Qual è il quorum necessario per trasformare il cortile in parcheggio condominiale?

Le delibere assembleari con cui il condominio decide di mutare la destinazione di un bene comune deve essere approvata a maggioranza qualificata trattandosi di innovazioni. Ancora una volta si discute della legittimità della delibera assembleare con cui un'area condominiale viene trasformata in giardino e, come da copione, la questione finisce nelle aule di giustizia.

Il caso. La lite scoppia quando il condominio decide di adibire a parcheggio un'area condominiale. Una coppia di condomini impugna il deliberato assembleare ritenendo che esso avrebbe dovuto essere approvato con una maggioranza qualificata. Dopo una serie di rocambolesche questioni procedurali, la questione finisce sugli scanni di Piazza Cavour. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26295 del 3 novembre 2014 resa pubblica mediante deposito in cancelleria il successivo 15 dicembre, scrive la parola fine su questa tormentata vicenda. Gli Ermellini, rifacendosi alla giurisprudenza più recente, ritengono che la trasformazione non dia luogo ad una innovazione vietata e che la relativa delibera assembleare debba essere approvata con la maggioranza qualificata. I precedenti giurisprudenziali. La decisione in commento segue un preciso filone giurisprudenziale che si fonda su una casistica anche recentemente. Parliamo, in primo luogo, dell'ordinanza n. 15319/2011 con cui la Sesta Sezione Civile aveva deciso un caso analogo. Un condomino aveva impugnato la delibera che permetteva di utilizzare una parte del giardino per il parcamento delle autovetture. Di contro, si sosteneva che, così facendo, si otteneva un duplice risultato negativo da un lato, veniva alterata la destinazione del bene comune e dall'altro, parallelamente, veniva arrecato un pregiudizio al decoro architettonico. La Suprema Corte, nel caso in esame, aveva chiarito che la creazione di un parcheggio non avrebbe causato alcuna menomazione nel godimento o nell'uso del bene comune tale da renderlo inservibile anche per un solo condomino, così come previsto dall’art. 1120, comma 2, c.c Ed anzi la realizzazione del parcheggio avrebbe valorizzato, dal punto di vista economico, le unità abitative. I quorum deliberativi. In relazione al quorum deliberativo, gli Ermellini chiarivano che la delibera con cui un bene comune viene adibito a parcheggio, purché ciò non comporti una menomazione nell'esercizio dei diritti spettanti agli altri condomini, permette un migliore o diverso godimento a beneficio di tutti i comproprietari e, pertanto, essa può essere assunta con il voto della maggioranza dei condomini prevista dall’art. 1120, comma 5, c.c. ovvero con la maggioranza dei partecipanti al condominio che rappresenti almeno i due terzi del valore dell’edificio in questo senso anche Cassazione Civile n. 24146/2004 . Legittima la delimitazione degli stalli e l'assegnazione ai condomini. Con la sentenza n. 5997/2008, la Seconda Sezione Civile della Cassazione aveva chiarito che la delibera condominiale con la quale il cortile comune veniva adibito a parcheggio, venivano individuati gli stalli cui seguiva l'assegnazione degli stessi ai singoli condomini, non dà luogo ad una innovazione vietata dall'art. 1120 c.c Il deliberato assembleare, infatti, non avrebbe comportato una trasformazione della originaria destinazione del bene comune, o l'inservibilità di talune parti dell'edificio all'uso o al godimento anche di un singolo condomino. E se il parcheggio è disciplinato dal regolamento di condominio? Con la più recente sentenza n. 9681, depositata il 6 maggio 2014, la Cassazione ha fornito alcuni utili chiarimenti nell'ipotesi in cui il parcheggio fosse disciplinato dal regolamento di condominio. In tale circostanza, secondo gli Ermellini, le norme regolamentari che disciplinano l'uso delle parti comuni non avrebbero natura contrattuale ma si tratterebbe di una semplice clausola” suscettibile di essere modificata a maggioranza assoluta. La riforma del condominio. Da ultimo si ricorda che la recente riforma del condomino, introdotta dalla l. n. 220/2012, riscrivendo l'art. 1117 c.c., ha incluso espressamente le aree a parcheggio tra i beni comuni all'interno del fabbricato per cui, almeno questo profilo, dovrebbe essere ormai fuori discussione.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 3 novembre – 15 dicembre 2014, n. 26295 Presidente/Relatore Triola Fatto Con ricorso ex art. 1137, ultimo comma, cod. civ., depositato in data 31 ottobre 2001, P.R. e S.A. , condomini del Condominio omissis impugnavano la delibera assunta dall'assemblea in data 5 ottobre 2001 con la quale si era deciso di destinare a parcheggio un'area condominiale. A fondamento della impugnazione veniva dedotto che la delibera in questione, in considerazione del suo oggetto, avrebbe dovuto essere approvata, con una maggioranza qualificata. Il condominio, costituitosi tardivamente, contestava il fondamento della impugnazione. All'udienza del 1 aprile 2003 la difesa degli attori, attuali ricorrenti, chiedeva che venisse dichiarata la cessazione delle materia del contendere, in quanto gli attori in data 30 gennaio 2003 avevano venduto l'appartamento di loro proprietà. Con sentenza in data 4 febbraio 2004 n. 339/2004 il Tribunale di Verona aderiva a tale richiesta, ma, in applicazione del principio della soccombenza virtuale, condannava gli attori alle spese di causa. Contro tale decisione P.R. e S.A. proponevano appello, che veniva rigettato dalla Corte di appello di Venezia con sentenza in data 19 novembre 2009, in base alle seguenti considerazioni - non era contestata l'allegazione del condominio appellato secondo la quale l'area oggetto della delibera era stata adibita a parcheggio sin dall'insorgenza del condominio - anzi, gli stessi appellanti avevano affermato che l'area era stata già in precedenza adibita a parcheggio e con precedenti delibere ne era stato disciplinato l'utilizzo segnando gli spazi non utilizzabili a parcheggio infine, con delibera del 20 marzo 2001 antecedente a quella impugnata , l'area era stata destinata a parcheggio - la delibera impugnata, avente ad oggetto segnalazione posti auto nel parcheggio condominiale e regolamentazione per l'uso del parcheggio , che non implicava l'esecuzione di alcuna opera edilizia, era semplicemente attuativa di pregresse delibere mai impugnate e pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dagli appellanti, non aveva ad oggetto una innovazione e non era necessaria una maggioranza qualificata. P.R. e S.A. proponevano ricorso per cassazione, deducendo, tra l'altro che le precedenti delibere richiamate dal giudice di appello non avevano destinato a parcheggio le aree oggetto della delibera impugnata e che la destinazione a parcheggio era intervenuta solo con la delibera impugnata. Il ricorso veniva dichiarato inammissibile con ordinanza n. 30297 in data 30 dicembre 2011, in base alla seguente motivazione si deve rilevare che la censura è inammissibile perché completamente priva di autosufficienza, non essendo riportato integralmente l'oggetto delle delibere che si assume essere difforme rispetto a quanto ritenuto dal giudice di appello. P.R. e S.A. proponevano ricorso per revocazione che veniva dichiarato ammissibile con ordinanza n. 12570 del 4 giugno 2014, in base alla seguente motivazione I ricorrenti denunciano un errore percettivo, consistito nell'avere ritenuto privo di autosufficienza il ricorso per mancata riproduzione delle risultanze istruttorie da cui sarebbe emersa la destinazione a parcheggio delle aree oggetto della delibera impugnata - come sostenuto dai P. - S. , delibazione che erroneamente la corte territoriale aveva riferito a precedenti delibere. Il consigliere relatore all'esito dell'esame preliminare ex art. 380 bis c.p.c., ha proposto la reiezione del ricorso, la difesa dei ricorrenti ha contro dedotto con memoria, ribadendo con memoria illustrativa la tesi. La Corte, all'esito di più accurato esame degli atti del pregresso giudizio di legittimità, in particolare dell'originale del ricorso, ha rilevato che, diversamente da quanto ritenuto dal precedente collegio e dal relatore, risulta di difficile riproduzione il contenuto delle asserite altre delibere, ai fini e per gli effetti di cui all'art. 366 n. 6 c.p.c., soprattutto tenendo conto che si tratta di documenti sui quali è stato fondato il convincimento dei giudici del merito. Non resta, pertanto, nella presente fase, che dare atto della sussistenza dell'evidente errore revocatorio e, pertanto, dichiarare ammissibile il ricorso ex art. 395 c.p.c. n. 4 e rinviare la decisione in ordine a quello alla pubblica udienza. Motivi della decisione Con il ricorso si contesta l'esattezza della affermazione della Corte di appello di Venezia secondo la quale la destinazione a parcheggio delle aree di cui si discute doveva considerarsi definitivamente stabilita a seguito delle precedenti delibere in data 14 luglio 1999, 30 maggio 2000, 20 marzo 2001, senza, tra l'altro, che tale circostanza decisiva fosse stata mai invocata dal condominio. Il ricorso è fondato. Come dedotto dai ricorrenti, infatti, dall'esame degli atti di causa risulta che a la delibera in data 14 luglio 1999 aveva avuto un oggetto del tutto diverso e cioè quello di segnare gli spazi non utilizzabili a parcheggio, tra cui quelli per cui è causa b la delibera in data 20 marzo 2001 aveva approvato la planimetria per posti auto, al fine di deliberare la destinazione a parcheggio delle aree su cui tale parcheggio doveva ritenersi consentito, e quindi con esclusione di quella per cui causa c che l'illegittima destinazione parcheggio, in contrasto con la previsione del regolamento contrattuale, delle aree di cui si discute era avvenuta solo con la delibera in data 5 ottobre 2001, impugnata dagli attuali ricorrenti. Ciò chiarito, la questione della virtuale soccombenza, ai fini della liquidazione delle spese di giudizio, avrebbe dovuto essere decisa in relazione alle posizioni in concreto assunte dalle parti. Sotto tale profilo gli attuali ricorrenti sostenevano che la delibera impugnata era illegittima, in quanto, anche volendo ammettere che essa mutando la destinazione di un'area condominiale rispetto alle previsioni del regolamento di condominio, aveva attuato una innovazione conforme alla legge, avrebbe dovuto essere approvata con la maggioranza prevista dall'art. 1136, quinto comma, cod. civ., nella specie non raggiunta. Il condominio aveva tentato di sostenere la tesi secondo la quale la delibera impugnata, non comportando opere di carattere edilizio, non aveva ad oggetto una innovazione e quindi non avrebbe dovuto essere approvata con la maggioranza qualificata di cui all'art. 1136, quinto comma, cod. civ Dalla più recente giurisprudenza di questa S.C. in tema di condominio negli edifici è desumibile implicitamente che le deliberazioni assembleari di mutamento di destinazione una parte comune non danno luogo ad una innovazione vietata dall'art. 1120 cod. civ., ma costituiscono pure sempre innovazioni, da approvarsi con la maggioranza qualificata cfr., in tal senso, sent. 12 luglio 2011 n. 15319 5 marzo 2008 n. 5997 . Poiché nella specie non era contestato che, con riferimento ai millesimi, non era stata raggiunta la maggioranza qualificata prevista per l'approvazione delle innovazioni, la delibera in questione era da considerare invalida, con le inevitabili conseguenze in ordine alla soccombenza virtuale ai fini della liquidazione delle spese di giudizio. In definitiva, quindi, vanno accolti sia il ricorso per revocazione, che il ricorso contro la sentenza la sentenza della Corte di appello di Venezia in data 19 novembre 2009, con rinvio alla Corte di appello di Brescia, che provvederà anche in ordine alle spese della presente fase di giudizio. P.Q.M. la Corte accoglie il ricorso per revocazione e il ricorso contro la sentenza la sentenza della Corte di appello di Venezia in data 19 novembre 2009, con rinvio alla Corte di appello di Brescia, che provvederà anche in ordine alle spese della presente fase di giudizio.