Quello contrattuale può impedire al condomino di possedere animali nel proprio appartamento

La clausola del regolamento condominiale che vieta di possedere animali domestici nelle singole unità abitative non ha valore assoluto, non potendo limitare il diritto di proprietà dei condomini, fatto salvo che l’animale non arrechi molestia o disturbo e che si verifichi una immissio in alienum che superi la normale tollerabilità ai sensi dell’art. 844 c.c Diversamente, nel caso di regolamenti contrattuali, non si richiede il disturbo effettivo, ovverosia l’immissione intollerabile, poiché il divieto di tenere animali ha valore assoluto anche quando non si verifichi e non venga provato in concreto il disturbo effettivo ai condomini.

La clausola del regolamento condominiale che vieta di possedere animali domestici nelle singole unità abitative non ha valore assoluto, non potendo limitare il diritto di proprietà dei condomini, fatto salvo che l’animale non arrechi molestia o disturbo e che si verifichi una immissio in alienum che superi la normale tollerabilità ai sensi dell’art. 844 c.c Diversamente, nel caso di regolamenti contrattuali, non si richiede il disturbo effettivo, ovverosia l’immissione intollerabile, poiché il divieto di tenere animali ha valore assoluto anche quando non si verifichi e non venga provato in concreto il disturbo effettivo ai condomini. Il divieto, inserito in un atto avente natura contrattuale, diventa una limitazione reale, una servitù, con la quale il condomino accetta espressamente una limitazione della sua proprietà nei confronti di altre persone. Se il regolamento impedisce al condomino di tenere animali nella propria abitazione. Ancorché l’ordinanza emessa dal Giudice del Tribunale di Lecco sia riuscita a salvare sia la capra sia i cavoli prende posizione, in modo molto chiaro, sulla controversa norma inserita in molti regolamento condominiali che impedisce ai condomini di possedere un animale di affezione. In primo luogo il Magistrato afferma che un tale divieto non può avere natura assoluta ma il condomino che intende far rispettare detta clausola deve provare che l’animale arrechi un disturbo che superi la normale tollerabilità ai sensi dell’art. 844 c.c In altre parole, spetta al condomino dimostrare che l’animale sia così molesto da violare il diritto alla propria tranquillità familiare diversamente non potrà essere allontanato. Il divieto è assoluto in caso di regolamento condominiale contrattuale. Tale indagine, invece, è del tutto inconferente qualora il divieto sia contenuto nel regolamento condominiale allegato all’atto notarile e accettato dal condomino al momento dell’acquisto dell’immobile. Avendo origine contrattuale, detto regolamento può imporre limiti reali e servitù al condomino che, sottoscrivendo il rogito, accetta espressamente una limitazione della sua proprietà nei confronti di altre persone. In tale fattispecie, si ribadisce, l’animale deve essere allontanato a prescindere dall’effettiva molestia arrecata dallo stesso ma solamente in virtù della limitazione al diritto dominicale pattuita al momento dell’acquisto del bene. Il caso in esame avrebbe potuto offrire ulteriori spunti in diritto in quanto l’animale in questione, ben lungi dall’essere un animale di affezione, è addestrato ad aiutare la proprietaria affetta da paraplegia agli arti inferiori. Anche in tal caso la limitazione reale ha valore??? Interrogativo a cui il Magistrato non ha risposto limitandosi a ordinare alla condomina di spostare l’animale in altra parte del giardino salvando, in tal modo, capra e cavoli.

Tribunale di Lecco, ordinanza 9 febbraio 2012, n. 270 Giudice Federica Trovò Osserva La domanda cautelare è meritevole di accoglimento. Sotto il profilo del fumus boni iuris è sufficiente osservare che il regolamento condominiale doc. n. 3 della ricorrente consente di tenere cani, solo di piccola e media taglia, ed altri animali domestici negli appartamenti clausola n. 15 . Non appare condivisibile l'interpretazione della difesa della resistente, secondo cui il senso della clausola sarebbe di consentire la presenza degli animali nelle proprietà esclusive, ivi comprese i giardini di pertinenza. La disposizione regolamentare infatti prosegue precisando che gli animali devono esser t trattenuti ali 'interno delle singole imita abitative. Quanto all'efficacia delle prescrizioni del regolamento condominiale in materia di divieti, dottrina e giurisprudenza concordano nel ritenere che occorre distinguere i comuni regolamenti condominiali, volti a regolare la disciplina delle cose e dei servizi comuni a noma dell'art. 1138 c.c. dai cosiddetti regolamenti contrattuali o di natura pattizia , aventi efficacia reale. Mentre le clausole dei comuni regolamenti condominiali di formazione interna non possono imporre divieti, che limitino il diritto di proprietà dei condomini, cioè la facoltà dei proprietari di godere e disporre dei loro appartamenti in modo pieno ed esclusivo, invece i regolamenti condominiali, cosiddetti di origine esterna, aventi natura contrattuale, possono imporre limiti o oneri reali o vere e proprie servita e, quindi, anche il divieto assoluto di detenere determinati animali nelle proprietà esclusive. in definitiva, la clausola d'un comune regolamento condominiale, che vieta di tenere cani o altri i mimali nei singoli appartamenti non ha valore assoluto, non può limitare la facoltà dei condomini di tenere tali animali, a meno che questi arrechino in concreto disturbo o molestia, ovvero si verifichi una immissio in alienum, che superi i limiti della normale tollerabilità art. 844 c.c. . Invece, nel caso di regolamenti contrattuali non si richiede il disturbo effettivo, la molestia, l'immissione intollerabile, poiché il divieto di tenere animali ha valore assoluto, anche quando non si verifichi e non venga in concreto provato un disturbo effettivo ai condomini, perche tale divieto, siccome inserito in un atto avente natura contrattuale, diventa una limitazione reale, una servitù, con la quale il condomino accetta espressamente una limitazione della sua proprietà nei confronti di determinate altre persone. Corte risulta dal doc. n. 3 prodotto dalla ricorrente, nel caso di specie il regolamento condominiale è di origine contrattuale, in quanto allegalo al contratto preliminare di acquisto dell'immobile. Non occorre pertanto, nella fattispecie, l'effettivo disturbo o molestia, per rendere operativo il divieto di tenere cani al di fuori delle unità abitative con esclusione, quindi, dei giardini di pertinenza . Queste considerazioni in materia di fumus boni iuris condizionano anche la valutazione del periculum in mora. Seè vero infetti che nel condominio de quo l'obbligo di tenere animali dentro gli appartamenti ha valore assoluto, a prescindere dall'intollerabilità del rumore prodotto dell'animale, è legittimo operare una valutazione del disturbo arrecato in violazione di tale prescrizione non solo sulla base dell'intollerabilità oggettiva dell'immissione rumorosa, bensì anche e dell'intollerabilità soggettiva. Ebbene, è pacifico che il cane della resistente è di grossa taglia e può circolare liberamente sotto la finestra della camera da letto della ricorrente. Vero è che la maggior parte dei vicini ha dichiarato che il cane non arreca loro disturbo, ma è altrettanto vero che alcuni hanno ammesso che può capitare che il cane abbai anche di notte, in presenza di persone e animali C.M.C., B.E., C.M.C. . Questa constatazione è di per sé sufficiente per ritenere esistente il pericolo dì un pregiudizio grave ed irreparabile in danno della ricorrente nelle more del giudizio di merito, soprattutto in considerazione del fatto che ella lamenta difficoltà del sonno, concomitanti con i suoi seri problemi di salute. Proprio in ragione di quel delicatissimo contemperamento dei contrapposti interessi coinvolti nel procedimento d'urgenza” che la difesa della resistente invoca, appare evidente che -avendo la sig.ra P. la possibilità di far stazionare il suo cane in altri spazi, piuttosto che sotto la finestra della camera da letto della ricorrente l'interesse della ricorrente appare meritevole di protezione, nella misura in cui comporta un mimino sacrificio dell'interesse della resistente. La misura d'urgenza più opportuna appare essere quella che rispecchia la proposta della ricorrente, ovvero il ricovero del cane, per tutto il corso della giornata, all'interno dell’appartamento della resistente, ovvero all'esterno, ma sul lato sud dell'immobile, con divieti in ogni caso di farlo stazionare sotto i locali della camera da letto della ricorrente. Considerata la materia del contendere, sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di lite. P.Q.M. Visti gli artt. 700 e 669 ss. c.p.c., ordina a P.D. di non lasciare il proprio cane sul lato dell'immobile su cui si affaccia la finestra della camera da letto della ricorrente, disponendo che per tutto il corso della giornata l'animale sia tenuto o all'interno dell'appartamento o sul lato sud dell'edificio dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente procedimento.