Difficile provare l'usucapione, almeno nel regime del catasto tavolare

Nei territori in cui vige il sistema tavolare, chi intende far valere il proprio diritto reale sulla res , ha l'onere di dimostrare di aver intavolato il diritto vantato. L'iscrizione nei registri tavolari, infatti, ha una funzione costitutiva del proprio diritto. A questa regola ferrea non sfugge neanche chi intende far valere l'usucapione sul bene immobile.

Questo il principio che si argomenta dalla sentenza n. 15843/12, depositata il 20 settembre. In cosa consiste il sistema tavolare? Il sistema catastale tavolare o catasto tavolare o sistema del libro fondiario è un tipo di ordinamento catastale normalmente in uso nei paesi di lingua tedesca per quanto riguarda l'Italia, esso trova applicazione nei territori a confine con l'Austria. Tale sistema catastale si differenzia notevolmente dal catasto ordinario” normalmente in uso nel nostro Paese, non tanto per le diverse modalità con cui i dati sono conservanti quanto per il diverso valore giuridico delle sue risultanze. La caratteristica del sistema tavolare, infatti, è rappresentata proprio dagli effetti giuridici conseguenti all'intavolamento il cui perfezionamento determina il trasferimento della proprietà degli immobili ivi iscritti. Irrilevante il consenso, almeno nel sistema tavolare. Nel nostro ordinamento giuridico il diritto di trasferisce con il consenso ovvero con l'incontro delle volontà delle parti. Gli adempimenti catastali vengono effettuati solo per motivi fiscali mentre la trascrizione serve solo a rendere opponibili ai terzi l'avvenuto trasferimento della proprietà. Nel sistema tavolare ciò che conta non è la volontà delle parti bensì l'intavolamento a cui viene riconosciuta una funzione costitutiva del diritto. In sostanza, l'iscrizione di un documento all'interno del sistema tavolare somma gli effetti prodotti dall'atto di compravendita trasferimento della proprietà , dalla sua iscrizione in catasto ai fini fiscali , nonché della trascrizione presso i pubblici registri immobiliari rendendo l'atto conoscibile ai terzi ed opponibile erga omnes . Come dire tre in uno! I vicini si sono impossessati del sottotetto . Tutto nasce quando gli acquirenti di un appartamento scoprono che il sottotetto è condominiale per cui sarebbe illegittimo l'uso esclusivo da parte di alcuni condomini che se ne sarebbero impossessati. Da qui la domanda restitutoria e ripristinatoria rispetto ai lavori eseguiti abusivamente. Il Tribunale accoglie la domanda ordinando la restituzione dei beni condominiali nonché la riduzione in pristino. La Corte di Appello, pur riconoscendo la natura condominiale del sottotetto, pone a carico di tutti i condomini i costi di ristrutturazione e ripristino dello stato dei luoghi. Per quale motivo? Perché le opere sarebbero state realizzate in epoca remota e non dagli attuali proprietari. Questa interpretazione, ovviamente, apre la strada alla tesi dell'usucapione. L'usucapione richiede la iscrizione nel sistema tavolare. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15843/12, resa pubblica mediante deposito in cancelleria il successivo 20 settembre ha bocciato la tesi dell'usucapione a causa delle caratteristiche proprie del sistema tavolare. Gli Ermellini hanno chiarito che, nel sistema tavolare, chi intende far valere il proprio diritto, ha l'onere di procedere all'iscrizione negli appositi registri così come nel resto dell'Italia chi vuole rendere opponibile ai terzi l'acquisto della res ha l'onere di procedere alla trascrizione presso i pubblici registri. E vi è di più! L'intavolamento non è un semplice atto formale o di natura fiscale ma ha addirittura natura costitutiva del diritto esso si costituisce in capo all'acquirente proprio in seguito all'iscrizione della compravendita nei registri catastali tavolari. In buona sostanza, chi assume di essere proprietario del bene deve farsi carico di procedere all'intavolamento ovvero alla registrazione del propri diritto in catasto. L'intavolazione fa nascere la presunzione di acquisto del diritto in buona fede con quanto ne consegue. Saranno gli eventuali oppositori a farsi carico di dimostrare il contrario provando la malafede di chi vuol far valere il diritto. Una piccola curiosità storica. Il sistema tavolare di origine germanica, per molti aspetti pratici, è preferibile al sistema catastale italiano ereditato dai latini, in quanto non solo è caratterizzato da una maggiore snellezza burocratica ma permette di individuare immediatamente l'effettivo titolare del diritto reale su un immobile mediante una semplice visura presso l'ufficio tavolare. Il regime fascista, riconoscendo la superiorità del sistema tavolare tedesco lo importò nei territori occupati Etiopia ed Eritrea ma non riuscì ad applicarlo a tutti i territori d'Italia.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 20 giugno – 20 settembre 2012, n. 15843 Presidente Oddo – Relatore Carrato Svolgimento del processo Con atto di citazione ritualmente notificato il sig. V.A. , sulla premessa che in data 31 marzo 1999 aveva acquistato da C.F. e M.M.M. un appartamento sito al primo piano del condominio omissis e che dall'atto di vendita e dal libro tavolare era risultato che il sottotetto dell'edificio costituiva parte comune alle dieci porzioni materiali in cui lo stesso era ripartito e che, tuttavia, i proprietari degli appartamenti siti al secondo piano del medesimo fabbricato si erano appropriati della quota parte di sottotetto corrispondente al rispettivo appartamento, conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Trento, C.F. , M.M.M. , Ca.Ca. , F.A. , Be.Et. e Z.G. chiedendo che gli stessi venissero condannati, previo accertamento della natura comune del vano sottotetto, al ripristino della situazione quo ante , con eliminazione delle divisorie illegittimamente realizzate. Nella costituzione dei convenuti e disposta l'integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i proprietari del condominio solo alcuni dei quali si costituivano successivamente , il Tribunale adito, con sentenza n. 32 del 2004, dichiarata la contumacia delle parti non costituite, accertava la natura comune del vano sottotetto in conformità alle risultanze tavolari, rigettando nel resto le altre domande delle parti e compensando integralmente le spese giudiziali. Interposto appello da parte del V. , nella costituzione di alcuni degli appellati che proponevano, a loro volta, appello incidentale , la Corte di appello di Trento, con sentenza n. 395 del 2005 depositata il 10 novembre 2005 , rigettava sia il gravame principale che quello incidentale previa correzione di un duplice errore materiale contenuto nella sentenza di primo grado e compensava le spese del grado. A sostegno dell'adottata decisione la Corte territoriale rilevava, innanzitutto, l'infondatezza dell'appello principale teso all'ottenimento dell'ordine di ripristino della situazione antecedente all'appropriazione del vano sottotetto poiché tale condizione era risultata preesistente alla stipula degli atti di compravendita, con la conseguente impossibilità di ascrivere all'operato di ciascun proprietario delle porzioni materiali del secondo piano la responsabilità per la sottrazione del sottotetto all'uso condominiale, donde l'insussistenza delle condizioni per l'emissione della relativa richiesta condanna pur risultando evidente che l'intervenuto accertamento della natura condominiale del suddetto vano comportava necessariamente il divieto per ciascuno degli anzidetti proprietari di continuare a fare uso esclusivo della parte dello stesso usufruendo dell'accesso di collegamento esistente e l'onere di tutti di condomini di apprestare le opere necessarie per ricondurre la situazione di fatto a quella emergente dalle risultanze tavolari . Rilevava, altresì, la Corte trentina che, nella specie, non poteva trovare applicazione l'art. 1159 c.c. invocato dagli appellati poiché incompatibile con il sistema tavolare, evidenziandosi, in ogni caso, che erano risultati del tutto carenti i presupposti di fatto per l'operatività della pretesa usucapione. Avverso la suddetta sentenza di secondo grado hanno proposto ricorso per cassazione C.F. , M.M.M. , Ca.Ca. , F.A.M. , B.E. , Z.G. e la s.n.c. Rododendro in liquidazione, articolato in cinque motivi. Essendo stata certificata la morte della intimata A.M. in sede di notificazione del ricorso, con successivo atto di intervento del 6 novembre 2006, si sono costituiti gli eredi legittimi Z.G. , Z.P. e Z.A. . Nessun altro intimato risulta essersi costituito in questa fase. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo i ricorrenti hanno dedotto la violazione e falsa applicazione dell'art. 100 c.p.c. in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. , nonché l'omessa motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. per aver il giudice di appello erroneamente ritenuto la sussistenza della legittimazione ad agire dell'interesse ad agire del V.A. benché il suo acquisto fosse stato intavolato l'8 marzo 2002, ovvero successivamente alla proposizione della sua domanda giudiziale in primo grado. In proposito i ricorrenti hanno chiesto a questa Corte di chiarire ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c., peraltro non applicabile nella specie ratione temporis se la legittimazione attiva e l'interesse ad agire di cui all'art. 100 c.p.c. debbano sussistere al d tempo della proposizione dell'azione, non rilevando la sopravvenienza di tali condizioni e che, pertanto, avendo il V. intavolato il proprio diritto in pendenza di causa, la circostanza sarebbe stata rilevante ai fini della decisione. 1.1. La censura si prospetta inammissibile siccome investe una questione nuova, che non risulta specificamente dedotta nel giudizio di appello. Sul piano generale si ricorda v., tra le tante e più recenti, Cass. n. 6132 del 2008 e Cass. n. 14177 del 2011 che la legittimazione ad agire costituisce una condizione dell'azione diretta all'ottenimento, da parte del giudice, di una qualsiasi decisione di merito, la cui esistenza è da riscontrare esclusivamente alla stregua della fattispecie giuridica prospettata dall'azione, prescindendo, quindi, dalla effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa che si riferisce al merito della causa, investendo i concreti requisiti di accoglibilità della domanda e, perciò, la sua fondatezza, con la conseguenza che, a differenza della legitimatio ad causam il cui eventuale difetto è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio , intesa come il diritto potestativo di ottenere dal giudice, in base alla sola allegazione di parte, una decisione di merito, favorevole o sfavorevole, l'eccezione relativa alla concreta titolarità del rapporto dedotto in giudizio, attenendo al merito, non è rilevabile d'ufficio, ma è affidata alla disponibilità delle parti e, dunque, deve essere tempestivamente formulata. Orbene, nel caso di specie, non emerge - per quanto desumibile dallo stesso contenuto del ricorso e dalla sentenza in questa sede impugnata - che la relativa questione abbia formato oggetto di specifica doglianza in appello, ragion per cui non può essere considerata ammissibile in questa fase. Si osserva, inoltre, che - secondo la giurisprudenza di questa Corte v., ad es., Cass. n. 26632 del 2006 - l'accertamento in ordine alla sussistenza dell'interesse ad agire - che deve essere rilevato d'ufficio in ogni stato e grado del processo - non può essere compiuto nel giudizio di legittimità qualora esso comporti, in base alla prospettazione del ricorrente, una valutazione degli elementi di fatto in precedenza non effettuata, perché non richiesta, dal giudice di merito nella sentenza impugnata, essendo la relativa questione ormai coperta dal giudicato implicito per non avere il giudice ravvisato alcun ostacolo processuale all'esame della domanda proposta. 2. Con il secondo motivo i ricorrenti hanno denunciato la violazione e falsa applicazione dell'art. 1159 c.c. e del R.D. n. 499 del 1929 e successive modifiche per avere la Corte territoriale ravvisato l'infondatezza dell'eccezione di usucapione decennale da parte di essi ricorrenti, per presunta incompatibilità dell'art. 1159 c.c. con il regime tavolare, chiedendo, pertanto, a questa Corte di chiarire se il disposto di cui al citato art. 1159 c.c. sia applicabile anche nei territori ove vige il predetto R.D. n. 499 del 1929 e successive modificazioni. 2.1. Il motivo è infondato e deve, pertanto, essere rigettato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte cfr., ad es., Cass. n. 8193 del 1993 Cass. n. 3370 dei 1995 e, da ultimo, Cass. n. 6393 del 2011 nei territori in cui vige il sistema tavolare basato sul principio della pubblicità costitutiva, il conflitto tra l'acquirente per atto fra vivi dall'intestatario tavolare che abbia proceduto per primo ad iscrivere il suo diritto e chi abbia acquistato il bene per usucapione si risolve in base all'art. 5 del r.d. 28 marzo 1929, n. 499, che prevede il principio di pubblica fede che assiste le risultanze dei libri fondiari, per cui l'acquisto effettuato in base a dette risultanze si presume avvenuto in buona fede, ed è onere del terzo che sostiene di aver acquistato il bene per usucapione provare che colui che ha acquistato dal titolare del bene in base al libro fondiario era in malafede, essendo stato a conoscenza della sussistenza dell'usucapione maturata ma non giudizialmente dichiarata ed iscritta, o essendo stato in grado di apprenderlo facendo uso dell'ordinaria diligenza. Alla stregua di tale presupposto, si deve evidenziare che, nel caso dedotto in controversia, sono gli stessi ricorrenti e gli interventori che ammettono che, per quanto concerneva il sottotetto, il titolo di acquisto della proprietà o dell'uso esclusivo non era stato intavolato, non impugnando, peraltro, espressamente l'altra ratio posta a fondamento della sentenza attinente alla carenza dei presupposti per l'acquisto di un diritto reale a non domino e della trascrizione dell'atto e, quindi, all'insussistenza delle condizioni per il riconoscimento dell'acquisto della relativa proprietà del sottotetto per usucapione. 3. Con il terzo motivo i ricorrenti hanno censurato la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell'ari 2 del suddetto R.D. n. 499 del 1929 per aver erroneamente ritenuto la comproprietà di tutti i condomini del sottotetto, in forza di intavolazione non presupponente alcun titolo. In merito hanno chiesto a questa Corte di chiarire se, ai sensi del citato art. 2 del R.D. n. 499 del 1929, l'efficacia costitutiva dell'intavolazione nel sistema dei libri fondiari presuppone necessariamente un valido titolo, per cui l'intavolazione non può da sola costituire un diritto inesistente. 4. Con il quarto motivo i ricorrenti hanno prospettato la violazione e falsa applicazione degli artt. 978, 980, 1803 e segg., 1322 c.c., anche in riferimento all'art. 1350 c.c., per aver la sentenza impugnata erroneamente ritenuto insussistente il diritto di uso di essi ricorrenti sul sottotetto con soli effetti obbligatori, per la cui insorgenza non è necessaria la forma scritta né ad substantiam né ad probationem. 5. Con il quinto ed ultimo motivo i ricorrenti hanno dedotto la supposta violazione e falsa applicazione degli artt. 1325, 1362, 1428, 1429, 1431 e 1433 c.c, per aver erroneamente il giudice di appello rigettato la domanda riconvenzionale di C.F. e M.M.M. volta ad accertare la reale comune intenzione delle parti ed all'ottenimento dell'emissione di provvedimento correttivo dei contenuti del contratti di compravendita del 31 marzo 1999 - rep. n. 153410 per notar Cassano. Al riguardo hanno chiesto a questa Corte di chiarire se, alla stregua delle predette norme, qualora il contenuto del contratto, come appare stipulato, non corrisponda alla comune reale volontà delle parti, sia che l'erronea formulazione o trascrizione debba ascriversi alle parti medesime o ad un terzo da loro incaricato ed ancorché tale discordanza non emerga prima facie , ma debba costituire oggetto di accertamento, detta situazione non integra alcuna delle fattispecie dell'errore ostativo e, di conseguenza, non trova applicazione la normativa sull'annullamento del contratto per tale vizio, dovendo prevalere la reale comune volontà dei contraenti desumibile anche sulla scorta delle trattative e di tutto il materiale probatorio conseguito. 5.1. Anche questi tre motivi - che possono essere esaminati congiuntamente perché strettamente connessi - non sono meritevoli di accoglimento. Rileva, infatti, il collegio che, nel caso in esame, sul presupposto che l'impresa costruttrice non aveva necessità di alcun titolo per destinare ed intavolare il sottotetto del fabbricato quale bene comune a tutte le porzioni immobiliari del fabbricato rilevandosi, peraltro, che tale intavolazione, frutto del tipo di frazionamento presentato al catasto, a seguito della realizzazione del nuovo fabbricato, non aveva propriamente effetto costitutivo , la Corte territoriale ha sufficientemente e logicamente motivato nel senso che il bene dovesse ritenersi comune in base alla presunzione dell'art. 1117 c.c. avvalorata dalla destinazione prevista nel piano di frazionamento. Per il resto le doglianze non risultano idonee a smontare l'adeguata ricostruzione argomentativa adottata dalla Corte trentina poiché, per un verso, con la sentenza impugnata risulta correttamente escluso che il costruttore potesse disporre del diritto di uso esclusivo del sottotetto dopo la sua destinazione ed intavolazione come bene comune e, per altro verso, ha giustamente negato che tale diritto fosse opponibile ai terzi in quanto di natura obbligatoria e non trascrivibile. In ogni caso, il giudice di secondo grado ha adeguatamente rilevato che l'inserimento nei contratti di acquisto della clausola attributiva di un diritto esclusivo di uso di parte del sottotetto, oltre a collidere con il potere dispositivo dei vari condomini con riferimento alla disciplina dell'uso delle parti comuni, risultava in contrasto con l'efficacia costitutiva dell'iscrizione tavolare ai fini del trasferimento di qualsiasi diritto di natura reale, essendo rimasto incontestato che tale clausola non era mai stata intavolata né poteva esserlo per cui non risultava opponibile ai terzi, quali gli aventi causa dai precedenti proprietari degli appartamenti facenti parte del condominio. Del resto, su un piano generale, occorre sottolineare cfr. Cass. n. 25491 del 2008 e Cass. n. 4970 del 2010 che nel sistema pubblicitario immobiliare vigente nei territori ex austroungarici, poiché l'iscrizione nei registri tavolari dei diritti reali di origine convenzionale assolve ad una funzione costitutiva, acquisendosi la proprietà e gli altri diritti reali su beni immobili esclusivamente con l'iscrizione di un titolo idoneo nel libro fondiario, deve necessariamente escludersi l'opponibilità di vincoli reali all'acquirente di un immobile nei casi in cui la loro esistenza non risulti dai suddetti registri. In altri termini, nel sistema tavolare, la proprietà e gli altri diritti reali su beni immobili si acquistano esclusivamente con l'iscrizione di un titolo idoneo nel libro fondiario, in quanto il consenso legittimamente manifestato dalle parti contraenti è un requisito necessario ma non sufficiente ai fini dell'acquisto del diritto. Inoltre, anche con riguardo all'ultima doglianza, la Corte territoriale ha adeguatamente e logicamente ritenuto, in relazione all'esatta applicazione dei predetti principi giuridici, che non vi era stato alcun errore nel contratto di acquisto stipulato dal V. nel 1999, il quale riportava il sottotetto fra i beni comuni, poiché il contenuto di esso corrispondeva alle risultanze del libro fondiario ed in esso non poteva essere trascritto alcun diritto di uso esclusivo del bene comune. 6. In definitiva, alla stregua delle esposte ragioni, il ricorso deve essere respinto, senza che si debba far luogo ad alcuna pronuncia sulle spese della presente fase, non avendo gli intimati controinteressati svolto attività difensiva. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.