Porte sbarrate alla servitù di parcheggio nel cortile condominiale

Il diritto di parcheggiare la propria autovettura nel cortile condominiale non può mai essere configurato alla stregua di una servitù di parcheggio”. La tutela del diritto, conseguentemente, non può passare attraverso l'azione di reintegra.

A quanto pare quello del parcheggio è un problema apparentemente irrisolvibile che turba il sonno di molti italiani. Ancora una volta – ordinanza numero 15334/2012 depositata il 13 settembre dalla Corte di Cassazione - si discute del diritto del condòmino di parcheggiare la propria amata autovettura nel cortile condominiale. Questa volta il fabbricato ha ben due cortili, peccato che, come al solito, entrambi non siano in grado di soddisfare le esigenze dei residenti per cui i problemi, invece di risolversi con maggiore facilità, si complica ulteriormente facendo raddoppiare il contenzioso. Una sbarra impedisce l'accesso al cortile. Il caso nasce quando un condomino trova l'ingresso del cortile, abitualmente usato per il parcheggio delle autovetture, sbarrato nel senso letterale del termine . A quanto pare qualcuno aveva dotato l'accesso carrabile di una sbarra azionata elettricamente dimenticando” di fornire tutti i condomini della magica chiavetta elettronica capace di permettere l'accesso. Dal pensiero ai fatti, la questione finisce in un baleno nelle aule di giustizia. Il condomino, ritenendo leso il proprio diritto, esercita l'azione possessoria chiedendo al giudice la reintegra nel possesso e la rimozione della fastidiosissima sbarra”. Il giudizio di primo grado si svolge praticamente a senso unico in un primo tempo viene concesso un provvedimento provvisorio di reintegra puntualmente seguito dalla sentenza che riconosce le ragioni del condòmino spossessato. Cortili distinti per diversi gruppo di condòmini. La vicenda, a questo punto, si trasferisce nelle aule della Corte di appello in cui la situazione comincia a prendere una forma diversa e dove vengono delineati gli esatti contorni del problema, specie per quanto attiene lo stato dei luoghi. Il corpo di fabbrica, a quanto pare, era dotato di due distinti cortili di cui il primo - di proprietà esclusiva di alcuni condomini - ed il secondo - di proprietà di altri. Si chiarisce anche un altro aspetto fondamentale di tutta la vicenda. Il ricorrente è comproprietario del primo cortile e, quando non trova spazio al suo interno, ha l'abitudine di parcheggiare tranquillamente, come se nulla fosse, la propria autovettura nel secondo spazio condominiale. Sta di fatto che, a quanto pare, il secondo cortile” veniva spesso utilizzato non solo dai proprietari del primo cortile” ma veniva preso d'assalto anche da estranei tale circostanza, com'è facile immaginare, urtava la suscettibilità, per ovvie ragioni, dei legittimi proprietari che, magari, potevano trovare il loro spazio-parcheggio occupato da usurpatori. Per risolvere il problema, l'assemblea di condominio aveva deliberato di installare una sbarra per impedire l'accesso ai non proprietari e questo appare, già di primo acchito, come un fatto del tutto lecito . La Corte di appello, a questo punto, dopo aver chiarito la situazione in merito allo stato dei luoghi ed al diritto di proprietà di ciascun condomino sui due cortili, accerta che il secondo cortile per intenderci, quello che risultava sbarrato , era di proprietà esclusiva solo di alcuni condomini e che il ricorrente non era tra questi. Quali le conseguenze? Viene negata ovviamente la tutela possessoria! La difesa del ricorrente si tratta di una servitù di parcheggio! Il ricorrente, non potendo dimostrare di essere legittimato all'esercizio dell'azione possessoria in qualità di proprietario, cerca di salvarsi in calcio d'angolo ricorrendo all'istituto della servitù. Il condòmino, in definitiva, avrebbe diritto ad occupare lo spazio condominiale con la propria autovettura non perché comproprietario di quella specifica porzione del cortile condominiale, bensì in quanto titolare di un vero e proprio diritto di servitù. La tutela possessoria, quindi, sarebbe stata chiesta per tutelare il legittimo esercizio di una servitù che si estrinsecherebbe attraverso il diritto di parcheggiare l'autovettura all'interno di un cortile di proprietà di terzi. Porte sbarrate per la servitù di parcheggio. La questione finisce a Piazza Cavour che, almeno in questa occasione, non dà certamente prova di celerità la causa viene decisa il 22 novembre 2011 ma la relativa sentenza numero 15334 viene resa pubblica mediante deposito in cancelleria solo in data 13 settembre 2012. Secondo la Seconda Sezione della Cassazione, il diritto di procedere al parcheggio dell'autovettura nel cortile condominiale non può essere correttamente inquadrato ricorrendo all'istituto della servitù. Sulla natura giuridica del diritto di parcheggio. Il problema dei parcheggi, come accennavamo, angustia la vita di moti automobilisti e fomenta le liti condominiali. Tornare a casa e trovare un comodo parcheggio, invece che essere costretti a peregrinazioni inutili alla spasmodica ricerca di un posto auto per poi arrendersi all'evidenza e parcheggiare in divieto di sosta, è certamente una circostanza che migliora il buonumore ed incide positivamente sulla qualità della vita. È un fatto ormai risaputo che il Legislatore, tramite una serie di norme urbanistiche ci si riferisce, a titolo esemplificativo alla Legge numero 765/1967 - comunemente conosciuta come legge ponte” - alla Legge numero 122/1989 - ovvero alla famosa legge Tognoli” - alla vera e propria raffica di decreti intervenuti nel periodo a cavallo tra agosto 1993 ed i primissimi mesi del 1995, culminati nella Legge numero 204/1995 ed al più recente Decreto liberalizzazioni dell'attuale Governo Monti abbia cercare quantomeno di arginare il problema. Molto si è discusso sulla configurabilità, in capo al comproprietario di un immobile in condominio, di esercitare il diritto al parcheggio sulle aree condominiali ed altrettanto si è discusso sulla natura giuridica di tale diritto. La giurisprudenza, negli anni, non ha avuto una linea ben definita per cui ha fornito varie interpretazioni spesso diametralmente opposte tra loro in alcune circostanze ha qualificando i parcheggi come proprietà comune dell'edificio ex articolo 1117 c.c. Cass., Sez. II, numero 3422/1998 Cass. numero 5633/2002 mentre in altre occasioni, al contrario e con un netto cambio di rotta, escludendo che essi possano rientrare fra le parti comuni dell'edificio, Cass., Sez. II, numero 7498/1998 - Cass. civ. sez. II, numero 4934/1993 - Cass. civ., sez. II, numero 10217/1994 . A volte il problema è stato risolto portando avanti il concetto di pertinenza Cass. numero 6606/2011 ai sensi e per gli effetti degli articoli 817, 818 e 819 c.c. o di diritto reale d’uso qualificando l’uso” alla stregua di un diritto reale di godimento su cosa altrui” ai sensi dell'articolo 1021 c.c In altre casi la giurisprudenza ha cercato di tutelare la posizione dell'acquirente - visto come contraente debole” - nei confronti del costruttore-venditore - inteso come contraente forte” - ricorrendo all'istituto della servitù percorrendo questa via i giuristi si sono rifugiati in una fictio juris cercando di configurare l'esistenza di un rapporto tra fondo dominante appartamento e fondo servente box / posto auto . Sta di fatto che tutte le interpretazioni che si sono accavallate tra loro, nel corso degli anni, a quanto pare, non hanno ancora chiarito la situazione se è vero, come è vero, che si torna a parlare, ancora una volta, di servitù di parcheggio. Il proprietario ha il buon diritto di recintare l'area a parcheggio. Nel caso in esame la Corte di Cassazione ha rigettato nettamente la possibilità di configurare il diritto all'utilizzo dell'area a parcheggio ricorrendo all'istituto della servitù e quindi, di conseguenza, ha rigettato l'azione di reintegrazione. Tale tipo di azione, sottolineano gli Ermellini, potrebbe essere configurabile, per assurdo, anche in presenza di un possesso illegittimo ed abusivo purché vi sia un'azione per la tutela di un diritto reale. La servitù, peraltro, presuppone l'esistenza di un rapporto tra fondo servente e fondo dominante per cui il secondo viene posto al servizio del primo di contro, il diritto di parcheggiare la propria autovettura sul fondo del vicino non può essere valutato alla stregua di una utilità inerente al fondo dominante bensì, in maniera molto più approssimativa, come una mera comodità, ovvero come un vantaggio del tutto personale. Verrebbe a mancare, in parole povere, la realitas ovvero l'inerenza dell'utilità al fondo dominante cui si contrapporrebbe il peso a carico del fondo servente. Vietate le servitù di carattere personale. Il condomino non-proprietario che intenda parcheggiare all'interno del cortile di proprietà esclusiva di altri condomini trarrebbe dall'esercizio di tale presunto diritto solo ed esclusivamente un vantaggio del tutto personale. Sta di fatto, peraltro, che, nel nostro ordinamento giuridico, non solo il parcheggio dell'autovettura non rientra nello schema di alcun diritto di servitù ma che esso non riconosce le servitù di tipo meramente personale servitù cosiddette personali . Queste ultime sarebbero configurabili come delle utilitas a vantaggio di un singolo proprietario ed a carico di un immobile mentre le servitù sono, come ben sappiamo, delle utilitas di un bene a carico di un'altra res .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 22 novembre 2011 – 13 settembre 2012, n. 15334 Presidente Triola – Relatore Petitti Svolgimento del processo Con ricorso proposto nel 1989, P B. , T.P. , M.T T. e A T. chiedevano di essere reintegrati nel possesso del secondo cortile dello stabile sito in omissis , l'accesso al quale era stato loro precluso dalla Costruzioni Toschi s.r.l. mediante l'apposizione di una sbarra all'ingresso dello stesso. L'adito Tribunale di Bologna pronunciava provvedimento provvisorio di reintegra, ordinando la rimozione della sbarra e facoltizzando i ricorrenti ad accedere al suddetto cortile. All'esito del giudizio di primo grado il Tribunale confermava i provvedimenti di reintegra nel possesso, condannando la convenuta alla rimozione della sbarra e al pagamento delle spese. Avverso questa pronuncia proponeva appello la Costruzioni Toschi s.r.l. ricostituitosi il contraddittorio, il B. rinunciava agli atti di causa e la rinuncia veniva accettata dall'appellante la causa proseguiva tra l'appellante e i T. . La Corte d'appello di Bologna, con sentenza resa pubblica mediante deposito in data 23 agosto 2005, accoglieva l'appello, revocava le statuizioni in materia possessoria e condannava gli appellati al pagamento delle spese di entrambi gradi di giudizio. Rigettate alcune eccezioni preliminari, la Corte d'appello rilevava che i T. reclamavano il loro possesso - che si era estrinsecato prevalentemente attraverso il parcheggio delle loro autovetture - su entrambi i cortili attigui facenti parte del condominio di via omissis e via dei omissis , dove gli stessi erano proprietari di una unità immobiliare. Rilevava altresì che il primo cortile, a cui si accedeva da via omissis , era di proprietà, tra gli altri, degli appellati, che ne esercitavano anche il possesso, mentre il secondo cortile, con accesso da vicolo omissis , apparteneva per 457 millesimi alla Tosti S.r.l. e ad altri soggetti diversi da coloro che erano comproprietari soltanto del primo cortile. Ciò premesso, la Corte d'appello rigettava l'eccezione di tardività dell'azione possessoria, atteso che l'atto di spoglio era stato individuato dai T. nella apposizione della sbarra con congegno elettrico, che impediva l'accesso da vicolo omissis , avvenuta il 10 gennaio 1989, mentre il ricorso possessorio era stato proposto il 16 gennaio successivo. Rilevava che dalle risultanze istruttorie emergeva che i T. , quando non trovavano parcheggio nel cortile principale, utilizzavano per il parcheggio della propria autovettura il secondo cortile con accesso autonomo da vicolo omissis che dai verbali condominiali emergeva che l'uso del secondo cortile effettuato dagli appellati e anche da estranei aveva formato oggetto di discussione tra i legittimi proprietari che era priva di fondamento l'asserzione degli appellati di aver provveduto al pagamento delle spese condominiali relative al secondo cortile. Concludeva pertanto nel senso che nell'uso del parcheggio da parte degli appellati non era configurabile l'a nimus rem sibi habendi , con esclusione di ogni altro soggetto, ivi compresi i proprietari che continuavano a possedere e che quindi non sussistevano gli elementi per accordare l'invocata tutela possessoria. Per la cassazione di questa sentenza hanno proposto ricorso T.P. , M.T T. e T.A. sulla base di sette motivi ha resistito con controricorso Costruzioni Toschi s.r.l., la quale ha altresì proposto ricorso incidentale condizionato affidato ad un motivo. I ricorrenti hanno depositato memoria in prossimità dell'udienza. Motivi della decisione 1. Deve essere preliminarmente disposta la riunione del ricorso principale e di quello incidentale, avendo gli stessi ad oggetto la medesima sentenza art. 335 cod. proc. civ. . 2. Con i primi tre motivi, i ricorrenti denunciano vizi di motivazione su punti decisivi della controversia. 2.1. Con la prima censura i ricorrenti denunciano l'errore in cui sarebbe incorsa la Corte d'appello nell'individuare i luoghi oggetto della controversia, atteso che il cortile in discussione non era quello al quale si accedeva da vicolo omissis , come ritenuto dalla Corte d'appello, ma quello al quale si accedeva da vicolo omissis o anche da via dei omissis inoltre il cortile in contestazione non aveva affatto accesso carraio da vicolo omissis ma solo pedonale, mentre per accedere con autovetture al secondo cortile si doveva entrare dal cortile di via dei omissis , passare sotto una volta condominiale e cosi accedere al secondo cortile, che era quindi intercluso. Ad avviso dei ricorrenti, la Corte d'appello avrebbe dunque ragionato su una erronea rappresentazione della situazione dei luoghi oggetto di causa in particolare, il fatto che il secondo cortile non avesse entrata autonoma dalla pubblica via era circostanza assai rilevante giacché, costituendo detto cortile un'area interna condominiale, l'uso dello stesso doveva ritenersi necessariamente riservato ai condomini e ai loro visitatori, con esclusione dell'accesso ad estranei. La Corte d'appello avrebbe altresì errato nel ritenere che i proprietari del secondo cortile non coincidessero minimamente con i proprietari del primo cortile e nell'affermare che l'atto di spoglio fosse costituito dalla apposizione della sbarra che impediva l'accesso da vicolo omissis , atteso che tale atto era consistito nella apposizione di una sbarra tra i due cortili. Sotto altro profilo i ricorrenti rilevano che la Corte d'appello avrebbe attribuito rilievo alla possibilità che estranei utilizzassero per la sosta delle proprie auto il cortile oggetto di causa sulla base della erronea ricostruzione dei luoghi e certamente nel porre sullo stesso piano la tolleranza eventualmente manifestata dai legittimi proprietari verso gli estranei con quella eventualmente manifestata verso i condomini. 2.2. Con la seconda censura i ricorrenti sostengono che la Corte d'appello avrebbe errato nella individuazione della domanda giacché essi ricorrenti non reclamavano affatto un possesso esclusivo che escludesse gli altri condomini. In nessun atto vi è riferimento ad un possesso corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà, tantomeno esclusiva, atteso che il possesso che essi avevano reclamato non escludeva in alcun modo il pari possesso dei legittimi proprietari o possessori del secondo cortile. 2.3. Con la terza censura i ricorrenti lamentano l'omesso e insufficiente esame delle prove, con particolare riferimento ai verbali dell'assemblea condominiale prodotti e ai documenti relativi al riparto delle spese. L'assemblea del 2 dicembre 1963, infatti, aveva deliberato di far predisporre una pianta dei posti disponibili per il parcheggio nei due cortili stabilendo il diritto di ognuno in relazione ai millesimi posseduti, rapportati a 2000, e tenendo presente che nel primo cortile avrebbero potuto sostare solo tre auto l'assemblea aveva inoltre ipotizzato che la spesa potesse essere suddivisa sulla base di 2000 millesimi, dei quali ad essi ricorrenti ne spettavano 54. E proprio a seguito di tale assemblea il dante causa di essi ricorrenti aveva cominciato a pagare le spese dei due cortili in base all'aliquota di 54/2000 e tale ripartizione di spese era stata ribadita dall'assemblea del 12 febbraio 1967. La già rilevata confusione nella descrizione dei luoghi avrebbe quindi indotto la Corte d'appello ad una erronea valutazione dei documenti in atti. 3. Con una seconda serie di motivi, i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione degli artt. 1140 e 1168 cod. civ., in relazione all'art. 2697 cod. civ 3.1. Sotto un primo profilo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per avere la Corte dr appello ricondotto il potere di fatto sul cortile, da essi reclamato, all'esercizio del diritto di proprietà, per di più esclusivo, omettendo di considerare che il possesso si manifesta non solo in un'attività corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà, ma anche di qualsiasi altro diritto reale. Il fatto che essi ricorrenti possedessero il secondo cortile non era dunque incompatibile con il mantenimento di un diritto dominicale in capo alla resistente o con un possesso esercitato da quest'ultima nel caso di specie si era infatti in presenza non di un compossesso, ma di possessi simultanei corrispondenti a diritti reali di diversa natura. I ricorrenti ricordano quindi che, secondo la giurisprudenza di legittimità, la natura di bene accessorio del cortile condominiale comporrà che i condomini che su di esso si affacciano godano del cortile iure servitutis o pro indiviso , indipendentemente dal diritto di proprietà che può appartenere a uno o a più condomini. Il condomino che parcheggia fa quindi uso di una porzione di bene indiviso e se il suo parcheggio è ripetuto nel tempo esercita un possesso uti singuli sulla res , che può difendere da solo o con gli altri condomini che ne fanno analogo uso e che, come lui, possono reclamare il possesso. 3.2. Sotto altro profilo, i ricorrenti rilevano che erroneamente la Corte d'appello avrebbe ritenuto che l'art. 1140 cod. civ. postuli una insistenza fisica continua del possessore rispetto alla cosa. 3.3. Sotto un ulteriore profilo, i ricorrenti criticano la sentenza impugnata perché avrebbe dato preminente rilievo al fatto che l'esercizio del parcheggio era contrastato non tollerato , segno questo che non solo non vi era autorizzazione alcuna, ma neppure una tolleranza silenziosa” all'interno del condominio. In proposito, i ricorrenti osservano che i condomini si erano accordati e che solo il dante causa della resistente aveva mostrato disaccordo, pur non impugnando la delibera condominiale. Sostengono quindi che proprio la mancanza di tolleranza di uno solo dei condomini gioverebbe al riconoscimento del proprio possesso e non farebbe certamente venire meno l' animus possidendi l'opposizione del titolare del diritto all'esercizio del possesso - rilevano i ricorrenti - non farebbe venire meno nel possessore l' animus possidendi , né trasformerebbe il possesso in tolleranza non tutelabile, se il possessore continui ad esercitare il possesso. Da ultimo, i ricorrenti rilevano che l'eccezione feci sed iure feci sollevata dal convenuto in azione di reintegra non è ammissibile ove tenda a contrastare lo ius possidendi dell'attore, determinandosi altrimenti un inammissibile sconfinamento nel campo petitorio. 4. Con il ricorso incidentale condizionato, la resistente denuncia vizio di motivazione e violazione dell'art. 1168 cod. civ., sostenendo che la Corte d'appello non avrebbe esaminato in alcun modo l' animus spoliandi , la cui esistenza aveva formato oggetto di specifica contestazione. 5. Il ricorso è infondato e va rigettato anche se deve procedersi alla correzione della motivazione della sentenza impugnata, ai sensi dell'art. 384, secondo comma, cod. proc. civ 5.1. Dal ricorso emerge che il cortile interno, oggetto della presente controversia, non apparteneva agli odierni ricorrenti. Si specifica, infatti, che il primo cortile è di proprietà di Bo. , Immobiliare Diana ora B. , T.F. , A. , M. ora Toschi, C. , b. , G. , S. il secondo cortile che si raggiunge passando dal primo è di proprietà M. ora Toschi, A. , Bo. , Bi. ”. Coerentemente al riconoscimento di non vantare alcun titolo proprietario sul secondo cortile, i ricorrenti hanno sviluppato le proprie argomentazioni difensive assumendo che il possesso da essi, e dal loro dante causa, esercitato sul secondo cortile mediante il parcheggio della propria autovettura, peraltro quando vi erano posti disponibili, corrispondeva ad un diritto reale in re aliena corrispondeva, cioè, ad un diritto reale a parcheggiare l'auto nel cortile di cui altri erano proprietari, e quindi a una servitù il possesso corrispondente ad uno ius in re aliena esercitato da T. non è smentito dal diritto dominicale di M. - Toschi” v. pag. 28 del ricorso . 5.2 Tale essendo il contenuto del diritto reale del quale i ricorrenti hanno chiesto la tutela in via possessoria, assumendo di avere esercitato una servitù sul bene di proprietà di altri soggetti, la domanda possessoria non poteva trovare accoglimento per l'assorbente ragione che non è configurabile una servitù di parcheggio. Nella giurisprudenza di questa Corte si è infatti chiarito che in tema di possesso, l'utilizzazione, da parte dei condomini di uno stabile, di un'area condominiale ai fini di parcheggio, non è tutelabile con l'azione di reintegrazione del possesso di servitù, nei confronti di colui che - come nel caso di specie - l'abbia recintata nella asserita qualità di proprietario. Per l'esperimento dell'azione di reintegrazione occorre infatti un possesso qualsiasi, anche se illegittimo ed abusivo, purché avente i caratteri esteriori di un diritto reale, laddove il parcheggio dell'auto non rientra nello schema di alcun diritto di servitù, difettando la caratteristica tipica di detto diritto, ovverosia la realità inerenza al fondo dominante dell'utilità cosi come al fondo servente del peso , in quanto la comodità di parcheggiare l'auto per specifiche persone che accedono al fondo non può valutarsi come una utilità inerente al fondo stesso, trattandosi di un vantaggio del tutto personale dei proprietari” Cass. n. 1551 del 2009 . Invero, il parcheggio di autovetture su di un'area può costituire legittima manifestazione di un possesso a titolo di proprietà del suolo, ma non anche estrinsecazione di un potere di fatto riconducibile al contenuto di un diritto di servitù, diritto caratterizzato dalla cosiddetta realitas, intesa come inerenza al fondo dominante dell'utilità così come al fondo servente del peso, mentre la mera commoditas di parcheggiare l'auto per specifiche persone che accedano al fondo anche numericamente limitate non può in alcun modo integrare gli estremi della utilità inerente al fondo stesso, risolvendosi, viceversa, in un vantaggio affatto personale dei proprietari” Cass. n. 8137 del 2004 . Ed ancora, si è chiarito che il nostro sistema giuridico non prevede la facoltà, per i privati, di costituire servitù meramente personali cosiddette servitù irregolari , intese come limitazioni del diritto di proprietà gravanti su di un fondo a vantaggio non del fondo finitimo, bensì del singolo proprietario di quest'ultimo, sì che siffatta convenzione negoziale, del tutto inidonea alla costituzione del diritto reale limitato di servitù, va inquadrata nell'ambito del diritto d'uso, ovvero nello schema del contratto di locazione o dei contratti affini, quali l'affitto o il comodato. In entrambi i casi, il diritto trasferito, attesane la natura personale ed il carattere obbligatorio, non può ritenersi ipso facto trasmissibile, in assenza di una ulteriore, apposita convenzione stipulata dall'avente diritto con il nuovo proprietario del bene asservito. Nella specie, il giudice di merito aveva qualificato come costitutiva di una duplice servitù, di passaggio e di parcheggio, una convenzione tra privati con la quale il venditore di un appartamento aveva altresì concesso all'acquirente, in sede di stipula dell'atto pubblico di alienazione, il diritto d'uso di uno scantinato al fine di parcheggiarvi un'autovettura - nonché il diritto di passaggio sull'area che ne consentita l'accesso -, diritto non riconosciuto, in seguito, dagli eredi dello stesso venditore. La S.C., nel cassare la pronuncia, ha sancito il principio di diritto di cui in massima ” Cass. n. 190 del 1999 . 5.3. Alla luce di tali principi, deve quindi escludersi che la domanda possessoria proposta dal dante causa degli odierni ricorrenti, in quanto volta a tutelare non un possesso riferibile ad un diritto di proprietà sull'area in contestazione che anzi, come rilevato, si afferma esplicitamente l'appartenenza di detta area ad altri soggetti , ma l'affermato possesso di una servitù di parcheggio dell'auto in un cortile di proprietà di altre persone, potesse essere accolta. 6. La sentenza impugnata, che, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda possessoria proposta dal dante causa degli odierni ricorrenti, è dunque corretta nel dispositivo. Ne consegue che il ricorso per cassazione deve essere rigettato, con assorbimento del ricorso incidentale condizionato. In considerazione delle ragioni della presente pronuncia, si reputa opportuno disporre la compensazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito l'incidentale condizionato compensa le spese del giudizio di legittimità.