Legittima la trasformazione di un lastrico in terrazza se a prevederlo è l’atto d’assegnazione degli immobili

In tema di utilizzazione ed acquisto di porzioni di edificio è lecita la trasformazione di una parte del lastrico solare di copertura di un’unità immobiliare in terrazza a servizio dell’appartamento dal quale vi si accede, nonché l’edificazione sul medesimo di vani di pertinenza di una porzione di piano finitima, se la realizzazione è prevista dal contenuto degli atti d’assegnazione degli immobili da parte della cooperativa, i quali devono essere interpretati alla stregua dei normali canoni ermeneutici previsti per i contratti.

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 19405, depositata il 15 settembre 2014, ha così risolto una controversia giunta alla sua attenzione. Il caso . Un condominio ed alcuni condomini facevano causa ad altri partecipanti alla compagine, rei, a loro modo di vedere, di aver eseguito delle opere illegittime su un lastrico adiacente le loro abitazioni. In particolare uno di essi aveva edificato alcuni vani, mentre l’altro aveva apposto delle ringhiere trasformando il lastrico solare, che fungeva da copertura ad un appartamento sottostante, in terrazza di propria esclusiva pertinenza dalla quale era configurabile l’esercizio di un diritto di veduta verso i piani sottostanti. Con la causa, quindi, il condominio ed i condomini attori puntavano alla remissione in pristino dello stato dei luoghi. Il giudizio di primo grado portava ad una reiezione delle domande, così come nel procedimento d’appello, il gravame proposto dagli originari attori veniva respinto. L’epilogo della vicenda, come spesso accade, s’è avuto davanti alla Corte di legittimità. Criteri d’interpretazione dei contratti . Ogni accordo tra due o più parti ha un proprio significato dato da un insieme di elementi che devono essere tenuti in considerazione nella sua interpretazione. In tal senso, il criterio principe delineato dal primo comma dell’art. 1362 c.c. è quello relativo alla comune intenzione delle parti, senza limitarsi al senso letterale delle parole. Come dire se una parola viene utilizzata in maniera impropria desumibile dalla comune intenzione delle parti anche in ragione del comportamento da queste tenuto dopo la conclusione del contratto art. 1362, comma 2, c.c. , il significato da attribuire ad un determinato termine, in quel contesto, sarà quello più congeniale alla corretta realizzazione della volontà delle parti e non quello che astrattamente significa. In questo contesto generale il codice civile elenca una serie di criteri specifici e/o sussidiari d’interpretazione dei contratti. Ermeneutica contrattuale e ruolo della Suprema Corte . Spesso le controversie relative all’interpretazione dei contratti arrivano fino alla Corte di Cassazione altrettanto frequentemente gli Ermellini respingono questi ricorsi perché, si legge nelle sentenze, quanto chiesto dalla parte finisce col sostanziarsi in un riesame nel merito del contenuto del contratto, ossia di un’operazione vietata ai giudici di legittimità. La Cassazione, infatti, è ed è detta giudice di legittimità proprio perché il suo compito è quello di valutare la legittima applicazione delle norme sostanziali e processuali e non quella, più ficcante, di valutare nel merito la vicenda. Come ricordano i giudici nella sentenza n. 19405, rigettando il ricorso anche nei motivi attinenti l’interpretazione del contratto, la competenza della Cassazione si ferma laddove le censure mosse dai ricorrenti riguardino accertamenti di fatto e apprezzamenti di merito, insindacabili in sede di legittimità in quanto adeguatamente motivati, in maniera esauriente, logicamente coerente e giuridicamente corretta . Nel caso di specie i giudici d’appello avevano fatto corretto uso dei canoni ermeneutici, sicché la loro interpretazione dell’atto di assegnazione degli immobili e quindi della facoltà di edificare e apporre la ringhiera era insindacabile. La servitù di veduta è legittima anche se implicita . Nel corso del giudizio di Cassazione il ricorrente si lamentava di un fatto all’apposizione della ringhiera sul lastrico solare sarebbe corrisposta la realizzazione di una servitù di veduta a vantaggio del proprietario dell’appartamento che l’aveva apposta. Anche sul punto la Corte nomofilattica non ha mosso censure all’impugnata sentenza di secondo grado. Secondo gli Ermellini, infatti, con un ragionamento incensurabile in quella sede, i giudici del gravame avevano ritenuto che la facoltà di realizzare la ringhiera ed i vani aggiuntivi comportasse quello di esercitare la veduta sul fondo limitrofo senza l'osservanza delle distanze legali . Come dire la servitù può essere costituita anche senza un’espressa individuazione del diritto e dell’onere, qualora essa sia chiara e diretta conseguenza di altra facoltà concessa al proprietario del fondo dominante.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 21 maggio – 15 settembre 2014, n. 19405 Presidente Triola – Relatore Bucciante Svolgimento del processo Con sentenza n. 1853/2004 il Tribunale di Napoli respinse le domande di riduzione in pristino e di risarcimento di danni proposte nei confronti di V.S. e di L.E. dal condominio dell'edificio sito in quella città alla via omissis e da alcuni condomini, con riferimento ad opere compiute nel 1988 dai convenuti e consistite nella trasformazione in terrazza di un lastrico antistante il loro alloggio e costituente la copertura di alcuni vani di quello ubicato al piano inferiore, appartenente a M.P. . Impugnata in via principale separatamente da M.P. e dal condominio con alcuni condomini, nonché in via incidentale da V.S. ed L.E. , la decisione è stata confermata dalla Corte d'appello di Napoli, che con sentenza n. 2769/2007 ha rigettato tutti i gravami. Hanno proposto distinti ricorsi per cassazione M.P. e la condomina Vi.La. , rispettivamente in base a nove e a sette motivi. Hanno resistito con controricorsi V.S. ed L.E. , formulando a loro volta due motivi di impugnazione in via incidentale, cui M.P. ha opposto un proprio controricorso. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensive nel giudizio di legittimità. V.S. ed L.E. hanno presentato una memoria. Motivi della decisione In quanto proposte contro la stessa sentenza, le impugnazioni in esame vengono riunite in un solo processo, in applicazione dell'art. 335 c.p.c Di entrambi i ricorsi principali i resistenti hanno contestato l'ammissibilità, denunciando l'inidoneità dei quesiti di diritto che vi sono formulati e il difetto di autosufficienza dell'esposizione dei fatti di causa che contengono. L'eccezione non è fondata. Contrariamente a quanto sostengono i controricorrenti, l'illustrazione di ognuno dei motivi addotti da M.P. e da Vi.La. a sostegno dei rispettivi loro ricorsi si conclude con la richiesta a questa Corte di dare risposta a domande non astratte né generiche, ma invece puntuali e pertinenti al decisum della sentenza impugnata inoltre, sia i fatti che hanno dato luogo alla controversia, sia lo svolgimento del processo e le relative risultanze istruttorie, sono riassunti in tutti i loro tratti e momenti essenziali. Con il primo motivo del suo ricorso M.P. lamenta che la Corte d'appello è incorsa in ultrapetizione, per aver affermato che la porzione immobiliare in questione appartiene a V.S. e ad L.E. , pur se costoro nel corso del giudizio avevano desistito dalla domanda proposta in tal senso. La censura va disattesa. Risulta dalla sentenza di appello non solo che l'assunto degli originari convenuti era stato mantenuto fermo in via di eccezione e ribadito anche in secondo grado, ma altresì che nel giudizio di gravame era stato proprio M.P. a riproporre la questione, insistendo per l'accoglimento della propria domanda riconvenzionale di accertamento negativo della qualità di V.S. ed L.E. di proprietari del lastrico. Con il secondo motivo del ricorso di M.P. e con il primo di quello di Vi.La. viene rivolta alla sentenza impugnata una stessa censura avere la Corte d'appello erroneamente e ingiustificatamente ritenuto che la proprietà del lastrico era stata acquisita da V.S. ed L.E. per effetto dei rogiti dell'agosto 1959, con i quali la cooperativa edilizia Alfa, costruttrice del fabbricato, aveva assegnato gli alloggi ora appartenenti a M.P. e a V.S. ed L.E. ai rispettivi loro danti causa, prevedendo che l'uno potesse costruire alcuni vani sulla propria terrazza, con copertura al livello di calpestio dell'appartamento al piano superiore, l'altro avesse il diritto di acquistare” il lastrico risultante e dovesse munirlo di ringhiera. Neppure questa doglianza può essere accolta. La Corte d'appello non ha affatto negato, in diritto , che nell'interpretazione dei contratti il principale criterio ermeneutico da utilizzare sia quello letterale, ma ha ritenuto, in fatto , che appunto dal suo impiego risultasse che la comune intenzione delle parti era stata quella di dare luogo a un negozio assimilabile all'alienazione di un bene futuro, comportante il suo acquisto al momento stesso della venuta ad esistenza, al fine di attribuire contestuali benefici equivalenti agli assegnatari dei due alloggi. Si verte dunque nel campo di accertamenti di fatto e apprezzamenti di merito, insindacabili in sede di legittimità in quanto adeguatamente motivati, in maniera esauriente, logicamente coerente e giuridicamente corretta. Né si può aderire alla tesi dei ricorrenti, secondo cui si sarebbe dovuto prendere in considerazione anche il comportamento successivo delle parti, tenuto all'atto degli ulteriori trasferimenti degli appartamenti. Il canone interpretativo di cui M.P. e Vi.La. lamentano la pretermissione ha carattere sussidiario, sicché non vi si può ricorrere se il criterio testuale, come si è reputato nella specie, abbia dato risultati di certezza cfr., tra le più recenti, Cass. 11 marzo 2014 n. 5595 , né comunque per individuare il contenuto dei contratti in materia immobiliare, per i quali è richiesta la forma scritta, nella quale deve essere espressa compiutamente la volontà delle parti cfr., tra le altre, Cass. 7 marzo 2011 n. 5385 . Con il terzo motivo del ricorso di M.P. si sostiene che l’interpretazione data dalla Corte d'appello della clausola di cui si tratta, nel senso di una concessione gratuita in favore del dante causa di V.S. ed L.E. , è incompatibile con lo scopo mutualistico delle cooperative edilizie, che impone parità di trattamento tra i soci. Anche questo motivo va rigettato, per l'assorbente ragione che attiene a un tema che non può avere ingresso in questa sede a causa della sua novità, poiché non ha formato oggetto di trattazione nella sentenza impugnata, né il ricorrente deduce di averlo prospettato nel giudizio a quo. Per la stessa ragione è precluso l'esame del quinto motivo del ricorso, con cui M.P. lamenta che la Corte d'appello ha ritenuto che la proprietà del lastrico sia stata acquistata, al momento della sua venuta ad esistenza, dal dante causa di V.S. ed L.E. , pur se costui non aveva manifestato la volontà di approfittare della stipulazione a suo vantaggio contenuta nell'atto di assegnazione dell'altro alloggio. Anche questo è un argomento che richiede valutazioni di fatto e che non risulta essere stato incluso nel dibattito processuale del giudizio definito con la sentenza di cui viene chiesta la cassazione. Con il quarto motivo di ricorso M.P. lamenta che la Corte d'appello, pur riconoscendo la discrepanza esistente tra l'atto di assegnazione al proprio dante causa e la relativa nota di trascrizione nella quale si menzionava non il diritto di acquistare” il lastrico da parte dell'assegnatario, bensì la facoltà della cooperativa di cedere” a lui il bene ha dato la prevalenza al primo, discostandosi dal principio secondo cui esclusivamente il contenuto della nota è rilevante ai fini dell'opponibilità di un atto ai terzi. La censura va disattesa. La trascrizione ha la funzione di dirimere, in base al criterio della priorità, i contrasti derivanti da atti che abbiano dato luogo a situazioni giuridiche tra loro incompatibili. Questo carattere è del tutto assente nel caso di specie, poiché i diritti attribuiti dalla cooperativa edilizia Alfa agli originari assegnatari dei due appartamenti in questione ben possono coesistere nella loro pienezza, in quanto non si limitano reciprocamente in alcun modo, consistendo l'uno nella possibilità di sopraelevare una porzione dell'edificio comune, l'altro nell'acquisto della proprietà della copertura di tale costruzione. È dunque esatto, ma ininfluente nel caso di specie, ciò che sostiene il ricorrente a proposito della decisività del contenuto della nota di trascrizione, ai fini dell’opponibilità di un atto ai terzi cfr., per tutte, Cass. 4 dicembre 2012 n. 21758 . Il mancato accoglimento delle censure finora esaminate rende inconferente il sesto motivo del ricorso di M.P. , con il quale viene contestata la ratio decidendi alternativa che è stata posta a base della sentenza impugnata pur avendo ritenuto, in principalità, che l'attribuzione del diritto di acquistare” al dante causa di V.S. ed L.E. , avesse avuto l'effetto reale del trasferimento della proprietà del lastrico già dal momento della sua venuta ad esistenza, il giudice di secondo grado ha preso in considerazione anche l'ipotesi che si fosse trattato di un diritto potestativo, osservando che tuttavia non ne sarebbe conseguito l'accoglimento degli appelli, poiché quel diritto non era soggetto a prescrizione ed era stato efficacemente esercitato nel 1988. È superfluo esaminare le critiche formulate dal ricorrente relativamente a questo ulteriore argomento svolto dal giudice a quo, poiché comunque rimane fermo l'altro, di per sé idoneo a sorreggere autonomamente la decisione adottata. Con il settimo motivo del ricorso di M.P. e il quinto del ricorso di Vi.La. si nega l'esattezza della qualificazione di onere reale” data dalla Corte d'appello della situazione risultante dall'attribuzione al dante causa di V.S. ed L.E. del diritto di diventare proprietario del lastrico, una volta che esso fosse stato realizzato secondo i ricorrenti è stata così inserita una nuova ipotesi, in un ambito che comprende invece un numero chiuso di figure tipiche. La censura va disattesa, poiché non consiste nella deduzione di un qualche errore di giudizio in cui possa essere incorso il giudice a quo a causa della suddetta asseritamente impropria qualificazione, che in effetti non ha in alcun modo inciso sull'economia delle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata, le quali risultano comunque giuridicamente corrette, indipendentemente dall'essere stato fatto corrispondere un onere reale” al diritto di acquistare la proprietà”, dal lato passivo del rapporto creato dalla clausola contrattuale in considerazione. Con l'ottavo motivo del suo ricorso M.P. si duole del riconoscimento, da parte della Corte d'appello, della legittimità della servitù di veduta cui V.S. ed L.E. hanno dato luogo, munendo il lastrico di una ringhiera posta all'estremo suo limite, che consente l'affaccio diretto sul sottostante suo terrazzo. Neppure questa doglianza può essere accolta. Plausibilmente il giudice di secondo grado, con valutazione di merito sorretta da idonea motivazione, ha ritenuto che il diritto trasmesso a V.S. ed L.E. - di diventare proprietari della terrazza risultante dalla copertura dei vani realizzati al piano sottostante al loro appartamento - comportasse quello di esercitare la veduta sul fondo limitrofo senza l'osservanza delle distanze legali, tanto più che l'apposizione di una ringhiera, avente lo scopo appunto di consentire tale facoltà, era stata prevista non solo come possibilità ma anzi come obbligo. Sia il nono motivo del ricorso di M.P. , sia il secondo, il terzo, il quarto, il sesto e il settimo motivo del ricorso di Vi.La. , non debbono essere esaminati, poiché contengono censure che presuppongono la natura condominiale della porzione immobiliare oggetto della controversia natura che è stata esclusa dal giudice a quo, in base alle considerazioni cui si riferiscono le altre doglianze prospettate dai ricorrenti in via principale, che sono state in precedenza disattese. Vanno dichiarati assorbiti i ricorsi incidentali, al cui accoglimento V.S. ed L.E. restano privati di interesse, in seguito al rigetto dei ricorsi proposti in via principale. Alla soccombenza di M.P. e di Vi.La. consegue la loro condanna a rimborsare le spese del giudizio di cassazione ai resistenti, che per ognuno si liquidano in 200,00 Euro, oltre a 3.000,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi rigetta quelli proposti in via principale da M.P. e da Vi.La. dichiara assorbiti gli incidentali condanna ognuno dei ricorrenti principali a rimborsare ai resistenti le spese del giudizio di cassazione, liquidate in 200,00 Euro, oltre a 3.000,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge.