Quando il vicino condominio è di “passaggio” …

Il divieto di cessione del diritto d’uso e del diritto di abitazione non ha natura pubblicistica e quindi può essere derogato per volontà delle parti contraenti.

Così afferma la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8507 depositata il 27 aprile 2015, nel respingere il ricorso avverso una decisione della Corte D’appello di Catanzaro Il caso. Alcuni proprietari di un immobile si rivolgevano al Tribunale di Catanzaro, ai sensi dell’art. 949 c.c., ritenendo dovesse essere inibito ai condomini dello stabile prospiciente di utilizzare una servitù di passaggio che essi attraverso una apposito cancello utilizzavano per transitare nel fondo degli attori. Sostenevano i ricorrenti che i loro danti causa avevano concesso alla società edile proprietaria dei terreni ove poi sorgerà il condominio, il diritto temporaneo e quindi non ereditato” dallo stesso Condominio di transitare nella loro proprietà solo fino alla realizzazione di alcuni fabbricati. Costituendosi in giudizio, il condominio convenuto chiedeva rigettarsi la avversa richiesta, sostenendo a propria volta che la servitù era stata costituita nel contratto senza alcuna limitazione temporale”. Il Tribunale rigettava la domanda, con sentenza poi riformata dalla Corte di Appello di Catanzaro, che tuttavia, pur dichiarando l’inesistenza di una servitù di passaggio a favore del Condominio, riconosceva un diritto d’uso a beneficio della società acquirente e dei suoi danti causa fra i quali quindi lo stesso condominio ora parte in giudizio , respingendo per queste ragioni le domande degli attori aventi ad oggetto l’inibizione del passaggio in questione e il ripristino dei luoghi. Avverso tale decisione, che pur accogliendo la domanda di negatoria servitù di fatto condannava” gli attori a doversi rassegnare al transito perenne di condomini nel proprio terreno, veniva proposto ricorso in cassazione basato su tre differenti motivi di gravame. I motivi di ricorso sono in sostanza basati su due punti principali 1 il non aver inteso, i primi contraenti, costituire un vero e proprio diritto reale amplio e illimitato, ma solo permettere per un certo periodo agli occupanti del fondo limitrofo ove ora sorge il condominio di utilizzare un determinato passaggio sul proprio fondo, 2 la mancata trasmissione dell’eventuale diritto reale d’uso ai successivi acquirenti, con la conseguente sua estinzione e inutilizzabilità da parte del condominio. Tutti i motivi di reclamo venivano respinti. I limiti del giudizio di legittimità della Cassazione irragionevolezza della decisione sottoposta al suo esame. Osserva la Corte di Cassazione, anzitutto, che in tema di interpretazione del contratto e di volontà effettiva dei partecipanti, la Cassazione stessa può solo intervenire, riformano la decisione presa dalla corte d’appello, qualora tale decisione sia talmente inadeguata da non consentire neppure di ricostruire l’iter logico attraverso la quale la stessa è stata presa. Se, in definitiva, la Corte D’Appello, come in questo caso, ha fornito una propria plausibile per quanto ovviamente non l’unica possibile interpretazione circa la volontà espressa dalle parti nel concludere un contratto, non è concesso alla Corte Suprema di intervenire quale giudice di legittimità e riformare tale decisione. Si può derogare al divieto di cessione dei diritti di uso e di abitazione. La Corte, inoltre, ed è questa certamente la parte più interessante della decisione in oggetto, osserva nel respingere quindi anche su questo punto il ricorso che è pur vero che l’art. 1024 c.c. prevede il divieto di cessione del diritto di uso, ma è vero anche che tale divieto non ha natura pubblicistica, e quindi le parti come evidentemente è avvenuto nel caso preso in esame dal Tribunale di Catanzaro vi possono liberamente derogare provvedendo appunto a trasferire il diritto stesso. La complessa vicenda può in sostanza, per chiarezza, essere brevemente riassunta nei seguenti termini i proprietari del terreno ove ora sorge il condominio convenuto in primo grado, avevano ottenuto dai vicini di casa” non un diritto di servitù, come da domanda formulata dagli attori, ma bensì un diritto di uso. Tale diritto, consistente in sostanza nella facoltà di servirsi della strada esistente, in assenza di una differente prova non fornita da parte attrice si deve ritenere sia stato trasmesso ai propri danti causa, e cioè al condominio, i cui occupanti potranno pertanto liberamente continuare a servirsi sia del cancello che della stradina posta nei pressi del proprio stabile.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 26 febbraio – 27 aprile 2015, n. 8507 Presidente Piccialli – Relatore Matera Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 30-3-1999 A.M. , C.M.F. e C.E. convenivano dinanzi al Tribunale di Catanzaro il Condominio omissis , chiedendo che venisse accertata, ai sensi dell'art. 949 c.c., l'inesistenza del diritto di servitù di passaggio esercitato sulla loro proprietà dai condomini del predetto Condominio, con accesso da un cancello all'uopo apposto. A sostegno della domanda, gli attori esponevano che la loro dante causa aveva venduto alla s.n.c. Pizzuti Costruzioni parte di un'area, concedendo temporaneamente la facoltà di servirsi della strada facente parte della restante area poi acquistata per successione dagli attori rimasta di sua proprietà, solo fino alla realizzazione di alcuni fabbricati, mentre l'acquirente aveva costituito altra servitù a favore della venditrice su una strada che si era impegnata a realizzare. Aggiungevano che la società Pizzuti, frazionata l'area, ne aveva venduto una porzione alla Lopilato Costruzioni, che a sua volta l'aveva ceduta alla Schipani Immobiliare, che vi aveva costruito un fabbricato, nel quale era sorto il Condominio convenuto, il quale avrebbe dovuto realizzare, per accedere, la strada mai realizzata prevista nell'originario contratto. Evidenziavano, pertanto, che il Condominio non godeva di alcuna servitù di passaggio sulla proprietà e sulla strada pervenuta agli attori. Nel costituirsi, il convenuto contestava la fondatezza della domanda, sostenendo che la servitù era stata costituita nel contratto senza alcuna limitazione temporale. Con sentenza in data 30-10-2002 il Tribunale adito rigettava la domanda. Avverso la predetta decisione proponevano appello gli attori. Con sentenza in data 24-12-2008 la Corte di Appello di Catanzaro, in riforma della sentenza impugnata, dichiarava l'inesistenza di una servitù di passaggio in favore del Condominio ed a carico della strada di proprietà degli attori rigettava, invece, le ulteriori domande avanzate dagli appellanti. La Corte territoriale rilevava che con l'atto di compravendita per notaio dell'8-11-1980 non era stata costituita una servitù di passaggio sulla strada di proprietà degli attori, bensì un diritto d'uso a beneficio della società acquirente e dei suoi aventi causa a qualsiasi titolo. Di conseguenza, secondo il giudice del gravame, pur essendo stata accertata l'inesistenza di una servitù di passaggio in favore del Condominio , in ragione del riconosciuto diritto d'uso non potevano trovare accoglimento le domande aventi ad oggetto l'inibizione del passaggio in questione ed il ripristino dello stato dei luoghi. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso A.M. , sulla base di tre motivi. Gli intimati non hanno svolto attività difensive. Motivi della decisione 1 Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 1362, 1363 e 1376 c.c., in relazione alla ritenuta sussistenza di un diritto d'uso in favore del Condominio , costituito con atto di compravendita per notaio Bisantis del 12-6-1981 e pervenuto al convenuto quale avente causa dall'originario acquirente. Deduce che dalla convenzione stipulata risulta che l'effettiva intenzione dei contraenti non era quella di costituire un diritto reale ampio e illimitato, bensì quella di concedere una semplice facoltà di utilizzare la strada per la sola durata dei lavori. L'illustrazione del motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto, ai sensi dell’art. 1366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis al ricorso in esame Dica la Corte se, nell'ipotesi in cui il proprietario di un fondo riconosca all'acquirente la facoltà di servirsi della strada di accesso limitatamente alla durata di un intervento edilizio, sia possibile qualificare tale facoltà come diritto d'uso . 2 Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1024 e 1376 c.c. Sostiene che, anche a voler ammettere che le parti abbiano inteso costituire un diritto d'uso, questo sarebbe da considerare estinto, non essendo stato trasmesso ai successivi acquirenti con i successivi atti di trasferimento dell'immobile originariamente venduto alla Pizzuti Costruzioni s.n.c Il quesito di diritto posto è il seguente Dica la Corte se il diritto d'uso può essere costituito tacitamente o, invece, necessita della forma scritta e di una espressa manifestazione di volontà 3 Con il terzo motivo la ricorrente si duole della violazione dell'art. 112 c.p.c Deduce che la Corte di Appello, pur avendo dichiarato l'inesistenza di un passaggio a carico della strada di proprietà degli appellanti, ha rigettato le ulteriori domande dell'attore, di inibizione del passaggio in questione e di ripristino dello stato dei luoghi, in ragione del riconosciuto diritto d'uso. Nel porre a base della decisione il riconoscimento del diritto d'uso, secondo la ricorrente, il giudice del gravame si è pronunciato oltre i limiti delle domande e delle eccezioni dedotte dalle parti, in quanto gli appellanti avevano chiesto solo di accertare positivamente o negativamente l'esistenza, sulla strada di loro proprietà, di un diritto di servitù in capo al Condominio . Il quesito di diritto viene cosi formulato Dica la Corte se il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, sancito dall’art. 112 c.p.c., può ritenersi violato allorquando il giudice motivi la propria decisione sulla base di un riconoscimento non richiesto costituendo, così, tra le parti un rapporto nuovo rispetto a quello di cui si è richiesto l'accertamento negativo . 4 Per ragioni di ordine logico-giuridico deve esaminarsi in via prioritaria il terzo motivo di ricorso, il cui eventuale accoglimento comporterebbe l'assorbimento dei primi due. Il motivo è infondato, dovendosi escludere la sussistenza del dedotto vizio di ultrapetizione. Il giudice del gravame si è limitato a qualificare giuridicamente -sulla base degli stessi fatti materiali dedotti in giudizio il diritto costituito con la clausola contrattuale in contestazione in favore della s.n.c. Pizzuti Costruzioni ed ha, in concreto, riconosciuto l'esistenza di un diritto che, pur implicando la facoltà di transito sul bene altrui, costituisce un minus rispetto alla servitù di passaggio, ove solo si tenga conto del fatto che, in forza del rinvio disposto dall'art. 1026 c.c., il diritto d'uso costituito in favore di una società soggiace al limite massimo di durata temporale 30 anni previsto dall'art. 979 secondo comma c.c. in materia di usufrutto. Pertanto, essendo stata dedotta dal convenuto l'esistenza di una servitù di passaggio, nessuna diversità, se non quantitativa ed in meno, rispetto alla prospettazione delle parti vi è stata nella decisione che, limitandosi a dare una diversa qualificazione giuridica al diritto vantato dal Condominio, ha ritenuto comunque infondata la domanda attrice di inibizione del passaggio esercitato dal convenuto, riconoscendo in favore di quest'ultimo un diritto di natura reale che comunque gli attribuiva la facoltà di transitare attraverso la proprietà fondo degli attori. 5 Il primo motivo è infondato. Deve rammentarsi che, in tema di interpretazione del contratto, l'accertamento della volontà degli stipulanti, in relazione al contenuto del negozio, si traduce in un'indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice di merito. Ne consegue che tale accertamento è censurabile in sede di legittimità soltanto nel caso in cui la motivazione risulti talmente inadeguata da non consentire di ricostruire l' iter logico seguito dal giudice per attribuire all'atto negoziale un determinato contenuto, oppure nel caso di violazione delle norme ermeneutiche. La denuncia di quest'ultima violazione esige una specifica indicazione dei canoni in concreto non osservati e del modo attraverso il quale si è realizzata la violazione, mentre la denunzia del vizio di motivazione implica la puntualizzazione dell'obiettiva deficienza e contraddittorietà del ragionamento svolto dal giudice di merito, non potendo nessuna delle due censure risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione tra le tante v. Cass. 13-12-2006 n. 26683 Cass. 23-8-2006 n. 18375 Cass. 27-1-2006 n. 1754 . Va ulteriormente puntualizzato che, per sottrarsi al sindacato di legittimità, quella data del giudice del merito al contratto non deve essere l'unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni, sì che quando di una clausola contrattuale siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto la interpretazione poi disattesa dal giudice del merito, dolersi in sede di legittimità che sia stata privilegiata l'altra Cass. 20-11-2009 n. 24539 Cass. 12-7-2007 n. 15604 Cass. 22-2-2007 n. 4178 Cass. 14-11 2003 n. 17248 . Nella specie, la Corte di Appello, nel ritenere che con la clausola contrattuale in contestazione la società acquirente e i suoi aventi causa a qualsiasi titolo hanno la facoltà di servirsi della strada esistente di proprietà della venditrice che da accesso all'intero fondo dal quale è stato stralciato il terreno venduto , le parti hanno inteso attribuire alla società acquirente e ai suoi aventi causa a qualsiasi titolo un diritto d'uso, concretantesi nel passaggio sulla strada di cui trattasi, ha offerto una interpretazione della volontà negoziale plausibile e conforme al senso letterale delle parole usate. La ricorrente sostiene l'erroneità di una simile ricostruzione della volontà delle parti ma, al di là del generico riferimento alle norme codicistiche indicate in rubrica, non specifica, in concreto, in quale modo la Corte di Appello si sia discostata dai canoni ermeneutici di cui lamenta la violazione. È evidente, allora, che le censure mosse con il motivo in esame, attraverso Io schermo delle dedotte violazioni di legge, investono sostanzialmente il risultato dell'operazione interpretativa compiuta dal giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità, in quanto sorretto da una motivazione immune da vizi logici e giuridici. 6 Anche il secondo motivo è privo di fondamento. Secondo l'orientamento della giurisprudenza, il divieto di cessione del diritto di uso, sancito dall'art. 1024 cc, non ha natura pubblicistica e quindi carattere di inderogabilità nei confronti del nudo proprietario, ma attiene piuttosto ai diritti patrimoniali di carattere disponibile con la conseguenza che il nudo proprietario e l'usuario possono convenire di derogare al divieto, ed il relativo negozio è perfettamente valido ed operante in quanto riflette un diritto di cui i titolari possono liberamente disporre Cass. 13-9-1963 n. 2502 Cass. 31-7-1989 n. 3565 . Nella specie, il giudice del gravame non si è discostato da tali principi, avendo ritenuto che il diritto d'uso ben poteva essere costituito a beneficio non solo della società acquirente, ma anche dei suoi aventi causa a qualsiasi titolo, essendo il vincolo di incedibilità derogabile in sede di atto costitutivo del diritto. Le ulteriori deduzioni svolte dalla ricorrente, secondo cui la facoltà di servirsi della strada non sarebbe stata prevista in nessuno dei successivi passaggi di proprietà e si sarebbe, pertanto, estinta, appaiono generiche e prive di autosuffcienza, non trascrivendo, per la parte che qui rileva, il contenuto di alcuno dei richiamati atti traslativi. 7 Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato. Poiché gli intimati non hanno svolto alcuna attività difensiva, non vi è pronuncia sulle spese. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.