Il deposito si trasforma in box auto: la legittimazione spetta all'amministratore

L'amministratore di condominio o di supercondominio può essere convenuto in giudizio per qualunque azione relativa alle parti comuni dell'edificio, siano esse azioni personali o reali. La Cassazione, intervenendo sulla trasformazione di un deposito in box auto, riconosce la legittimazione passiva dell'amministratore chiamato a garantire l'accesso carrabile al garage. Trasformare un deposito in box auto non è sempre agevole in quando occorre valutare profili civilistici, fiscali ed urbanistici.

E’ quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 14671/14, depositata il 27 giugno scorso. La lite scoppia per l'utilizzo dei locali a piano terra . Questa volta ci troviamo di fronte ad un supercondominio composto da 7 diversi fabbricati. Il proprietario di alcuni locali a piano terra cita i vari condomini, in persona dei rispettivi amministratori pro-tempore, in quanto gli verrebbe impedito l'accesso ai propri locali. Per comprendere la situazione, bisogna premettere almeno due circostanze. Il cortile antistante i locali è di proprietà del supercondominio su tale area condominiale sono state tracciate le corsie di accesso e manovra ed un numero imprecisato di stalli adibiti a posto auto. Il cortile, quindi, viene utilizzato da tutti i condomini dei vari corpi di fabbrica come area a parcheggio. Sta di fatto che tale utilizzazione del parcheggio impedisce l'accesso carrabile ai locali di uno dei comproprietari che, quindi, suo malgrado, si vede costretto ad agire in giudizio per ottenere il riconoscimento del diritto di utilizzare i locali a piano terra come luogo di ricovero per le proprie autovetture. Ma perché mai la lite è scoppiata solo recentemente? E' presto detto, a quanto pare, i locali erano originariamente adibiti a deposito e non a box auto il che crea un ulteriore quesito il proprietario dei locali originariamente adibiti a deposito può cambiare la destinazione d'uso e trasformare un deposito in box auto? A fasi alterne il giudizio di merito. Il giudizio di merito si svolge a fasi alterne, il Tribunale, in primo grado, rigetta la domanda. Il locale, per anni, sarebbe stato utilizzato per l'esercizio dell'attività artigianale e tale destinazione non sarebbe mai stata pregiudicata dall'utilizzo del cortile come parcheggio condominiale. In altre parole, se nessuno ha protestato fino a ieri, perché cambiare registro? La Corte d'Appello, come spesso accade, cambia prospettiva e ribalta l'esito del giudizio. Secondo la Corte territoriale, la circostanza che, in passato, i locali fossero stati adibiti ad altre attività, non poteva pregiudicare il diritto del proprietario di utilizzare i locali, attualmente, per il parcamento delle autovetture. In altri termini, il condominio non poteva impedire al proprietario di cambiare la destinazione d'uso dei locali e, in tale ottica, non poteva essere impedito l'accesso carrabile alla proprietà. Il super condominio non si arrende e ricorre in Cassazione spiegando una vera e propria raffica di eccezioni che, però, vengono sbaragliate dagli Ermellini. Due i punti in discussione. In linea di massima, l'attenzione si concentra su due punti della vicenda il difetto di legittimazione passiva dell'amministratore di condominio e la competenza o meglio, l'incompetenza dell'adito Tribunale. Sotto il primo profilo, i condomini citati in giudizio, lamentano il difetto di legittimazione passiva in quando la domanda sarebbe stata introdotta nei confronti degli amministratori dei singoli fabbricati mentre la controparte avrebbe dovuto agire nei confronti dei singoli condomini. Il diritto fatto valere in giudizio, inoltre, sarebbe relativo ad una servitù per cui, conseguentemente, la competenza sarebbe da attribuire al Giudice di Pace e non al Tribunale adito. Parola alla Cassazione. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14671 del 9 aprile 2014, depositata in cancelleria il successivo 27 giugno, respinge il ricorso confermando la decisione della Corte d'Appello. La legittimazione passiva spetta all'amministratore. In primo luogo, gli Ermellini pongono dei paletti la controversia riguarda il conflitto tra il singolo condominio proprietario di un locale a piano terra e proprietà comune ovvero l'area a parcheggio . Partendo da questo presupposto, Piazza Cavour sostiene la fondatezza dell'azione in quanto l'amministratore può legittimamente essere convenuto in giudizio per qualunque controversia relativa alle parti comuni dell'edificio, siano esse azioni personali o reali. Giusta la competenza del Tribunale. Sempre partendo dal presupposto che la lite è relativa ad un possibile conflitto tra il diritto del singolo proprietario e la proprietà comune, viene esclusa la competenza del Giudice di Pace. La tesi troverebbe il proprio fondamento nell'articolo 7 c.p.c Il proprietario agisce per tutelare una servitù? Nel caso in esame non viene qualificata la natura del diritto fatto valere dal proprietario dei locali. Secondo la difesa del condominio, potrebbe trattarsi dell'esercizio di una servitù nel qual caso, l'azione avrebbe dovuto essere proposta nei confronti di tutti i condomini quali litisconsorti necessari. L'eccezione viene respinta dagli Ermellini. Occorre tener presente che proprio dalla Seconda Sezione, con la recente sentenza n. 4871/2014 aveva ritenuto sussistere la legittimazione passiva dell'amministratore di condominio per le controversie in ambito condominiale vertenti sull'esistenza e sulla estensione della servitù. Nell'occasione gli Ermellini avevano sottolineato che, quando la servitù crea un vantaggio a favore dell'intero edificio in condominio, la legittimazione spetta all'amministratore in quanto l' utilitas viene assicurata all'intero edificio e non a singoli condomini. Tale tesi avrebbe il pregio di superare un ostacolo puramente pratico dovuto alla necessità di citare in giudizio tutti gli appartenenti al condomino. Pensiamo cosa potrebbe accadere se, come nel caso in oggetto, il condominio o meglio, il supercondomio dovesse essere formato da sette corpi di fabbrica. Respinta l'eccezione relativa all'usucapione. Una delle eccezioni sollevate dal condominio riguarda la configurabilità dell'usucapione. La tesi, in verità, è quantomeno suggestiva. Il condominio, pone il seguente quesito di diritto se sia possibile, da parte di più condomini facenti parte di un supercondominio, che abbiano la piena disponibilità dei beni privati comuni e ne traggano godimento per oltre un ventennio, acquisire un diritto per usucapione. L'obiettivo è semplice si mira a sostenere che il condominio avrebbe acquisito, per usucapione, il diritto di utilizzare le aree comuni per il parcamento delle vetture a cui corrisponderebbe, a contrario, la perdita per mancato esercizio del diritto protrattosi per oltre un ventennio, da parte del singolo proprietario, del diritto di accedere con mezzi carrabili alla proprietà privata. L'eccezione viene respinta per la difficoltà di inquadrare la situazione. Sul punto, la Cassazione sottolinea come resta nebuloso stabilire chi abbia usucapito cosa e con quali effetti nel contrasto tra proprietà comune e proprietà individuale del partecipante alla stessa comunione . Possibile cambiare la destinazione d'uso? Secondo la Cassazione il cambio di destinazione d'uso di un immobile rientrerebbe nell'esercizio del diritto di proprietà. Piazza Cavour, infatti, riconosce al proprietario il diritto di usare il bene nella maniera ritenuta più utile ed opportuna, a prescindere dall'utilizzo fattone in passato. E non finisce qui! Gli Ermellini puntano il dito sullo stato dei luoghi. I locali a piano terra sarebbero stati realizzati insieme all'intero caseggiato e darebbero stati dotati, sin dall'origine, in modo da poter permettere l'accesso carrabile. Tale circostanza sarebbe suffragata dall'ampiezza degli accessi realizzati proprio per permettere l'accesso delle autovetture. Non sempre è agevole trasformare il deposito in box auto. A dire il vero, la questione relativa al cambio di destinazione di un deposito in box auto non è nuova e neanche del tutto agevole. A finire sotto la lente, infatti, sono una serie impressionante di norme, non sempre di facile interpretazione e, come spesso accade, spesso non allineate tra loro, che coinvolgono aspetti civilistici, fiscali e, sopratutto, urbanistici. Occorre partire dal presupposto che, anche catastalmente, depositi e box auto hanno una differente classificazione a cui corrisponde un diverso peso fiscale”. I primi, infatti, rientrano nella categoria C/2” mentre i secondi nella categoria C/6”. Il cambio di destinazione, quindi, anche semplicemente sotto il profilo catastale, richiederebbe una apposita procedura amministrativa gestita da un tecnico abilitato. I profili di maggior interesse, peraltro, potrebbero essere quelli di natura urbanistica in quanto la destinazione d'uso di una unità immobiliare viene impressa dall'ufficio urbanistica del comune e le variazioni effettuate al catasto, senza il placet preventivo del comune, non hanno nessun valore, se non ai fini fiscali. Sotto il profilo urbanistico, sarebbe necessario un esame approfondito della documentazione tecnica tesa a valutare l'esistenza di possibili vincoli di destinazione. Sotto il profilo prettamente condominiale, invece, possibili vincoli potrebbero derivare dal regolamento di natura contrattuale che potrebbe vietare il cambio di destinazione d'uso. Da ultimo, occorre tener presente che, anche la recente riforma del condominio, per ovvie ragioni, pone l'accento sul fattore sicurezza”. In questa prospettiva, trasformare un deposito in box auto potrebbe risultate un'impresa titanica in quanto sarebbe necessario munirsi delle prescritte autorizzazioni rilasciate dalle competenti autorità in primis dai Vigili del Fuoco , Il Decreto Ministeriale del 1° febbraio 1986 Norme di sicurezza antincendi per la costruzione e l'esercizio di autorimesse e simili”, infatti, impone una serie di prescrizione estremamente severe in materia.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 9 aprile – 27 giugno 2014, n. 14671 Presidente Oddo – Relatore Manna Svolgimento del processo M.M. , proprietario di locali adibiti a box auto e distinti dai numeri da 74 a 88 di via omissis , conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Genova i condomini di cui ai nn. 14, 26, 66, 120, 122, 68 e 156 della stessa via, in persona dei rispettivi amministratori, lamentando che la regolamentazione a parcheggio dell'area comune agli stessi edifici condominiali, realizzata mediante apposite strisce superficiali di delimitazione, e il conseguente uso che ne era derivato, gli impediva l'accesso ai propri box. Chiedeva, pertanto, che fosse accertato il proprio diritto di accesso pedonale e carraio ai predetti suoi immobili. Nel resistere in giudizio i condomini dei nn. 14, 26, 66, 120, 122, 68 e 156 di via omissis , oltre a contestare la propria legittimazione passiva, deducevano che i locali dell'attore erano destinati ad uso artigianale e non per il ricovero di autovetture. Il Tribunale, con sentenza resa in confronto di M.D. , che nella propria qualità di erede dell'attore, deceduto, aveva proseguito il giudizio, rigettava la domanda, in considerazione del fatto che la proprietà a tutela della quale l'attore aveva agito era costituita da un unico locale avente diversi accessi, destinato da sempre non al ricovero di autovetture, ma all'esercizio di attività artigianali, destinazione di fatto non pregiudicata. Tale sentenza era ribaltata dalla Corte d'appello di Genova. Respinte preliminarmente le eccezioni di carenza di legittimazione passiva dei condomini, di incompetenza per materia e di usucapione dell'area posta innanzi agli ingressi dei fondi dell'attore, la Corte territoriale riteneva che la possibilità di accedere con veicoli, sia a due che a quattro ruote, ai box auto di parte attrice, impedita di fatto dall'utilizzazione dell'area antistante come parcheggio, era connaturata alle caratteristiche d'uso dei locali dell'attore, a nulla rilevando il fatto che in passato questi avessero avuto una destinazione diversa, essendo il ricovero di autovetture un uso lecito e conforme al titolo di proprietà. Osservava, quindi, che gli accessi ai locali di proprietà M. erano stati realizzati insieme all'intero fabbricato di cui questi facevano parte, per cui la loro stessa esistenza dimostrava la destinazione degli immobili. Per la cassazione di tale sentenza i condomini di cui ai nn. 14, 26, 66, 120, 122, 68 e 156, ciascuno in persona del proprio amministratore, propongono ricorso affidato a sei motivi. Resiste con controricorso M.D. . Concesso apposito termine, ciascuno dei condomini ricorrenti, ad eccezione di quello di cui al n. 156, hanno depositato verbale dell'assemblea di autorizzazione dell'amministratore a proporre il ricorso. Motivi della decisione 1. - Col primo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 81 e 102 c.p.c., in relazione all'articolo 360, n. 3 rectius , 4 c.p.c Per giungere alla conclusione di cui alla sentenza impugnata la Corte territoriale avrebbe dovuto qualificare il titolo posto a base del diritto azionato, titolo che, in ipotesi, avrebbe dovuto essere quello di servitù, il cui accertamento avrebbe reso necessaria la partecipazione al giudizio di tutti i condomini, in qualità di litisconsorti necessari. Del resto, proseguono le parti ricorrenti, l'accertamento positivo del diritto azionato, anche a non qualificalo come servitù, comporterebbe la limitazione del diritto degli altri comproprietari e con essa la necessità di una revisione dei millesimi spettanti a ciascun condomino. Formula, pertanto, il seguente quesito di diritto ai sensi dell'articolo 366-bis c.p.c. applicabile ratione temporis alla fattispecie qualora non sia stato giuridicamente qualificato il diritto riconosciuto in capo ad uno solo dei condomini ma esso incida sul diritto degli altri condomini al godimento del bene comune, la Corte di Cassazione accerti e dichiari se sussista o meno la legittimazione passiva di tutti i condomini a resistere nel relativo giudizio sul diritto controverso . 2. - Il secondo motivo denuncia, ancora, la violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 81 c.p.c., in relazione all'articolo 360, n. 3 rectius , 4 c.p.c Sotto altro aspetto, la carenza di legittimazione passiva dei condomini convenuti in giudizio deriva dal fatto che questi ultimi, a loro volta, formano un supercondominio, gestito da un consiglio di amministrazione, che si è occupato di regolare l'area comune adibita a parcheggio, utilizzata indistintamente da tutti i condomini. Pertanto, e in alternativa alla censura di cui al primo motivo, i singoli condomini sono carenti di legittimazione passiva, spettando quest'ultima al supercondominio, in persona del suo organo rappresentativo. Segue il quesito dica codesta Suprema Corte se, in una controversia afferente parti comuni di un supercondominio, legittimato passivo siano i singoli amministratori dei condomini o l'intero consiglio d'amministrazione, essendo i condomini distinti ma avendo in comune fra loro parti o servizi . 3. - Il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 7 c.p.c., in relazione all'articolo 360, n. 2 c.p.c Ove non accolti i primi due motivi, e ove escluso, pertanto, che la controversia importi l'accertamento di una servitù in favore dei fondi di proprietà dell'attore, o la revisione delle tabelle millesimali, non potrebbe che concludersi che la causa abbia ad oggetto la regolamentazione di cose comuni, rientrando nella competenza per materia del giudice di pace, ai sensi dell'articolo 7 c.p.c Nei termini che seguono è il quesito dica codesta Ecc.ma Corte se una controversia sull'uso di beni comuni, una volta esclusa la legittimazione passiva di tutti i condomini per insussistenza di un diritto di servitù o di un diritto che vada a modificare le tabelle millesimali, sia di competenza del Tribunale o del giudice di pace . 4. - Con il quarto motivo è denunciata la violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 1158 c.c. in relazione al concetto di possesso continuato per vent'anni, nonché il vizio di motivazione su di un punto rectius , fatto decisivo, inerente alla tipologia di soggetti autorizzati a godere del bene comune, il tutto, rispettivamente, ai sensi dei nn. 3 e 5 dell'articolo 360 c.p.c La Corte d'appello ha respinto l'eccezione di usucapione dell'area adibita a parcheggio in quanto il relativo uso da parte di una quantità indeterminata di persone non rende il bene utilizzabile solo da soggetti ben identificati, ma da persone diverse ed anche estranee alle comunioni. La sentenza impugnata, sostengono le parti ricorrenti, ha applicato erroneamente le norme di legge, perché se è vero come è vero che l'area comune fa parte di un supercondominio, è altrettanto indubitabile che gli unici soggetti ad averne la disponibilità sono i partecipanti ai sette condomini di via omissis , che a loro volta non sono un insieme indeterminato, ma un numero ben preciso di persone, sicché trova pienamente applicazione l'istituto dell'usucapione del diritto di uso da parte dei condomini. I ricorrenti formulano il quesito di diritto come segue dica codesta Ecc.ma Corte se più condomini facenti parte di un supercondominio, qualora abbiano la piena disponibilità dei beni privati comuni e ne traggano godimento per oltre vent'anni, abbiano usucapito o meno i beni suddetti . E indicano, altresì, quanto appena detto come fatto controverso su cui la motivazione sarebbe stata omessa o insufficiente. 5. - Col quinto motivo è dedotta la violazione dell'articolo 132 c.p.c., in relazione all'articolo 360, n. 3 rectius , 4 c.p.c. e il vizio di motivazione circa il fatto decisivo concernente il diritto di accesso pedonale e carrabile ai locali di proprietà dell'attore, in relazione al n. 5 dell'articolo 360 c.p.c Come già espresso nel primo motivo, la Corte territoriale non ha indicato il titolo giuridico in base al quale è stato riconosciuto il diritto dell'attore, il che, ad avviso dei ricorrenti, non soddisfa il requisito di cui al n. 4 dell'articolo 132 c.p.c., la cui mancanza determina la nullità della sentenza, ovvero l'insufficienza della relativa motivazione. Questo il quesito dica codesta Ecc.ma Corte se la mancanza del requisito dell'esposizione sommaria in diritto si sostanzi o meno nella nullità e/o inesistenza della relativa sentenza per violazione del diritto di difesa garantito dall'articolo 24 della Costituzione . Quale fatto controverso e decisivo i ricorrenti indicano le ragioni giuridiche necessarie a giustificare il riconoscimento del diritto in capo all'attore. 6. - Il sesto motivo denuncia il vizio di motivazione sulla valutazione delle emergenze istruttorie, in relazione all'articolo 360, n. 5 c.p.c Riconoscendo unicamente all'attore il diritto di godere appieno della sua proprietà, la Corte territoriale ha correlativamente limitato la proprietà della comunione , dimenticando che anche l'attore acquistò l'immobile come adibito a magazzino, uso confermato dalle prove orali raccolte. La censura, infine, indica quali fatti controversi le circostanze menzionate la Corte territoriale non ha adeguatamente preso in considerazione le risultanze documentali da cui si evince chiaramente la completa possibilità per il Sig. M. di godere del proprio bene e l'originaria destinazione dell'immobile in questione ad uso magazzino . 7. - Il primo ed il quinto motivo, da esaminare congiuntamente per la loro complementarietà logico-giuridica, sono infondati. Atteso che la Corte territoriale ha espressamente affermato che anche M.D. partecipa ai condomini convenuti v. pag. 4 sentenza impugnata , e che l'esattezza di tale premessa non risulta aggredita dalle censure svolte, va da sé che la controversia ha ad oggetto il conflitto tra proprietà individuale dei box auto dell'attore e proprietà comune dell'area condominiale adibita a parcheggio . Il che esclude, ad un tempo, tanto l'ipotesi di asservimento della seconda alla prima, quanto quella dell'incidenza della lite sulla misura della partecipazione dei condomini alla proprietà della cosa comune. Ciò posto, non occorre la partecipazione personale dei singoli condomini, in quanto ai sensi dell'articolo 1131, 2 comma c.c. l'amministratore può essere convenuto in giudizio per qualunque azione relativa alle parti comuni dell'edificio, siano esse azioni personali o reali cfr. Cass. nn. 22886/10 e 9093/07 v. analogamente, Cass. n. 1028/84 . 8. - Di riflesso l'infondatezza del terzo mezzo. Atteso che le cause relative alla misura e alle modalità d'uso dei servizi condominiali sono quelle in cui siano in discussione i limiti quantitativi e qualitativi dell'esercizio delle facoltà spettanti ai condomini, ma non quelle nelle quali si controverta circa l'esistenza o l'inesistenza del diritto stesso di usare le cose comuni per determinati fini v. Cass. nn. 7547/11, 11861/05 e 6642/00 , deve escludersi la competenza del giudice di pace ex articolo 7 c.p.c. allorché, come nel caso in esame, la controversia derivi da un conflitto tra proprietà individuale e proprietà comune. 9. - È infondato anche il secondo motivo. In disparte che la legittimazione passiva del rappresentante non esclude quella del rappresentato, questo essendo direttamene convenibile in giudizio in luogo di quello, va rilevato che l'effettiva esistenza tanto di un supercondominio tra i vari condomini convenuti quanto del relativo organo amministrativo è questione nuova che, come tale, non può trovare ingresso per la prima volta in sede di legittimità si noti, al riguardo, che dalla sentenza impugnata si desume dedotta in appello la sola e diversa questione della necessaria presenza in giudizio dei singoli proprietari partecipanti ai condomini convenuti . 9. - Il quarto mezzo è inammissibile. Il quesito di diritto, richiesto dall'articolo 366-bis c.p.c., è inadeguato, con conseguente inammissibilità del motivo di ricorso, quando non è conferente rispetto alla questione che rileva per la decisione della controversia, quale emerge dall'esposizione del motivo Cass. S.U. n. 8466/08 e successive conformi . Nello specifico, il motivo deduce che, non contestata la proprietà dell'area in favore dei condomini, gli unici ad averne avuto la disponibilità, esercitandovi l'attività di parcheggio, sono i partecipanti al supercondominio e, cioè, i proprietari dei sette condomini di via omissis v. pag. 15 del ricorso prosegue col sostenere che, pertanto, a differenza di quanto affermato nella sentenza impugnata tale potere di fatto è stato esercitato non da soggetti indeterminati ma da un numero ben preciso di persone e conclude nel senso che troverebbe dunque piena applicazione l'istituto dell'usucapione del diritto di uso da parte dei condomini loc. ult. cit. . Per contro, il quesito di diritto si riferisce all'acquisto per usucapione in favore dei condomini facenti parte di un supercondominio come se il condominio fosse un autonomo soggetto di diritto e non un ente di gestione di beni privati comuni id est , l'area adibita a parcheggio , soppresso ogni riferimento al diritto d'uso che, invece, il motivo attribuisce ai singoli proprietari partecipanti ai condomini odierni ricorrenti. Ne deriva una censura ed un quesito non solo reciprocamente discordanti, ma anche di problematica intelligibilità, in cui resta nebuloso chi abbia usucapito cosa e con quali effetti nel contrasto tra proprietà comune e proprietà individuale del partecipante alla stessa comunione. 10. – Il sesto motivo, infine, non coglie e dunque non confuta efficacemente la ratio decidendi della sentenza impugnata. Nel censurarne la motivazione peraltro neppure con un chiaro riferimento alla fattispecie della sua omissione, insufficienza o contraddittorietà parte ricorrente si duole della mancata considerazione delle prove che avrebbero dimostrato il pregresso uso commerciale dell'immobile di proprietà M. , benché accatastato quale box auto. Per contro, la pronuncia della Corte territoriale, dando per scontato proprio ciò che il motivo lamenta come negletto, si fonda su di un'altra considerazione. Si legge, infatti, nella sentenza impugnata che a nulla rileva il fatto che l'immobile per cui è causa ha avuto nel passato una destinazione d'uso diversa a magazzino e non a garage , trattandosi comunque, in relazione all'utilizzazione a garage, di uso lecito e conforme al titolo di proprietà e alle norme resta infatti fermo il diritto del proprietario di poter usare il suo bene nella maniera ritenuta opportuna, e nessun rilievo può avere l'uso diverso effettuato nel passato. Si deve notare, in proposito, che gli accessi risultano realizzati insieme all'intero caseggiato la loro sola esistenza dimostra il diritto di utilizzarli nel modo proprio delle porte, cioè quello di dare accesso ai locali cui sono asserviti accesso evidentemente strutturato sin dall'origine del bene per l'ingresso di automobili, come dimostra la larghezza degli ingressi . In altri termini, la censura non vale ad aggredire il proprium della decisione, che consiste nell'aver fatto prevalere il diritto di ripristinare la destinazione originaria ed oggettiva del fondo di proprietà M. sull'aspettativa degli altri condomini al mantenimento della diversa destinazione precedente. Decisione che, del resto, basandosi su di una regula iuris applicata ad un fatto storico accertato conformemente alla tesi della stessa parte ricorrente, non è censurabile ai sensi del n. 5 dell'articolo 360 c.p.c., richiedendo semmai la formulazione di una doglianza di violazione o falsa applicazione di legge. 11. - In conclusione il ricorso va respinto. 12. - Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della parte ricorrente. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese, che liquida in Euro 1.700,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.