Nessun litisconsorzio necessario se non si dubita della comproprietà degli altri condomini

Non è necessario integrare il contraddittorio nei riguardi degli altri condomini, non sussistendo un caso di litisconsorzio necessario, quando il condomino agisca per l’accertamento della natura condominiale di un bene e il convenuto eccepisca la proprietà esclusiva, senza però mettere in discussione la comproprietà degli altri soggetti, non formulando alcuna domanda riconvenzionale.

E’ stato così deciso dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 21685, depositata il 14 ottobre 2014. Il caso. Un uomo, in veste di condomino ed amministratore, conveniva in giudizio un altro condomino, il quale aveva iniziato, sul terrazzo condominiale, una serie di lavori diretti a trasformare il vano lavatoio in un mini appartamento, in danno alla proprietà comune. L’attore chiedeva che venisse accertata l’inesistenza del diritto di proprietà del convenuto sull’immobile e sulle parti comuni e, di conseguenza, venisse riconosciuto il diritto di proprietà su dette parti al condominio, con la condanna del condomino alla rimozione delle opere. Il Tribunale dichiarava la proprietà comune ai sensi dell’art. 1117 c.c. parti comuni dell’edificio , condannando il condomino alla rimozione delle opere eseguite sulle parti comuni, con il ripristino dello stato dei luoghi. La Corte d’appello, adita dal soccombente, rigettava il gravame, confermando la sentenza di primo grado. Dovevano essere coinvolti anche gli altri condomini? Il condomino ricorreva allora in Cassazione, lamentando la violazione e falsa applicazione dell’art. 102 c.p.c. litisconsorzio necessario e la conseguente nullità dell’intero procedimento, non essendo stata notificata la citazione introduttiva ai comproprietari degli appartamenti siti nella palazzina. No, se il convenuto non mette in discussione la comproprietà degli altri condomini. Il motivo è infondato. E’ difatti pacifico in sede di legittimità che in tema di condominio negli edifici, qualora un condomino agisca per l’accertamento della natura condominiale di un bene, non occorre integrare il contraddittorio nei riguardi degli altri condomini, se il convenuto - come nel caso di specie - eccepisca la proprietà esclusiva , senza formulare, tuttavia, un’apposita domanda riconvenzionale e, quindi, senza mettere in discussione – con finalità di ampliare il tema del decidere ed ottenere una pronuncia avente efficacia di giudicato – la comproprietà degli altri soggetti Cass., S.U., n. 25454/2013 . Sulla base di tali argomenti, la Suprema Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 2 luglio – 14 ottobre 2014, n. 21685 Presidente Oddo – Relatore Matera Svolgimento del processo Con ricorso per denuncia di nuova opera del 29-12-1983 Ca.Gi. , in proprio e quale amministratore del Condominio sito in omissis , lamentava che C.O. , dal quale aveva acquistato il suo appartamento, aveva di recente iniziato sul terrazzo condominiale una serie di lavori diretti a trasformare il vano lavatoio in un mini appartamento, in danno della proprietà comune. Concessa inizialmente e poi revocata la sospensione del lavori, il Pretore rimetteva le parti per il merito dinanzi al Tribunale di Latina. Con atto di citazione in riassunzione notificato il 23-8-1984, Ca.Gi. e P.A. convenivano dinanzi al Tribunale di Latina C.O. e A. , chiedendo che venisse accertata l'inesistenza del diritto di proprietà dei convenuti sull'immobile e sulle parti comuni e, per l'effetto, venisse riconosciuto il diritto di proprietà su dette parti in capo al Condominio, con la condanna di C.O. alla rimozione delle opere realizzate. La citazione veniva notificata anche ad alcuni condomini dell'edificio. Si costituiva il solo C.O. , contestando la fondatezza della domanda e chiedendone il rigetto. Con sentenza non definitiva n. 1214/1999 il Tribunale adito dichiarava l'inefficacia del provvedimento reso in sede cautelare in favore del C. nella dedotta qualità di amministratore condominiale, non avendo il predetto riassunto il giudizio in tale veste dichiarava il difetto di legittimazione attiva della P. , per non avere la stessa partecipato alla fase cautelare dichiarava l'ammissibilità della domanda proposta dal C. , quale proprietario di un appartamento sito nel Condominio in cui C.O. aveva realizzato le costruzioni oggetto di contestazione. Con sentenza definitiva n. 211/2001 il Tribunale dichiarava la proprietà comune ai sensi dell'art. 1117 c.comma del sedime del torrino scale e del vano lavatoio, condannando C.O. alla rimozione delle opere realizzate sulle predette parti comuni, con ripristino dello stato dei luoghi. Avverso la predetta decisione proponeva appello C.O. . Si costituivano C.A. , R.A. , D.R.D. , D.R.N. e T.A. , aderendo al proposto gravame. Il processo, interrotto per la morte di Ca.Gi. , veniva riassunto da C.O. nei confronti dei suoi eredi. Con sentenza depositata il 1-3-2006 la Corte di Appello di Roma rigettava l'appello. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso C.O. , sulla base di tre motivi. Gli intimati non hanno svolto attività difensive. Il ricorrente ha depositato una memoria ex art. 378 c.p.c Con ordinanza in data 25-3-2013 la Corte ha rinviato a nuovo ruolo, in attesa della decisione delle Sezioni Unite sulla questione inerente alla necessità della partecipazione di tutti i condomini in caso di azione reale a difesa della proprietà comune promossa da taluni solo di essi. Motivi della decisione 1 Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 102 c.p.comma e la conseguente nullità dell'intero procedimento e delle sentenze di primo e secondo grado, non essendo stata notificata la citazione introduttiva a cinque comproprietarie di appartamenti siti nella palazzina condominiale nella quale, secondo l'assunto dell'attore, il C. aveva realizzato un appartamento su alcune parti comuni. Il motivo è infondato, alla luce del principio di recente enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui, in tema di condominio negli edifici, qualora un condomino agisca per l'accertamento della natura condominiale di un bene, non occorre integrare il contraddittorio nei riguardi degli altri condomini, se il convenuto, come nel caso in esame, eccepisca la proprietà esclusiva, senza formulare, tuttavia, un'apposita domanda riconvenzionale e, quindi, senza mettere in discussione con finalità di ampliare il tema del decidere ed ottenere una pronuncia avente efficacia di giudicato la comproprietà degli altri soggetti Cass. Sez. Un. 13-11-2013 n. 25454 . 2 Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1117 c.comma 116 e 215 c.p.c., nonché l'insufficiente e contraddittoria motivazione, in ordine alla valenza probatoria del verbale assembleare prodotto in giudizio dal convenuto, firmato da tutti i condomini, da cui risultava che le quote condominiali per l'appartamento sito al piano attico erano a carico di C.O. , e che gli altri condomini consideravano pacifico che quest'ultimo godeva l'attico e il terrazzo in via esclusiva. Il motivo è inammissibile per difetto di specificità e autosufficienza, non indicando la data del verbale assembleare asseritamente prodotto in giudizio, non trascrivendo l'esatto contenuto di tale atto, né precisando il momento processuale della relativa produzione. Le censure mosse, pertanto, per la loro genericità, non valgono a superare il rilievo della Corte di Appello, secondo cui l'unico verbale assembleare prodotto peraltro in copia informe dall'appellante è quello del 18-6-1978, concernente la nomina ad amministratori del Condominio del D.R. e del T. verbale che, all'evidenza, risulta irrilevante ai fini della decisione. 3 Con il terzo motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 2725 c.comma e 245 c.p.c., nonché dell'insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla ritenuta inammissibilità della prova richiesta da C.O. . Il motivo non è meritevole di accoglimento. La Corte di Appello ha ritenuto inammissibile la prova testimoniale articolata dall'appellante, in quanto in contrasto con le risultanze documentali passate in rassegna in sentenza e criticamente vagliate, e in quanto volta, in definitiva, a provare un'acquisizione immobiliare in luogo di specifico atto scritto, prescritto a pena di nullità. La tenuta logica di tale motivazione non risulta scalfita dai rilievi mossi dal ricorrente, il quale si è limitato ad affermare da un lato che non vi era alcun contrasto tra le acquisizioni documentali e i fatti che si intendeva provare, e dall'altro che non si voleva provare un'acquisizione immobiliare in difetto di atto pubblico, ma dimostrare quale era stata nella stipula dell'atto pubblico la situazione di fatto tenuta presente ed accettata dagli acquirenti Ca. e P. e, quindi, quale era stata la loro volontà nella predetta stipula. Orbene, a parte l'estrema genericità di tali argomentazioni, sganciate da concreti riferimenti alle circostanze dedotte con i capitoli di prova, appare evidente che l'eventuale conoscenza, da parte degli attori, dell'esistenza delle costruzioni realizzate dal C. , non farebbe venir meno, in difetto di un titolo di proprietà esclusiva in capo a quest'ultimo, il diritto dei condomini sulle parti comuni interessate da tali opere. Si rammenta, al riguardo, che il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l'omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento tra le tante v. Cass. 17-5-2007 n. 11457 Cass. 13-2-2006 n. 3075 . Nella specie, la prova dedotta risulta priva di un simile carattere di decisività, vertendo su circostanze irrilevanti ai fini della risoluzione della controversia. 4 Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato. Poiché gli intimati non hanno svolto alcuna attività difensiva, non vi è pronuncia sulle spese. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.