Il condomino può legittimamente installare un condizionatore nel seminterrato comune

Ai sensi dell’art. 1102 c.c., è compatibile con il limite del pari uso della cosa comune anche l’uso esclusivo ma limitato della stessa da parte di uno dei condomini e ciò in quanto esso, in rapporto alla funzione della res communis, non incide sulla sostanziale fruizione della medesima da parte degli altri condomini.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 8857/15 depositata il 4 maggio. Il fatto. Il proprietario di varie unità immobiliari condominiali impugnava innanzi al Tribunale di Milano la delibera assembleare, assunta a maggioranza dei presenti, che autorizzava altri condomini a mantenere in loco un condizionatore apposto su una parete condominiale, ma a loro uso esclusivo, sostenendo la necessità di autorizzazione unanime di tutti i condomini, ai sensi dell’art. 1136, n. 5, c.c., posto che la situazione si concretizzava nell’appropriazione esclusiva di una parte delle cose comuni. Rilevava inoltre l’attore la violazione del regolamento condominiale laddove esso vietava in modo assoluto di occupare, anche temporaneamente, spazi condominiali, affermando che la vaschetta per la raccolta delle acque di condensazione e la fioriera posta a sua copertura erano di intralcio e lesive del decoro architettonico dello stabile. Il Tribunale rigettava l’impugnativa, ritenendo che l’apposizione del condizionatore rientrasse nell’ipotesi di uso più intenso della cosa comune, disciplinato dall’art. 1102 c.c., affermazione confermata anche dalla pronuncia della Corte d’appello che viene impugnata dal condomino con ricorso in Cassazione. Il decoro architettonico. La prima censura mossa alla sentenza impugnata lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo, costituito dalla lesione al decoro architettonico dello stabile da parte del condizionatore. Tale doglianza viene ritenuta inammissibile, atteso che la circostanza di fatto lamentata dal ricorrente è stata in realtà oggetto di specifica valutazione da parte dei giudici di merito che hanno escluso una qualsiasi lesione al decoro in quanto il condizionatore risulta apposto nel seminterrato e occupante una porzione limitata di bene condominiale. Ugualmente inammissibile, in quanto comportante la valutazione di clausole negoziali esclusa alla cognizione dei giudici di legittimità, è la doglianza relativa alla supposta violazione del divieto assoluto di occupazione di spazi condominiali sancito dal regolamento condominiale. L’uso esclusivo della cosa comune. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 1102 c.c. per aver la Corte territoriale ritenuto compatibile con il limite del pari uso della cosa comune l’apposizione del condizionatore, che per quanto limitata, occupa in maniera esclusiva una parte del bene comune. Il motivo è privo di fondamento in quanto basato su un assunto errato. L’uso della cosa comune può infatti esplicarsi anche in un limitato uso esclusivo della stessa, che rapportato alla funzione della res communis non incide sulla sostanziale fruibilità della medesima da parte degli altri condomini. In caso contrario, si perverrebbe a legittimare azioni meramente emulative da parte del singolo condomino nei confronti della comunità condominiale . La Corte di Cassazione condivide dunque la valutazione dell’approvazione assembleare assunta a maggioranza dei presenti, quale parametro di compatibilità dell’apposizione del condizionatore di cui si discute, al fine di consentire la prosecuzione dell’utilizzo in tal senso della cosa comune. La volontà espressa dai condomini legittima dunque la coesistenza dei due usi – quello più intenso del condomino e quello generico della comunità dei condomini – quale sicuro parametro di valutazione della legittimità dell’uso del singolo sul bene condominiale . Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 12 febbraio – 4 maggio 2015, numero 8857 Presidente/Relatore Bianchini Fatto e diritto Dato atto del deposito della relazione ex articolo 380 cpc del seguente tenore 1 - L'avv. T.A. , proprietario di varie unità immobiliari in uno stabile sito in omissis , impugnò la delibera condominiale del 18 gennaio 2008, nel punto in cui aveva autorizzato altri condomini - tali S. - C. - a mantenere in loco una macchina moto-condensante collocata sulla parete condominiale ma ad uso esclusivo della unità immobiliare di costoro, posta al piano seminterrato secondo la prospettazione dell'attore, la situazione autorizzata dal Condominio avrebbe consentito agli S. /C. di appropriarsi di una parte della cosa comune la porzione di muro ove era appoggiato il condizionatore , di tal che tale utilizzo avrebbe dovuto essere autorizzato con delibera presa all'unanimità degli aventi diritto al voto o, quanto meno, con la maggioranza richiesta dall'articolo 1136 numero 5 cod. civ., e non, come avvenuto, con l'unanimità del voto dei presenti in assemblea il T. fece altresì valere la violazione dell’articolo 10 del regolamento condominiale - che vietava in modo assoluto di occupare, anche in via temporanea, spazi condominiali - attesa la presenza di una vaschetta di raccolta per le acque di condensazione del condizionatore di un vaso di fiori a celarne la vista e di un tubo di plastica a convogliare le acque di dispersione dall'apparecchiatura alla vaschetta. 2 Il Condominio si costituì sostenendo la piena legittimità della richiesta degli S. /C. mirante allo sfruttamento della cosa comune in modo da non ledere il pari uso degli altri condomini ribadì che la situazione autorizzata non sarebbe stata in contrasto con la norma regolamentare - non essendo di intralcio al passaggio né recando danno ad alcuno e che neppure avrebbe inciso in modo negativo sul decoro dello stabile-. 3 II Tribunale, espletata l'istruttoria, con sentenza numero 9681/2011 rigettò l'impugnativa ritenendo che l'apposizione del condizionatore rientrasse in un'ipotesi di uso più intenso della cosa comune, disciplinato dall'articolo 1102 cod. civ. tale decisione fu impugnata dal T. la Corte di Appello di Milano, con decisione numero 936/2013, rigettò il gravame rilevando a - che la porzione che definì minuscola , sulla scorta delle foto prodotte in causa di muro perimetrale occupata dal condizionatore non sarebbe stata alterata, nella sua funzione di tamponamento, dall'apposizione del macchinario, anche in considerazione della sua amovibilità, se le circostanze l'avessero imposta b - che del pari neppure il tubo di scolo, terminante in una vaschetta nascosta da una fioriera, avrebbe costituito, a mente dell'articolo 10 del regolamento, un ingombro al passaggio né avrebbe causato lesione al decoro architettonico della parte comune, anche in considerazione che i citati manufatti non erano posti, come invece esposto dal T. , nell'androne condominiale, bensì nell'andito di disimpegnò al piano seminterrato, accanto all'acceso alle cantine e di fronte alla centrale termica. 4 Per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso il T. , sulla base di tre motivi di annullamento il Condominio ha resistito con controricorso. Osserva in diritto I - Con il primo motivo il ricorrente lamenta l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, costituito dalla lesione del decoro architettonico della muratura esterna dell'edificio condominiale, determinata dall'apposizione dei piccoli manufatti a servizio del condizionatore. I.a - Il motivo è inammissibile, atteso che l'esame del fatto di cui si lamenta l'omissione è stato in realtà compiuto ed all'esito del medesimo la Corte distrettuale, con valutazione logicamente motivata, ha concluso per l'assenza di lesioni al decoro architettonico v. seconda e terza alinea a fol 8 della gravata decisione , mettendo in rilievo l'esiguità della porzione di bene condominiale occupata dal condizionatore e alla stessa stregua quindi estendendo il rapporto tra dimensioni dei piccoli manufatti e idoneità dei medesimi a costituire lesione del decoro condominiale dal tubo, nonché dalla vaschetta dell'acqua e dalla fioriera che lo nascondeva, al fine di trarre argomenti per escludere la lesività estetica di cui si tratta, anche considerando che trattavasi di anditi di passaggio a locali seminterrati. II - Con il secondo motivo viene denunziata la violazione e falsa applicazione dell'articolo 10 del regolamento condominiale avendo la Corte distrettuale ritenuto di limitare la portata cogente del divieto assoluto di occupazione, anche temporanea, di spazi condominiali, con riferimento alla sussistenza di un pericolo od un intralcio per il passaggio. II.a - Anche questo motivo deve dirsi inammissibile perché l'articolo 360, I comma numero 3 cpc che costituisce il non espresso ma immanente referente normativo del vizio lamentato pone a parametro della censura di legittimità norme di legge o contratti ed accordi collettivi nazionali di lavoro ma non certo clausole negoziali, espressione di autonomia privata, rispetto alle quali, semmai, si sarebbe potuto porre il problema della violazione delle norme di ermeneutica - artt. 1362 e segg. cod. civ. -, in questa sede non sollevato. III - Con il terzo motivo parte ricorrente lamenta, ad un tempo, la violazione e la falsa applicazione dell'articolo 1102 cod. civ. laddove la Corte del merito ritenne di trarre argomenti per affermare la compatibilità del limite del pari uso della cosa comune, rispetto al dato di fatto rappresentato dalla occupazione - per quanto limitata, ma pur sempre esclusiva - della stessa, facendo riferimento alla volontà assembleare che, invece, non era idonea a modificare la portata normativa del precetto. III.a - Il motivo è infondato perché parte da un assunto errato, vale a dire che l'uso più intenso della cosa comune non possa estrinsecarsi in un limitato uso esclusivo della medesima ciò in quanto l'utilizzo di cui si parla va rapportato alla funzione della res communis così che se esso non incide sulla sostanziale fruibilità di essa da parte degli altri condomini, deve dirsi pienamente legittimo ragionando altrimenti si perverrebbe a legittimare azioni sostanzialmente emulative - perché prive di apprezzabile interesse - da parte del singolo condomino nei confronti della comunità condominiale. III.a.1 — Appare allora condividibile l'approdo interpretativo della Corte del merito laddove pose a parametro della compatibilità della quale si discute, la decisione unanime dei presenti all'assemblea di consentire la prosecuzione dell'utilizzo della cosa comune tale interpretazione infatti metteva in rilievo la mancanza di lesività della condotta censurata, traendo tale convincimento sia dall'obiettiva minima incidenza materiale dell'uso esclusivo sia dall'assenza di un manifestato interesse contrario, ponendosi così in linea di continuità con l'indirizzo interpretativo di legittimità che rinviene nella valutazione di fatto incensurabile in quanto tale in Cassazione della coesistenza dei due usi quello più intenso del condomino e quello generico della comunità condominiale un sicuro parametro di valutazione della legittimità dell'uso del singolo sul bene condominiale cfr. Cass. sez. II numero 4617/2007 L'uso paritetico della cosa comune, che va tutelato, deve essere compatibile con la ragionevole previsione dell'utilizzazione che in concreto faranno gli altri condomini della stessa cosa, e non anche della identica e contemporanea utilizzazione che in via meramente ipotetica e astratta essi ne potrebbero fare . III.a.2 A riprova dell'assunto sta poi la constatazione che il T. non ha mai affermato di aver subito, lui personalmente, né che altri condomini avessero avuto a soffrire di una limitazione dell'utilizzo del muro del seminterrato o dello spazio occupato dalla fioriera e dalla vaschetta di raccolta delle acque, nelle loro attività quotidiane o eccezionali di utilizzazione di tali spazi. IV - Il ricorso è pertanto idoneo ad essere trattato in camera di consiglio a' sensi degli artt. 375 numero 1, 376 e 380 bis cpc, per essere dichiarato manifestamente infondato . Osserva. Il Collegio concorda con le conclusioni sopra riportate, contro le quali parte ricorrente non ha svolto argomentazioni critiche idonee, avendo ribadito le proprie tesi nella memoria depositata a' sensi dell'articolo 380 bis II comma, cpc in particolare, per quanto concerne la dedotta erronea interpretazione dell'oggetto del secondo motivo - come sostanzialmente diretto a sindacare la portata dell'articolo 1102 cod. civ., integrato dalla normativa pattizia-, va osservato che le argomentazioni svolte per il rigetto del terzo motivo, comunque valgono per analoga soluzione anche per il secondo vedi p. III.a della relazione . Il ricorso va dunque rigettato consegue la condanna del soccombente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità secondo la quantificazione indicata in dispositivo sussistono altresì i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso stesso, a norma del comma 1 quater dell'articolo 13, d.P.R. numero 115/2002. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 1.200,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori dovuti per legge, in favore della parte controricorrente a' sensi dell'articolo 13, comma I quater, del d.P.R. numero 115/2002, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del medesimo ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso stesso, a norma del comma I bis dello stesso articolo 13.