Area verde contesa: natura dell’azione sta a “petitum” e a “causa petendi”

La natura di ogni azione dipende dalla formulazione non solo del petitum formale ma anche dalla causa petendi . La differenza tra un’azione di sola condanna e una di accertamento con richiesta accessoria di condanna è legata al fatto che la situazione soggettiva edotta quale oggetto di tutela sia un credito, il possesso o un diritto assoluto.

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 8608 dell’11 aprile 2014. Il fatto. Due condomini esponevano che una s.p.a., una s.n.c. e una cooperativa avevano acquistato un’area concordando tra loro che una parte sarebbe stata adibita a verde comune ai fabbricati condominiali che esse avrebbero costruito. Tuttavia, la cooperativa aveva adibito tale area a posteggio di autovetture, erigendo un muro divisorio. Per tale motivo, quest’ultima e l’amministratore dell’area erano convenuti in giudizio. La Corte d’Appello di Genova condannava la cooperativa a ripristinare lo stato e il godimento comune dell’area in oggetto. Avverso questa sentenza, uno dei condomini proponeva opposizione di terzo, sostenendo di essere proprietario esclusivo dell’area in questione e, in quanto tale, litisconsorte pretermesso nella precedente vicenda processuale i Giudici liguri accoglievano l’opposizione, riconoscendo la qualità del condominio opponente quale litisconsorte necessario nel giudizio che aveva portato alla pronuncia della sentenza opposta Disponibilità dell’area. L’altro condominio propone ricorso per cassazione, facendo notare che la Corte d’Appello aveva dato per scontato che, all’epoca d’introduzione del giudizio, la cooperativa non aveva la piena la piena ed esclusiva disponibilità dell’area che, tra l’altro, non era mai stata oggetto di passaggio di proprietà ma solo di convenzioni fra gli stessi per costituirvi servitù reciproche e di uso comune. Natura dell’azione. La Suprema Corte premette, in primis , che la natura di ogni azione dipende dalla formulazione non solo del petitum formale ma anche dalla causa petendi . La differenza tra un’azione di sola condanna e una di accertamento con richiesta accessoria di condanna è legata al fatto che la situazione soggettiva edotta quale oggetto di tutela sia un credito, il possesso o un diritto assoluto. Nei primi due casi l’azione è personale e di condanna, nel terzo l’azione è – se il diritto ha per oggetto immediato una res – di carattere reale ed eventualmente qualificata da una richiesta accessoria di condanna. Nel caso di specie, la causa petendi è inequivocabilmente ed esclusivamente basata sul solo diritto di proprietà in comunione, in quanto l’azione esercitata dai condomini ha ad oggetto la tutela della comproprietà dell’area contesa. Ciò che si chiede è l’accertamento della com proprietà. Ne consegue, quindi, che l’azione esercitata va qualificata come azione di accertamento della com proprietà, qualificata da una domanda accessoria di condanna. Essa doveva essere esercitata non solo nei confronti della cooperativa ma anche e soprattutto contro l’altro condominio, il quale, vantando un diritto incompatibile con quello degli enti attori, ne aveva tratto vantaggio. Il ricorso, in conclusione, va respinto.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 30 gennaio – 11 aprile 2014, n. 8608 Presidente Triola – Relatore Manna Svolgimento del processo Con citazione notificata il 6.5.1983 il condominio di via omissis e quello di via omissis , siti in , esponevano che nel 1971 la Ligure Costruzioni s.p.a., l'Immobiliare Margherita s.n.c. e la Cooperativa Edilizia S. Marco a r.l. avevano acquistato dalla Edilcom s.p.a. un'area sita in OMISSIS , prospiciente la via , concordando fra loro, con atto notaio Sciello del 25.1.1971, che una parte, debitamente delineata, di tale area sarebbe stata adibita a verde comune ai fabbricati condominiali che esse avrebbero costruito. Precisavano, quindi, che le tre suddette società acquirenti avevano edificato gli stabili condominiali successivamente distinti dai nn. civici 101, 103, 115, 117, 105, 107, 109, 111 e 113 della predetta via. Pertanto, invocato il diritto, comune anche ai fabbricati di cui ai nn. 109, 111 e 113, di usare di tale area a verde prospiciente i loro rispettivi edifici, e lamentatane la parziale sottrazione ad opera della Cooperativa San Marco a r.l., che per adibirlo a posteggio di autovetture vi aveva eretto un muro divisorio, convenivano in giudizio innanzi al Tribunale locale la Cooperativa stessa e l'amministratore di detta area, L.S. . Entrambe la parti convenute resistevano in giudizio. Respinta in primo grado, la domanda era accolta, invece, dalla Corte d'appello di Genova, che con sentenza n. 694/98 condannava la Cooperativa a ripristinare lo stato e il godimento comune dell'area in oggetto. Avverso detta sentenza il condominio di cui ai nn. 109, 111 e 113 di via proponeva innanzi alla Corte ligure opposizione di terzo ai sensi dell'art. 404 c.p.c Sosteneva al riguardo di essere proprietario esclusivo dell'area in questione e, in quanto tale, litisconsorte pretermesso nella precedente vicenda processuale. Precisava di essersi costituito nel 1971, quando la Cooperativa San Marco, unica proprietaria, aveva incominciato ad alienare le singole unità abitative del fabbricato di cui ai nn. 109, 111 e 113 e che l'area contesa era stata sempre utilizzata dai propri condomini nello stato di fatto attuale. La Cooperativa San Marco aderiva alla domanda, mentre il condominio di cui ai nn. 105 e 107 e quello di cui ai nn. 101, 103, 115 e 117 resistevano in giudizio. L.S. restava contumace. Con sentenza n. 659 del 16.6.2006 la Corte ligure accoglieva l'opposizione e dichiarava inefficace nei confronti del condominio di cui ai nn. 109, 111 e 113 la sentenza n. 694/98. Per quanto ancora rileva in questa sede di legittimità, la Corte territoriale osservava che l'atto d'opposizione era stato rettamente notificato a L.S. in proprio e non quale amministratore dell'area d'uso comune, perché in proprio e non nella ridetta qualità era stato citato nel giudizio d'appello concluso con la sentenza opposta. Né il contraddittorio doveva essere integrato nei confronti dell'amministratore dell'area, T.S. , che era intervenuto nel giudizio ai sensi dell'art. 344 c.p.c., poiché già in sede d'appello era stato rilevato il giudicato interno formatosi sulla reiezione della domanda verso detta amministrazione. Nel merito dell'opposizione, la Corte genovese riteneva essere pacifica la qualità del condominio opponente quale litisconsorte necessario nel giudizio che aveva portato alla pronuncia della sentenza opposta, in quanto già all'epoca della notifica dell'atto di citazione il condominio di cui ai nn. 109, 111 e 113 era l'utilizzatore esclusivo dell'area contesa. Per la cassazione di tale sentenza ricorrono il condominio dei nn. civici 105 e 107 e quello dei nn. 101, 103, 115 e 117, in base a tre motivi, successivamente illustrati da memoria. Il condominio nn. 109, 111 e 113, la Cooperativa San Marco e A.M. , L.C.R. e L.C.N. , questi ultimi tre eredi di L.S. , sono rimasti intimati. Concesso termine per il deposito delle delibere di autorizzazione alla proposizione del ricorso da parte dei condomini ricorrenti e per depositare gli avvisi di ricevimento relativi alle notifiche del ricorso ai predetti eredi di L.S. , le parti ricorrenti hanno debitamente assolto l'onere. Motivi della decisione 1. - Col primo motivo i ricorrenti deducono la violazione o falsa applicazione dell'art. 102 c.p.c., non essendo stato integrato nel giudizio d'opposizione il contraddittorio nei confronti dell'amministratore delle aree comuni. Formulano al riguardo il seguente quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c. applicabile ratione temporis alla fattispecie dica la Corte se l'amministrazione delle aree di uso comune, nel giudizio di opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c., era litisconsorte necessario ai sensi dell'art. 103 rectius, 102 c.p.c. e, conseguentemente, se la sentenza avverso la quale è proposto il presente ricorso per cassazione sia nulla . 1.1. - In disparte l'inidoneità del quesito, che consiste in una pura petizione di principio, il motivo è inammissibile perché non coglie, e dunque neppure contrasta, la ratio decidendi della sentenza impugnata. Questa, infatti, ha rilevato il giudicato interno formatosi sul rigetto della domanda nei confronti della predetta amministrazione, non essendo stato proposto appello contro tale capo della sentenza di primo grado. 2. - Col secondo motivo è denunciata l'omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell'art. 360, n. 5 c.p.c La Corte d'appello ligure, si afferma, ha dato per scontato che all'epoca d'introduzione del giudizio il condominio nn. 109, 111 e 113, e non la Cooperativa San Marco, avesse la piena ed esclusiva disponibilità dell'area, senza tuttavia esprimere le ragioni di tale convincimento, per di più non suffragato da alcuna documentazione agli atti. In particolare, dall'atto notaio Sciello del 25.1.1971 e dalle planimetrie allegate, risulta che le aree residuate dall'attività edilizia svolta dalle imprese costruttrici, fra cui la Cooperativa San Marco, non erano mai state oggetto di passaggi di proprietà, ma di convenzioni fra gli stessi per costituirvi servitù reciproche e di uso comune. La censura è sintetizzata nel senso che il fatto controverso e decisivo per il giudizio è l'esistenza o non in favore del condominio dei nn. 109, 111 e 113 di una qualche situazione giuridica tutelata dall'ordinamento, tale da legittimare quest'ultimo, quale litisconsorte necessario, a proporre l'opposizione ex art. 404 c.p.c 2.1. - Il motivo è infondato, sia pure per una ragione diversa da quella svolta nella sentenza impugnata, di cui pertanto s'impone la correzione ai sensi dell'art. 384, ultimo comma c.p.c 2.2. - Giova premettere che la natura di ogni azione dipende dalla formulazione non del solo petitum formale, ma anche della causa petendi . La differenza tra un'azione di sola condanna e una di accertamento con richiesta accessoria di condanna, dipende non tanto dalla necessità o non di un previo accertamento com'è ovvio non v'è pronuncia dichiarativa, costitutiva o di condanna che non ne presupponga , ma dal fatto che la situazione soggettiva dedotta quale oggetto di tutela sia un credito, il possesso o un diritto assoluto. Nei primi due casi l'azione è personale e di condanna, nel terzo l'azione è - se il diritto ha per oggetto immediato una res - di carattere reale ed è eventualmente qualificata da una richiesta accessoria di condanna. 2.2.1. - Nel caso di specie, come si ricava dall'atto di citazione di primo grado al cui esame questa Corte accede in virtù del proprio potere di qualificare l'azione, non altrimenti inquadrata giuridicamente nella sentenza impugnata , l'azione esercitata dai condomini odierni ricorrenti ha ad oggetto la tutela della comproprietà dell'area contesa e non la sola condanna alla demolizione del muro divisorio che l'avrebbe sottratta al godimento comune. Ciò in quanto la causa petendi esposta è inequivocabilmente ed esclusivamente basata sul solo diritto di proprietà in comunione derivante dall'atto notaio Sciello del 25.1.1971, e non già sulla violazione del relativo possesso. E poiché l'azione di accertamento della proprietà si modella sullo schema logico della negatoria ex art. 949 c.c., anche quando sia diretta all'accertamento negativo non di una servitù ma del diritto di proprietà di colui il quale non sia nel possesso esclusivo del bene cfr. Cass. nn. 12123/92 e 473/65 , ne deriva che nella fattispecie l'azione esercitata va qualificata come azione di accertamento della com proprietà, qualificata da una domanda accessoria di condanna ai sensi del cpv. dell'articolo appena citato, a nulla rilevando il fatto che le conclusioni formulate nell'atto di citazione siano state espresse mediante la sola richiesta di condanna. Tale azione, pertanto, doveva essere esercitata oltre che nei confronti della coop. S. Marco a r.l., indicata quale responsabile della lesione, anche e soprattutto verso il condominio di cui ai nn. 109, 111 e 113 di via , il quale, vantando un diritto incompatibile con quello degli enti attori, ne aveva tratto vantaggio. Senza la partecipazione di quest'ultimo condominio, l'accertamento del diritto che presuppone la domanda accessoria di condanna non poteva essere compiuto per difetto della sola parte legittimata a contraddirvi. 3. - Il terzo mezzo deduce la violazione o falsa applicazione dell'art. 111 c.p.c., in relazione all'art. 360, n. 3 rectius , 4 c.p.c. Il condominio dei nn. 109, 111 e 113 non ha dimostrato nel giudizio di opposizione di terzo che prima che fosse radicata la causa fra le altre parti l'area in questione fosse di sua proprietà e quand'anche fosse diventata sua successivamente - il che i condomini ricorrenti negano - avrebbe dovuto applicarsi la regola dell'art. 111 c.p.c., con la conseguenza che la sentenza opposta avrebbe avuto effetto nei suoi confronti. Il quesito è nei termini che seguono dica la Corte se il condominio costituito dagli immobili di proprietà dei soci-assegnatari da una cooperativa, sia da ritenersi soggetto terzo rispetto alla cooperativa medesima ovvero sia da considerarsi successore a titolo particolare nel diritto controverso ai sensi dell'art. 111 c.p.c. . 3.1. - Il motivo è inammissibile, sia per l'assoluta inidoneità del quesito di diritto formulato, che sollecita questa Corte ad operare un giudizio di puro fatto, sia perché introduce una questione nuova, il cui effettivo dibattito nella sede di merito non si desume né dalla sentenza impugnata né dal contenuto del ricorso, che non allega né dimostra con quale atto processuale la questione stessa sarebbe stata dedotta innanzi alla Corte distrettuale. 4. - In conclusione il ricorso va respinto. 5. - Nulla per le spese, non avendo le parti intimate svolto attività difensiva in questa sede. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.