La ricognizione di debito non è dichiarazione che sminuisce la confessione di soddisfazione del credito

In tema di crediti dell’amministratore di condominio uscente, la ricognizione di debito dell’amministratore subentrante non può essere considerata dichiarazione aggiunta alla confessione stragiudiziale, ai sensi dell’art. 2734 c.c., resa dal mandatario sostituito, pur se contenuta nel medesimo documento.

Essa, infatti, non provenendo dallo stesso soggetto che ha reso confessione non può essere considerata circostanza tendente a infirmare l'efficacia del fatto confessato ovvero a modificarne o a estinguerne gli effetti. La Cassazione, con l’ordinanza n. 16119 depositata il 26 giugno 2013, ha così cassato con rinvio una sentenza resa dalla Corte d’appello di Roma. Il caso. Cambio di timone alla guida di un condominio l’amministratore uscente vanta un credito verso la compagine fino ad allora rappresentata ed intenta causa per recuperarlo. Il problema, per lui, è che al momento del passaggio di consegne firma una quietanza nella quale afferma che ha ricevuto quella somma. Questo documento è decisivo per la reiezione della domanda in primo grado. Nel giudizio d’appello, però, le cose cambiano. Per i giudici del gravame, infatti, quella dichiarazione confessoria doveva essere valutata assieme a quella di contenuto opposto, proveniente dall’amministratore subentrante, il quale si impegnava a recuperare il credito del suo predecessore entro un dato termine quest’ultimo, a sua volta, si riteneva libero di agire in caso opposto. Per la Corte d’appello capitolina questa dichiarazione aveva valore di circostanza tendente ad infirmare la confessione, ex art. 2734 c.c. In considerazione di ciò, essi provvedevano a liquidare all’amministratore uscente il credito nella misura che ritenevano accertata. Il condominio non ci stava e proponeva ricorso per Cassazione. L’esito del giudizio di legittimità, sebbene momentaneamente favorevole, non risolve definitivamente la vicenda. La dichiarazione che inficia la confessione deve provenire dal confitente . Se Tizio confessa – mettendolo, come si suole dire, nero su bianco – di aver ricevuto un pagamento ma poi nello stesso documento afferma fatti e circostanze che sminuiscono o addirittura contraddicono in toto il valore di quella confessione, la norma applicabile è l’art. 2734 c.c. di cui s’è spiegata la portata in precedenza. Se, invece, alla confessione di Tizio segue una dichiarazione di segno opposto di altro soggetto, nel caso di specie la controparte, la norma succitata è inapplicabile in quanto l’ultima dichiarazione dev’essere considerata alla stregua d’una ricognizione di debito. Questo, nella sostanza, il ragionamento che ha portato gli ermellini , con l’ordinanza in commento, a cassare la sentenza resa dalla Corte d’appello. La vicenda, si diceva, non è risolta. La ragione l’accertata violazione dell’art. 2734 c.c. ha assorbito gli altri motivi di ricorso. Uno tra questi riguardava i liti del potere dell’amministratore d’impegnare il condominio con proprie autonome dichiarazioni, nel caso di specie una ricognizione di debito, verso i terzi. Il giudizio di rinvio chiarirà anche questo aspetto. Si spera, per le parti, definitivamente.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 14 febbraio - 26 giugno 2013, numero 16119 Presidente Goldoni – Relatore Bucciante SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE Il Consigliere relatore, designato ai sensi dell'articolo 377 c.p.c., ha depositato in cancelleria la seguente relazione ex artt. 380 bis e 375 c.p.c. 1. - G C. agiva in giudizio, innanzi al Tribunale di Roma, nei confronti del condominio di via OMISSIS , di cui era stato amministratore fino al mese di ottobre del 1998, per sentirlo condannare al pagamento della somma di lire 24.678.485, a titolo di rimborso per anticipazioni effettuate durante il suo mandato. 1.1. - Nel resistere in giudizio il condominio eccepiva che l'attore, in occasione del passaggio delle consegne alla nuova amministratrice, avv. M.I D.P. , aveva sottoscritto un atto di quietanza della ricezione di detta somma. 1.2. - Respinta in primo grado, la domanda era parzialmente accolta dalla Corte d'appello di Roma con sentenza numero 4388 del 27.10.2010, che riconosceva in favore dell'attore appellante la minor somma di Euro 8.471,13. Osservava la Corte territoriale che alla dichiarazione sottoscritta dal C. , con cui questi, consegnata alla nuova amministratrice la documentazione in suo possesso, aveva rilasciato quietanza del pagamento della somma di lire 24.678.485, non poteva conferirsi valenza liberatoria, a fronte a di altro documento di contenuto opposto redatto fra le stesse parti cioè il C. e la D.P. numero d.r. nelle medesime circostanze di tempo e di luogo, e tale da infirmare, ai sensi dell'articolo 2734 c.c., il fatto confessato tale documento consisteva in un'aggiunta vergata a penna dalla nuova amministratrice in calce al verbale di consegna della documentazione e di quietanza, con cui la D.P. s'impegnava ad agire entro dieci giorni nei confronti dei condomini morosi per il pagamento dell'importo di lire 24.678.485, e che trascorso tale termine il C. avrebbe adito le vie legali per il recupero di detta somma e b della deposizione della stessa D.P. , che aveva riferito di non aver versato alcun importo di denaro all’amministratore uscente, sia perché avrebbe dovuto verificare l'esattezza di quanto richiesto, sia per mancanza dei fondi necessari. Ricostruiva, poi, sulla base di apposita consulenza tecnico-contabile i rapporti di dare/avere fra le parti, pervenendo a quantificare il credito nella minor somma sopra indicata. 2. - Per la cassazione di tale sentenza ricorre il condominio di via OMISSIS . 2.1. - Resiste con controricorso G C. . 3. - Tre i mezzi d'annullamento. 3.1. - Con il primo è dedotta, in relazione all'articolo 360, numero 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2734 c.c. Sostiene parte ricorrente che la ricognizione di debito dell'avv. D.P. resa nella ridetta veste di nuova amministratrice non costituisce documento di contenuto opposto alla quietanza rilasciata dal C. , perché proviene da soggetto non autorizzato dal condominio stesso a rendere siffatta dichiarazione. 3.2. - Con il secondo motivo è dedotta, in relazione all'articolo 360, numero 5 c.p.c., l'omessa o insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, nonché la errata individuazione di documenti contrapposti tra le parti nelle risultanze processuali, e la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1367 c.c Nell'interpretare i due verbali di passaggio delle consegne, quello in possesso del C. contenente la dichiarazione di impegno della D.P. , e quello in possesso del condominio contenente la quietanza, la Corte territoriale non ha considerato la necessaria anteriorità del documento non quietanzato rispetto a quello quietanzato, né ha indagato quali fossero le parti delle due dichiarazioni negoziali. 3.3. - Il terzo motivo denuncia l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia e la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 1135 c.c. Contesta, in particolare, parte ricorrente il criterio metodologico seguito dal c.t.u., e fatto proprio dalla Corte capitolina che nella riconosciuta carenza di documentazione contabile ha ritenuto utilizzabili soltanto le movimentazioni del conto corrente postale e il bilancio consuntivo approvato della gestione 1997-1998, senza considerare che non v'è prova dell'approvazione del bilancio dell'esercizio precedente. 4. - Il primo motivo è fondato sotto il profilo della falsa applicazione dell'articolo 2734 c.c Tale norma - in base alla quale quando alla dichiarazione confessoria si accompagna quella di altri fatti o circostanze tendenti a infirmarne l'efficacia o a modificarne o ad estinguerne gli effetti, le dichiarazioni fanno piena prova nella loro integrità se l'altra parte non contesta la verità dei fatti o delle circostanze aggiunte diversamente detta efficacia probatoria è apprezzata dal giudice -presuppone l'unicità della fonte delle dichiarazioni, nel senso che come il fatto confessato, così anche i fatti o le circostanze aggiunte devono provenire dallo stesso soggetto confitente. 4.1. - Nel caso in esame, con accertamento non oggetto in parte qua di specifica censura ex articolo 360, numero 5 c.p.c. ad altro aspetto della ricostruzione in fatto si riferisce il secondo motivo d'impugnazione sopra accennato , la Corte territoriale ha ritenuto che nelle medesime circostanze di tempo e di luogo della dichiarazione di quietanza, resa dal C. , la teste Di.Pa. , in allora nuova amministratrice del condominio, abbia manifestato il proprio impegno ad agire entro dieci giorni nei confronti dei condomini morosi per il pagamento dell'importo di lire 24.678.485, e che trascorso detto termine il C. avrebbe adito le vie legali per il recupero di detta somma. Quindi, giudicata tale dichiarazione come documento di contenuto opposto nel senso che, si comprende dalla sentenza, la dichiarazione della D.P. non figura sulla copia della quietanza prodotta dal condominio , la Corte d'appello ha tratto da ciò l'applicabilità alla fattispecie dell'articolo 2734 c.c., con consequenziale libero apprezzamento della confessione. Così operando, la Corte capitolina ha erroneamente ritenuto applicabile detta norma non per risolvere il contrasto tra più affermazioni provenienti dal medesimo soggetto confitente, ma per dirimere il conflitto tra dichiarazioni la confessione stragiudiziale di ricezione del pagamento del credito resa dal C. , e la ricognizione del medesimo credito effettuata dalla Di.Pa. nella ridetta qualità provenienti da soggetti diversi, conflitto che esula dall'ambito dell'articolo 2 734 c.c 5. - L'accoglimento del suddetto motivo norma assorbe sia la censura inerente al potere della D.P. di vincolare il condominio con la propria dichiarazione questione logicamente successiva e del tutto impregiudicata, inerendo all'efficacia dell'atto ricognitivo , sia i restanti motivi d'impugnazione. 6. - Per le considerazioni svolte, si propone la decisione del ricorso con ordinanza, nei sensi di cui sopra, a termini dell'articolo 375, numero 5 c.p.c. . II. - La Corte condivide la relazione, rispetto alla quale la parte ricorrente, debitamente avvisata ai sensi dell'articolo 380 bis, 2 comma c.p.c., non ha fatto pervenire alcuna controdeduzione, e il Procuratore generale nulla ha osservato. III. - Pertanto, accolto il primo mezzo e assorbiti gli altri la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Roma, che ai sensi dell'articolo 385, 3 comma c.p.c. provvederà anche sulle spese di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Roma, che provvederà anche sulle spese di cassazione.