La corretta valutazione in fatto del possesso non può essere denunciata in sede di legittimità

Non è denunciabile in sede di legittimità, se sorretta da motivazione logica, completa e coerente, l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alla validità degli eventi dedotti dalla parte, al fine di accertare se, nella concreta fattispecie, ricorrano o meno gli estremi di un possesso legittimo, idoneo a condurre all’usucapione.

La Seconda sezione Civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 21191, depositata il 17 settembre 2013, torna ad occuparsi del possesso utile all’usucapione. Come noto, l’usucapione è un modo d’acquisto della proprietà e dei diritti reali di godimento a titolo originario. La fattispecie si realizza allorché il possesso della cosa si protrae ininterrottamente per il tempo richiesto dalla legge, che può variare a seconda della tipologia del bene e della caratterizzazione psicologica del possessore. Il caso. Il Tribunale era chiamato a decidere una controversia insorta tra cognati nella quale era rivendicato il diritto dominicale su taluni immobili. L’attore sosteneva di essere proprietario di alcuni immobili che, nell’anno 1958, erano stati trasferiti con atto di compravendita simulato al cognato, onde sottrarli alle pretese patrimoniali della moglie, con cui aveva in corso una causa di separazione. Affermava parte attrice che nessuna vendita si era mai conclusa, di essere rimasta nel possesso del bene, di averlo demolito e ricostruito nel 1970, affrontandone le relative spese. Infine deduceva di aver posseduto l’immobile successivamente per oltre venti anni in modo continuato. Chiedeva quindi l’acquisto dei cespiti per usucapione. Il cognato, costituitosi in giudizio, negava la simulazione della vendita e contestava l’usucapione asserendo di aver solo tollerato una situazione di mera detenzione. La domanda attrice veniva rigettata. In grado di Appello la pronuncia era totalmente riformata con accertamento della simulazione dell’acquisto degli immobili e dell’esercizio del possesso ininterrotto da parte dell’attore. In effetti, il Giudice di seconde cure valorizzava una serie concorrente di circostanze, pacificamente emerse dalle deposizioni testimoniali di ambo le parti, e dunque, dirimenti ai fini della pronuncia quali la separazione dell’attore dalla moglie, la stipulazione dell’atto di vendita degli immobili al cognato, il trasferimento dell’attore presso gli immobili, la demolizione e la ristrutturazione dei beni nel 1970, l’occupazione degli immobili anche dopo la ristrutturazione, la mancata corresponsione di somme al convenuto per il godimento dell’immobile, l’impossessamento della casa da parte del cognato dopo il ricovero dell’attore, la restituzione delle chiavi a seguito dell’instaurazione del giudizio possessorio . Avverso siffatta decisione la parte soccombente propone ricorso per cassazione affidato a diversi motivi, tra cui quello di nullità della sentenza per omessa pronuncia sull’eccezione di nullità o eccessiva indeterminatezza dell’appello e nullità per pronunzia su appello generico. Incensurabile la corretta valutazione del possesso utile all’usucapione. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso sostenendo come dal tenore della sentenza emerga la reiezione implicita delle eccezioni sollevate dall’appellato, posto che la Corte di Appello ha valorizzato le pacifiche circostanze confermate dai testi di entrambe le parti. I Giudici di legittimità, premettono come il possesso utile ai fini dell’usucapione necessiti di un comportamento continuo, ininterrotto inteso inequivocabilmente all’esercizio di un potere sulla cosa, corrispondente a quello del proprietario, per il tempo necessario richiesto dalla legge Cass. n. 11000/2001 . Rilevano ancora come non sia suscettibile di censure l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alla validità degli eventi dedotti dalla parte, per valutare se ricorrano o meno gli estremi di un possesso utile all’usucapione. Pertanto, alla cassazione della sentenza può giungersi solo nel caso in cui la motivazione sia incompleta, incoerente ed illogica e non già quando il giudice abbia disatteso le aspettative e le deduzioni delle parti Cass. n. 2222/2003 . Invece la Corte Territoriale, secondo l’autorevole giudizio degli ermellini, ha ben valorizzato le circostanze di fatto emerse nella fase istruttoria del giudizio svoltosi dinanzi ad essa. Ad esempio, dopo la ristrutturazione dell’immobile il resistente aveva continuato ad abitarlo occupandosi della coltivazione dei campi circostanti, peraltro senza versare alcun corrispettivo al cognato. Questi elementi unitamente agli altri sopra richiamati, per i giudici di nomofilachia confermano, così come statuito in secondo grado, il possesso degli immobili solo apparentemente trasferiti e la simulazione dell’acquisto.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 19 giugno - 17 settembre 2013, n. 21191 Presidente Oddo – Relatore Correnti Svolgimento del processo Con citazione del 5.8.1998 B.O. , agendo in rappresentanza del fratello Gioacchino in forza di procura generale 16.3.1998, conveniva davanti alla Pretura di Venezia, sezione di Dolo, il cognato L.T. esponendo che l'attore era proprietario degli immobili in omissis , in cat. F.18 mapp. 22/E, 23/E, 31/ lA, 3I/A, 32/A, 148- f.24, mapp. 6/B che con atto di compravendita simulato del 3.8.1958 egli aveva fatto figurare fittiziamente il trasferimento degli immobili al cognato L.T. per sottrarli alle pretese della moglie con la quale aveva in corso una causa di separazione, ma in realtà nessuna vendita era stata conclusa, il possesso era rimasto all'attore nel 1970 B.G. aveva demolito e ricostruito la vecchia casa sostenendo tutte le spese ed in seguito aveva posseduto per oltre venti anni in modo continuato. Chiedeva, pertanto, l'acquisto per usucapione. L. eccepiva la carenza di legittimazione di B.O. , contestava l'usucapione perché aveva solo tollerato la detenzione e negava la simulazione. Il Tribunale, con sentenza 24.11.2001 rigettava la domanda, totalmente riformata dalla Corte di appello di Venezia con sentenza 25.9.2006 che evidenziava le seguenti circostanze di fatto, pacifiche tra i testi delle parti 1 nel 1958 B. si era separato dalla moglie e nello stesso anno aveva stipulato col L. la vendita della casa e dei terreni 2 il B. , che abitava a , si era trasferito in via omissis , ove abitavano i genitori e le sorelle 3 queste poco alla volta si erano sposate e trasferite altrove e nella casa erano rimasti i genitori fino al decesso 4 nel 1970 il fabbricato era stato ristrutturato dall'impresa del B. , nella quale lavorava come dipendente il cognato T. 5 dopo la ristrutturazione il B. aveva continuato ad abitare l'immobile ed a occuparsi della coltivazione dei campi, ovvero, come riferito dal figlio dell'appellato L. , vi era andato ad abitare nel 1975-1976 6 per il godimento dell'immobile né il B. né i genitori avevano mai versato a L. alcunché 7 nel 1997 B.G. si era ammalato, con ricovero in Ospedale e subito dopo il L. si era impossessato della casa 8 lo stesso, in un primo momento aveva impedito alle sorelle del B. di prelevare gli effetti personali dell'appellante ma poi aveva riconsegnato le chiavi a seguito di ricorso possessorio. Il tutto confermava il possesso esercitato sugli immobili solo apparentemente trasferiti e la simulazione dell'acquisto. Ricorre L. con sei motivi e relativi quesiti, illustrati da memoria, resiste B. . Motivi della decisione Col primo motivo si denunzia nullità della sentenza per omessa pronunzia sull'eccezione di nullità o eccessiva indeterminatezza dell'appello e col secondo nullità per pronunzia su appello generico. Col terzo motivo si lamenta nullità della sentenza per omessa pronunzia sull'eccezione di carenza di legittimazione della procuratrice. Col quarto motivo si denunzia violazione degli artt. 1414, 1417, 2724 n. 1 cc perché l'affermata simulazione non rappresenta elemento costitutivo della domanda di usucapione col quesito se l'assunzione di testi in ordine alla simulazione assoluta integri violazione di legge. Col quinto motivo si denunziano vizi di motivazione in ordine alla simulazione quale prova del possesso e della interversione, col quesito sulla correttezza dell'iter argomentativo della sentenza. Col sesto motivo si lamentano vizi di motivazione in ordine ai requisiti per l'acquisto per usucapione. Osserva questa Corte Suprema Per la configurabilità del possesso ad usucapionem , è necessaria la sussistenza di un comportamento continuo, e non interrotto, inteso inequivocabilmente ad esercitare sulla cosa, per tutto il tempo all'uopo previsto dalla legge, un potere corrispondente a quello del proprietario o del titolare di uno ius in re aliena ex plurimis Cass. 9 agosto 2001 n. 11000 , un potere di fatto, corrispondente al diritto reale posseduto, manifestato con il compimento puntuale di atti di possesso conformi alla qualità e alla destinazione della cosa e tali da rilevare, anche esternamente, una indiscussa e piena signoria sulla cosa stessa contrapposta all'inerzia del titolare del diritto Cass. 11 maggio 1996 n. 4436, Cass. 13 dicembre 1994 n. 10652 . Né è denunciabile, in sede di legittimità, l'apprezzamento del giudice di merito in ordine alla validità degli eventi dedotti dalla parte, al fine di accertare se, nella concreta fattispecie, ricorrano o meno gli estremi di un possesso legittimo, idoneo a condurre all'usucapione Cass. 1 agosto 1980 n. 4903, Cass. 5 ottobre 1978 n. 4454 . Alla cassazione della sentenza si può giungere solo quando la motivazione sia incompleta, incoerente ed illogica e non quando il giudice del merito abbia valutato i fatti in modo difforme dalle aspettative e dalle deduzioni di parte Cass. 14 febbraio 2003 n. 2222 . Come dedotto la Corte di appello ha valorizzato le seguenti circostanze di fatto, pacifiche tra i testi delle parti 1 nel B. si era separato dalla moglie e nello stesso anno aveva stipulato col L. la vendita della casa e dei terreni 2 il B. , che abitava a Spinea, si era trasferito in via omissis , ove abitavano i genitori e le sorelle 3 queste poco alla volta si erano sposate e trasferite altrove e nella casa erano rimasti i genitori fino al decesso 4 nel 1970 il fabbricato era stato ristrutturato dall'impresa del B. , nella quale lavorava come dipendente il cognato T. 5 dopo la ristrutturazione il B. aveva continuato ad abitare l'immobile ed a occuparsi della coltivazione dei campi, ovvero, come riferito dal figlio dell'appellato L. , vi era andato ad abitare nel 1975-1976 6 per il godimento dell'immobile né il B. né i genitori avevano mai versato a L. alcunché 7 nel 1997 B.G. si era ammalato, con ricovero in Ospedale e subito dopo il L. si era impossessato della casa 8 lo stesso, in un primo momento aveva impedito alle sorelle del B. di prelevare gli effetti personali dell'appellante ed aveva riconsegnato le chiavi a seguito di ricorso possessorio. Il tutto confermava il possesso sugli immobili solo apparentemente trasferiti e la simulazione dell'acquisto. Ciò premesso, i primi tre motivi vanno respinti perché emerge dalla sentenza il rigetto implicito delle relative eccezioni. In ogni caso, per i primi due, così come è prerogativa del Giudice interpretare la domanda, lo è l'interpretazione dell'atto di appello, ritenuto specifico e fondato. Per il terzo motivo va rilevato che B.O. agiva in forza di procura generale e la relativa eccezione, come proposta, pare riferirsi al giudizio di primo grado e non risulta la formulazione dell'eccezione nel giudizio di appello non riportando il ricorrente il tenore dell'eccezione che assume di aver riformulato nel giudizio di gravame. Quanto alle restanti censure, posto che l'appellato, odierno ricorrente, dopo aver eccepito l'indeterminatezza dell'appello, nel merito ne ha chiesto il rigetto perché infondato in fatto ed in diritto, con conferma della sentenza ed, in via incidentale, ha chiesto il rilascio perché il B. era occupante senza titolo, le odierne doglianze appaiono in parte nuove, in mancanza di specifiche deduzioni sulle pregresse difese e sulla contestazione della prova e presupponevano rituale censura ex art. 112 cpc con indicazione di quando le questioni erano state proposte o riproposte. In ogni caso, in ordine al quarto motivo, la prova verteva su circostanze finalizzate all'accoglimento della domanda che, come risulta dagli atti, era di usucapione. Il quesito è astratto e non si specifica quando e con quali termini ci si è opposti alla prova testimoniale. Anche il quinto motivo si conclude con un quesito generico. Per il sesto motivo valgono le considerazioni già svolte sull'insindacabilità della valutazione dei requisiti per l’usucapione. Donde il rigetto del ricorso e la condanna alle spese. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 3.700,00, di cui 3.500,00, per compensi, oltre accessori.