenere che la domanda sia stata implicitamente rigettata. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 345 cpc Il motivo si conclude con il seguente quesito dica la Suprema Corte, sulla base delle risultanze dei verbali di causa nonché della comparsa di costituzione e della comparsa conclusionale del condominio, tutti relativi al primo grado del giudizio, docomma 5 e 6 se la sentenza impugnata dichiarando fondata la censura dell'appello principale, con la quale il condominio ha lamentato l'eccessiva quantificazione dei danni, assumendo che i danneggiati non avevano goduto dei locali solo per breve periodo dal giugno 1987 all'agosto del 1988 e non per quattro anni come deciso dal Tribunale . Pertanto, solo in relazione al mancato utile percepito in un anno e tenendo conto delle percentuali di responsabilità sopra indicate, può accogliersi la domanda di risarcimento dei danneggiati abbia violato l'art. 345 cpc. Il motivo è infondato. Si ha mutatio libelli quando si avanzi una pretesa obiettivamente diversa da quella originaria, introducendo nel processo un petitum diverso e più ampio oppure una causa petendi fondata su situazioni giuridiche non prospettate prima e particolarmente su un fatto costitutivo radicalmente differente, di modo che si ponga al giudice un nuovo tema d'indagine e si spostino i termini della controversia, con l'effetto di disorientare la difesa della controparte ed alterare il regolare svolgimento del processo si ha, invece, semplice emendatio quando si incida sulla causa petendi, in modo che risulti modificata soltanto l'interpretazione o qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto, oppure sul petitum, nel senso di ampliarlo o limitarlo per renderlo più idoneo al concreto ed effettivo soddisfacimento della pretesa fatta valere Cass., 20 luglio 2012, n. 12621 . Emerge dall'impugnata sentenza che, sulla base dell'accertamento di fatto compiuto dal c.t.u. e delle dichiarazioni testimoniali, sussiste la prova certa della interruzione dell'attività imprenditoriale dei fratelli V., per il solo periodo da agosto 1987 ad agosto 1988, data di conclusione dei lavori di rifacimento della fogna e di ripavimentazione dei locali non risulta invece da quali elementi l'ausiliare abbia tratto la considerazione che, dopo il termine dei lavori del 1988, il tentativo di riprendere l'attività da parte dei V. fu vana. Tale circostanza non risulta da alcuna altra prova. Nel caso in esame non sussiste la denunciata violazione del divieto di domanda nuova da parte dei ricorrenti in quanto l'appellante ha semplicemente contestato il quantum della pretesa risarcitoria, così come statuita dalla sentenza di primo grado. Tale richiesta non comporta il mutamento dei fatti costitutivi del diritto fatto valere e l'introduzione nel processo di un nuovo thema decidendum. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione di legge degli art. 342 e 345 cpc Ad avviso dei ricorrenti la Corte d'appello avrebbe dovuto dichiarare inammissibile l'appello del Condominio per specifica carenza di motivi di gravame. Il motivo è infondato. L'indicazione dei motivi di appello richiesta dall'art. 342 cod. procomma civ. e, nel rito del lavoro, dall'art. 434 cod. procomma civ., non deve necessariamente consistere in una rigorosa e formalistica enunciazione delle ragioni invocate a sostegno dell'appello stesso, richiedendosi invece soltanto una esposizione chiara ed univoca, anche se sommaria, sia della domanda rivolta al giudice del gravame sia delle ragioni della doglianza,all'interno della quale i motivi di gravame, dovendo essere idonei a contrastare la motivazione della sentenza impugnata, avranno la necessità di essere più o meno articolati, a seconda della maggiore o minore specificità nel caso concreto di quella motivazione Cass., 1 aprile 2004, n. 6403 . Nella fattispecie, come correttamente rileva la Corte d'appello, i motivi di impugnazione contengono specifiche argomentazioni di censura della decisione di primo grado, nonché una diffusa esposizione dei fatti di causa, così come richiesto dall'art. 342 c.p.comma Con il quarto motivo si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Sostengono i ricorrenti che la Corte d'appello ha errato nel ritenere che l'interruzione dell'attività imprenditoriale si verificò esclusivamente nel periodo fra agosto del 1997 ed agosto 1998, allorché terminarono i lavori. Senza considerare che il tentativo di riprendere l'attività da parte degli stessi ricorrenti fu vano. A loro avviso pertanto il danno andava liquidato ben oltre i quattro anni indicati nella sentenza di primo grado. 1l motivo è infondato. Il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360, n. 5, c.p.c., sussiste qualora il giudice di merito non abbia tenuto conto alcuno delle inferenze logiche che possono essere desunte dagli elementi dimostrativi addotti in giudizio ed indicati nel ricorso con autosufficiente ricostruzione, e si sia limitato ad assumere l'insussistenza della prova, senza compiere una analitica considerazione delle risultanze processuali Cass., 2 marzo 2012, n. 3370 . La sentenza impugnata, con una congrua e corretta motivazione, ha ritenuto che la quantificazione dei danni era eccessiva perché vi era prova certa dell'interruzione dell'attività imprenditoriale dei fratelli V., solo per il periodo compreso fra agosto 1997, data dell'allagamento ed agosto 1988, data finale dei lavori di rifacimento della fogna e ripavimentazione dei locali non risulta invece, dopo il termine dei lavori, alcuna prova certa del mancato utile percepito. Le critiche dei ricorrenti non superano le argomentazioni della suddetta sentenza e mirano soltanto ad una diversa ed a loro più favorevole ricostruzione dei fatti di causa. Con il quinto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione di legge dell'art. 1131 c.comma e 360 c.p.comma e 1129 C. c. I ricorrenti lamentano che la Corte ha errato per aver respinto la loro eccezione di inammissibilità dell'appello per mancanza di legittimazione processuale dell'amministratore del condominio. Il motivo è infondato. Osserva al riguardo la Corte che, essendo stato chiamato in giudizio il Condominio perché lo stesso fosse condannato all'esecuzione dei lavori necessari alle parti comuni ed al risarcimento dei danni subiti dai ricorrenti in conseguenza della rovina di tali parti, legittimamente l'amministratore, condannato in primo grado, ha proposto appello avverso la relativa decisione. In tema di controversie condominiali, la legittimazione dell'amministratore del condominio dal lato attivo coincide con i limiti delle sue attribuzioni art. 1131 c.c. , mentre dal lato passivo non incontra limiti e sussiste in ordine ad ogni azione, anche di carattere reale o possessorio, concernente le parti comuni dell'edificio. In tale contesto l'amministratore ha la facoltà di proporre tutti i gravami che successivamente si rendano necessari in conseguenza della vocatio in ius Cass., 21 maggio 2003, n. 7958 . La sentenza impugnata si è attenuta ai suddetti principi con congrua e chiara motivazione. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato con condanna di parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano in E 7.200,00, di cui e 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.