Non è consentito autoridursi il canone, ma esistono strade alternative

Una s.r.l. subentra in un contratto e, anni dopo, decide di versare un corrispettivo minore al conduttore in ragione dell’inagibilità di due appartamenti, facenti parte dell’ unicum locato. L’autoriduzione crea degli illegittimi squilibri al sinallagma contrattuale, anche quando sia stata effettuata in riferimento al canone dovuto art. 1578, c. primo, c.c. , per ripristinare l’equilibrio del contratto turbato dall’inadempimento del locatore e dai vizi della cosa. È possibile invece domandare la risoluzione o un alleggerimento del corrispettivo.

Questo il principio contenuto nella pronuncia della Terza sezione Civile, n. 10639 del 26 giugno 2012 Tre locali, ma uno solo agibile forse . Una s.r.l. proponeva opposizione al decreto ingiuntivo del Tribunale di Bergamo con il quale le era stato intimato di pagare un’ingente somma di denaro a un uomo, a titolo di canone relativo alla locazione di immobili ad essa connessi. L’opponente deduceva di non essere tenuta a saldare la cifra corrispondente al canone dei due appartamenti locati unitamente all’immobile in cui si svolgeva l’attività essi erano del tutto inagibili e i lavoro di ristrutturazioni, iniziati, non erano stati portati avanti dal locatore tanto che la conduttrice aveva dovuto ultimarli con un esborso significativo . La Corte rilevava che, non essendo intervenuti accordi diversi con il locatore, doveva ritenersi che la conduttrice aveva accettato la situazione né i lavori erano stati preceduti dalla preventiva autorizzazione del locatore. 112 c.p.c. La prima doglianza presentata dalla s.r.l. dinnanzi alla Cassazione riguarda la presunta sostituzione del giudice di seconde cure all’appellante nell’onere di contrastare le argomentazioni del primo giudice. In realtà la Suprema Corte avrebbe potuto ravvisare il vizio solo in caso di omesso provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto, non bastando la mancanza di un’espressa statuizione dell’organo giudicante. Possibile una modifica unilaterale del contratto? No. La locazione stipulata, in origine tra l’uomo e la precedente conduttrice prevedeva un canone complessivo sia per il locale adibito a bar/paninoteca, sia per gli appartamenti inagibili , per cui unico doveva essere considerato il rapporto negoziale , ancorché riferito a immobili distinti. Quando, cinque anni dopo il primo contratto, era subentrata la s.r.l., i due appartamenti erano ancora inagibili e non erano intervenuti diversi accordi con il locatore ergo deve necessariamente ritenersi che la società conduttrice avesse accettato la situazione in essere. Da ciò consegue l’impossibilità di procedere in maniera unilaterale alla riduzione del canone nella misura proporzionale al mancato godimento di due immobili sarebbe piuttosto percorribile un’azione di adempimento ovvero di risoluzione. Autoriduzione bandita. Secondo la giurisprudenza di legittimità Cass. n. 102701/2002 , in tema di locazione di immobili urbani per uso diverso da quello abitativo, la cosiddetta autoriduzione del canone costituisce fatto arbitrario e illegittimo del conduttore. Provocherebbe, inoltre, il venir meno dell’equilibrio sinallagmatico del negozio, anche nell’ipotesi in cui detto sconto sia stata effettuata in riferimento al canone dovuto ex art. 1578, comma primo, c.c., per ripristinare l’equilibrio del contratto turbato dall’inadempimento del locatore e consistente nei vizi della cosa locata. Tale norma non conferisce facoltà al conduttore di operare l’autoriduzione, ma solo di domandare la risoluzione o un alleggerimento del corrispettivo, essendo devoluto al potere del giudice il compito di pesare lo squilibrio tra le prestazioni dei contraenti.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 25 maggio – 26 giugno 2012, n. 10639 Presidente Trifone – Relatore D’Amico Svolgimento del processo La s.r.l. Marie Claire proponeva opposizione al decreto ingiuntivo del tribunale di Bergamo con il quale le era stato ingiunto di pagare a C.G. la somma di Euro 11.281,20 a titolo di canone per l'anno 2006 relativo alla locazione di immobili ad essa concessi. L'opponente società deduceva che non era tenuta a pagare la somma di L. 5.000.000 corrispondente al canone dei due appartamenti locati unitamente all’immobile in cui svolgeva la propria attività in quanto essi erano del tutto inagibili riferiva che il C. aveva iniziato i lavori relativi ai suddetti locali, senza però portarli a termine aggiungeva che essa conduttrice era stata costretta ad ultimarli con una spesa di Euro 6.780,00 sosteneva che, per tali ragioni, era obbligata a corrispondere soltanto il corrispettivo per l'uso del locale adibito a bar e paninoteca, detratte le somme spese per i lavori che aveva dovuto ultimare, onde chiedeva la revoca dell'opposto decreto monitorio e, in riconvenzione, reclamava la restituzione dell'importo di Euro 3.323,00 quale differenza tra il preteso suo credito ed il suo debito per il canone. L'opposto C.G. eccepiva che i locali in oggetto erano in realtà inagibili in quanto occupati da masserizie di proprietà della stessa conduttrice e che nessun credito poteva essere riconosciuto alla s.r.l. Bar Marie Claire per gli eventuali lavori straordinari effettuati in quanto essi erano stati realizzati senza la specifica autorizzazione del locatore. Il tribunale di Bergamo considerava legittimo il rifiuto della società conduttrice di pagare il canone per la parte relativa ai due appartamenti del tutto inagibili al momento del subingresso della stessa nella detenzione degli immobili riteneva fondata la pretesa della s.r.l. Marie Claire di ottenere il rimborso delle spese sostenute per completare le opere che il locatore non aveva portato a termine conseguentemente revocava il decreto ingiuntivo. Sul gravame di C.G. la Corte d'appello di Brescia, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava l'opposizione al decreto ingiuntivo al riguardo considerando che il contratto di locazione era stato originariamente stipulato tra C.G. e la conduttrice Z. alla originaria conduttrice era subentrata la s.r.l. Marie Claire nel contratto di locazione era stato definito un canone di L. 19.000.000 ai soli fini fiscali le parti avevano indicato il canone annuo di lire 14.000.000 per il locale adibito a bar e paninoteca e di lire 5.000.000 per i due appartamenti sovrastanti quando la società Marie Claire era subentrata nel contratto i due appartamenti erano ancora inagibili, per cui, non essendo intervenuti accordi diversi con il locatore, doveva ritenersi che la conduttrice aveva accettato la situazione contrattualmente descritta. Per quanto riguardava i lavori di ristrutturazione, il giudice di secondo grado stabiliva che nessuna pretesa poteva avanzare la società conduttrice, avendo essa agito senza la preventiva autorizzazione del locatore. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la s.r.l. Marie Claire con due motivi. L’intimato C.G. non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione Con il primo mezzo d'impugnazione la ricorrente società - denunciando la violazione delle norme di cui agli artt. 112, 115, 116, 342, 416, 434 e 437 c.p.c. nonché l'omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all'eccepita inammissibilità del gravame - assume che la sentenza impugnata avrebbe violato l'art. 112 c.p.c., poiché, in mancanza di specifiche censure, il giudice di secondo grado si sarebbe sostituito all'appellante nell'onere, che lo stesso aveva, di contrastare le argomentazioni del primo giudice. Il motivo è infondato. L'impugnata sentenza, con motivazione logica e ragionevole, da conto del percorso valutativo e del fondamento dell'accertamento probatorio su cui la Corte territoriale ha basato il suo convincimento. L'invocata violazione dell'art. 112 c.p.c., non sussiste, posto che, siccome questa giudice di legittimità ripete in costante indirizzo, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un'espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l'impostazione logico-giuridica della pronuncia Cass., 4 ottobre 2011, n. 20311 . Con il secondo motivo la società ricorrente - deducendo la violazione delle norme di cui agli artt. 1346 e 1418 c.c. e, comunque, l’omessa e insufficiente motivazione su un punto controverso e decisivo della controversia - sostiene che la Corte di merito avrebbe errato nell'affermare che, essendo essa società istante subentrata nella locazione in corso, regolata da specifiche previsioni, la disciplina del contratto non poteva essere modificata unilateralmente dalla conduttrice, cui era fatto divieto di ridurre il canone in relazione agli appartamenti inagibili. Il motivo è infondato. Il contratto di locazione, stipulato in data 1 marzo 1998 fra C.G. e l'originaria conduttrice Z. , prevedeva un canone complessivo sia per il locale adibito ad azienda commerciale bar e paninoteca che per gli appartamenti inagibili , per cui esattamente il giudice del merito ha ritenuto che unico dovesse essere considerato il rapporto negoziale, ancorché riferito ad immobili distinti, che le parte avevano, però, accomunato in unico oggetto cui era da riferire l'intero corrispettivo stabilito a carico del conduttore, dato che la distinzione operata nella sede fiscale di registrazione del contratto - riferibilità, cioè, del canone nel suo complesso parte ai due appartamenti e parte al locale destinato ad attività di bar e paninoteca - esauriva i suoi effetti nell'ambito della stessa disciplina fiscale, senza che ne potesse risultare sdoppiata unitarietà della voluta locazione. In data 1 febbraio 2003, quando nel contratto subentrò la s.r.l. Marie Claire, i due appartamenti erano ancora inagibili e non erano intervenuti accordi diversi con il locatore, per cui deve necessariamente ritenersi che la società conduttrice medesima Marie Claire, accettando la situazione contrattualmente descritta, era tenuta a rispettarne la relativa disciplina. Da ciò consegue che la conduttrice non poteva unilateralmente procedere alla riduzione del canone nella misura che essa riteneva proporzionale al mancato godimento dei due apertamente , ma avrebbe potuto agire, nei confronti del locatore che riteneva inadempiente, con l'azione di adempimento ovvero con quella di risoluzione. Invero, secondo la pacifica giurisprudenza di legittimità ex plurimis Cass., n. 102701/2002 in tema di locazione di immobili urbani per uso diverso da quello abitativo, la cosiddetta autoriduzione del canone e, cioè, il pagamento di questo in misura inferiore a quella convenzionalmente stabilita costituisce fatto arbitrario ed illegittimo del conduttore che provoca il venir meno dell'equilibrio sinallagmatico del negozio, anche nell'ipotesi in cui detta autoriduzione sia stata effettuata dal conduttore in riferimento al canone dovuto a norma dell'art. 1578, primo comma, cod. civ., per ripristinare l'equilibrio del contratto, turbato dall'inadempimento del locatore e consistente nei vizi della cosa locata. Tale norma, infatti, non da facoltà al conduttore di operare detta autoriduzione, ma solo a domandare la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo, essendo devoluta al potere del giudice di valutare l'importanza dello squilibrio tra le prestazioni dei contraenti. Nel caso di specie, quando è subentrata nel contratto, la società era già a conoscenza della inagibilità dei locali e quindi era tenuta a corrispondere il canone complessivamente pattuito. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e, in assenza di attività difensiva dell'intimato, nulla deve disporsi per le spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e nulla dispone per le spese del giudizio di cassazione.