Acquistano un appartamento e fanno uso esclusivo del sottoscala: ma la proprietà di quest’ultimo non è automatica

La proprietà da parte di un condomino della rampa di scale che porta al suo appartamento non comporta automaticamente anche la proprietà dell’area sottostante, dato che il sottoscala può anche essere venduto separatamente.

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 28350 del 18 dicembre 2013. Il fatto. Due coniugi acquistavano un appartamento posto al piano terra di un condominio e muravano una porta che permetteva l’accesso a un vano sottoscala, facendone, così, un uso esclusivo. Questo perché, a detta loro, il locale aveva anche un’altra apertura adducente l’interno dell’immobile dei convenuti. La Corte d’Appello di Venezia accoglieva il gravame dei convenuti solo per quanto riguardava la richiesta di ripristino dell’altezza del pavimento della cantina ma lo respingeva nel resto, in quanto l’apertura del vano scala all’esterno non esisteva già al momento dell’acquisto. Per la cassazione di tale sentenza, i coniugi propongono ricorso. Interpretazione dell’espressione vano scala”. I coniugi denunciano la violazione e/o falsa applicazione delle norme sull’interpretazione dei contratti artt. 1362 ss. c.c. in merito all’identificazione dell’oggetto del trasferimento di proprietà il vano scala comprende anche lo spazio sottostante e, quindi, le contrarie valutazioni del giudice dell’impugnazione hanno seguito un iter logico difettoso. Il motivo è infondato in quanto nell’ipotesi in cui un condomino risulti proprietario esclusivo della rampa di scale accedente al suo appartamento, la parte di area sottostante alle scale non può ritenersi idonea a costituire, con esse, una entità unica ed inseparabile così da rendere non predicabile l’ipotesi che il dante causa del detto condominio, nell’alienare la proprietà delle scale, abbia potuto escludere dalla vendita la superficie sottostante , postulando il concetto di incorporazione, al pari di quello di accessione, una unione fisica e materiale del manufatto rispetto al suolo o, in ogni caso, l’impossibilità di utilizzare il suolo stesso come entità autonoma rispetto al manufatto , ciò che non è lecito affermare con riguardo a una superficie libera sormontata da una rampa di scale . Il ricorso, quindi, è rigettato.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 21 novembre – 18 dicembre 2013, numero 28350 Presidente Oddo – Relatore Bianchini Svolgimento del processo 1 - I coniugi D.F.G. e M.L. , con atto notificato il 5 marzo 1993, citarono innanzi al Tribunale di Padova B.M. e L.L. esponendo che gli stessi, acquirenti dalla medesima dante causa di essi attori, tale P.E. , con atto del 30 marzo 1989, di un appartamento al piano terra di uno stabile sito in con accesso da via omissis , nel 1991, avrebbero arbitrariamente chiuso una porta che permetteva l'accesso ad un vano sottoscala prospiciente l'appartamento acquistato, facendone uso esclusivo, in ragione del fatto che tale locale aveva anche un'altra apertura adducente l'interno dell'immobile dei convenuti contestarono la legittimità di tale condotta affermando che con il rogito in pari data era stato loro venduto, oltre l'appartamento sito al piano secondo, anche il vano scala e la scala che dal piano terra portava sino alla loro abitazione, con ciò rendendo evidente la volontà della venditrice di alienar loro anche il sottoscala. Conclusero dunque perché i convenuti fossero condannati al ripristino dello stato dei luoghi nella consistenza anteatta, anche con riferimento all'abbassamento del livello del pavimento della cantina. 2 - I B. / L. contestarono l'interpretazione della volontà dell'alienante nei termini sopraesposti, sostenendo che lo sgabuzzino avrebbe sempre fatto parte dell'appartamento dagli stessi acquistato ed in precedenza condotto in locazione, così sarebbe stata evidente la volontà dell'alienante di cedere l'immobile nello stato in cui attualmente si trovava. Svolsero altresì domande riconvenzionali che non formano più oggetto di esame nel presente giudizio. 3 - Il Tribunale adito, con sentenza numero 36/2003, respinse le contrapposte domande ponendo a base della decisione le prove per testi, che avrebbero dimostrato che il sottoscala sarebbe stato già incorporato nell'appartamento delle parti convenute prima della compravendita l'osservazione che nel rogito di trasferimento alle parti attrici non sarebbe stato menzionato il vano sottoscala le risultanze di due consulenze tecniche di ufficio, circa l'interpretazione di una planimetria allegata al rogito di compravendita, in cui l'area delle scale era colorata in giallo. 4 - La Corte di Appello di Venezia, con sentenza numero 1398/2006, accolse il gravame solo per quanto riguardava la richiesta di ripristino dell'altezza del pavimento della cantina ma lo respinse nel resto osservando che le deposizioni testimoniali avrebbero confermato che già al momento dell'acquisto da parte delle parti appellate non esisteva più l'apertura del vano scala all'esterno - conservandosi invece quella adducente l'appartamento dei medesimi - che l'espressione vano scala non avrebbe rivestito un significato univoco - quale quello ritenuto dalle parti appellanti - in quanto al vano sottostante la scala non sarebbero stati applicabili i principi che, nella proprietà fondiaria, estendono il diritto dominicale al sottosuolo art. 840 cod. civ. , stante l'inserimento del locale in un fabbricato in condominio che sarebbero state congrue le conclusioni alle quali erano pervenuti i consulenti tecnici di ufficio in merito alla rispondenza del prezzo di vendita pattuito rispetto alla superficie dell'immobile. 5 - Per la cassazione di tale sentenza i coniugi D.F. / M. hanno proposto ricorso, articolandolo in cinque motivi le parti B. / L. hanno resistito con controricorso, illustrato da memoria. Motivi della decisione I - Con il primo motivo viene denunziata la violazione e/o la falsa applicazione dell'art. 246 cpc in relazione alla ritenuta assenza di una causa di incapacità a testimoniale da parte della comune dante causa, P.E. , contestando le parti ricorrenti l'assunto, espresso nella gravata decisione, secondo cui essi non avrebbero dimostrato la presenza di un interesse concreto della teste che la legittimasse alla partecipazione al giudizio, essendo al contrario evidente che la stessa, oltre a poter essere convenuta in evizione dalla parte che non avesse visto accogliere le proprie pretese dominicali sul medesimo bene, avrebbe comunque potuto effettuare un intervento adesivo come mezzo al fine viene formulato - ai sensi dell'allora vigente art. 366 bis cpc - il seguente quesito di diritto Stabilisca la Corte di cassazione se il venditore di un bene immobile debba ritenersi incapace ex art. 246 cpc a rendere testimonianza nel giudizio in corso tra i propri aventi causa, che in quel giudizio si disputano una porzione dell'immobile compravenduto . II - Con il secondo motivo, connesso al precedente, si deduce l'esistenza di una motivazione erronea per aver sostenuto, la Corte territoriale, che l'eccepita incapacità della teste sunnominata non sarebbe stata accompagnata dall'evidenziazione dell'interesse alla partecipazione al giudizio da parte del medesimo, essendo al contrario riscontrabile in atti che, prima della escussione della medesima, si sarebbe indicata quale fonte di eventuale interesse a partecipare al giudizio, la garanzia per evizione a cui la venditrice sarebbe stata tenuta nei confronti della parte che fosse risultata soccombente. III - Entrambi i motivi presentano profili di inammissibilità e sono comunque infondati nel merito il secondo, perché il vizio che viene dedotto non attiene alla erroneità della motivazione non contemplata in alcuna delle cause di ricorribilità per cassazione all'art. 360, I comma numero 5 cpc bensì alla erronea percezione di una difesa della parte e, come tale, traducentesi in un vizio da far valere, semmai, con il rimedio della revocazione ex art. 395 numero 4 cpc il primo, per violazione del canone di specificità del ricorso in cassazione traducentesi, nel caso, nella deroga al principio di autosufficienza, dal momento che non viene riportato il capitolo di prova sottoposto al teste né le sue risposte, al fine di scrutinare la rilevanza del dedotto error in procedendo , tanto più che dalla lettura della sentenza emerge che per decidere sullo stato dei luoghi al momento della compravendita, la Corte territoriale richiamò anche la deposizione dell'architetto S.E. , autore di rilievi sui luoghi di causa nel periodo intercorrente tra la sottoscrizione dei contratti preliminari e i rogiti di trasferimento della proprietà cfr. fol 7 della sentenza , testimonianza non valutata criticamente nel ricorso. III.a - Più in generale poi, deve esser richiamato il consolidato indirizzo interpretativo di legittimità, a mente del quale l'interesse che da luogo ad incapacità a testimoniare a norma dell'art. 246 cod. proc. civ. è quello giuridico, personale, concreto, comportante la legittimazione a proporre l'azione ovvero ad intervenire in un giudizio, di tal che l'incapacità a testimoniare non può a tale stregua farsi discendere dalla mera eventualità che, in caso di rigetto della proposta domanda di accertamento della mancanza di titolarità del rapporto controverso, il soggetto possa essere chiamato in causa a fini di rivalsa dalla stessa parte che l'ha indicato così Cass. Sez. III numero 5232/2004 cui adde Cass. Sez. III numero 6894/2005 e, più in generale sulla caratteristica dell'interesse portante alla incapacità Cass. Sez III numero 1101/2006 Cass. Sez. III numero 12947/2007 . IV - Con il terzo motivo viene denunziata la violazione e/o falsa applicazione delle norme sull'interpretazione dei contratti - richiamate con riferimento agli artt. 1362 e segg. cod. civ. - in merito all'identificazione dell'oggetto del trasferimento di proprietà le parti ricorrenti esaminano, in senso critico rispetto al risultato raggiunto, la valenza probatoria delle circostanze di fatto vagliate dalla Corte territoriale al fine di pervenire al rigetto della loro impugnazione, in particolare negando una qualche influenza sul - per loro chiaro - contesto letterale dell'atto alle emergenze istruttorie relative allo stato dei luoghi anteriore alla stesura del rogito. IV.a - Il mezzo è inammissibile perché diretto a far esprimere alla Corte una valutazione degli elementi di prova diversa da quella operata, sulla base di compiuta e ragionevole motivazione, dal giudice del merito, al quale solo appartiene il relativo potere interpretativo denunzia tale vizio di impostazione la stessa formulazione del quesito di diritto con il quale si invita la Corte a confermare il primato del testo negoziale nella ermeneutica della volontà delle parti, dando per accertato il significato univoco del medesimo che, invece, costituiva proprio la res dubia. IV.a - Il mezzo, come anche il quinto motivo diretto a riaffermare la inevitabilità della interpretazione dell'espressione vano scala come comprensivo dello spazio sottostante e quindi il difettoso iter logico del giudice dell'impugnazione a pervenire a contrarie valutazioni è altresì infondato perché Nella ipotesi in cui un condomino risulti proprietario esclusivo della rampa di scale accedente al suo appartamento, la parte di area sottostante le scale non può ritenersi idonea a costituire, con esse, una entità unica ed inseparabile così da rendere non predicabile la ipotesi che il dante causa del detto condomino, nell'alienare la proprietà delle scale, abbia potuto escludere dalla vendita la superficie sottostante , postulando il concetto di incorporazione, al pari di quello di accessione, una unione fisica e materiale del manufatto rispetto suolo o, in ogni caso, l'impossibilità di utilizzare il suolo stesso come entità autonoma rispetto al manufatto , ciò che non è lecito affermare con riguardo ad una superficie libera sormontata da una rampa di scale . così Cass. Sez. II numero 8717/1997 . V - Ad identiche conclusioni di non conformità con lo schema legale dei vizi di motivazione soggetti allo scrutinio di legittimità, si perviene valutando il quarto motivo. diretto a riaffermare il valore significativo della colorazione in giallo del vano scala nella planimetria allegata al rogito di compravendita a contrastare la valutazione di irrilevanza, data l'incertezza del segno grafico, formulata in sentenza, sulla scorta delle conclusioni dell'ausiliare . VI - Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 1.700,00, di cui Euro 200 per esborsi.