La sopraelevazione è vietata anche se solo potenzialmente pericolosa per le stabilità dell’edificio

La recente legge che ancora dev’essere pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale di modifica della disciplina del condominio negli edifici non ha novellato l’art. 1127 c.c Ci ha pensato la Cassazione, allora, a riportare l’attenzione su questa norma.

Con la sentenza n. 21491 depositata in cancelleria il 30 novembre, la Suprema Corte riporta l’attenzione sull’art. 1127 c.c., che disciplina il diritto di sopraelevazione, con. Nulla di nuovo rispetto a quello che è il consolidato orientamento giurisprudenziale in materia. Come dicevano i romani repetita iuvant . Vediamo perché. Secondo gli ermellini , ai fini dell’ordine di demolizione di un fabbricato costruito sopra l’ultimo piano di un edificio, non è necessario che la sopraelevazione comporti un rischio concreto alla stabilità dell’immobile essendo sufficiente la potenziale lesività della sopraelevazione medesima. Il caso . I proprietari di un appartamento, ubicato al primo piano di un edificio, agivano in via cautelare, con un’azione per denuncia di nuova opera, contro i propri vicini. Motivo la costruzione di un manufatto sopra il lastrico solare che fungeva da copertura per la loro unità immobiliare. Inizialmente il giudice adito, inaudita altera parte , provvedeva con decreto a sospendere i lavori, salvo poi revocare tale provvedimento all’esito del giudizio cautelare. Nella seguente causa di merito, la domanda degli attori veniva respinta insomma per il giudice di primo grado non v’erano profili d’illiceità nella nuova opera un sottotetto . Differente l’esito del secondo grado di giudizio, vale a dire dell’appello infatti, i giudici del gravame, sulla scorta della CTU espletata nella fase cautelare, hanno ritenuto la sopraelevazione vietata, ai sensi dell’art. 1127, comma 2, c.c., in quanto pregiudizievole per la staticità dell’edificio. Di conseguenza ne hanno ordinato la demolizione. I proprietari del sottotetto non hanno accolto di buon grado questa decisione e hanno proposto ricorso per Cassazione. Vanamente, aggiungiamo, in quanto i giudici di piazza Cavour hanno confermato la sentenza di secondo grado rigettando il ricorso. La staticità dell’edificio non può essere messa in discussione, nemmeno teoricamente, ma i condomini possono accordarsi per superare le difficoltà tecniche che la sopraelevazione può comportare . Per giungere alla conclusione testé accennata, la Corte regolatrice ha preso le mosse dal contenuto dell’art. 1127 c.c. del quale nel ricorso ad essa diretto, tra le varie cose, si censurava l’erronea applicazione . I giudici di legittimità hanno ricordato che la sopraelevazione, ai sensi della norma appena citata, è vietata per tre ordini di motivi a se le condizioni statiche dell’edificio non lo consentono b se pregiudica l’aspetto architettonico dell’edificio c se diminuisce notevolmente l'aria o la luce dei piani sottostanti. Il primo dei tre divieti, si legge in sentenza, costituisce un divieto assoluto, cui è possibile ovviare soltanto se, con il consenso di tutti i condomini, il proprietario sia autorizzato all’esecuzione di opere necessarie a rendere idoneo l’edificio a sopportare il nuovo peso della costruzione [] . Nell’affermare ciò gli ermellini hanno citato una sfilza di precedenti conformi a questa statuizione. Siccome gli originari attori non avevano mai prestato questo consenso, né tanto meno i convenuti avevano mostrato disponibilità a sobbarcarsi l’onere degli interventi necessari a garantire la staticità a fronte della nuova opera, già questi elementi fanno comprendere che si versa nell’ipotesi di divieto assoluto non derogato. Eppure i ricorrenti ossia i convenuti che avevano costruito il sottotetto hanno indicato un altro elemento che a loro dire doveva fare propendere per la legittimità dell’opera realizzata. In sostanza, essi hanno affermato che non era stato dimostrato dagli attori che il sottotetto aveva destinazione residenziale e solo questa forma di utilizzo avrebbe creato problemi per la staticità dell’edificio in considerazione dei pesi ulteriori che un simile uso avrebbe apportato al fabbricato. Tale elemento era emerso in sede di CTU ma, secondo loro, rimaneva un dato puramente teorico posto che l’immobile costruito non era abitato né gi attori avevano fornito dimostrazioni in tal senso. Poco importa, chiosa la Cassazione. Invero, si legge nella pronuncia in commento, che agli effetti dell’art. 1127 comma 2, c.c., non è richiesto l’accertamento di un danno arrecato in concreto dalla sopraelevazione, ma è sufficiente che questa possa costituire un potenziale pregiudizio per le condizioni statiche dell’edificio . Dato che la sentenza d’appello aveva concluso in tal senso, non v’erano motivi per considerare censurabile quella decisione.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 7 - 30 novembre 2012, n. 21491 Presidente Triola – Relatore Matera Svolgimento del processo Con ricorso per denuncia di nuova opera depositato il 14-7-1990, I.R. , D.V. e D.L. , proprietari di un appartamento posto al primo piano di un edificio sito in omissis , adivano il Pretore di Scicli affinché venisse disposta l'immediata sospensione delle opere intraprese dai coniugi M.A. ed A.G. sui piano di copertura a terrazzo di tale fabbricato. Essi assumevano che le opere denunziate, eseguite in assenza delle necessaire autorizzazioni edilizie, avevano determinato un'alterazione della condizioni statiche dell'edificio e pregiudicato l'aspetto architettonico del medesimo. Il Pretore, dopo aver disposto, inaudita altera parte, la sospensione delle opere, con ordinanza del 2-11-1990 revocava tale provvedimento, rimettendo le parti dinanzi al Tribunale di Modica per la trattazione della fase di merito. Con atto in riassunzione notificato il 14-12-1990 la I. e i D. chiedevano la condanna dei coniugi M. -A. alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi, con eliminazione delle opere illegittimamente eseguite. Con sentenza del 23-7-2003 il GOA del Tribunale di Modica rigettava la domanda. Avverso la predetta decisione proponevano appello gli attori. Con sentenza depositata il 20-2-2006 la Corte di Appello di Catania, nel rilevare, sulla base delle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio espletata nella fase cautelare, che il sottotetto realizzato dai convenuti, essendo strutturato in modo da essere usato a fini residenziali poneva in pericolo la staticità dell'edificio, in riforma della decisione di primo grado condannava il M. e la A. a demolire la sopraelevazione ed a ripristinare l'originario stato dei luoghi. Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso, con un unico atto, A.G. , in proprio e nella qualità di erede di M.A. , deceduto il omissis , e M.D. , M. e O. , nella qualità di eredi di M.A. , sulla base di tre motivi. I.R. , D.V. e D.L. hanno resistito con controricorso. A.G. ha depositato una memoria ex art. 378 c.p.c Motivi della decisione 1 Preliminarmente deve esaminarsi l'eccezione di inammissibilità del ricorso proposto da A.G. in proprio, sollevata dai controricorrenti. L'eccezione è infondata. Si osserva, al riguardo, che la sentenza di appello è stata, notificata alla A. in proprio il 4-4-2006, e alla stessa A. e a M.M. , D. ed O. , nella qualità di eredi di M.A. deceduto il OMISSIS , durante la decorrenza del termine per l'impugnazione , ai sensi dell'art. 328 c.p.c., il 26-7-2006. Il ricorso proposto dalla A. in proprio, pertanto, risulta effettivamente tardivo, essendo decorso, al momento della consegna per la notifica all'Ufficiale Giudiziario 7-11-2006 , il termine di sessanta giorni dalla data di notifica della sentenza 4-4-2006 . Deve, tuttavia, considerarsi che, avendo gli attori chiesto la condanna dei convenuti alla demolizione della sopraelevazione dagli stessi realizzata, si verte in un'ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale tra la A. e gli eredi di M.A. . Di conseguenza, il ricorso proposto dalla A. in proprio, benché tardivo, deve ritenersi valido, equivalendo il relativo atto ad una anticipata e spontanea integrazione del contraddittorio che, nella specie, si sarebbe resa comunque necessaria, al fine di garantire la presenza nel giudizio di impugnazione di tutte le parti che hanno partecipato ai precedenti gradi, legate da un rapporto di litisconsorzio necessario v. Cass. S.U. 20-2-2007 n. 3840 . 2 Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione dell'art. 1227 c.c. e del d.m. LL.PP. 24-1-1986 punto b , punto C.9.1.1. Sostengono che le conclusioni cui è pervenuto il giudice di appello contrastano con il tenore della consulenza tecnica d'ufficio dell'ing. Ar. , dalla quale si evince che le opere eseguite dagli odierni ricorrenti, ove conservino l'attuale uso di sottotetto accessibile e non vengano adibite a fini residenziali, non pregiudicano la staticità dell'edificio e sono conformi alla normativa antisismica. Pertanto, non avendo gli attori provato che il sottotetto sia stato effettivamente adibito ad uso residenziale, previo ottenimento del titolo abilitativo del Comune al mutamento d'uso, non può ritenersi verificato un aggravamento di carichi tale da dar luogo ad un pregiudizio statico per il fabbricato. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 1127 c.c Ribadiscono che, in mancanza di prova, da parte degli attori, circa l'effettiva utilizzazione del sottotetto in questione a fini residenziali, non può ritenersi violato l'art. 1127 c.c., in quanto la realizzazione del sottotetto accessibile non ha determinato di per sé alcun pericolo per la stabilità dell'edificio condominiale. Con il terzo motivo i ricorrenti ai dolgono della violazione e falsa applicazione degli artt. 1102 e 1127 c.c., nonché dell'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. Sostengono che la Corte di Appello ha errato nel ritenere che le condizioni statiche dell'edificio rappresentano un ostacolo all'esistenza del diritto di sopraelevazione, rimovibile solo con il consenso di tutti i condomini ad eseguire le opere di rafforzamento e di consolidamento necessarie a rendere l'immobile idoneo a sopportare il peso della nuova costruzione. Deducono che, allorché ai fini della sopraelevazione si renda indispensabile procedere ad opere di rafforzamento, consolidamento e modificazione delle parti comuni, l'esecuzione di tali opere deve ritenersi consentita al proprietario dell'ultimo piano senza necessità del consenso degli altri condomini, così come avviene per le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa comune previste dall'art. 1102 c.c 3 I primi due motivi, che in quanto tra loro strettamente connessi possono essere trattati congiuntamente, sono infondati. Secondo i principi affermati in materia dalla giurisprudenza, l'art. 1127 c.c. sottopone il diritto di sopraelevazione del proprietario dell'ultimo piano dell'edificio a tre limiti, dei quali il primo le condizioni statiche costituisce un divieto assoluto, cui è possibile ovviare soltanto se, con il consenso di tutti i condomini, il proprietario sia autorizzato all'esecuzione delle opere di rafforzamento e di consolidamento necessarie a rendere idoneo l'edificio a sopportare il peso della nuova costruzione, mentre gli altri due il pregiudizio delle linee architettoniche e la diminuzione di aria e di luce presuppongono l'opposizione facoltativa dei singoli condomini interessati Cass., 27-3-1996 n. 2708 Cass. 26-5-1986 n. 3532 . Si è rilevato, in particolare, che l'art. 1127 comma 2 c.c. cit., ha carattere innovativo rispetto al corrispondente art. 12 del R.D.L. 15 gennaio 1934, n. 56, ed inibisce al proprietario dell'ultimo piano di soprelevare se le condizioni statiche in atto dell'edificio siano sfavorevoli e se, pertanto, la soprelevazioni richieda opere di rafforzamento e di consolidamento delle strutture essenziali Cass. Cass. 10-11-1970 n. 2333 Cass. 19-11-1963 n. 2996 . Le condizioni statiche dell'edificio, pertanto, rappresentano un ostacolo al sorgere ed all'esistenza stessa del diritto di soprelevazione e non già l'oggetto di verificazione e di consolidamento per il futuro esercizio di tale diritto Cass. 8-4-1975 n. 1277 Cass. 9-7-1973 n. 1981 . Deve ulteriormente precisarsi che il limite delle condizioni statiche si sostanzia nel potenziale pericolo per la stabilità del fabbricato derivante dalla sopraelevazione. L'accertamento di tale pericolo costituisce oggetto di un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato. Nella specie, la Corte territoriale, sulla base delle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio espletata durante la fase cautelare, ha accertato, in punto di fatto, che i convenuti hanno realizzato, sul piano di copertura dell'edificio condominiale, un sottotetto diviso in otto vani, dotato di impianto elettrico, idraulico e di riscaldamento, e strutturato in modo da essere usato a fini residenziali. Essa ha dato atto che, secondo il consulente tecnico d'ufficio, le opere in questione non pregiudicherebbero la staticità dell'edificio solo se il sottotetto non fosse destinato a fini residenziali, in quanto una simile destinazione comporterebbe un maggior carico di peso sulla struttura dell'edificio, ponendo in pericolo la staticità del fabbricato. Ciò posto e atteso che il sottotetto, per la sua struttura e per i servizi di cui è dotato, è stato realizzato a fini residenziali, sussiste, ad avviso del giudice del gravame, il pericolo per la staticità dell'edificio e la conseguente illegittimità della sopraelevazione, ai sensi dell'art. 1127 comma 2 c.c. con la conseguenza che, non essendovi né il consenso degli attori all'esecuzione delle opere di rafforzamento e di consolidamento necessarie a rendere l'edificio idoneo a sopportare il peso della nuova costruzione, né la disponibilità dei convenuti all'esecuzione di simili opere, non può che darsi accoglimento alla proposta domanda di demolizione. Le conclusioni cui è pervenuta la Corte di merito si pongono in linea con i principi di diritto innanzi enunciati, costituendo conseguenza ineccepibile dell'acclarata situazione di pericolo per la staticità dell'edificio, determinata dalla realizzazione di una sopraelevazione che, per le sue obiettive caratteristiche strutturali e funzionali, si presta ad una destinazione ad uso residenziale. Non rileva, in contrario, il fatto che, allo stato, il sottotetto non sia stato ancora effettivamente utilizzato a fini abitativi come è stato già evidenziato, infatti, agli effetti dell'art. 1127 comma 2 c.c., non è richiesto l'accertamento di un danno arrecato in concreto dalla sopraelevazione, ma è sufficiente che questa possa costituire un potenziale pregiudizio per le condizioni statiche dell'edificio. È noto, d'altro canto, che la denuncia di nuova opera può essere proposta anche con riferimento ad opere che, pur se non immediatamente lesive, siano suscettibili di essere ritenute fonte di un futuro danno in forza dei caratteri obiettivi che esse potrebbero assumere se condotte a termine. La condizione dell'azione di nuova opera, pertanto, non deve necessariamente identificarsi in un danno certo o già verificatosi, ma può anche riconoscersi nel ragionevole pericolo che il danno si verifichi in conseguenza della situazione determinatasi per effetto dell'opera portata a compimento Cass. 22-1-2001 n. 892 Cass. 4-1-1995 n. 141 Cass. 14-4-1992 n. 4531 Cass. 30-7-1988 n. 4802 . Ne discende, anche sotto tale profilo, la legittimità della valutazione espressa dalla Corte territoriale, la quale ha fatto dipendere l'accertamento della situazione di pericolo per la staticità del fabbricato dalla ragionevole probabilità che il sottotetto realizzato dai convenuti, per la sua struttura e i servizi di cui è dotato, venga utilizzato per fini residenziali. Le ulteriori censure mosse con i motivi in esame in ordine alla ritenuta violazione della normativa antisismica sono inammissibili, concernendo argomentazioni che, come è stato espressamente precisato a pag. 7 della sentenza impugnata, sono state svolte dal giudice di appello ad abundantiam e che, pertanto, non incidono sull'effettiva ratio decidendi, costituita dall'acclarata illegittimità della sopraelevazione ai sensi dell'art. 1127 comma 2 c.c E invero, secondo il costante orientamento di questa Corte, è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione che censuri una argomentazione della sentenza impugnata svolta ad abundantiam e non costituente, pertanto, una ratio decidendi della medesima. Una affermazione, infatti, contenuta nella motivazione della sentenza di appello, che non abbia spiegato alcuna influenza sul dispositivo della stessa, essendo improduttiva di effetti giuridici, non può essere oggetto di ricorso per cassazione, per difetto di interesse tra le tante v. Cass. 22-11-2010 n. 23635 19-2-2009 n. 4053 Cass. 5-6-2007 n. 13068 Cass. 14-11-2006 n. 24209 Cass. 23-11-2005 n. 24591 . 4 Il terzo motivo è inammissibile, vertendo su una circostanza irrilevante ai fini della decisione. La Corte di Appello, dopo aver richiamato i principi enunciati dalla menzionata sentenza n. 2708 del 1996, ha dato atto, con apprezzamento di fatto non censurabile in sede di legittimità, che, nella specie, non sussistono né il consenso degli attori all'esecuzione delle opere di rafforzamento e di consolidamento necessarie a rendere l'edificio idoneo a sopportare il peso della nuova costruzione, né la disponibilità dei convenuti all'esecuzione di simili opere. Pertanto, non essendo emersa nel giudizio di merito la volontà dei coniugi A. -M. di procedere a loro spese ad eventuali opere di rafforzamento e consolidamento idonee a rendere legittima la sopraelevazione, risulta priva di qualsiasi risvolto pratico ogni disquisizione circa la necessità o meno dell'unanime consenso degli altri condomini ai fini della esecuzione di tali interventi. Orbene, come è stato più volte affermato da questa Corte, l'interesse ad agire, necessario anche ai fini dell'impugnazione del provvedimento giudiziale, va apprezzato in relazione alla utilità concreta derivabile alla parte dall'eventuale accoglimento del gravame, e non può consistere in un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica, non avente riflessi pratici sulla decisione adottata. È, pertanto, inammissibile, per difetto d'interesse, un'impugnazione con la quale si deduca la violazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, che non spieghi alcuna influenza in relazione alle domande o eccezioni proposte e che sia diretta all'emanazione di una pronuncia priva di rilievo pratico tra le tante v. Cass. 23-5-2008 n. 13373 Cass. 19-5-2006 n. 11844 Cass. 28-4-2006 n. 9877 Cass. 27-1-2006 n. 1755 . 5 Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese sostenute dai resistenti nel presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 2.095,00, di cui Euro 95,00 per esborsi, oltre accessori di legge.