L’attività di bonifica di un terreno non è un atto innovativo

L’attività di bonifica di un terreno non può integrare gli estremi di un atto innovativo per il quale è necessaria la maggioranza qualificata ex art. 1108 c.c. ovvero il consenso unanime, trattandosi di opera che non altera la destinazione economica del terreno – che permane di natura agricola – ed è diretta al miglioramento ovvero a renderne più comodo o redditizio il suo godimento, oltre a non pregiudicare il diritto di godimento di qualche comunista.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 5729, depositata il 23 marzo 2015. Il fatto. La vicenda trae origine dall’esecuzione di lavori di ampliamento e bonifica su un’area comune a più comproprietari eseguiti su decisione di uno dei comunisti. I giudici di merito rigettavano la domanda delle ricorrenti rivolta ad ottenere un compenso per l’occupazione sine titulo della proprietà indivisa, ritenendo che l’intervento effettuato era frutto di una valida delibera adottata con maggioranza di quote. Atti di ordinaria amministrazione sulla cosa comune. Il Collegio sostiene che le decisioni prese dai giudici di merito siano corrette, ricordando sul punto che per gli atti di ordinaria amministrazione sulla cosa comune compiuti da uno dei comunisti il consenso degli altri comproprietari è presunto iuris tantum ai sensi dell’art. 1105, comma 1, c.c., tale presunzione è superabile solo ove venga dimostrato, senza necessità di apposita delibera, il dissenso degli altri comunisti che siano titolari di una quota di maggioranza o almeno paritaria alla quota dei comproprietari favorevoli all’intervento . La Corte d’appello, osserva il Collegio, ha tenuto conto del dissenso delle attuali ricorrenti, ma ha anche valutato l’atto di diffida alla prosecuzione dei lavori insufficiente ad impedire l’intervento programmato per essere le stesse comproprietarie di minoranza. Bonifica di un terreno. Dunque, le censure mosse dalle ricorrenti alla decisione impugnata non hanno alcuna incidenza, dovendosi per il Collegio ribadire che l’attività di bonifica di un terreno non può integrare gli estremi di un atto innovativo per il quale è necessaria la maggioranza qualificata ex art. 1108 c.c. ovvero il consenso unanime, trattandosi di opera che non altera la destinazione economica del terreno – che permane di natura agricola – ed è diretta al miglioramento ovvero a renderne più comodo o redditizio il suo godimento, oltre a non pregiudicare il diritto di godimento di qualche comunista . Queste le ragioni per cui la S.C. ha rigettato il ricorso e condannato le ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 11 dicembre 2014 – 23 marzo 2015, numero 5729 Presidente Bianchini – Relatore Falaschi Considerato in fatto Nel giudizio di primo grado M.L. e M.R. agivano domandando la condanna dell'IMMOBILIARE ANDROMEDA S.R.L. della FERRAMENTA MAGLIANA S.R.L. alla corresponsione dei due quinti del canone di locazione a decorrere dal 3.01.1991 in relazione ai locali siti in via omissis , nonché al versamento di un compenso per l'occupazione sine titulo della proprietà indivisa. I convenuti si costituivano tardivamente eccependo l'esistenza di un'autorizzazione per l'esecuzione dell'opera di bonifica e di ampliamento dell'area. Il Tribunale di Roma, con sentenza numero 21642 del 2004, rilevata la carenza di interesse della società Immobiliare Andromeda s.r.l., rigettava, in base alle risultanze emerse dalla cui disposta d'ufficio, la domanda attorca valutata la circostanza non contestata dell'esecuzione dei lavori di ampliamento e bonifica sull'area eseguiti da pane della Ferramenta Magliana s.r.l. su autorizzazione dell'amministrazione della comunione ereditaria. Avverso la citata decisione, le M. proponevano appello innanzi alla Corte d'Appello di Roma insistendo per l'accoglimento della domanda proposta in primo grado per la condanna della Ferramenta Magliana s.r.l. al versamento da parte della somma di Euro. 2.590,58, più interessi legali, corrispondenti ai due quinti del canone di locazione, nonché alla condanna in solido con la Immobiliare Andromeda s.r.l., o in subordine della sola Ferramenta, al versamento di Euro 36.161,57, più interessi, per l'occupazione senza titolo della proprietà. Parte appellata, costituitasi, contestava le avverse pretese eccependo l'inammissibilità delle nuove domande proposte in primo grado e in appello dalla controparte. La Corte d'Appello di Roma, con sentenza numero 1847 del 2012, intesa abbandonata la domanda sul pagamento dei 2/5 dei canoni relativi alla locazione dei locali per avere l'appellante nella memoria integrativa insistito solo per la condanna al versamento della somma per l'occupazione abusiva, rigettava il gravame condannando le M. al versamento delle spese processuali. Con ricorso notificato in data 7.12.2012 e depositato il 19.12.2012 M.L. e M.R. hanno agito per la cassazione della decisione d'appello deducendo in due motivi di ricorso la violazione o falsa applicazione delle norme stabilite dagli artt. 1102 e 1108 c.c. in riferimento all'art. 360 numero 3, nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio in riferimento all'art. 360 numero 5 c.p.c Le parti intimate hanno resistito con controricorso. Il consigliere relatore, nominato a norma dell'art. 377 c.p.c., ha depositato la relazione di cui all'art. 380 bis c.p.c. proponendo la reiezione del ricorso. Entrambe le parti in prossimità dell'udienza camerale hanno depositato memoria illustrativa. Ritenuto in diritto Vanno condivise e ribadite le argomentazioni e le conclusioni di cui alla relazione ex art. 380 bis c.p.c. che di seguito si riporta Nel primo motivo di censura i ricorrenti lamentano l'erronea valutazione della fattispecie da parte della Corte d'Appello di Roma per aver applicato la disciplina di cui all'art. 1105 c.c. in luogo di quella contemplata agli artt. 1102 e 1108 c.c In particolare, il ricorrente lamenta che, in base ai fatti allegati dalle parti e alle risultante probatorie, l'Immobiliare Andromeda s.r.l. avrebbe eseguito lo sbancamento e il livellamento di un boschetto di sambuco esistente sulla comproprietà innovando il bene comune a scapito del libero godimento dello stesso da parte delle M. le ricorrenti specificano che, trattandosi di interventi di natura straordinaria ed innovativa, necessitavano, ai sensi dell'art. 1108 c.c., di una delibera approvata con la maggioranza qualificata dei partecipanti rappresentanti almeno i due terzi del valore complessivo del bene comune, La censura appare infondata e, dunque, da rigettare. Non si ritiene che vi sia stata un'erronea qualificazione giuridica della fattispecie dal momento che il giudice del gravame ha correttamente inteso, in base alla documentazione processuale di primo e secondo grado, l’intervento effettuato dall'Immobiliare Andromeda s.r.l. frutto di una valida deliberazione adottata con maggioranza di quote. 1m decisione della Corte d'Appello di Roma è fondata in particolare su due circostante l'acquisto della proprietà da parte dell'Immobiliare Andromeda s.r.l. delle quote corrispondenti a più della metà del valore complessivo del bene comune e la lettera sottoscritta dall'amministratore della comunione con cui si comunicava agli altri comproprietari, nell'ambito di una più complessa trattativa, la realizzazione di opere volte alla bonifica e all'ampliamento del bene comune in conto canone locazione. In particolare, riguardo a quest'ultimo aspetto, il giudice del gravame ha riconosciuto la capacità della missiva, datata al 2.12.1983 a firma dell'amministratore della comproprietà, di consentire agli altri comunisti di venire a conoscenza della trattativa che avrebbe condotto la Ferramenta Magliana s.r.l. ad occupare una superficie più ampia per effetto dello sbancamento di parte del bene comune in conto dell'aumento del canone di locazione. La missiva de qua, infatti, era stata inviata agli altri comproprietari tra i quali figurava anche M.A. , de cuius delle presenti ricorrenti, il quale risulta essere stato l'unico, in qualità di proprietario dei 2/5 del bene, a manifestare il proprio dissenso alla trattativa condotta nei termini di cui sopra. In secondo luogo, la Corte d'Appello di Roma ha osservato che l'Immobiliare Andromeda s.r.l. e titolare di quote corrispondenti ai 3/5 del valore del bene comune, per effetto dell'acquisto delle quote appartenenti a Me.Re. e F. nell'anno 1984 e di quelle appartenenti a M.O. nel 1987, mentre le appellanti erano titolari delle quote corrispondenti ai 2/5 del valore del bene comune. Orbene, per gli atti di ordinaria amministrazione sulla cosa comune compiuti da uno dei comunisti il consenso degli altri comproprietari e presunto iuris tantum ai sensi del primo comma dell’art. 1105 c.c., tale presunzione è superabile solo ove venga dimostrato, senza necessità di apposita delibera, il dissenso degli altri comunisti che siano titolari di una quota di maggioranza o almeno paritaria alla quota dei comproprietari favorevoli all'intervento Cass. numero 1153 del 2013 Cass. numero 14759 del 2008 . La Corte d'Appello di Roma ha tenuto conto del dissenso di M.A. , di cui alla diffida alla prosecuzione dei lavori di sbancamento, ma ha anche valutato l'atto insufficiente ad impedire l'intervento programmato per essere lo stesso comproprietario di minoranza. Il giudice dell'appello in motivazione ha poi precisato, seguendo un corretto precipitato logico-consequenziale, che il consenso della società titolare dal 1987 della maggioranza del valore complessivo del bene comune ovvero, il mancato dissenso di M.O. , sino al 1987, rispetto all'esecuzione dei lavori de quibus correlato al godimento del terreno, a fronte dell'aumento del canone, rappresentavano circostanze che comprovavano desistenza di un accordo idoneo a vincolare la minoranza dei comproprietari alla pattuizione, e comunque manifestata per la comunione dall'Amministratore con la sottoscrizione del contratto di locazione, come si evince dalla lettera del 2.12.1983, non contestata dalle ricorrenti e dal loro dante causa con ricorso di cui al IV comma dell'art. 1105 c.c Il secondo motivo di censura si reputa parimente infondato. Le ricorrenti censurano il mancato esame di un fatto decisivo della controversia nella parte in cui il giudice di secondo grado, ai fini dell'accertamento della corresponsione alle appellanti del compenso per l'occupazione abusiva, non avrebbe valutato l'esame della circostanza secondo cui i lavori di sbancamento e di adattamento svolti sul bene comune sarebbero stati eseguiti dalla società Immobiliare Andromeda in luogo della Ferramenta Magliana s.r.l La Corte d'Appello, nel valutare il contratto di locazione intercorso tra la società Ferramenta Magliana e l'Amministratore della comunione, ha ritenuto sussistente l'accordo di detenzione anche quanto all'area in contesa a fronte di un corrispettivo maggiorato e con detrazione del costo dei lavori sostenuti, vincolante per i comproprietari per quota minore dissententi. In altre parole, non sussiste alcuna contraddittorietà nel ragionamento operato dal giudice di secondo grado, il quale ha dedotto dall'esistenza del titolo contrattuale in favore della società Ferramenta Magliana, la legittimità dell'occupazione della maggior porzione derivata dagli interventi svolti sul bene comune in conto dell'aumento del canone per i lavori eseguiti a nulla rilevando il soggetto che abbia materialmente anticipato detti esborsi. Non si ravvisa, inoltre, il carattere della decisività nel vizio dedotto. Occorre precisare, secondo l'orientamento tracciato da questa Corte, che le censure sollevate ai sensi dell'art. 360, c.1, numero 5, c.p.c. sono ammissibili solo se rispondenti al criterio della decisività, per cui l'omesso o insufficiente esame di talune circostante assume rilevanza solo quando esse, secondo un giudico presuntivo del giudice di legittimità, siano idonee a fornire la prova di fatti che possano ritenersi decisivi, perché, ove valutati in sede di merito, avrebbero condotto il giudice a una decisione differente rispetto a quella impugnata la decisività si intende, dunque, riferita alla sussistenza di un nesso di causalità tra il vitato motivazionale e la decisione, richiedendosi, se riconosciuta l'esistenza di tale vizio, che esso conduca ad una qualificazione giuridica differente della fattispecie ex plurimis, Cass., numero 2183 del2009 Cass., numero 22979 del2004 Cass., numero 2464 del2000 , Orbene, nella specie non appare affatto decisiva la circostanza secondo cui i lavori di sbancamento e livellamento sarebbero stati eseguiti dalla società comproprietaria Immobiliare Andromeda in luogo della Ferramenta Magliana s.r.l., trattandosi di una circostanza di fatto che non sarebbe idonea, ove accolta, a sovvertire la decisione della Corte d'Appello di Roma per i motivi già esposti, ovverosia per aver il giudice del gravame dedotto dal contratto di locazione, senza incorrere in vizi di illogicità, resistenza di un accordo tra i comunisti e la locataria comportante la detenzione del bene contro l'aumento del canone di locazione in commisurazione con i costi dei lavori sostenuti . Gli argomenti e le proposte contenuti nella relazione di cui sopra sono condivisi dal Collegio e le critiche formulate dalle ricorrenti nella memoria ex art. 378 c.p.c. non hanno alcuna incidenza su dette conclusioni, giacché partendo dalla premessa che ciascuno dei comproprietari può dare in locazione il bene comune cfr Cass. SS.UU. numero 11132 del 2012 , va ribadito che l'attività di bonifica di un terreno non può ritenersi integrare gli estremi di un atto innovativo per il quale è necessaria la maggioranza qualificata ex art. 1108 c.c. ovvero il consenso unanime, trattandosi di opera, di competenza della maggioranza di cui all'art. 1106 c.c., che non altera la destinazione economica del terreno - che rimane pur sempre di natura agricola cfr Cass. numero 11943 del 2003 e Cass. numero 15460 del 2002 - ed è diretta al miglioramento ovvero a renderne più comodo o redditizio il suo godimento, oltre a non pregiudicare il diritto di godimento di qualche comunista. Conclusivamente il ricorso va rigettato e va disposta la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, che seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione, che vengono liquidate in complessivi Euro 5.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese forfettarie ed accessori come per legge.