Nessuna violazione al decoro architettonico se la facciata non è vergine

Non viola il decoro architettonico il comproprietario che esegue i lavori se, sulla facciata, sono presenti interventi preesistenti tollerati dagli altri comproprietari e di cui non è stata richiesta l'eliminazione.

Quelle italiane sono certamente tra le città più belle del mondo, ricche di centri storici e quartieri caratterizzati da elementi architettonici di estremo interesse. Peccato che, spesso, le facciate vengano deturpate da tubazioni del gas cittadino sovrapposte in maniere apparentemente, cavi di varia natura che si aggrovigliano, caldaie e canne fumarie, verande più o meno abusive. Da ultimo sono sbocciate anche le padelle” ed i condizionatori d'aria che, fino a qualche anno fa, caratterizzavano i paesaggi urbani di paesi per certi versi meno civili del nostro. Il villino anni '30 in stile liberty merita tutela? Il caso in esame ha per oggetto un villino in stile liberty realizzato tra gli anni '20 e gli anni '30 sul lungomare di Ostia. La scintilla che innesca la lite è costituita da una ristrutturazione un uomo acquista il locale seminterrato, procede al frazionamento dell'immobile ed alla modifica della destinazione d'uso. Il risultato è la trasformazione di un banale seminterrato in tre distinte unità immobiliari ad uso abitativo. E' evidente che si tratta di un buon affare, almeno per le tasche del proprietario, il guaio è che gli altri condomini non solo non sono tanto d'accordo ma, a quanto pare, hanno anche armi ben affilate e molte frecce nel proprio arco. Di cosa si lagna il condominio? La ristrutturazione ed il cambio di destinazione, per ovvi motivi, rende necessario apportare delle modifiche, anche strutturali, all'immobile. Viene abbattuto parzialmente un muro portante dell'edificio, si provvede alla realizzazione di impianti ed infrastrutture che vengono allacciate alla rete condominiale senza chiedere il consenso dei vicini, anche per evitare il loro ovvio rifiuto. I lavori, e non poteva essere diversamente, coinvolgono anche la facciata dell'edificio che viene attraversata dai tubi del gas cittadino e dai cavi dell'energia elettrica. Chi sarà mai il mio nuovo vicino? La situazione non piace agli altri comproprietari che, invece di preoccuparsi come ci si sarebbe aspettato che i lavori non abbiano arrecato danni irreversibili alla statica dell'edifico, sembrano seriamente impensieriti per il deprezzamento delle rispettive proprietà. L'iter logico appare semplice il locale seminterrato è stato trasformato in mini-appartamenti, questi non avranno certamente un valore commerciale paragonabile alle unità abitative poste ai piani superiori e, quindi, è presumibile che saranno occupate da persone non abbienti. Chi sarà mai il mio vicino di casa? Troverò il quartiere invaso da extracomunitari? Non sia mai detto! A questo punto i vecchi proprietari affilano le armi e citano in giudizio il proprietario dell'immobile seminterrato sollevando tutta una serie di problemi. Gli attori sostengono, tra l'altro, che i lavori di ristrutturazione abbiamo arrecato un serio pregiudizio al valore architettonico dell'intero fabbricato che, di conseguenza, risulterebbe deprezzato. A cascata, di conseguenza, scatta la domanda di riduzione in pristino e di risarcimento del danno. Statica del fabbricato in primo piano. Non si può fare a meno di condividere il punto di vista del Tribunale che ordina la riduzione in pristino del muro portante anche in assenza di una presa di posizioni da parte del consulente tecnico di ufficio. Quest'ultimo, infatti, non appare preoccupato dai lavori eseguiti e si limita a prendere atto di non aver riscontrato crepe sui muri né cavillature negli intonaci. Spesso non ci si rende conto che la realizzazione di interventi di straordinaria manutenzione possono compromettere la statica dell'intero edificio compromettendo non solo la propria incolumità ma anche quella di chi ci sta vicino. Una buona parte del nostro patrimonio immobiliare ha oltre cinquant’anni di vita per cui è presumibile che non sia in grado di soddisfare i requisiti antisismici più recenti anche perché nessuno può assicurare qual è il ciclo di vita di una trave di cemento armato che, come noto, costituisce la struttura portante degli edifici più recenti. Un intervento di ristrutturazione che comporti la realizzazione di opere a carico dei muri portanti dovrebbe essere preceduto, non solo per questioni regolamentari e di buona tecnica ma soprattutto per motivi di logica e di prudenza, previo esame dell'intero corpo di fabbrica. Il guaio è che un intervento di questo tipo sarebbe troppo costoso per cui scoraggerebbe, di fatto, ogni tipo di iniziativa. Via libera al risarcimento del danno? In Tribunale, a ben vedere, si schiera tutto dalla parte dei proprietari-attori riconoscendo a loro favore anche il diritto al risarcimento del danno patito. Il Giudice dell'appello conferma solo parzialmente la sentenza di primo grado. La parziale demolizione del muro portante viene giustamente considerata come un'operazione vietata in quanto potenzialmente pericolosa. La richiesta risarcitoria, invece, non supera lo sbarramento del giudice di appello. Il decoro architettonico richiede che il fabbricato sia immacolato. La causa finisce, ovviamente, sui banchi della Corte di Cassazione, che decide con la sentenza n. 14992 del 7 settembre. Secondo gli Ermellini i proprietari-attori non possono dolersi per la violazione al decoro dell'immobile. Irrilevante il pregio architettonico e le norme urbanistiche . Occorre tener presente che, nel caso in esame, Piazza Cavour non ha preso in esame né il pregio architettonico non solo dell'immobile ma dell'intero quartiere né, tantomeno, le norme urbanistiche ed i regolamenti edilizi locali. Stiamo parlando di un fabbricato in stile liberty risalente agli anni '20-'30 realizzato sulla classica passeggiata a mare e, quindi, presumibilmente, di un certo valore architettonico. Le norme locali, evidentemente risalenti a diversi anni orsono, inoltre, imponevano ai cittadini di uniformarsi proprio allo stile liberty al fine di ottenere un insediamento costruttivo uniforme in tutto il quartiere. Non si tratta, quindi, di un corpo di fabbrica isolato, bensì della valorizzazione di un intero quartiere. Ciononostante la Corte sembra aver totalmente disatteso ogni considerazione sugli elementi strutturali ed architettonici focalizzando la propria attenzione solo su una circostanza la presenza, di altre opere, accavallatesi nel corso degli anni, tollerate dai condomini e di cui non era stata chiesta la demolizione. Il decoro architettonico costituisce un pregio delle città italiane . Forse il decoro architettonico dei nostri edifici e delle nostre città meriterebbe maggior tutela. Si corre il rischio, qualora la preesistenza di alcune innovazioni apportate sulla facciata dell'edificio dovesse essere considerata come un elemento preclusivo della tutela, di consegnare il patrimonio paesaggistico nelle meni degli speculatori o, peggio, di avventurieri. E' di tutta evidenza che, nel corso degli anni, gli immobili hanno la necessità di essere sottoposti ad opere di adeguamento non solo strutturale ma, anche e soprattutto, alle mutate esigenze del vivere civile. A voler ragionare a contrario, i palazzi medioevali perdendo di vivibilità e verrebbero abbandonati. L'utilizzo del gas cittadino è una conquista abbastanza recente per molte delle nostre città ed è inevitabile che i muri dei prospetti siano deturpati dai tubi della metanizzazione che si arrampicano sulle facciate essendo impossibile, per ragioni di sicurezza, che essi siano affogati nella muratura. Sempre per la necessità di garantire la massima sicurezza, dobbiamo tollerare che compaiano i tubi in acciaio per gli sfiati delle caldaie. Dobbiamo anche restare al passo con i tempi permettendo che i fabbricati siano dotati di reti cablate e, proprio in questi giorni, è partita anche la campagna del nostro Governo per dotare le città delle colonnine necessarie a garantire il rifornimento per le auto elettriche D.L. 22 giugno 2012 n. 83 convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012 n. 134 - C apo IV-bis - Disposizioni per favorire lo sviluppo della mobilità mediante veicoli a basse emissioni complessive . La realizzazione di tutti questi interventi non può non incidere pesantemente sui prospetti degli edifici. Trovare una facciata vergine è un'impresa degna di Indiana Jones ma questo non vuol dire che tutti siano liberi di fare tutto. C'è la possibilità che un comportamento troppo permissivo possa aprire la strada, per esempio, alla realizzazione di verande e verandine che, è evidente, costituiscono dei veri e propri pugni negli occhi!

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 20 giugno - 7 settembre 2012, n. 14992 Presidente Oddo – Relatore Migliucci Svolgimento del processo 1.- C E. , A.M C. , M A. e A D.M. evocavano in giudizio innanzi al Tribunale di Roma B.A. e G. . Esponevano che erano proprietari di tre appartamenti siti in omissis facenti parte di un villino signorile nel 1993, B.A. aveva acquistato, formalmente in nome dei figlio minore G. , il piano scantinato dei suddetto villino e, modificando successivamente l'immobile acquistato, ne aveva ricavato tre appartamenti distinti, due dei quali erano stati venduti a terzi durante i lavori era stato abbattuto parte di un muro portante, vi era stato abusivo allaccio di acqua e gas, con conseguente alterazione del decoro dell'immobile. Lamentavano, dunque, perdita del valore dell'immobile, chiedendo la condanna dei convenuti alla riduzione in pristino dell'immobile nello stato in cui si trovava al momento dell'acquisto in subordine, chiedevano la condanna del medesimo al risarcimento dei danno patrimoniale, consistito nel deprezzamento del fabbricato nonché il danno per lo stress da essi patito. I convenuti si costituivano, eccependo B.A. il proprio difetto di legittimazione passiva per non essere proprietario dell'immobile entrambi contestavano la domanda assumendo di non aver commesso abusi, ovvero di averli sanati. In via riconvenzionale, chiedevano la condanna degli attori al risarcimento del danno conseguente alla forzosa impossibilità di vendere il proprio appartamento, stante l'opera di dissuasione da essi posta in essere nei confronti degli acquirenti recatisi a visitare l'immobile nonché il risarcimento del danno biologico sopportato. Con sentenza n. 42087/02 il Tribunale accoglieva la domanda attrice, disponendo la riduzione in pristino per quanto attiene al muro portante ed ai tubi esterni e riconoscendo, altresì, il risarcimento del danno per il deprezzamento dell'immobile rigettava la riconvenzionale. Con sentenza dep. il 3 aprile 2005 la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della decisione impugnata dai convenuti, rigettava la domanda di risarcimento del danno proposta dagli attori, mentre confermava la condanna degli appellanti alla riduzione in pristino. Nel ritenere che la parziale demolizione del muro portante integrasse una innovazione vietata, i Giudici affermavano che poteva presumersi l'indebolimento della struttura per effetto di tale intervento, disattendendo le divergenti conclusioni del consulente tecnico d'ufficio che si era limitato a un esame visivo del muro - riscontrato privo crepe o cavillature negli intonaci - e osservando che, seppure la demolizione era stata parziale, la stessa doveva considerarsi rilevante rispetto alle ridotte dimensioni del muro. Per quel che riguardava il risarcimento del danno, era esclusa la lesione del decoro architettonico della facciata del fabbricato, perché lo stesso era privo di alcun pregio e perché in effetti vi erano stati -prima delle opere realizzate dai convenuti - una serie di interventi edilizi compiuti dai condomini che avevano realizzato verande, apposto caldaie e tubazioni. Era escluso che la realizzazione di tre appartamenti ricavati nel l'originario scantinato e la maggiore densità abitativa conseguente costituisse fonte di danno, non potendo incidere sul valore dell'edificio che non era una villa contraddistinta da poche unità abitative né, d'altra parte, l'incremento de quo avrebbe potuto determinare il passaggio a un altra categoria catastale, mentre i maggiori costi di manutenzione, determinati dall'aumentato numero di condomini, erano compensati dalla ripartizione fra più condomini. 2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione A.M. sulla base di cinque motivi. Resistono con controricorso gli intimati A B. , R.G. e G B. nelle more divenuto maggiorenne , proponendo ricorso incidentale affidato a due motivi, illustrati da memoria. Il ricorrente ha proposto controricorso al ricorso incidentale. Motivi della decisione Preliminarmente il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti, ex art. 335 cod. proc. civ., perché sono stati proposti avverso la stessa sentenza. RICORSO PRINCIPALE 1.1.- Il primo motivo denuncia Mancato riconoscimento della compromissione del decoro architettonico. Difetto di motivazione con violazione dell'art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. . Censura la sentenza gravata laddove aveva escluso la compromissione del decoro architettonico del fabbricato, osservando che agli atti esisteva la prova che lo stabile fu edificato a seguito di licenza edilizia rilasciata dal Governatore di Roma in data 9.3.1931 ed è di comune scienza che le costruzioni realizzate negli anni '20 e negli anni ‘30 sul lungomare di Ostia dovevano conformarsi ai dettami architettonici dello stile liberty , e ciò al fine di ottenere un insediamento uniforme e consono alle finalità di sviluppo perseguite. Deduce che era stata apodittica la negazione del pregio architettonico del fabbricato così come immotivati erano stati i riferimenti ai plurimi interventi senza tenere conto della natura, la funzione e l'incidenza di tali interventi. La Corte di Appello aveva omesso del tutto di considerare l'illiceità del comportamento tenuto dal B. per avere realizzato opere edilizie senza autorizzazione ed in violazione delle norme di piano regolatore del Comune di Roma effettuato un cambio di destinazione ed un frazionamento attraverso interventi edilizi iniziati nell'anno 1994, ma falsamente indicati come effettuati nell'anno 1993, al fine di potere usufruire della sanatoria edilizia, cui non aveva diritto destinato ad uso abitativo porzioni immobiliari prive dei requisiti previsti dal decreto 9.6.1999 del Ministero della Sanità realizzato interventi sui muri portanti con attentato alla stabilità del fabbricato ed alla sicurezza di chi vi abita, mediante l'apertura di un varco nel muro di spina, oltre che di una finestra nel muro pieno che volge verso l'esterno realizzato impianti di riscaldamento senza il rispetto delle disposizioni legislative in materia e senza la idonea canna fumaria progettata in conformità delle norme UNI 7129/92 e art. 5 del D.P.R. 412/93, con attentato alla salute di coloro che abitano nelle unità immobiliari contigue. 1.2.- Il secondo motivo lamenta Pretesa insussistenza del danno. Omessa ed insufficiente motivazione sul punto. Violazione dell'art. 360, primo comma, n. 5 . Censura la sentenza impugnata laddove aveva escluso che non vi fosse stata compromissione dei diritti degli altri condomini in conseguenza dell'aumentato numero di unità immobiliari, non avendo considerato l'usura cui inevitabilmente le parti comuni sono soggette in presenza di un più intenso utilizzo, in presenza di più persone. Osserva che il diritto di proprietà si esplica nella libertà del proprietario di potere utilizzare o non utilizzare il proprio bene ma che tale principio in una comunione si confronta e si integra con il rispetto degli altrui diritti e delle altrui volontà per cui un maggior numero di proprietari otto anziché cinque viene anche a restringere lo spazio di libertà e lo stesso diritto di proprietà in quanto pone il singolo condomino in relazione ad un maggiore numero di soggetti ed altera anche le maggioranze previste dalla legge. Inoltre, nella specie, le unità realizzate, proprio per la loro natura dimensioni ridotte e la collocazione al piano seminterrato , sono destinate ad essere abitate da persone di più precarie condizioni economiche, circostanza che, come nel caso di specie, fa si che vi sia una conseguente opposizione a qualsiasi spesa, sia ordinaria che straordinaria. La CTU, richiamata dai Giudici non conteneva alcun riferimento alla problematica dell'aumento delle unità immobiliari. La sentenza impugnata aveva altresì omesso di motivare l'assunto secondo cui non appariva suffragato il giudizio del consulente di parte appellata, che aveva indicato come l'aumento delle unità immobiliari comportasse un declassamento della categoria catastale, tenuto conto che il classamento viene operato sulla base dei criteri fissati dalla legge e, quindi, secondo le indicazioni del Regio Decreto Legge 13.4.1939 n. 56, in base al quale il villino che ci occupa, essendo passato da cinque ad otto unità non rispetta più i parametri che ne permettevano la classificazione nella categoria A/7 relativa appunto alle costruzioni a villino. Il che si traduceva in un deprezzamento dei singoli immobili. 1.3.- Il terzo motivo denuncia Compromissione del decoro architettonico del fabbricato. Omessa considerazione di punti decisivi della causa e violazione e falsa applicazione di norme di diritto. Violazione dell'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. . Deduce che, oltre a quanto già detto con il primo motivo, la sentenza gravata aveva omesso di considerare alcuni punti di sicura rilevanza ai fini dell'accertamento della compromissione del decoro architettonico perpetrata attraverso gli interventi edilizi posti in essere dai sigg.ri B. . In particolare era stato omesso di considerare che la creazione di tre unità immobiliari in un piano seminterrato privo di affacci, di cortili e terrazzi, fa si che coloro che vi abitano siano necessitati ad utilizzare le unità immobiliari senza il dovuto rispetto delle norme regolamentari e di legge, esponendo nelle parti comuni e dietro le prese d'aria indumenti ed oggetti che rendono il complesso edilizio non già un villino di categoria A/7 ma una residenza ultrapopolare non era stato tenuto conto di quanto dedotto dagli appellati e cioè che bene le tubazioni aggiuntive potevano essere poste in opera in maniera sottotraccia ovvero con accorgimenti che scongiurassero, o quanto meno contenessero, il vulnus al decoro architettonico inferto dall'intervento edilizio posto in essere dal B. . La sentenza impugnata aveva poi omesso di considerare che la situazione preesistente all'intervento operato dal sig. B. non era dovuta ad interventi posti in opera dagli appellati, ma da una situazione creata dall'unico precedente proprietario, di talché lo stato del fabbricato al momento della alienazione originariamente effettuata dalle sigg.re S. , permetteva la legittima aspettativa dei proprietari delle singole unità immobiliari di vedere rispettato quel quadro architettonico all'epoca esistente. La condotta tenuta dai convenuti non poteva essere giustificata dalla preesistenza di altro atto o fatto che non aveva di per sé comportato una compromissione del decoro architettonico. 1.4.- Il quarto motivo lamenta Pretesa insussistenza del danno. Omessa valutazione di elementi decisivi ed erronea applicazione di norme di diritto. Violazione dell'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. . Deduce che la Corte territoriale aveva omesso considerare che la realizzazione delle tre unità immobiliari dall'originario scantinato aveva infatti arrecato un sicuro aggravio sulle parti comuni la mancata valutazione al riguardo configurava la violazione di omessa motivazione, e di omesso accertamento della violazione del diritto del ricorrente di non sentirsi gravato delle maggiori spese per il mantenimento e la ricostruzione di parti comuni o di elementi atti a fornire un servizio comune. La sentenza impugnata non aveva considerato che la mancanza delle condizioni igieniche, quali l'allaccio ad una canalizzazione di smaltimento di fumi ed odori, comportava la violazione del diritto degli altri condomini di non dover subire immissioni di fumi ed odori che compromettono l'utilizzo delle loro unità immobiliari e conseguentemente ne diminuiscono il valore. I Giudici non avevano tenuto conto che l'appellante si era allacciato alle utenze condominiali senza autorizzazione e aveva installato dei sub contatori all'interno degli appartamenti la rete fognaria era stata oggetto di abusiva manomissione con allaccio alle unità realizzate. 2.- Vanno esaminati congiuntamente il primo e il terzo motivo, stante la stretta connessione le censure sono infondate. Occorre premettere in tema di condominio, non può avere incidenza lesiva del decoro architettonico di un edificio un'opera modificativa compiuta da un condomino, quando sussista degrado di detto decoro a causa di preesistenti interventi modificativi di cui non sia stato preteso il ripristino la valutazione circa il degrado della facciata del fabbricato è oggetto riservato all'indagine del giudice di merito che è insindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato. Nella specie, la sentenza con motivazione immune da vizi logici o giuridici, ha evidenziato come le originarie linee della facciata erano state stravolte dai diversi interventi che nel corso degli anni erano stati effettuati dai singoli condomini con la realizzazione di verande, apposizioni di tubazioni con colori differenti. Per quel che riguarda le violazioni indicate nel primo motivo le stesse sono di natura amministrativa e non concretano di per sé la violazione di un diritto soggettivo degli attori. Orbene, le critiche formulate dalle ricorrenti non sono idonee a scalfire la correttezza e la congruità dell'iter logico giuridico seguito dalla sentenza le censure lamentate, in realtà, non denunciano un vizio logico della motivazione ma si concretano in argomentazioni volte a sostenere - attraverso la disamina e la discussione delle prove raccolte - l'erroneo apprezzamento delle risultanze processuali compiuto dai giudici laddove, in contrasto con quanto sarebbe emerso dalle prove, era stata esclusa la compromissione del decoro architettonico denunciata dagli attori. Al riguardo, va sottolineato che il vizio deducibile ai sensi dell'art. 360 n. 5 cod. proc. civ. deve consistere in un errore intrinseco al ragionamento del giudice che deve essere verificato in base al solo esame del contenuto del provvedimento impugnato e non può risolversi nella denuncia della difformità della valutazione delle risultanze processuali compiuta dal giudice di merito rispetto a quella a cui, secondo il ricorrente, si sarebbe dovuti pervenire in sostanza, ai sensi dell'art. 360 n. 5 citato, la dedotta erroneità della decisione non può basarsi su una ricostruzione soggettiva del fatto che il ricorrente formuli procedendo a una diversa lettura del materiale probatorio, atteso che tale indagine rientra nell'ambito degli accertamenti riservati al giudice di merito ed è sottratta al controllo di legittimità della Cassazione che non può esaminare e valutare gli atti processuali ai quali non ha accesso, ad eccezione che per gli errores in procedendo solo in tal caso la Corte è anche giudice del fatto . 3.- Vanno esaminati congiuntamente il secondo e il quarto motivo, stante la stretta connessione le censure sono infondate. Con riferimento al rigetto della domanda di danni che sarebbero conseguenti al deprezzamento dell'immobile per effetto degli appartamenti realizzati dai convenuti, la Corte ha esaminato e tenuto conto della aumenta densità abitativa anche relativamente alle maggiori spese di manutenzione - e, quindi, implicitamente alla maggiore usura derivante facendo riferimento non soltanto ai vantaggi derivanti dalla ripartizione fra un numero maggiore di condomini ma anche al non rilevante incremento subito dall'edificio che non è un villa ma è costituito da un popoloso condominio costituito da molti piani e numerosi appartamenti. D'altra parte, va pure considerato che il valore di un immobile si determina in base alle quotazioni di mercato che evidentemente tengono conto dell'ubicazione e delle caratteristiche obiettive dell'immobile. In effetti, anche sotto il profilo in esame, i motivi si risolvono nella censura dell'apprezzamento delle risultanze processuali, sollecitando un inammissibile riesame del merito. 4. Il quinto motivo erronea regolazione delle spese erronea e falsa applicazione di norme di diritto , denuncia l'erronea e ingiusta compensazione delle spese processuali, tenuto conto che il contenzioso era stato determinato dal comportamento tenuto dai convenuti che avevano costretto gli attori ad agire a tutela dei loro diritti. 4.1.- Il motivo è infondato. Ai sensi dell'art. 92, secondo comma, cod. proc. civ., pure nel testo applicabile ratione temporis prima della modifica introdotta dall'art. 2, comma 1, lett. a , della legge 28 dicembre 2005 n. 263, la scelta di compensare le spese processuali è riservata al prudente, ma quanto accertato dal consulente d'ufficio e che i Giudici in modo illogico avevano disatteso. Il consulente non aveva fatto alcun riferimento fra apertura del varco e dimensioni del muro. Al riguardo andavano considerati gli effetti che l'ordine di ripristino avrebbe comportato, posto che gli appartamenti realizzati dai convenuti erano stati venduti a terzi. Eventualmente, i Giudici avrebbero dovuto richiamare il consulente a chiarimenti. La sentenza aveva invertito l'onere della prova circa la compromissione statica che gli attori avrebbero dovuto dimostrare e che non avevano provato. 1.3.- I motivi, che vanno trattati congiuntamente stante la loro connessione, sono infondati. La sentenza impugnata ha esaminato e valutato quanto al riguardo era stato esposto nella relazione del consulente d'ufficio ma, nell'ambito dell'apprezzamento critico che il giudice di merito deve compiere delle risultanze processuali e quindi evidentemente anche delle conclusioni e delle argomentazioni dell'ausiliario, ha con motivazione immune da vizi logici o giuridici disatteso quanto ritenuto dal consulente, osservando che il tecnico si era limitato a un indagine estremamente superficiale meramente visiva del muro il quale era, peraltro, un muro portante pertanto, in considerazione della natura del muro e in base a una massima di comune esperienza, ha ritenuto provato l'indebolimento permanente della struttura, correttamente determinando gli effetti causalmente collegabili all'intervento, tenuto conto dell'incidenza - sulla funzione statica svolta dal manufatto - dell'apertura anche in relazione alle complessive dimensioni ridotte del muro medesimo la già ricordata funzione statica del muro portante in questione rende del tutto inconferenti i principi della giurisprudenza di legittimità richiamati in tema di apertura di varchi nel muro perimetrale condominiale. Rientra nei poteri del giudice di merito valutare se ricorre la necessità o l'opportunità di sentire a chiarimenti il consulente ogni altra considerazione circa gli effetti del ripristino appare del tutto ultronea, una volta che è stata accertata la illegittimità della demolizione del muro comune la quale, incidendo sulla destinazione dello stesso, integrava una innovazione vietata ex art. 1120 cod. civ. Anche il ricorso incidentale va rigettato. Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese della presente fase, attesa la reciproca soccombenza. P.Q.M. Riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa spese.