Interclusione del fondo per alienazione e servitù di passaggio: no all’indennizzo

Nell’ipotesi in cui il fondo, originariamente unico, sia divenuto intercluso per effetto di alienazione di una parte di esso a titolo oneroso, il diritto dell’acquirente di ottenere la costituzione coattiva e gratuita della servitù di passaggio, ai sensi dell’art. 1054 c.c., nel residuo fondo dell’alienante, può farsi valere soltanto nei confronti di quest’ultimo e dei suoi eredi, non anche nei confronti degli aventi causa a titolo particolare dell’alienante medesimo.

Tuttavia, nel caso in cui la servitù sia stata già espressamente costituita contestualmente alla vendita con lo stesso rogito, si è per tale via creato un rapporto di natura reale che si trasmette ai vari aventi causa delle parti originarie, subentrati nella proprietà del fondo dominante e servente. Ad affermarlo è la Cassazione, con la sentenza n. 20982 del 6 ottobre 2014. Servitù di passaggio e alienazione del fondo con conseguente interclusione. Con la sentenza in commento la Corte si pronuncia sul diritto alla servitù di passaggio in seguito all’interclusione del fondo per alienazione o divisione, ai sensi dell’art. 1054 c.c Il caso da cui origina la controversia decisa dalla Corte trae spunto dalla domanda proposta nei confronti di un condominio e diretta ad ottenere la condanna al pagamento di una somma a titolo di indennità per il godimento di una particella di terreno utilizzata come passaggio per l’accesso all’edificio comune. Tanto in primo grado quanto in appello la relativa domanda veniva rigettata. Per quanto qui interessa, il giudice di appello rileva che l’interclusione del fabbricato condominiale era conseguita alla vendita del terreno poi edificato, con la conseguenza che in applicazione dell’art. 1054 c.c., l’avvenuta contestuale costituzione della servitù di passaggio non comportava il pagamento di alcuna indennità. Proprio su tale punto della decisione si articola uno dei motivi di ricorso, che la Corte, con la pronuncia in rassegna, rigetta. Estinzione del giudizio e litisconsorzio. Prima di passare a considerare il profilo del diritto alla servitù di passaggio nascente in seguito alla interclusione del fondo per alienazione del fondo, la Corte si sofferma su un ulteriore aspetto di natura processuale, costituito dalla riassunzione del processo nei confronti di una sola parte di cause scindibili e conseguente estinzione del giudizio per le parti nei cui confronti non è stato riassunto il giudizio. Sul punto la Corte, nel confermare la pronuncia di merito, richiama una recente pronuncia di legittimità, ove si è affermato che nel caso di cause scindibili, nell’ipotesi in cui il processo venga erroneamente interrotto in toto e non solo per le causa cui si riferiscono gli eventi interruttivi, si crea a posteriori una situazione di litisconsorzio necessario, con la conseguenza che la riassunzione operata tempestivamente nei riguardi di una delle cause vale ad impedire l’estinzione anche delle altre, che come nella specie vengano a loro volta riassunte in un termine a tale scopo concesso dal giudice, anche se dopo la scadenza di quello stabilità dall’art. 305 c.p.c. Cass., n. 4412/2004 . Interclusione del fondo e diritto alla servitù di passaggio. Con riguardo al profilo per cui la sentenza in commento si segnala, la Corte, rigetta il relativo motivo di ricorso, mediante il quale i ricorrenti censuravano la sentenza di merito per aver applicato l’art. 1054 c.c., a loro dire applicabile unicamente nei confronti dell’originario alienante o dei suoi successori a titolo universale. Rileva sul punto la Corte, che seppur deve confermarsi, in linea con i precedenti di legittimità più recenti, che nell’ipotesi in cui il fondo, originariamente unico, sia divenuto intercluso per effetto di alienazione di una parte di esso a titolo oneroso, il diritto dell’acquirente di ottenere la costituzione coattiva e gratuita della servitù di passaggio, ai sensi dell’art. 1054 c.c., nel residuo fondo dell’alienante, può farsi valere soltanto nei confronti di quest’ultimo e dei suoi eredi, non anche nei confronti degli aventi causa a titolo particolare dell’alienante medesimo Cass., n. 21526/2011 , alla fattispecie in esame non risulta applicabile il suddetto principio, atteso che nel caso di specie, la servitù è già stata costituita contestualmente alla vendita con lo stesso rogito. In tale ultima ipotesi, rileva la Corte, si è creato un rapporto di natura reale che si è trasmesso ai vari aventi causa delle parti originarie, subentrati nella proprietà del fondo dominante e del servente, con ciò rendendo inapplicabile il principio di diritto dinnanzi menzionato.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 30 maggio - 6 ottobre 2014, n. 20982 Presidente/Relatore Bucciante Svolgimento del processo Con sentenza del 27 ottobre 2003 il Tribunale di Forlì respinse la domanda proposta da B.D. nei confronti del condominio , diretta ad ottenere la condanna del convenuto al pagamento della somma di L. 20.000.000, come indennità per il godimento di una particella di terreno dell'attrice, utilizzata come passaggio per l'accesso all'edificio comune respinse l'eccezione di estinzione del giudizio nei riguardi di M.E. e P.G. , che erano stati chiamati in causa in garanzia dal condominio condannò l'attrice a rimborsare le spese di giudizio sostenute da ognuna delle altre parti. Impugnata da B.D. in via principale, da M.E. , P.C. , P.F. e S.S. eredi di P.G. in via incidentale, la decisione è stata confermata dalla Corte d'appello di Bologna, che con sentenza del 4 novembre 2008 ha rigettato entrambi i gravami. A tale conclusione il giudice di secondo grado è pervenuto ritenendo - che l’interclusione del fabbricato condominiale era conseguita alla vendita del terreno poi edificato, sicché l'avvenuta contestuale costituzione della servitù di passaggio non comportava il pagamento di alcuna indennità, a norma dell'art. 1054 c.c. - che in seguito al decesso di P.G. il processo era stato dichiarato interrotto per entrambe le cause riunite e ne era sopravvenuta una situazione di litisconsorzio necessario, sicché la riassunzione tempestivamente operata da B.D. , anche se nei confronti del solo condominio, aveva impedito l'estinzione del processo anche nei riguardi dei chiamati in garanzia. B.D. ha proposto ricorso per cassazione, in base a due motivi. Si sono costituiti con controricorsi sia il condominio , sia M.E. , P.C. , P.F. e S.S. , i quali hanno altresì formulato un motivo di impugnazione in via incidentale, cui hanno replicato con propri controricorsi B.D. e il condominio . La ricorrente principale e i ricorrenti incidentali hanno presentato memorie. Motivi della decisione Con il primo motivo del ricorso principale B.D. si duole della mancata dichiarazione di estinzione del processo, relativamente a M.E. , P.C. , P.F. e S.S. , nei cui confronti ella non aveva inteso riassumere la causa, avvalendosi di una facoltà che le era consentita, stante la sua estraneità al rapporto di garanzia dedotto in giudizio dal condominio. Quest'ultimo ha contestato l'ammissibilità della censura, osservando che non è dotata del requisito dell'interesse. L'eccezione non è fondata, poiché B.D. è stata condannata, in applicazione del principio di causalità, a rimborsare le spese di giudizio non solo al convenuto ma anche ai chiamati in causa e appunto di questa pronuncia, in relazione alla quale è rimasta soccombente, ha chiesto la cassazione, rilevando che sarebbe stata evitata, ove la propria eccezione di estinzione parziale del processo fosse stata accolta. La doglianza in esame non può però essere accolta. Lo impedisce la sua mancanza di pertinenza alla ratio decidendi posta a base, sul punto, della sentenza impugnata la Corte d'appello non ha negato che gli eventi interruttivi, nel caso di cause scindibili, operano soltanto per quelle cui essi si riferiscono, come la ricorrente sostiene ha tuttavia ritenuto, sulla scorta di Cass. 4 marzo 2004 n. 4412, che se in tali casi il processo viene erroneamente dichiarato interrotto in toto, si crea a posteriori una situazione di litisconsorzio necessario, sicché la riassunzione operata tempestivamente nei riguardi di una delle cause vale ad impedire l'estinzione anche delle altre, che come nella specie vengano a loro volta riassunte in un termine a tale scopo concesso dal giudice, anche se dopo la scadenza di quello stabilito dall'art. 305 c.p.c A questo argomento nessuna specifica e puntuale critica viene rivolta dalla ricorrente, la quale in sostanza si limita a insistere nella tesi della legittimità della propria scelta di riassumere il giudizio soltanto nei confronti del condominio, in coerenza con il proprio interesse e con l'impostazione da essa data fin dall'inizio alla causa. Per questa stessa decisiva ed assorbente più liquida ragione va disatteso il motivo addotto a sostegno del ricorso incidentale, con il quale anche M.E. , P.C. , P.F. e S.S. sostengono che nei loro riguardi il processo avrebbe dovuto essere dichiarato estinto, ma ugualmente non muovono precisi e concreti rilievi in ordine al principio enunciato dalla citata Cass. 4412/2004 e a quanto la Corte d'appello ha ritenuto potersene desumere con riferimento al caso di specie. Con il secondo motivo del ricorso principale B.D. lamenta che il proprio diritto a ottenere l'indennità oggetto della causa è stato erroneamente disconosciuto dalla Corte d'appello in base al disposto dell'art. 1054 c.c., che esclude tale diritto quando l'interclusione è effetto di alienazione a titolo oneroso la norma, secondo la ricorrente, nella specie non è applicabile, poiché l'interclusione era derivata dalla vendita di un terreno dai propri danti causa alla società Giemme, che aveva poi costruito un edificio e trasferito i singoli appartamenti ai vari acquirenti, sicché a questi ultimi non potevano beneficiare della gratuità del passaggio, trattandosi di diritto esercitabile esclusivamente nei confronti dell'originario alienante o dei suoi successori a titolo universale, secondo la costante giurisprudenza di legittimità. L'assunto non è fondato, poiché i precedenti richiamati dalla ricorrente a conforto della sua tesi v., da ultimo, Cass. 18 ottobre 2011 n. 21526 sanciscono il carattere personale, dal lato passivo, del diritto a ottenere la costituzione gratuita della servitù nei casi di interclusione derivante da alienazione a titolo oneroso diritto che può essere esercitato esclusivamente nei confronti dell'originario alienante o dei suoi successori a titolo universale. Nel caso di cui si tratta, invece, la servitù è già stata espressamente costituita contestualmente alla vendita con lo stesso rogito, con conseguente creazione di un rapporto di natura reale che si è trasmesso ai vari aventi causa delle parti originarie, subentrati nella proprietà del fondo dominante e del servente. Entrambi i ricorsi vanno pertanto rigettati, con conseguente condanna della ricorrente principale a rimborsare alle altre parti, nei confronti di entrambe le quali rimane soccombente, le spese di giudizio, che si liquidano nella misura indicata nel dispositivo che segue tra queste due ultime parti le spese vengono compensate, poiché la proposizione del ricorso incidentale, sostanzialmente adesivo al primo motivo del ricorso principale, non ha comportato apprezzabile aggravio di difesa per il condominio . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale e l'incidentale condanna la ricorrente principale a rimborsare alle altre parti le spese del giudizio di cassazione, liquidate per il condominio in 200,00 Euro, oltre a 3.000,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge, per M.E. , P.C. , P.F. e S.S. in 200,00 Euro, oltre a 1.000,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge compensa le spese del giudizio di cassazione tra il condominio ed M.E. , P.C. , P.F. e S.S. .